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Saturday, December 15, 2012

15.12.1969 muore Pinelli a Milano. Riflessioni sul patrimonio digitale on line in un giorno di ricerche sul buio 1969

La ricchezza di fonti di informazione in rete è un fatto ovviamente consolidato, un po' meno la ricchezza di documenti storici in digitale, sulla cui disponibilità pesa il costo di trasformazione degli oggetti fisici in digitali. Negli ultimi anni però si è assistito a un aumento, in termini numerici e qualitativi, nella loro pubblicazione on line, accompagnato anche da tentativi di avvicinare le persone mediante sistemi di comunicazione più adeguati al nostro tempo, cosi come l'operazione dell'Archivio Luce e AAMOD su YouTube.

In questo caso non si è trattato di un aumento dei materiali on line, perchè già disponibili da anni sul portale, ma la scelta di portarli sul più grande archivio audiovisivo moderno è certamente un'operazione di contaminazione degna di attenzione, focalizzata sul tentativo di "aprire" ulteriormente il patrimonio culturale a un pubblico meno specializzato.

Analogamente possiamo trovare in rete l'Archivio della Stampa e dell'Unità o gli archivi "per non dimenticare", quello della Camera dei Deputati e tanto altro, tutte preziose fonti di informazione sulla nostra storia recente. In generale oggi assistiamo a un tentativo di condividere queste informazioni con la comunità, utilizzando, non più solo ricchi portali web ma anche strumenti moderni come i Linked Open Data, in controtendenza rispetto a un passato, anche recente, nel quale questa era considerata materia per i soli esperti del settore.


Di seguito ho inserito un articolo ho già pubblicato su regesta.com e che da un senso tangibile a quanto scritto in precedenza, una breve storia del 1969 arricchita da documenti originali tratti da numerose fonti. Da notare l'impegno di uomini dello spettacolo come Petri e Pasolini sui temi politici del tempo.

Il ricordo di Piazza Fontana e del lungo 1969

 

Da tempo si parla del 12.12.12, giorno in cui avremmo tutti quanti dovuto assistere al realizzarsi un funesto presagio di troppi secoli fa. Un caso mediatico al quale preferiamo una giornata della memoria, quella che riguarda uno degli episodi più bui della nostra vita recente, la bomba di piazza Fontana a Milano, alla Banca Nazionale dell'Agricoltura ricordata in "un minuto di storia" di Gianni Bisiach, reso disponibile dal tg1 su YouTube
   

Ripercorriamo quindi i principali fatti di quel 1969, partendo principalmente dai documenti visivi conservati nell'Archivio Storico Luce, disponibili da tempo alla consultazione on line. Piazza Fontana è al tempo stesso un apice e un inizio, il culmine della tensione crescente di un caldissimo 1969 e l'incedere delle più dura stagione di terrore, dolore e depistaggi della nostra Repubblica. Morirono 17 persone, di cui tre nei giorni successivi, ma quella striscia di dolore include anche il commissario Calabresi (per il cui omicidio vennero condannati anni dopo i vertici di Lotta Continua) che la notte del 15 dicembre interrogò uno dei primi sospettati, risultato poi innocente, Giuseppe Pinelli, finito giù da una finestra proprio quella notte in questura. Pinelli morì e altre morti sospette seguirono negli anni fino alla strage della questura di via Fatebenefratelli nel 1973, proprio in occasione di una commemorazione del commissario Calabresi.

Il regista Elio Petri realizzò un documentario per raccontare le ipotesi sulla morte di Pinelli in questura, si riconoscono, giovanissimi Gian Maria Volontè, Renzo Montagnani e Luigi Diberti.

Se però la storia successiva, pur non chiara a causa dei depistaggi che l'hanno sepolta, è conosciuta ai più, nella memoria collettiva rimane un po' meno dei fatti del 1969 che l'hanno preceduta e che in qualche modo l' hanno determinata.

In questo filmato dell''Archivio Luce si parla sia del suicidio di Jan Palach (19 gennaio 1962) e della primavera di Praga, così dilaniante per la sinistra italiana, sia dell'elezione del controverso Nixon alla Casa Bianca (unico presidente Usa dimessosi per uno scandalo, il Watergate). In quell'anno Almirante va a dirigere l' MSI-DN. In Grecia c'è una giunta militare, quella dei "colonnelli" e nel crescente clima da guerra fredda l'Italia rappresenta la terra di confine tra i due blocchi, si succedono eventi che nascono dalla contrapposizione giovanile o dal torbido rimestare di molti servizi segreti. La rete Gladio era già attiva dal 1964, ma fu riconosciuta pubblicamente dopo molte reticenze dal Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, solo nell'ottobre del 1990, inoltre la Commissione Stragi ipotizzò la nascita di strutture simili fin dal primo dopoguerra.
Il 27 febbraio, mentre Roma è scossa per le proteste per la visita di Nixon, studenti di destra irrompono nella facoltà di Magistero e nel tentativo di fuga muore uno studente di 23 anni, Domenico Congedo , il 31 marzo si insedia la Commissione Parlamentare che dovrà indagare sul piano Solo del 1964 e sulle schedature SIFAR mentre il 9 aprile a Battipaglia, durante uno sciopero generale, la polizia, intervenendo pesantemente come qualche mese prima ad Avola, carica e spara. Muoiono un ragazzo di 19 anni, Carmine Citro, colpito alla testa e una professoressa, Teresa Ricciardi raggiunta da una pallottola in dotazione alle forze dell'ordine, al terzo piano della propria abitazione.

