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Friday, September 17, 2010

Incontro "Banking & Social: network or not?": the day after, ovvero un breve resoconto

Ieri dunque si è tenuto l'evento dedicato al banking ed al social networking organizzato da Webank.

Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.

In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.

Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.


Interventi basati sul concetto di fiducia

Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.


Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.

Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).

Informare, formare, spiegare

Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.

Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).

Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).

Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.

Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".

Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.

Manca il punto di vista di chi fa tecnologia

Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.

Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.

Tuesday, June 15, 2010

Banking 2.0 - 2010 Survey: Flash and the Rich Internet Applications

Nel post precedente ho introdotto l'analisi delle tecnologie maggiormente utilizzate nella realizzazione di RIA, ma per non rimanere nel vago desidero a questo punto fare uno zoom su quali sono i risultati, a partire da Flash per poi proseguire con Ajax. Su Silverlight nel mondo Banking non ho trovato esperienze significative.

All’epoca delle tabelle HTML nidificate l’una dentro l’altra per costruire piacevoli pagine web Flash è stata probabilmente la prima tecnologia a mettere a disposizione strumenti per costruire interfacce più evolute.

In particolare Flash superava, per prima, il limite tradizionale del primo paradigma internet, ovvero quello di essere un protocollo essenzialmentepull” e stateless, quindi poco adatto a costruire applicazioni con una forte interazione tra server ed utente remoto.

Flash inoltre ha introdotto funzionalità quali il Drag & Drop e la personalizzazione del desk, fino a poco tempo fa non disponibili con le tradizionali tecnologie web. Oggi queste differenze con L’HTML più evoluto si sono notevolmente ridotte e la scelta di una tecnologia piuttosto che un’altra è fortemente influenzata da come ciascuna di esse realizza particolari funzionalità, ovvero in maniera più adeguata agli obiettivi finali del cliente.


Flash: Contesto Tecnologico

Adobe Flash (in precedenza Macromedia Flash) è una piattaforma multimediale originariamente distribuita da Macromedia ed oggi nel portafoglio prodotti di Adobe Systems.

Flash è diventato, sin dagli inizi, un metodo diffuso per aggiungere animazioni e regalare maggiore interattività alle pagine web. Flash è per questo fortemente utilizzato per creare animazioni, pubblicità, integrare video nelle pagine web, e, più recentemente, per sviluppare Rich Internet Application. Flash è in grado di manipolare grafica vettoriale, bidirezionale, supporta lo streaming di audio e video e contiene un linguaggio di scripting denominato ActionScript.

Flash è molto diffuso, tant’è che ad oggi molti pacchetti prodotti software, sistemi e dispositivi sono in grado di creare o visualizzare i contenuti Flash, il più celebre è probabilmente Adobe Flash Player, il player universale introdotto da Adobe, completamente cross-browser e cross-piattaforma, disponibile free per i browser web più comuni, alcuni telefoni cellulari ed altri dispositivi elettronici (utilizzando Flash Lite).

Un applicazione Flash può essere sviluppata a partire da due differenti ambienti di sviluppo: Adobe Flex ed il più datato IDE Flash. Adobe Flex è una piattaforma Open Source supportata da una libreria molto vasta di componenti che permette lo sviluppo di applicazioni.


I Pro ed i Contro

Flash fornisce un universal-runtime, e così Adobe ha fatto sì che le applicazioni Flash non fossero impattate dai problemi di incompatibilità, cui spesso assistiamo, nel rendering della medesima applicazione da parte di browser diversi, anche se permangono alcuni problemi di compatibilità con sistemi operativi linux. Le Animazioni 2D e 3D sono inoltre supportate in maniera da fornire ampie possibilità di sviluppo.

Di contro i tempi di apprendimento delle tecnologie (ma ovviamente si tratta di valutazioni personali) sembrano più lunghi rispetto ad AJAX, anche se successivamente lo sviluppo di un’applicazione risulta altrettanto veloce, richiedendo però una specifici componenti architetturali.

Persiste inoltre qualche problema di indicizzazione da parte di motori di ricerca come Google o Yahoo, hanno alcune limitazione nell’ indicizzare pagine con contenuti Flash a meno dell’introduzione ad parte degli sviluppatori di meta-tag utili. E’ anche vero che una cattiva (sotto il profilo SEO) realizzazione AJAX può avere analoghi problemi di ricercabilità.


Flash: Best Cases

Adobe dedica un ampio approfondimento ai best cases Flash in ambito Banking e Financial Services, grazie alla quale è possibile farsi un quadro piuttosto preciso del suo utilizzo nel settore. Per correttezza occorre sottolineare che potrebbero essere non riportati casi utili alla nostra analisi, magari per mancata autorizzazione del cliente, o per progetti in corso, come ci risulta essere per progetti importanti in Italia. Ma lo scenario è sufficientemente chiaro.

L’esperienza Flash nel settore Banking non riguarda essenzialmente l’on line banking, anzi l’analisi evidenzia come esistano limitate esperienze nel settore dell’On Line Banking, soprattutto se legate ad un uso estensivo della tecnologia. Più utilizzata invece sembra questa tecnologia nel campo delle applicazioni orientate ad un uso interno o per funzionalità specifiche che richiedano

1.Interattività spinta
2.Pushing
3.Capacità grafiche evolute (advertising)

Le implementazioni Flash non sembrano orientate (se non limitatamente) ad un uso retail, o per lo meno per un uso retail esteso, quanto piuttosto orientate ad una utenza essenzialmente di professionisti o di utenti retail estremamente evoluti. Troviamo infatti applicazioni di ATM locator e cose simili, ma applicazioni complesse ed articolate solo per heavvy trader, quindi se non proprio operatori professionali nel senso stretto, certamente assimilabili a questa categoria.