Il fotografo Elio Caroccia, che compare nel video che segue, viene picchiato dalla polizia mentre riprende gli scontri. Rimarrà colpito per sempre da quell'esperienza. La protesta diventa una vera e propria insurrezione popolare e la polizia deve abbandonare la città. Le indagini successive coinvolgono un centinaio di persone nei fatti della rivolta ma nessuno viene indagato per la morte di Citro e della Ricciardi. Il giornali più conservatori bollano la protesta come eversiva, l'ufficio propaganda del PCI produce un documentario, ripreso e ampliato nel 70, per raccontare il disagio popolare.
Colpisce la composta commozione della sorella di Carmine Citro nel ricordare la morte del fratello, tipografo occupato, in difesa del lavoro dei suoi coetanei meno fortunati.
Alla Camera dei Deputati un commosso presidente dell'assemblea, Sandro Pertini ricorda i morti di Battipaglia ma il dibattito si trasforma in uno scontro tra le tesi del governo, che con il ministro Restivo difende l'operato della polizia, i deputati del centro destra che evocano i fantasmi della rivoluzione e la sinistra che chiede con forza che la polizia non usi più le armi nel corso di manifestazioni di piazza. Presidente del Consiglio è Mariano Rumor, coinvolto (e prosciolto) anni dopo nello scandalo Lockheed, intervengono nel dibattito tra gli altri Almirante, Andreotti, Avolio, Covelli, Ferri, Guarra, Malagodi, Pajetta, Scalfari, Donat Cattin e D'Alema.

Battipaglia è una città atipica del sud, nata solo nel 1929, in ossequio alla politica di ruralizzazione del duce, per popolare la piana del Sele in fase di bonifica. Viene distrutta dai bombardamenti durante lo sbarco alleato nel golfo di Salerno ma conosce un poderoso sviluppo nel dopoguerra. Nel 1969 la ventilata chiusura di molte fabbriche scatena la rabbia popolare.

Battipaglia è lontana dalle tensioni delle metropoli come Roma e Milano e ancora oggi le testimonianze raccontano di una rivolta popolare che allontanò spontaneamente politici, giornalisti e provocatori. Eppure uno scrittore anarchico inglese, Stuart Christie, in un suo saggio sul terrorismo nero, racconta (pag 28) che il giorno prima l'agenzia OP di Pecorelli avrebbe previsto disordini molto seri a Battipaglia (come purtroppo accadde) e annunciato la presenza di numerosi attivisti di Avanguardia Nazionale.

Pecorelli era un giornalista con informazioni di prima mano dei "servizi" e non parlava a caso, ragion per cui era seguito e temuto negli ambienti politici. Per il suo omicidio 10 anni dopo, il 20 marzo 1979 alla Corte di Assise di Perugia ci saranno condanne importanti, come quella del senatore Andreotti, annullate successivamente dalla Corte di Cassazione. La nota di OP  potrebbe far pensare che un pezzo della strategia della tensione che ha insanguinato il nostro paese sia passato anche per le strade e le piazze di Battipaglia.

Oggi su Facebook un gruppo raccoglie materiali e informazioni su quelle giornate e questo, a mio avviso, rappresenta un nuovo modo di raccogliere la memoria popolare.

Se nulla è confermato a riguardo di trame oscure è certo però che quei fatti diedero il via a una stagione di manifestazioni, nelle quali forte fu la contrapposizione con la polizia, e di attentati come quelli alla Fiera di Milano, a diverse stazione e treni, con il tragico epilogo di due ragazzi di 22 anni morti il 27 ottobre e il 19 novembre. A Pisa Cesare Pardini viene colpito al petto probabilmente da un candelotto lacrimogeno, a Milano l'agente Antonio Annarumma perde la vita a bordo della sua jeep per un colpo al cranio. Anche in questo caso alla versione ufficiale che parlava di tubi innocenti lanciati dai dimostranti si contrappose una versione che faceva ricadere sull'urto della jeep la causa della morte. Non venne identificato alcun responsabile.

Il 12.12.69 la strage per la quale non esistono colpevoli.

Altri documenti 
 

Tuesday, November 17, 2009

Guerre Stellari 4: Il ritorno di Capitan Murdoch e lo sbarco dei Natives... la battaglia dell'informazione si sposta sempre più sul web

Il mondo si fonde e poi confonde…

I piani si intrecciano e smettono di essere paralleli, io stesso avevo cominciato questa metafora delle guerre stellari per scherzo ma più passa il tempo e più la metafora sembra rappresentare la realtà con precisione.

Mondi distanti anni luce si sono improvvisamente avvicinati e collassano in un unico spazio, ragion per cui tutti combattono contro tutti, dove una volta c’era chi faceva tecnologia, chi faceva informazione e chi intrattenimento, ora c’è una guerra globale in cui le armi sono di ogni diverso tipo, tutti combattono per il predominio e lo scettro è rappresentato, per ora, dagli investimenti pubblicitari.