Alcuni esempi rintracciabili sul sito Adobe:

E*TRADE Germany

Leading online financial services provider uses Adobe Flex to develop dynamic applications that give customers real-time access to financial data
http://192.150.18.200/showcase/casestudies/etrade/casestudy.pdf (Trading –RIA + Pushing)

NASDAQ

Adobe AIR application will enable brokers to show their customers exactly what was going on in the market at the time a trade happened.
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=384066 (Trading)

optionMONSTER/ tradeMONSTER

Financial media group optionMONSTER redefines online trading with online broker tradeMONSTER, developed using the Adobe Flash Platform
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=645327&loc=en_us (Trading)

SkyGrid

Dynamic, intelligent online application built with Adobe Flex 2 enables financial professionals to locate, prioritize, and analyze critical investment data in seconds
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=347574&loc=en_us (Informazioni finanziarie Professionals)

Zip2Zap Communications Limited

Adobe Flex enables development of innovative online analysis tool to provide real-time, interactive investment knowledge and trusted references for retail investors in Greater China
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=347354&loc=en_us (Trading)

Robeco

Investment leader uses Adobe Flex to develop a rich, interactive online application that gives institutional investors rapid, reliable access to vital product information
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=343780&loc=en_us (Trading)

Standard Chartered Bank

One of the world's largest banks uses Adobe Flex to give its customers a richer online experience
http://www.adobe.com/ap/showcase/casestudies/standardchartered/print_standardchartered.pdf (On line Bankingfinancial check – ATM position)

Rheinischer Sparkassen- und Giroverband

Adobe Flex portal application allows Rheinischer Sparkassen- und Giroverband to optimize customer services
http://www.adobe.com/showcase/casestudies/rheinischerspark/casestudy.pdf (Retail Financial Planning)

Berliner Sparkasse

The Savings Bank of Berlin processes financial transactions and streamlines routine processes using Adobe LiveCycle ES solutions
http://blogs.adobe.com/security/2010/01/adobe_secured_customer_showcas_8.html (Gestione cicli di approvazione e documentazione)

Investment Café

Groundbreaking Investment Café platform uses Adobe LiveCycle ES and the Adobe Flash Platform to accelerate and improve fund administration for alternative asset firms
http://www.adobe.com/cfusion/showcase/index.cfm?event=casestudydetail&casestudyid=756892&loc=en_us (Gestione cicli di approvazione e documentazione)


seguirà AJAX...

Monday, April 26, 2010

Banking 2.0 - Survey 2010: Ajax vs. Flash vs. Silverlight! Chi vince la guerra delle RIA??

In questa serie di post stiamo esaminando quanto il cosidetto web 2.0 sia stato recepito e/o abbia impattato sul banking, nei precedenti post abbiamo visto soprattutto aspetti legati alla modifica della proposizione dell’offerta mentre ora vorremmo soffermarci su alcuni aspetti tecnologici.

Abbiamo più volte osservato che il web 2.0 è sia un fenomeno di crescita tecnologica che di evoluzione sociale ed il suo impatto può essere considerato pari a quelli di altri grandi eventi che hanno rivoluzionato le nostre abitudini. E’ difficile dire oggi quale aspetto dei due conti di più, ma è certo che la rivoluzione digitale, cominciata negli anni 80, si sta finalmente trasformando in un fenomeno di massa.


Fattori abilitanti e preminenza dell’aspetto sociale nella fase attuale

A titolo personale però credo di poter affermare oggi il fenomeno di modifica delle capacità relazionali “digitali” delle persone sia l’aspetto più interessante, ciò non di meno ogni fase evolutiva (legata alla tecnologia) deve essere interpretata come il coincidente accadimento di tre tipologie di fenomeni variamente bilanciati:

1. Modifica di rilevanti comportamenti umani e sociali.
Ovvero l’esistenza della domanda implicita, intesa soprattutto come maturità degli utenti nel percepire l’utilità dell’offerta a loro rivolta.

2. Disponibilità di tecnologie innovative.
Strumenti adatti a soddisfare la domanda di cui sopra rendono possibile una realizzazione applicativa probabilmente non implementabile in precedenza.

3. Esistenza di adeguati canali di distribuzione.
La facilità di accesso alla tecnologia ed ai servizi ne decreta il successo, la ridotta presenza di ostacoli iniziali, infatti, permette ai neofiti la riduzione della percezione delle difficoltà legate comunque al cambiamento.


RIA

In questa ottica le RIA (Rich Internet Application) sono il mezzo (tecnologico) che maggiormente ha influenzato l’attuale fase evolutiva del web. In realtà la naturale crescita tecnologica non ha introdotto innovazioni realmente significative negli ultimi anni, ma è sicuramente aumentata la consapevolezza che la tecnologia richieda facilità d’uso per essere utilizzata. Proprio in questa ottica canto i produttori di software hanno cercato di dare risposta a questa domanda, sfruttando al massimo le potenzialità offerte da altri fattori collegati:

1. Aumento della familiarità con cui un numero crescente di utenti vive il proprio rapporto con le applicazioni web
2. Aumento della disponibilità di connessione a banda larga che rende efficace la customer experience.

Parlando di RIA abbiamo fatto riferimento nella nostra analisi alle tre tecnologie che, meglio di altre hanno trovato riscontri positivi sul mercato e tra gli esperti:

1. Tecnologie riconducibili alla famiglia di prodotti Flash di Adobe
2. Tecnologie riconducibili alla famiglia di prodotti Silverlight di Microsoft
3. Tecnologie riconducibili allo standard AJAX


Adobe Flash, è stata tra le prime tecnologie ad offrire la possibilità di costruire interfacce realmente interattive, ma Ajax ha dalla sua il vantaggio di non essere una tecnologia proprietaria, quanto piuttosto la definizione di standard. Per questo ha goduto di un’ampia diffusione nella comunità di sviluppatori java, risultando più familiare (e quindi affidabile) a software architect ed engineer.

Silverlight, nel suo caso il vantaggio è determinato dalla diffusione del mondo Microsoft e delle legioni di programmatori specializzati in questo mondo e dall’ovvia facilità di integrazione con esso.


MA.... chi vince?

Riferendoci al mercato di cui siamo osservatori potremmo dire o nessuna delle tre o forse ...Ajax ai punti.

Infatti se Ajax è molto probabilmente (non dispongo di dati oggettivi) la tecnologia più utilizzata nello sviluppo di framework per il front end è indubbio che la realizzazione di gadget particolari (per interattività o gradevolezza estetica) o di banner pubblicitari è appannaggio delle tecnologie riconducibili (con semplificazione) alla denominazione “Flash”. In ambito bancario e finanziario sembra in decisamente inferiore l’utilizzo di Silverlight

Ho quindi provato ad osservare cosa è successo nel mondo banking, la mia ricerca si è sviluppata sull’analisi dei siti dei produttori della specifica tecnologia per individuare case studies relativi al banking o, nel caso delle tecnologie standard, sui siti di riferimento delle medesime. Successivamente la mia survey mi ha condotto all’analisi (esterna) delle maggiori realtà di banking on line nel mondo, prediligendo quelle che, per dimensioni o capacità di business, sono riconosciute per essere Top Performer.

Vedi anche: Flash, Case Studies

Thursday, March 25, 2010

L'assalto della vecchia guardia!! Il rapporto ABI / Eurisko certifica che anche i meno giovani utilizzano il banking on line

Il titolo ovviamente non vuole essere offensivo nei confronti dei meno giovani anzi! Fa riferimento al glorioso comportamento della Vecchia Guardia Napoleonica che a Waterloo, quando la Giovane Guardia viene travolta dal feldmaresciallo Blucher a Plancenoit , guidata dal generale Morand, riprende la posizione e resiste fino all'arrivo dell'arrivo degli inglesi, alleati dei prussiani; ma i veterani delle vittorie di Napoleone, resistono eroicamente fino alla morte per consentire la fuga dell'imperatore.

Ma torniamo all'on line banking... :)

Oggi sono stati presentati i dati dell'osservazione condotta dall'ABI e devo dire che contiene l'interessante informazione che la crescita nell'utilizzo dell'internet banking vede un gran balzo in avanti del numero di utenti nella fascia oltre i 55 anni, con aumenti, a seconda delle fasce dal 16% al 25%. Una buona notizia perchè dimostra una penetrazione dei servizi on line in segmenti che venivano ritenuti irrimediabilmente un po' fuori da questo fenomeno.

Lascerei alla personale valutazione di tutti le cifre riportate nel report ( http://www.abi.it/doc/125145838240651_g__servizi_1.pdf ) o nell'esame più o meno critico che ne hanno fatto i giornali (http://www.repubblica.it/economia) e mi concentrerei su questo fenomeno.

Il direttore generale ABI, Sabatini, ne ascrive, ovviamente, il merito al Sistema che lui rappresenta ("Gli investimenti effettuati dalle banche per rendere sempre piu' vicina la banca ai clienti stanno consentendo una grande liberta' di accesso ai servizi finanziari" - http://it.advfn.com/notizie/Banche-Abi-i-sessantenni-alla-scoperta-dellhome-banking_42122213.html).

In verità questo si inserisce nel più generale avvicinamento al mondo web in atto negli ultimi tre anni, grazie alla popolarità crescente dei social network, che incidendo sulla capacità di favorire le facoltà realzionali nella sfera amici/parenti sta rendendo familiare il web a fasce crescenti di utenti. Anzi probabilmente valutando i tassi di crescita generali del web forse scopriremmo percentuali di crescita maggiore.

Preoccupante il dato relativo alla tipologia di utenti, che è ancora molto orientata a fasce di cultura elevata, un segnale che c'è ancora molto da lavorare sul processo di semplificazione nell'accesso ai servizi finanziari, che evidentemente oggi avviene con ridotta intermediazione ancora solo per specifiche fasce di utenti.

Wednesday, February 24, 2010

Inchiesta Banking 2.0 2010. (Addendum): beccato da Webank!!! Tu chiamalo se vuoi... web 2.0

Eh si.. non ho fatto a tempo a criticare una scelta a riguardo del restyling di Webank che subito mi hanno beccato!

Nel precedente post ho obiettato che la citazione "on line dal 1999" stonava un po' con il ringiovanimento in atto in Webank, (www.webank.it) passano poche ore e mi arriva una mail da Francesco, new media specialist di Webank, che mi ringrazia per il post e mi segnala l'iniziativa www.onlinedal1999.it.

Il suo tono è gentile e non fa riferimento alla mia affermazione, ma mi invita a curiosare in questo sito "la nostra [loro] nuova iniziativa per ripercorrere gli ultimi 10 anni della Rete, attraverso i ricordi, le emozioni, le parole di chi vive nell’online. Dopo una breve registrazione è possibile iniziare a pubblicare la propria storia (nella sezione “Storytelling“) e/o la propria timeline interattiva (nella sezione “Timeline“)".

Quando si dice il web 2.0!!!

... e non posso dire nulla... da sempre sostenitore della "rivoluzione del web"!



Effettivamente 10 anni importanti anche per me... 10 anni in cui ho veramente cambiato la mia carriera professionale, trovandomi coinvolto in progetti di trading e banking on line per i più dinamici protagonisti del web finanziario, tra loro proprio Webank, Fineco, Intesa Trade.

Il Trading in particolare rappresentò, a mio giudizio, anche la killer application che fece conoscere a tutti Internet, quello che negli ultimi due hanni ha fatto il social netwotking per il definitivo lancio di Internet come strumento di comunicazione di massa. A guardarli oggi sembrano tempi un po' eroici, in cui la risoluzione dei monitor metteva a dura prova gli occhi ed i modem a 56k la nostra pazienza. I back office delle banche si fermavano alle 5 per logorroiche operazioni batch, e noi con un gruppo di ragazzi in gamba (ma alle prime armi) sviluppammo un sistema per operare anche dopo quell'orario.

La curiosità non è solo femmina e sono andato a registrarmi, a girovagare tra le storie e nella timeline... può sembrare poco romantico che temi come il banking on line si colorino di nostalgiche sensazioni ma è così, è un pezzo importante della mia vita. Un pezzo molto piacevole sopratutto.

Mi sa che scriverò qualcosa... :)

Wednesday, February 17, 2010

Inchiesta Banking 2.0 2010. In Italia si rivede Webank, new look ma anche qualche novità

Nei post precedenti siamo andati in giro a curiosare nei siti di banking-like anglosassoni, rammaricandoci del fatto che questi concetti siano quasi completamente ignorati in Italia.

Oggi mi tocca fare un piccolo dietro front, le mie incursioni notturne nei siti di home banking (si lo so… detta cosi sembra una vera perversione!) mi hanno fatto scoprire che la mia affermazione non era completamente esatta. In particolare stavo riguardando il sito di Webank, in quanto banca che recentemente è intenzionata a rimettersi in moto, dopo qualche anno di gestione ordinaria.

Ma partiamo dall’inizio. Un po’ di storia.