Ed ecco il ritorno di capitan Murdoch

Questo signore dell’informazione aveva fiutato con lungimirante preveggenza il futuro prossimo dell’informazione e aveva messo il suo uncino su una delle prede più interessanti del primo web 2.0, ovvero MySpace, il Social Network dei creativi, arrivando alla santa alleanza con quello che oggi diventa il suo peggior nemico: il mostro divora introiti GOOGLE!

Per un periodo breve, ma lunghissimo in queste brevissime ere geologiche del web del 2000, aveva dedicato tempo ed energia ad alcuni conflitti locali come quello in Italia, contro un nemico non da poco, l’altro editore miliardario Berlusconi, ex-alleato anche lui ed ora nemico acerrimo, grazie al digitale terrestre ed alle truppe con cui aveva invaso la galassia politica ed il parlamento.

La Battaglia Italiana Austerlitz o…. Waterloo per Napoleone?

In Italia le truppe televisive combattono una guerra di retroguardia,tutta puntata su tecnologie televisive (imposte) e tagliando i ponti al nemico internet , si sottraggono i fondi che l’aiuterebbero a raggiungere livelli comparabili a quelli degli altri paesi. Eppure occorrerebbe rendersi conto che il futuro non può essere fermato , quando comincerà il fisiologico declino le truppe accampate lasceranno mestamente i palazzi da loro oggi occupati, lasciandoci purtroppo a noi solo il ritardo che stiamo accumulando nel frattempo.

Eppure basterebbe guardare i numeri per capire quale sia la realtà. In questo post alcuni dati del rapporto Eurispes oggi uscito sugli adolescenti, tra i quali si legge “Quasi nove adolescenti su dieci usano internet e il pc viene impiegato con un ampio range di attività: per scrivere testi (98%), cercare informazioni su Internet (97,5%), giocare (97,2%) e stampare (96,9%). Estremamente diffuse risultano l'abitudine di guardare filmati su You Tube (85,8%) e quella di cercare materiale per lo studio (83,2%), seguite da quella di comunicare via chat (79,9%) e di scaricare musica/film/giochi/video (76,1%). La maggioranza degli adolescenti comunica tramite posta elettronica (58,3%). Il 46,8 legge un Blog, il 45,5% gioca con videogiochi on line.”. Dati analoghi riguardano i più piccoli.

Eccoli, pian piano arrivano quelli che un paio d’anni fa Gartner definiva i “Natives”, quelli che cambieranno gli scenari dell’informazione e dei media.

Piuttosto che costruirgli un ponte di cemento costruiamogli un ponte di tecnologia, che li metta allo stesso piano dei loro coetanei occidentali (o cinesi….), prima che si trovino come le truppe italiane nella campagna di Russia, con le scarpe di cartone nel ghiaccio e la tormenta.

Ma torniamo a capitan Murdoch, che nonostante i suoi 78 anni ritorna alla guerra globale, quella sui nuovi media che stanno soppiantando la televisione. . Lui alla guerra ci va aprendo tutti i fronti a cominciare dalla battaglia con il nemico che nessun editore vorrebbe sfidare: “il Motore di Ricerca”!

La battaglia dell'informazione si confonde con quella della tecnologia

Il capitan M. toglie la polvere dalla sua astronave, scalda i motori e mentre solleva la cloche in direzione new media e fa brillare i suoi laser.

Google risponde piccato ma, conoscendo il cocciuto signorotto australiano, c’è da giurare che non sia finita qui. I suoi biografi ne parlano come un uomo caparbio, sempre impegnato (e quindi da questo motivato) nel dimostrare ai signori del business americano ed inglese di non essere da meno, di destra quanto basta, ma non spinto da motivazioni eccessivamente ideologiche,. Più da una comunione d’amorosi sensi in funzione del suo principale obiettivo: fare soldi.

Infatti la sua visione politica non gli ha impedito i cavalcare il fenomeno Blair (ma quelli di sinistra non sono troppo convinti … per come la pensava Blair, non pensano che per Murdoch sia stato tanto difficile) o di far la guerra oggi all’uomo forte della destra italiana, Silvio I da Arcore.

Era mia intenzione continuare un po’ la sintesi delle forze sul campo, descrivendo le iniziative anche degli altri attori, ma mi giro indietro e riguardando il mio post devo osservare che la sintesi non è nel mio DNA, evidentemente, e quindi rimanderò questo assessment sulle nuove battaglie del futuro ad un prossimo post su “LA GUERRA STELLARE GLOBALE”!

Wednesday, November 4, 2009

Web killed the Video Stars.... in Italia forse questo sarà un nuovo ostacolo sul cammino dell'innovazione e della diffusione del web.

Ricordate quella vecchia canzone dei Buggles negli anni 80 che diceva "Video killed the Radio Stars..." oggi forse potremmo cominciare a cantare "Web killed the Video Stars"... ma forse è proprio questo scenario che rappresenta un ulteriore ostacolo allo sviluppo del web in Italia, ovviamente oltre ai tradizionali ed ahimé usuali limiti infrastrutturali italiani.