Nei mesi scorsi il gruppo BPM ha acquisito IntesaTrade, l’emanazione del gruppo IntesaSanpaolo per il trading on line e denominata ora WeTrade. IntesaTrade e Webank erano nate più o meno nello stesso periodo con l’obiettivo di cavalcare il fenomeno trading on line, poi, con lo scoppio della bolla, Webank si è posizionata più sul banking on line per il Gruppo mentre IntesaTrade ha continuato a focalizzarsi esclusivamente sul TOL.

Negli scorsi anni (2008) Webank è diventata realtà autonoma da BPM, che ha creato per i propri clienti BPMbanking, una versione del banking on line destinata a rimanere più tradizionale. Con la recente acquisizione BPM conferma la propria volontà di diventare banca nazionale sfruttando il canale on line, come dichiarato nel recente piano industriale, e di riprendere con vigore la competition in un segmento dove la Fusione Xelion-Fineco ha consolidato la leadership di Fineco. A Webank erano sfuggiti i Trader più incalliti ed ecco che l’acquisizione completa l’offerta di Webank.

Parallelamente era stata avviata una operazione di “ringiovanimento” focalizzata ovviamente molto sul fenomeno del social networking e Webank (già We@bank) diventa Webank.it, con un logo molto più essenziale; l’odierna Home Page si presenta sobria e sulla destra offre i primi segnali “Social”, tre tasti laterali permettono:
  • di accedere alle pagine Webank sui vari Social Network,
  • segnalare la pagina,
  • inviare un suggerimento (“la banca che vorrei”)
Poco sotto la sezione "social media", dedicata all’informazione su temi legati al banking ed al risparmio

Questa contiene la sezione podcast (Radio Webank) con le lezioni di trading, la sezione immagini dove si può trovare la copertina del libro dell’AD Cardamone con tanto di prefazione di Carlo Massarini, gli immancabili video, la community TalkWebank ed il blog InSoldoni

Forse stona un po’, in questa operazione, il richiamo alla “storia”, quel “on line dal 1999” presente sotto il logo e nel Title, ha un po’ il sapore demodè della “Premiata Ditta” di un tempo, poco in linea le aspirazioni al social networking, del quale uno dei campioni, Facebook, è nato solo nel 2005.

Segnali di Banking.

La mia prima ricognizione si era fermata li e mi era sfuggita la parte credo più sostanziale. Senza voler togliere nulla all’utilizzo di link al social networking, ho sempre pensato che questi, lasciati fini a se stessi, mancassero l’obiettivo che intendevano raggiungere (quanti utenti realmente attivi hanno le varie community bancarie?), o meglio, utili a dare una immagine diversa, poco utili a creare una reale esperienza di social networking di successo nel banking.

Diverso è invece se il nuovo approccio viene utilizzato per offrire un servizio di social banking, come ho personalmente individuato nei vari Mint, Wesabe e Smartypig (oltre ai vari siti di social lending).

Ma ieri con un po’ di attenzione in più scopro che Webank è andata un po’ in quella direzione… legato al lancio del Conto di Deposito Webank offre una mini gestione personale del risparmio, con grafici ed obiettivi, come si evidenzia negli screenshot riportati di seguito. Un inizio? Speriamo!



Friday, February 12, 2010

Inchiesta Banking 2.0 2010. Smartypig!! anche il salvadanio a forma di porcellino arriva in formato web 2.0

Smartypig it’s like no other Piggy bank… questa è la frase con cui questo sito australiano cerca di affermare la propria identità differenziandosi dal resto.

Ma cos’è Smartypig? Ci siamo occupati nei precedenti post di Personal Finance, una tipologia di applicazione legata al mondo bancario, diffusa nei paesi anglosassoni ma inesistente in Italia. Il nome si rifà al Piggy Bank, il classico salvadanaio a forma di porcellino e serve ad evidenziare qual è la finalità di questo sito, aiutare a definire degli obiettivi di risparmio e perseguirli, contaminando la classica gestione finanziaria personale con concetti legati al networking e potenziandola con le nuove funzionalità offerte dalla tecnologia che, semplificando, definiamo 2.0.

Da dove si parte?

Dal concetto ovviamente più interessante “It’s FREE”, …a differenza di alcuni competitor, questo, come Wesabe, è gratuito.

Poi ?

It’s SOCIAL”… come evidenzia la home la gestione finanziaria esce dalla ristretta visione di un servizio estremamente riservato e si apre alla collaborazione ed alla condivisione, si può decidere infatti di rendere parzialmente pubblica una serie di obiettivi, scegliendo tra amici e parenti quelli che, attraverso il sistema di collaboration, possono aiutarci a raggiungere gli obiettivi stessi.

Da rete di utenti a reti di applicazioni.

Sotto l’aspetto “social“ viene poi cavalcato un’altro dei trend, ovvero il mash up informativo realizzato attraverso l’integrazione di informazioni (feed RSS o pubblicazione sui social network) o di applicazioni (i widget). È forse questo uno dei passaggi più significativi del cambiamento al web 2.0. Un website non è più una entità unica gestita completamente dal suo ideatore e promotore, ma si arricchisce di funzionalità messe a disposizione da terzi. In questo campo è stato Facebook a fare da first mover e questa è stata l’arma vincente per scalzare MySpace dal trono dei social network.

Le famose applicazioni, i test, i baci e tutta la pletora di attività, realizzate su Facebook da terze parti, ha conferito al network quella dinamicità che le è propria, il “ritmo” di cui parla la teoria delle Comunità di Pratica, da cui sono stati tratti molti concetti alla base degli attuali SN.
Se all’inizio il WEB era una rete di nodi corrispondenti ad entità (istituzioni, Aziende etc.) si è passati alla rete di individui ed ora alla rete di applicazioni ed individui. La rete delle reti è il web stesso (globale) e supera in estensione e concetti la community privata il social network chiuso, per cui solo una strategia di apertura, integrazione, e disponibilità di servizi (anche elementari) ed applicazioni rende un sito interessante per gli Internauti.

Sotto questo profilo il campione di integrazione ed integrabilità è iGoogle dove ogni contenuto può essere visualizzato, tant'è che alcuni giganti del mondo bancario americano hanno recepito questo trend e realizzato widget proprio per iGoogle, come USAA, oppure in altri casi per Facebook o iPhone.

I vantaggi per gli utenti

Un altro concetto fatto proprio dal management di Smartypig è in qualche modo riconducibile a quello dei “gruppi d’acquisto”, o più in generale le convenzioni offerte per esempio dai CRAL o dalle carte di credito. Vengono definiti infatti accordi per ottenere per gli utenti sconti da parte di importanti aziende di viaggi o retailers, quale la famosissima Macy’s, grande catena americana della distribuzione oppure per negoziare favorevoli tassi sui prestiti.


Nel prossimo post cercherò di dare un’occhiata in dettaglio a come si traduce in funzionalità questa sequenza di buone intenzioni, ma per ora vi lascio riportando il testo della pagina Inspiration, che vuole dare corpo all’approccio con cui affrontare questa attività:
"There’s nothing more optimistic than creating a goal, working toward that goal and finally reaching that goal! People often tell us we’ve helped them get out of the habit of using plastic they can no longer afford, basically helping them rethink their relationship with their money. They are inspired to simply change their ways, get off on the right foot, or to dream big about the things they want to do and the places they want to go. We asked our customers to share why they use SmartyPig. What they sent us tells our story better than we ever could".

Godetevi uno dei videocontest presenti nella pagina!!

Thursday, January 21, 2010

Inchiesta Banking 2.0, due anni dopo. 2010 Cosa è successo… o sarebbe meglio dire.. cosa non è successo??

Due anni fa, proprio all’inizio di Gennaio, avevo cominciato a scrivere una serie di post sul Banking 2.0, ovvero su cosa avrebbe potuto significare, per il banking on line, l’adozione di concetti web 2.0, sia per quanto riguardava le enormi potenzialità che vengono offerte da tecnologie quali Flash o Ajax, sia per quanto riguarda i nuovi modelli di comportamento indotti dalla diffusione del social networking.

Due anni che valgono quanto decenni

Parlo di soli due anni fa eppure sembra che sia già passato qualche decennio… il social networking passava da trend a fenomeno di massa, Facebook aggrediva il monopolio di MySpace e … …e non era ancora esplosa in tutta la sua virulenza la Grande Crisi.

Le artefici e le vittime di questa crisi sono state le grandi banche americane e, con effetto dominio, tutto il sistema bancario e finanziario mondiale: Lehman Brothers era (prima di fallire) una delle 5 temutissime banche d’investimento (tutte ridimensionate) Maddoff era un guru della finanza prima di essere denunziato da figli e dipendenti e (tutte) le più celebri corporation di analisti, esperti di “prediction” vedevano un massiccio utilizzo del web 2.0 anche nelle banche many banks recognise the need to embrace Web 2.0 but only a handful of early movers are currently showing signs of next-generation offerings and it will take 18 months before real progress is made.

Il banking 2.0 oggi.

I 18 mesi sono passati e la crisi sembra avere lasciato sul terreno le buone intenzioni di cui era alimentato quell’inizio del 2008. Il Web 2.0 è solo timidamente usato dalle banche sotto il profilo tecnico, quasi nulla sotto il profilo "social". Oggi nuove ricerche (un po’ interessate??) prevedono uno sviluppo di questi temi per il 2010… conviene utilizzare qualche rito scaramantico e sperare che vada meglio che nel 2008…

Il mio viaggio nel web 2.0 non mi ha fatto scoprire innovazioni stupefacenti nel settore o una larga diffusione di questi strumenti, solo esperienze a macchia di leopardo e le più interessanti vengono al di fuori del tradizionale circuito bancario. Forse si tratta solo di aspettare il web 3.0!!!

Difficile dire se ha avuto più impatto la crisi e la conseguente contrazione degli investimenti o il tradizionale approccio delle banche che, nella maggior parte dei casi, pur contribuendo significativamente allo sviluppo delle tecnologie, sono abituate ad introdurre le innovazioni con una certa prudenza.

I trend in America: Personal Finance Management

Tra le cose interessanti alcuni siti di Personal Finance indipendenti che hanno abbracciato la filosofia social del nuovo web. Negli Stati Uniti è forte la cultura della gestione finanziaria familiare, tant’è che gia negli anni precedenti erano diffusi strumenti desktop quali Quicken, acquisito da Intuit. L’evoluzione del web ha portato alla nascita anche di applicazioni browser based ed ora tutte le principali banche USA offrono un servizio di questo genere, più o meno evoluto.

Il tutto è favorito anche da una più diffusa attitudine alla “circolarità” delle informazioni bancarie, tant’è che è possibile avere su un unico desk la situazioni su conti su più banche diverse. Un po’ come in Italia è possibile fare al momento solo con i servizi di Corporate Interbancario.

Parallelamente si sono nati siti dedicati, indipendenti dalle banche, che hanno offerto servizi molto più smart ed innovativi. Le funzionalità offerte sono interessanti e molto utili, si è per esempio mutuato il concetto di "tagging" per connotare meglio i movimenti, consentendone l’organizzazione secondo criteri differenti, il raggruppamento delle spese in categorie permette un’analisi delle proprie propensioni di spesa ed alcuni siti forniscono spesso statistiche e report di sintesi per facilitare l’analisi personale, un vero e proprio cruscotto per il Controllo di Gestione.

La possibilità di definire obiettivi e relative percentuali di raggiungimento degli stessi sono altre abituali features di questi portali, ma la traslazione dei concetti di social networking si realizza con funzioni che sfruttano la potenza della collettività. La comparazione con dati di sintesi di gruppi omogenei di utenti ne è un esempio, serve per verificare quanto i personali trend di spesa di un individuo si differenziano dalla media di utenti simili, oppure la condivisione di strategie, di obiettivi in ambiti familiari o lo sharing di conoscenza su possibili ottimizzazioni di bilancio.

Piccoli desk che sconfinano quasi nel risk management familiare ed evidentemente sono visti come la risposta giusta ad una domanda di governo delle finanze personali, probabilmente ora più sentita di prima, proprio a causa della crisi perdurante. Nei prossimi post cercheremo di vedere insieme alcuni di questi siti quali Mint o Wesabe per valutarne l’efficacia.

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Thursday, September 24, 2009

La banca "verde": si comincia dalla carta alla sportello. Un approccio diverso per rendere efficienti i processi. (Parte Seconda)

AbiLab ha prodotto qualche mese fa uno studio sui costi della gestione della documentazione in banca che ho cominciato ad introdurre nel precedente post. In particolare Abilab fa una stima dei costi per sportello piuttosto accurata per le spese di conservazione (1500 eur l’anno per sportello), di gestione logistica, spedizione e ricerca, ma non da una stima altrettanto precisa per gli altri costi interni di gestione, ovvero quelli che, tra front office e back office, sono pagati dalle banche soprattutto in termini di personale, di efficienza e di competitività.