Lo Iab Forum 2009 a Milano ha regalato una nuova fotografia dello stato del web, in particolare Guy Phillipson ha descritto come Inghilterra la raccolta pubblicitaria sul web ha superato per volumi quella della TV.

Non è una novità, perchè ne hanno già parlato in molti, ma è l'occasione per mettere a confronto la situazione italiana con il resto d'Europa. Solo nel 2006 leggevamo la notizia del superamento della quota della raccolta dei giornali da parte della pubblicità on line e poco dopo quella che Google UK aveva superato i ricavi di ITV, una delle televisioni commerciali britanniche. Ricordo di aver utilizzato queste due notizie in alcune presentazioni insieme ai dati relativi alla crescita esponenziale dei Social Network proprio per dare evidenza della forza del fenomeno e dei possibili risultati a cui avrebbe portato.

Eppure questi dati sembrano archeologia già oggi ma li possiamo utilizzare per cogliere le reali proporzioni della velocità e della crescita del web quale media, salvo poi ripiombare in un Evo antico quando si parla dell'Italia, tristemente fanalino di coda in Europa (tranne Malta), con un modesto +10% di crescita e per un attuale, altrettanto modesto, 7% di ricavi pubblicitari nell'on line sul totale.

Considerazioni un po' amare in questo articolo di Repubblica, sopratutto se messe in relazione con i dati contenuti proprio in questo articolo e relativi al gran numero di utenti che si informano sul web.

Altro dato desolante riguarda la distanza che ci separa dagli investimenti previsti per lo sviluppo della rete in Italia rispetto ad altri paesi europei. Alcune promesse sono state fatte dai nostri politici ma, alla luce della particolare situazione politica italiana, non sembrano essere credibili perchè, a prescindere da qualunque considerazione politica, sembra difficile che in Italia possano essere investite risorse nello sviluppo di canali di comunicazione diversi da quello televisivo e che possano nuocere proprio allo sviluppo della televisione commerciale.

Giova a questo proposito infatti ricordare lo sforzo fatto per stimolare la diffusione del digitale terrestre, con investimenti nei confronti di una tecnologia non particolarmente significativa per la modernizzazione del paese, soprattutto se comparata agli effetti (positivi!!!) che medesimi investimenti avrebbero prodotto se eventualmente indirizzati verso la diffusione della banda larga via ADSL o fibra ottica.
La giustificazione fu quella di garantire il pluralismo informativo, anche se per molti fu soprattutto la volontà di scongiurare il passaggio forzato di alcune emittenti alla trasmissione satellitare e la creazione di una alternativa al monopolio della più famosa pay per view.

Il motore dell'innovazione è rappresentato sempre ahimè dai soldi nel nostro sistema economico e sul web, come nella televisione, il maggior flusso di risorse arriva dalla pubblicità al momento, quindi più soldi conquista la pubblicità on line più sarà facile vedere nascere servizi innovativi e qualificati.

Temo quindi che di investimenti per lo sviluppo della rete per ora, ahimè, non se ne parli, un nuovo handicap nel rincorrere il livello di innovazione raggiunto dagli altri paesi.

Tuesday, July 21, 2009

Finalmente Banca d’Italia usa il pugno duro!!! Non con una banca… cancellata Zopa e parte del social lending italiano. Auspichiamo una soluzione


Ho parlato spesso di social lending ed in particolare di Zopa, non perché li conosca personalmente e faccia il tifo, ma perché mi piace il concetto su cui si basa la loro attività, questa volta però non si tratta di buone notizie infatti Banca D’Italia ha chiesto (ed ottenuto) la cancellazione dall’albo degli intermediari finanziari.

Tecnicamente la revoca è opera del Ministero delle Finanze e l’accusa sarebbe di “aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito” (dal comunicato di Zopa).


Bankitalia e Zopa, due versioni contrastanti.

Banca d’Italia ha successivamente precisato che “la società acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l'obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società; in tal modo si realizza una abusiva attività di raccolta del risparmio, con rischio per i terzi i cui fondi non vengono più scambiati immediatamente tra creditore e debitore come dovrebbe essere nello schema di social lending ma rimangono nella disponibilità della Zopa. Di fatto il creditore si trova inconsapevolmente in una posizione analoga a quella di un depositante senza le tutele previste dall'ordinamento per i risparmiatori.. …Le modifiche operative proposte da Zopa per risolvere il problema non sono risultate sufficienti a garantire la rimozione delle irregolarità, manifestando una strutturale difficoltà nell'assicurare il rispetto della disciplina in materia bancaria e finanziaria posta a tutela dei terzi e del mercato”.

Dal comunicato sembra emergere una indisponibilità di Zopa a risolvere il problema mentre Maurizio Sella, A.D. di Zopa, dichiarava nel comunicato dell’azienda che “ Siamo molto sorpresi da questa decisione che ci sembra dovuta unicamente a valutazioni di carattere tecnico-giuridico sul funzionamento della piattaforma, a fronte delle quali peraltro avevamo proposto una soluzione definitiva. Abbiamo sempre collaborato con Banca d’Italia, fin dalla fase di progettazione di un’iniziativa sicuramente non codificata. Nel gennaio 2008 abbiamo iniziato ad operare dopo avere ricevuto l’ok dell’Ufficio Italiano Cambi e da quel momento Zopa è stato un grande successo, soprattutto in un momento storico in cui il credit crunch escludeva intere fasce sociali dall’accesso al credito”.