Fonte AbiLab

Un importante costo sommerso, di difficile valutazione, infatti è proprio la stima del debito di competitività che si sconta, al tempo impiegato dal personale in attività “fisiche”, va sommata la perdita di valore potenziale indotta dalla impossibilità di realizzare alcune tipologie di servizio, nei termini desiderati, o nella percezione di inefficienza da parte della clientela.

Due fattori nuovi sembrano determinare una certo cambiamento, o per lo meno un diverso orientamento, ed il primo è certamente la recente crisi economica. Questa ha spinto big e meno big a lavorare con maggiore intensità nel campo della ricerca di efficienza per migliorare, in particolar modo, il conto economico, messo a dura prova dalle tempesta finanziaria e dalla esplosione degli effetti delle speculazioni degli anni scorsi.


Più chiaro il quadro normativo

Dall’altra parte si va schiarendo il panorama normativo, che in Italia rappresenta spesso, a causa della scarsa reattività all’innovazione ed alla sua complessità intrinseca, un forte ostacolo alla modernizzazione del settore. “Le banche – nel documento si legge la dichiarazione del presidente di ABI Lab, Domenico Santececca – sono uno dei settori produttivi più legati alla carta… ... In questo quadro, le recenti evoluzioni normative introdotte dal Governo con la legge 2/2009, semplificano notevolmente le procedure di digitalizzazione e conservazione aprendo una nuova frontiera alla gestione documentale, con meno carta e più efficienza”.

Solo il 9% dei documenti esaminati da Abilab nasce già in forma digitale e questo 9% fa riferimento soprattutto a quei documenti per i quali non è richiesta la firma del cliente. Di contro i già citati incassi e pagamenti, i più diffusi allo sportello, non sono in genere gestiti in maniera digitalmente integrata e concorrono al grosso della spesa e delle inefficienze.
Fonte Abilab

Come si può affrontare la modernizzazione dei processi che coinvolgono il trattamento della carta?

Sicuramente un approccio incrementale permette di maturare la necessaria esperienza affinché si riduca sempre di più la possibilità di incorrere in errori di valutazione, che possano condurre a perseguire obiettivi che non danno completamente i risultati desiderati. Alcune applicazioni prototipali e la loro verifica sul campo possono offrire la possibilità di progettare e testare un proprio personale approccio all’innovazione nella gestione documentale, con il giusto mix tra innovazione (e quindi capacità di modificare sostanzialmente lo status quo) e conservazione, per evitare che i costi per l’introduzione dei nuovi processi oscurino i risultati ottenuti.

Più in dettaglio un progetto di questo genere richiede:
  • Assessment dei sistemi (conoscenza delle tecnologie, censimento, studio delle integrazioni)
  • Osservazione dei processi (valutazione delle performance per pertinenza e tempo)
  • Individuazione dei processi da efficientare (Concretezza, coinvolgimento, velocita’)
  • Definizione scenario progettuale di reingegnerizzazione (accettabilita’, sostenibilita’, progressivita’)
Cruciale in questo contesto l'osservazione dei processi e l'individuazione di quelli da effientare, cercando di basare il proprio metodo di valutazione su dati oggettivi quali il perseguimento di un adeguato ROI nel minore tempo possibile.

Thursday, September 17, 2009

La banca "verde": si comincia dalla carta alla sportello. Un approccio diverso per rendere efficienti i processi.

"Dai.. scriverò qualcosa domani…"

Ebbene si.. ho passato due mesi a ripetermelo tutte le mattine, eppure non sono mancati gli argomenti interessanti, dal “leopardo bianco” della Apple alle richieste degli editori italiani a Google a riguardo del suo servizio News. In particolare quest’ultimo era proprio interessante a causa delle mille sfaccettature che presenta, ovvero quelle di un servizio visto con ostilità dagli editori di quotidiani, ma che proprio a loro porta un bel po’ di contatti. Proprio ora Google risponde con Fast Flip sostenendo di venire incontro alle loro richieste, certo da approfondire…

Riparto invece da un tema maggiormente legato alla mia attività professionale presente, che riguarda proprio la ricerca di ottimizzazione e di efficienza relativamente a processi essenzialmente bancari.

Uno degli ambiti infatti nei quali è maggiormente possibile procedere a ri-organizzazioni e miglioramenti è quello legato a tutto il ciclo di vita di un documento all’interno di una organizzazione. Definizione stessa del processo, formazione del personale, organizzazione della logistica, trasferimenti ed infine conservazione e rintracciabilità determinano per le banche, soggette a vincoli burocratici e normativi, un enorme dispendio di effort umano ed economico.

La ricerca ABILAB

Ne ho già parlato in generale in qualche post prima delle vacanze, ma ora sono andato a riguardarmi un documento pubblicato da AbiLab, laboratorio dell’ABI, proprio sulle tematiche dell’Enterprise Content Management in ambito bancario. L’avevo messo da parte per organizzarci su una riflessione e sebbene sia già della prima parte del 2009 è molto interessante ai nostri fini, è solo la sintesi di una ricerca ben più ampia condotta da Abilab, ma forse proprio per questo ben sintetizza la situazione nello scenario italiano ed è utile in un contesto come questo ovvero un blog.

Attualmente, infatti, sono più di 120 mila i documenti che ognuno degli oltre trentamila sportelli sparsi su tutta la penisola produce in media ogni anno, per un totale di circa 5,7 miliardi di fogli.”. Sono queste le cifre impressionanti con cui si apre questo breve abstract di AbiLab.

A fare la parte del leone nella produzione di documenti allo sportello le operazioni di incasso e pagamento (bonifici, assegni, contabilità di addebito e accredito) con l’84% del totale, pari a oltre 100 mila documenti l’anno per sportello e con il 60% prodotto direttamente su carta, mentre il rimanente 40% viene stampato successivamente.

fonte Abilab

Tra i documenti più ricorrenti troviamo:
  • la contabilità di addebito e accredito (oltre 28 mila fogli per sportello),
  • la distinta di versamento (oltre 12 mila),
  • l’avviso di ritiro effetti (quasi 11 mila)
  • l’assegno troncato dei corrispondenti (circa 7,2 mila).
Le rimanenti percentuali sono particolarmente basse e riguardano documenti di conto corrente (9%), deposito titoli (4%), credito (2%), documenti “generici” (1%).

Si stima che i soli costi “esterni” siano 105 milioni di euro per i gruppi bancari italiani, ovvero 0,0175 euro per foglio, ma questa unica voce di spesa non rappresenta che solo una parte dell’ammontare totale che viene impegnato dal le banche nella gestione dei documenti. Non è difficile ipotizzare che il valore complessivo si ottiene applicando un fattore moltiplicativo “N” alla cifra citata, dove “N” stesso è di difficile valutazione.

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Tuesday, July 21, 2009

Finalmente Banca d’Italia usa il pugno duro!!! Non con una banca… cancellata Zopa e parte del social lending italiano. Auspichiamo una soluzione


Ho parlato spesso di social lending ed in particolare di Zopa, non perché li conosca personalmente e faccia il tifo, ma perché mi piace il concetto su cui si basa la loro attività, questa volta però non si tratta di buone notizie infatti Banca D’Italia ha chiesto (ed ottenuto) la cancellazione dall’albo degli intermediari finanziari.

Tecnicamente la revoca è opera del Ministero delle Finanze e l’accusa sarebbe di “aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito” (dal comunicato di Zopa).


Bankitalia e Zopa, due versioni contrastanti.

Banca d’Italia ha successivamente precisato che “la società acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l'obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società; in tal modo si realizza una abusiva attività di raccolta del risparmio, con rischio per i terzi i cui fondi non vengono più scambiati immediatamente tra creditore e debitore come dovrebbe essere nello schema di social lending ma rimangono nella disponibilità della Zopa. Di fatto il creditore si trova inconsapevolmente in una posizione analoga a quella di un depositante senza le tutele previste dall'ordinamento per i risparmiatori.. …Le modifiche operative proposte da Zopa per risolvere il problema non sono risultate sufficienti a garantire la rimozione delle irregolarità, manifestando una strutturale difficoltà nell'assicurare il rispetto della disciplina in materia bancaria e finanziaria posta a tutela dei terzi e del mercato”.

Dal comunicato sembra emergere una indisponibilità di Zopa a risolvere il problema mentre Maurizio Sella, A.D. di Zopa, dichiarava nel comunicato dell’azienda che “ Siamo molto sorpresi da questa decisione che ci sembra dovuta unicamente a valutazioni di carattere tecnico-giuridico sul funzionamento della piattaforma, a fronte delle quali peraltro avevamo proposto una soluzione definitiva. Abbiamo sempre collaborato con Banca d’Italia, fin dalla fase di progettazione di un’iniziativa sicuramente non codificata. Nel gennaio 2008 abbiamo iniziato ad operare dopo avere ricevuto l’ok dell’Ufficio Italiano Cambi e da quel momento Zopa è stato un grande successo, soprattutto in un momento storico in cui il credit crunch escludeva intere fasce sociali dall’accesso al credito”.


Il social lending e la “Zona Grigia”, non solo business ma una scelta diversa.

Difficile dire quale delle due versioni corrisponda al vero ma una verità certa ed è contenuta nella frase di Maurizio Sella, la recente, stringente crisi ha ristretto ulteriormente i criteri di erogazione dei prestiti soprattutto nei confronti di quelle fasce che più ne avrebbero bisogno, quelle meno abbienti e quelle in zone del paese in cui ottenere un credito è veramente impresa ardua.

La pratica del social lending effettivamente agisce in una zona un po’ grigia, in cui le garanzie rispetto ad una banca sono minori, ma signori… ..rendiamoci conto che è proprio questa l’anima di questo servizio. Chi presta soldi non lo fa solo con il miraggio di ottenere un interesse più alto, ma lo fa spesso anche come scelta, consapevole che quel “social” comporta un rischio maggiore, un oncetto che ovviamente esula della technicality del controllo finanziario. Banca d’Italia chiederebbe la chiusura anche della Banca dei Poveri perché presta soldi senza garanzia ai poveri del mondo?

Permettetemi di sorridere… ci si preoccupa di una realtà piccola (7 milioni di euro intermediati) dopo non essere riusciti a prevedere nulla della grave recente crisi finanziaria che ha fatto scomparire nel nulla soldi di molte banche italiane (in ottima compagnia internazionale) e di molti enti locali ? Senza parlare di molti altri problemi nei confronti dei quali le azioni sono molto meno immediate, come le commissioni di massimo scoperto, immediatamente reintrodotte sotto mentite spoglie, dopo essere state vietate per legge.


“Esecuzione” o solo rigidità?

La blogosfera ha visto in questo atto una “esecuzione” su mandato delle Banche ma francamente credo che sia ingeneroso, anche perché dubito che le banche si preoccupino di un attore così marginale rispetto al loro business. La realtà è che probabilmente il social lending occupa un segmento che forse andrebbe meglio regolamentato, proprio perché la sua natura lo distingue dall’operatività tradizionale, distinzione che Bankitalia non ha saputo valutare o affrontare, utilizzando metodi tradizionali.

Sarebbe stata necessaria qualche valutazione più politica (ovvero più legata al contesto) per cercare una soluzione meno drastica. Probabilmente quello che si può rilevare che questa rigidità nelle valutazioni (che sarebbe auspicabile più in generale) è che è più facilmente applicabile se si ha davanti una realtà relativamente piccola come Zopa, piuttosto che una grande banca. La domanda è se Zopa fosse stata collegata ad uno dei maggiori gruppi bancari italiani come sarebbe andata a finire?


Ora cercare una soluzione con la buona volontà di tutti.

L’augurio è che ognuno delle parte coinvolte, sia Zopa che i suoi controllori, metta da parte pregiudizi, si siede ad un tavolo comune e tenti di guardare il problema dalla corretta angolazione, cercando di restituire agli italiani un servizio di cui gli italiani hanno dimostrato di avere bisogno.