Il social lending e la “Zona Grigia”, non solo business ma una scelta diversa.

Difficile dire quale delle due versioni corrisponda al vero ma una verità certa ed è contenuta nella frase di Maurizio Sella, la recente, stringente crisi ha ristretto ulteriormente i criteri di erogazione dei prestiti soprattutto nei confronti di quelle fasce che più ne avrebbero bisogno, quelle meno abbienti e quelle in zone del paese in cui ottenere un credito è veramente impresa ardua.

La pratica del social lending effettivamente agisce in una zona un po’ grigia, in cui le garanzie rispetto ad una banca sono minori, ma signori… ..rendiamoci conto che è proprio questa l’anima di questo servizio. Chi presta soldi non lo fa solo con il miraggio di ottenere un interesse più alto, ma lo fa spesso anche come scelta, consapevole che quel “social” comporta un rischio maggiore, un oncetto che ovviamente esula della technicality del controllo finanziario. Banca d’Italia chiederebbe la chiusura anche della Banca dei Poveri perché presta soldi senza garanzia ai poveri del mondo?

Permettetemi di sorridere… ci si preoccupa di una realtà piccola (7 milioni di euro intermediati) dopo non essere riusciti a prevedere nulla della grave recente crisi finanziaria che ha fatto scomparire nel nulla soldi di molte banche italiane (in ottima compagnia internazionale) e di molti enti locali ? Senza parlare di molti altri problemi nei confronti dei quali le azioni sono molto meno immediate, come le commissioni di massimo scoperto, immediatamente reintrodotte sotto mentite spoglie, dopo essere state vietate per legge.


“Esecuzione” o solo rigidità?

La blogosfera ha visto in questo atto una “esecuzione” su mandato delle Banche ma francamente credo che sia ingeneroso, anche perché dubito che le banche si preoccupino di un attore così marginale rispetto al loro business. La realtà è che probabilmente il social lending occupa un segmento che forse andrebbe meglio regolamentato, proprio perché la sua natura lo distingue dall’operatività tradizionale, distinzione che Bankitalia non ha saputo valutare o affrontare, utilizzando metodi tradizionali.

Sarebbe stata necessaria qualche valutazione più politica (ovvero più legata al contesto) per cercare una soluzione meno drastica. Probabilmente quello che si può rilevare che questa rigidità nelle valutazioni (che sarebbe auspicabile più in generale) è che è più facilmente applicabile se si ha davanti una realtà relativamente piccola come Zopa, piuttosto che una grande banca. La domanda è se Zopa fosse stata collegata ad uno dei maggiori gruppi bancari italiani come sarebbe andata a finire?


Ora cercare una soluzione con la buona volontà di tutti.

L’augurio è che ognuno delle parte coinvolte, sia Zopa che i suoi controllori, metta da parte pregiudizi, si siede ad un tavolo comune e tenti di guardare il problema dalla corretta angolazione, cercando di restituire agli italiani un servizio di cui gli italiani hanno dimostrato di avere bisogno.

A tal proposito sempre dal comunicato di Zopa cito “Zopa è nata nel Marzo del 2005 nel Regno Unito dove opera con un modello simile a quello di Zopa.it e dove conta 300mila iscritti e in cui più di 40mila persone sono arrivati a scambiarsi prestiti per 47 milioni di sterline. In Italia …sono infatti più di 40mila gli italiani iscritti alla community e in un anno e mezzo 5mila persone si sono prestate direttamente online più di 7milioni di euro (per l’esattezza 7.156.340 €, dato aggiornato al 10/07/2009). Zopa.it si attesta così oggi al terzo posto nella classifica europea delle community di social lending, dietro ai cugini inglesi di Zopa.com (partiti nel 2005) e ai tedeschi di Smava.de (partiti nel 2007)”.

Come diceva Arbore… meditate gente meditate…

Wednesday, July 1, 2009

La resa dei "Pirati": Pirate Bay ceduta ad una società commerciale, i pirati digitali dismettono pistola, giacca con alamari e cappello di piume!!

Si assiste in diversi paesi del mondo ad una guerra tra chi difende il diritto alla proprietà individuale (e quindi alla remunerazione per la fruizione di un opera) e chi si batte per confutare questo diritto.

Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.


Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità

Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.

Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.


La Rivoluzione Digitale

Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).

Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.


La resa dei Pirati

Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.

Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.

Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?


La Open Music

Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.

Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.

La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.


Internet e (è) Democrazia

Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.

Tuesday, April 21, 2009

Il ministro dell’Istruzione che più ha contribuito alla diffusione della cultura informatica in Italia? Nessuno ha fatto quanto Facebook

Forse oggi mi attirerò le critiche di quelli che guardano con diffidenza alle mode ma, dando il giusto peso alla provocazione di un titolo, volutamente al limite del paradosso, credo che quello di oggi contenga alla base una reale essenza di verità :

all’alfabetizzazione informatica in Italia contribuito Mark Zuckerberg (il boss di Facebook) più che tutti gli ultimi ministri che si sono succeduti.

Non la Moratti, la Gelmini ed i loro illustri predecessori... Ricordate Il tanto strombazzato slogan delle tre “I”, informatica, inglese ed impresa.. è rimasto una delle tante promesse elettorali, di informatica nelle scuole se ne è vista poca e la vicenda del maestro unico sembra ulteriormente diminuire le chance di far crescere le nuove generazioni adeguatamente preparate, sotto il profilo tecnologico.

Però nel frattempo è esploso uno di quei fenomeni che è difficile prevedere prima e che anche dopo che si è concretizzato rimane difficile spiegare: Facebook ha aperto le porte di internet a milioni di neofiti del web.


Un processo in atto da qualche anno

In realtà il processo è iniziato ben prima, con altri Social Network, da MySpace a YouTube o Twitter, ma nessun altro come Facebook è diventato un fenomeno di massa e popolare tra i non “iniziati” del web, ovunque nel mondo e da meno di un anno anche in Italia. Il mio account di FacciaLibro è rimasto silente per mesi fino a quando, inspiegabilmente, quasi da un giorno all’altro si è animato e si è popolato di “amici”, che non mi sarei mai aspettato di trovare nel mondo virtuale.

Oggi poi, aprendo la mia posta, ho avuto la conferma definitiva che questo malvagio oggetto si è trasformato nella killer application che ha rivoluzionato la cultura informatica della popolazione italica, tra le mail di segnalazione che giornalmente mi costringono a vivere “Feisbuch” , c’era la richiesta di amicizia di un amico.

Fin qui nulla di strano.. se questa persona non avesse da sempre dichiarato la propria idiosincrasia all’uso del computer, tanto che per lui “scrivere” rimaneva pur sempre l’uso di una penna (stilografica ovviamente,perchè la biro non si confà a chi vuol ritenersi elite) e che la sua età, 56 (non anziano ma neppure giovane…), non è da considerarsi ideale per cominciare ad utilizzare questi strumenti (dopo averli così a lungo guardati con diffidenza).


Assediato dagli “amici” su Facebook.. come starne fuori?

Ovviamente questo è solo l’ultimo caso di una lunga lista, persone che hanno trovato il coraggio di vincere la propria diffidenza verso il computer ed ancor più verso internet solo perché ormai Facebook li aveva accerchiati, amici e colleghi intrappolati nel network erano dappertutto, come rimanerne fuori?

Cosa abbia determinato questa spirale francamente non so, in fondo il Social Network dei college americani non proponeva molto di nuovo rispetto a chi lo aveva preceduto, semplicemente in genere lo faceva meglio e soprattutto non era un universo chiuso. Lo cito per la seconda volta, ma questo post di Merlinox (ovviamente non tutti quelli che capitano qui sono lettori affezionati) propone una analisi dettagliata del fenomeno ed anche lui, come me, non rintraccia molto di nuovo in ciò che è stato fatto da Facebook. In genere una differenza di approccio, con la possibilità dall’esterno di integrare altre applicazioni, i tanti test, gli abbracci virtuali e le molteplici funzioni, più o meno inutili hanno fatto la differenza. Probabilmente altro fattore critico di successo è stato il carattere “nazional-popolare”( mutuando un’abusata definizione televisiva) di Facebook a differenza di MySpace che per esempio è assimilato soprattutto allo spazio degli artisti o YouTube, visto soprattutto come una “televisione”.


Il successo di Facebook? Fatto da persone normali

Su Facebook non occorre essere un artista digitale o un cantante, è popolato di persone normali, con un nome ed un cognome e non si incontrano (tanti) personaggi come panterina2009 o maschio italiano, con improbabili foto da pin up e con addominali a forma di tartaruga. Partito infatti come network riservato a studenti americani, con email “nota”, è cresciuto tenendo fede all’identità rappresentata dal nome: network di facce. Oggi MySpace rincorre questo modello e da qualche tempo chiede alla login se si vuole apparire con il proprio nome e cognome….

Se questa sia una delle ragioni non posso affermarlo con sicurezza, ma credo personalmente che sia stato un contributo rilevante . Certamente altro fattore critico è la facilità d’uso, che può sembrare una banalità, ma è il discrimine sul quale si infrangono i sogni di molti prodotti software o che ha fatto la fortuna di (pochi) altri, come testimonia il successo travolgente di iPhone per esempio.

continua...

Tuesday, March 18, 2008

Le aziende italiane che innovano: Blogmeter, ovvero l'arte di sapere "ascoltare" la Rete.

Oggi dedico spazio ad un prodotto, Blogmeter, di cui ho già parlato ampiamente in altri post che hanno, tra l'altro, stimolato un dibattito interessante, segno di un forte interesse nei confronti di questo tipo di tecnologie. Rispondono insieme Vittorio di Tomaso e Sacha Monottti, di cui traccio alla fine un profilo sintetico.


CB: Cominciamo, come al solito, con il nome della società e del prodotto.

BM: Al momento Blogmeter non è ancora un'azienda, ma un prodotto sviluppato da una joint-venture, costituita da specialisti nello sviluppo di tecnologie di web intelligence, analisi semantica e media research.


CB: Ho avuto modo di vedere Blogmeter all'opera e come sai lo valuto molto positivamente, ritrovandovi molte caratteristiche che penso siano fondamentali. Bello per esempio il vostro monitoraggio della campagna elettorale che vi ha guadagnato anche un'autorevole citazione da parte di Repubblica.
E' sempre difficile fare sintesi in questi casi, ma riuscite a descriverlo in poche righe?


BM: Blogmeter è una piattaforma di market/web intelligence il cui obiettivo è la comprensione e l'analisi delle conversazioni che avvengono nei social media (non soltanto blog, ma anche forum, newsgoup e social networks).
Lo scopo di Blogmeter è mettere ordine, nel mare magnum della conversazione online, per fornire ad aziende o istituzioni marketing e consumer insight partendo da informazioni fornite liberamente e spontaneamente quali le conversazioni che si trovano all'interno dei social media.


CB: Quali i principali campi d'azione di Blogmeter, il segmento di mercato ed i vostri interlocutori?

BM: I nostri intelocutori principali sono le aziende che considerano lapropria reputazione un asset fondamentale e/o che hanno un marchio forte, riconoscibile e dunque chiaccherato. Per queste aziende la comunicazione è ovviamente fondamentale e strategica; Blogmeter è parte della più ampia strategia di comunicazione aziendale rivolta ai media digitali: fornisce uno strumento di verifica e di misura di come le strategie di marketing e comunicazione (e non solo!) dell'azienda incidono sul buzz generato sui social media.


CB: Possiamo scendere un po' più nel tecnico e descriverne le componenti architetturali e le principali inovazioni tecnologiche?

BM: All'interno di blogmeter vivono un sofisticato motore di crawling, che naviga la rete alla ricerca di fonti interessanti da analizzare (una fonte, per noi, è interessante quando è un luogo di conversazione) e un motore di analisi semantica, basato su tecnologie proprietarie, che consente l'analisi e la comprensione (almeno per quanto possibile) di quanto viene detto in rete.
Esteriormente blogmeter si presenta come un'applicazione di intelligence intuitiva e facile da usare, che consente sia viste di insieme (cruscotti e grafici) che viste specifiche (identificazione delle conversazioni da tracciare, estrazione di concept cloud), fino alla possibilità di leggere ciascun singolo messaggio grazie ad un motore di ricerca interno.
Ad oggi esistono verticalizzazioni di Blogmeter (che implicano specifiche configurazioni dei crawler e dell'analisi semantica) su settori che vanno dall'automotive alle banche, dalla salute / benessere al cinema, dalla moda alla politica. Le fonti monitorate portano un numero enorme di messaggi mensili e di post: la nostra proiezione 2008 è di indicizzare e analizzare diversi milioni di post per ciascuna verticalizzazione.


CB: Quale e' il vostro modello di business?

BM: Blogmeter è proposto come sas. il cliente acquista un abbonamento per avere accesso al prodotto attraverso un'interfaccia di analisi web based inclusiva di supporto ed aggiornamenti constanti su temi e fonti monitorati. Non sono richiesti investimenti hardware o software e il roll out su un settore monitorato è pressochè immediato.


Vittorio di Tomaso dopo gli studi all’Università di Torino e presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, ha intrapreso un percorso accademico, come visiting researcher alla Brandeis University di Waltham, Massachussets, come docente presso l’Università del Piemonte Orientale e la Libera Università di Bolzano. Attualmente insegna Informatica Umanistica all’Università di Torino. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero, è attualmente membro della redazione di Sistemi Intelligenti, rivista di Scienza Cognitiva edita da Il Mulino.
E’ Ceo e co-fondatore di CELI, azienda italiana specializzata in tecnologie automatiche di analisi del linguaggio.

Sacha Monotti Graziadei ha lavorato per Ernst & Young Consultants e AGB Nielsen Media Research, leader mondiale nella rilevazione dell’audience televisivo. Nel 2006 ha deciso di tornare ai media digitali fondando Me-Source, società specializzata nello sviluppo di soluzioni innovative nei settori della “web intelligence” e della “social media analysis”.


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Tuesday, February 26, 2008

Sale la febbre del blog politico.... il monitoraggio del web restituisce risultati interessanti

E' partita una interessante iniziativa in occasione di questa campagna elettorale.

Gli amici di BlogMeter stanno sondando il web per rilevare temi e personaggi trattati in campagna elettorale, questa iniziativa è rafforzata dalla collaborazione con Spindoc per l'analisi contestuale dei temi. Direi che è un significativo esempio di quale informazione può essere estratta dalla "lettura" web.

Si tratta di competitive intelligence applicata alla politica, anche se ovviamente le potenzialità di uno strumento come BlogMeter permettono analisi ancora più approfondite. Tra qualche giorno spero di pubblicare un approfondimento sul tema.

Thursday, January 3, 2008

Buon Anno

Mi sono preso una breve pausa ed ora si ricomincia, naturalmente la prima cosa che mi viene in mente di fare è augurare a tutti un sereno 2008.

Scrivo su questo blog di tecnologia, di web 2.0, di banche ma anche di come vengono gestite le aziende del settore IT ed il loro approccio nei confronti del "capitale umano" perchè penso che a causa di tutto il tempo che dedichiamo al nostro lavoro è proprio la dignità del lavoro un diritto di ogni individuo.

Oggi però pensare al lavoro di altri mi fa ritenere che problemi che abbiamo nella nostra vita professionale siano poco cosa a confronto con quelli di chi, proprio a causa della propria attività lavorativa, mette la propria vita costantemente a rischio.

Perchè vive un ambito di lavoro rischioso per sua natura, o fa una professione in un mondo in cui la "professione libera delle idee" è per se stessa ragione per cui morire.

Un saluto agli operai della Thyssen e a Benazir Bhutto, ma soprattutto a tutti quelli di cui non si conoscerà mai il nome ed hanno perso la vita facendo onestamente il proprio lavoro.

Carlo

Friday, November 16, 2007

La mobilitazione sociale sul web e la battaglia contro la pena morte, finalmente votata la moratoria dall'assemblea dell'Onu

In un post di qualche tempo fa avevo parlato del contributo che ciascuno di noi può dare per sostenere campagne sociali importanti, facendo circolare appelli e firmando petizioni on line, in quelli che ho definito i "network istantanei".

Queste battaglie spesso sono destinate ad essere perse (ma ciò non significa che non valga la pena combatterle..) perchè in realtà credo che il sostegno sia complementare. Impossibile (??? forse..) raggiungere risultati significativi senza l'azione di qualcuno che possa incidere sulle scelte, ma talvolta si sono ottenuti risultati importanti, coma abbiamo visto nel caso della mobilitazione contro la legge Levi Prodi, per esempio.

Non voglio tornare sul tema con ulteriori analisi, oggi assaporiamo solo i frutti di una battaglia a più lungo termine che si combatte da anni per limitare un atroce delitto di stato: la pena di morte. L'assemblea ONU ha infatti votato la moratoria, un atto poco più che simbolico, ma godiamoci questo momento.

Le guerre vanno vinte passo dopo passo....

carlo bruno

Monday, October 22, 2007

Firma contro la legge Levi Prodi sui Blog

Mentre anche i più prestigiosi giornali di tutto il modo dedicano spazi e commenti positivi al fenomeno del blogging (vedi la copertina dell’anno di Time 2006 per esempio), in Italia i nostri amati politici, sempre cosi vicini e sensibili ai nuovi fermenti culturali, hanno deciso di “depotenziare” il fenomeno.

Forse Grillo fa paura e così si spara nel mucchio....

Non amo tantissimo Grillo, per i toni che usa e per qualche battaglia che non condivido, ma devo riconoscere che si è fatto portavoce di tanto malessere reale e conduce molte belle battaglie. Ma se anche dicesse cose che non mi piacciono affatto è sempre un bene che ci sia piuttosto che non avere qualcuno che tiene alta la guardia... l’alternativa è l’isola dei famosi..

Io (come tanti...), stupido fanatico, credo ancora alla pluralità di informazione come ad un valore per tutti.

Nel merito, il Governo ha deciso di rendere difficoltoso l’uso dei blog nella maniera più classica per l’Italia, ovvero usando lo sperimentato approccio delle pastoie burocratiche per scoraggiare gli uomini di buona volontà. Un registro a cui bisogna iscrivere ogni blog con tanto di tassa... e poi adempimenti di ogni genere... (qualcuno è già stato molto preciso nel descrivere, leggi qui maggiori dettagli). Il tutto nella maniera più classica della politica italiana:

1. un provvedimento del CDM preso in pieno a agosto (tutti al mare... tutti al mare...)
2. un provvedimento su cui non si è detto praticamente nulla in giro (Sssssssh....)

Il problema è semiserio credo.... ....credo che quello che più impressioni sia l’incapacità manifestata anche in questa occasione....

Se veramente fosse stato necessario fare qualcosa del genere, possibile che non ci fosse un modo migliore???

Non sono un esperto di legge e o di comunicazione ma veramente qualcuno poteva immaginare che:
1. la cosa continuasse a passare sotto silenzio? Con il modo tumultuoso che ha la rete di diffondere le notizie?
2. che seppure approvata questa legge non sarebbe fin troppo semplice aggirarla? Un qualunque sito neozelandese avrebbe consentito di pubblicare senza le restrizioni italiane.. che fanno poi l’oscurano??? Roba cinese.... Oppure se tutti la ignorano cosa fanno? mettono su un reggimento di finanzieri che ci costa più di quanto raccolgono?

Mi chiedo poi: "ma che figura ci fanno tutti quei ministri che hanno un proprio blog?" L’hanno creato per parlare ad un certo segmento di elettori e poi se li mettono contro??

Il vero problema non è quindi che qualcuno abbia pensato una cosa del genere per restringere le nostre libertà (a questo ci siamo abituati... beh non vuol dire che l’accettiamo...) ma qualcuno (che ci governa) abbia pensato di farlo in maniera cosi banale. Sconfortante....

Qualcuno per fortuna l’ha gia capito, come Gentiloni, (leggi le dichiarazioni ad Asca) ma bisogna fare molta attenzione che non siano dichiarazioni di facciata...

In ogni caso anche i più incompetenti posso arrivare a dei risultati e quindi non molliamo di un centimetro.... mi raccomando non distraiamoci neppure a ferragosto....