A tal proposito sempre dal comunicato di Zopa cito “Zopa è nata nel Marzo del 2005 nel Regno Unito dove opera con un modello simile a quello di Zopa.it e dove conta 300mila iscritti e in cui più di 40mila persone sono arrivati a scambiarsi prestiti per 47 milioni di sterline. In Italia …sono infatti più di 40mila gli italiani iscritti alla community e in un anno e mezzo 5mila persone si sono prestate direttamente online più di 7milioni di euro (per l’esattezza 7.156.340 €, dato aggiornato al 10/07/2009). Zopa.it si attesta così oggi al terzo posto nella classifica europea delle community di social lending, dietro ai cugini inglesi di Zopa.com (partiti nel 2005) e ai tedeschi di Smava.de (partiti nel 2007)”.

Come diceva Arbore… meditate gente meditate…

Saturday, June 20, 2009

Viaggio nelle best practise del GREEN.IT e dell'ICT sostenibile: il ruolo dell'Enterprise Content Management in una paperless company

Abbiamo parlato nel precedente post che esistono alcune dimensioni immateriali percepite dal pubblico in maniera più rilevante di altre e che la valorizzazione di tali asset partecipa alla costruzione del valore dell’azienda. Tutte queste dimensioni si basano sul dominio e la condivisione della conoscenza.

L’obiettivo di raggiungere una paperless company non può ovviamente che essere legato ad una graduale adozione di processi operativi digitali, in quanto è necessario avere il tempo per capire le potenzialità offerte da questa pratica per adottarla diffusamente in azienda, avendo ben chiaro il discrimine tra attività possibili ed attività utili.


Non è solo un problema tecnologico ma necessita anche della valutazione dell'impatto sulla struttura

L’adozione infatti di una adeguata strategia ECM non si basa solo su una corretta implementazione tecnologica e funzionale, ma anche, anzi soprattutto, su una responsabile valutazione dell’impatto sulla struttura preesistente, in funzione delle potenziali resistenze culturali o psicologiche che una rivisitazione di un processo necessariamente comporta.

Il cambiamento di un processo, che non viene essenzialmente modificato nel suo workflow, se non per l’automazione di alcuni passaggi, avrà certamente un impatto limitato sul lavoro delle persone coinvolte, ma si corre il rischio di non perseguire tutti gli obiettivi di efficienza realmente raggiungibili. Di contro una eccessiva rimodulazione di un processo esistente può comportare una “teorica” ottimizzazione dei tempi, ma al tempo stesso si possono vedere ridurre i vantaggi effettivi a causa di un “rigetto” endogeno dell’organizzazione, evidentemente non in grado di recepire un cambiamento così radicale.

Inoltre la valutazione del ROI deve ovviamente tenere conto che i cambiamenti introdotti necessitano di formazione del personale coinvolto, ed il peso di tale costo non può essere trascurato nella valutazione dei benefici.


Un processo ricorsivo

La riorganizzazione del flusso dei processi operativi è un processo costante e ricorsivo che può essere suddiviso in 4 fase in stretta relazione
  • Assessment dei processi
  • Analisi
  • Ottimizzazione del workflow e degli strumenti
  • Valutazione dei risultati ed elaborazione delle metriche di misurazione
In particolare torno ad osservare la rilevanza dell’ultimo punto, che non sarebbe realizzabile in maniera opportuna in assenza di una adeguata automazione dei processi e che invece in tal modo amplifica la la conoscenza dei flussi operativi e la capacità di analisi sulla efficacia delle procedure e degli strumenti utilizzati.

Come si è detto la re-ingegnerizzazione dei processi trova le sue basi nell’adozione di una valida strategia e strumenti ECM. Anche L’Enterprise Content Management può essere scomposto in quattro fasi tra loro collegate in un processo perennemente ricorsivo:
  • Analisi ed integrazione dei sistemi di alimentazione delle informazioni
  • Organizzazione, categorizzazione ed archiviazione dei contenuti
  • Integrazioni con le altre informazioni e sistemi aziendali
  • Distribuzione ed arricchimento delle informazioni integrate

Monday, May 4, 2009

Comunicazione e Capitale umano in tempo di crisi, il 91% degli impiegati vuole condividere le informazioni, se ne discute il 7 maggio all’OPEN DAY

Qualche giorno fa ho ricevuto l’invito per giovedi 7 maggio all’Open Day (viale Ergisto Bezzi 2) organizzato da IQM selezione e Krauthammer (multinazionale che fornisce servizi di Consulenza, Formazione manageriale e Coaching) ed è stata l’occasione per una riflessione sulla percezione del capitale rappresentato dalle risorse nel bel mezzo di questa “grande crisi”.

Alberto Baggini, CEO di IQM e professore al Politecnico di Milano, è stata una delle persone che per prime hanno animato le discussioni sul mio blog con una intervista sull’argomento “capitale umano”, arricchendolo del particolare punto di vista di chi ha il compito di valutare candidati per una eventuale assunzione.


Manager all'altezza della crisi?

Avevamo parlato delle differenti tipologie di intelligenza e di come tali abilità devono essere calibrate rispetto alle reali esigenze della azienda che sta ricercando personale, di come sia importante far emergere le reali caratteristiche ed in particolare Alberto Baggini aveva evidenziato che nel suo lavoro “ colloqui sotto stress consentono di valutare le reazioni dei candidati di fronte a reazioni non prevedibili o difficilmente inquadrabili, in modo che il nostro interlocutore non possa mettere in atto un comportamento consolidato ma debba mettere in gioco il proprio istinto, la propria capacità di improvvisazione e di gestione delle criticità, che sono poi requisiti fondamentali di fronte a richieste endogene od esogene di adattamento”.

Se è vero che spesso in tempi normali le doti di leadership di un manager non vengono sottoposte a stress particolari, fusioni, cali di risorse finanziarie o di quote di mercato fanno esplodere in tutta evidenza le contraddizioni di manager non adeguati al ruolo che ricoprono.


Il costo aziendale di professionalità inadeguate e la "distanza" tra manager ed impiegati

La valutazione di un candidato (sia manager o meno) ha una grande criticità ed un peso nella vita aziendale successiva, perché ovviamente l’introduzione in una struttura di professionisti non adeguati al ruolo ha un peso crescente, quanto più diminuiscono le dimensioni della società e quanto più la crisi erode i margini operativi.

Leggiamo da più parti che la crisi “rappresenta una opportunità” , ricorrendo ad un raffigurazione benevola della realtà, in quanto sarebbe molto più corretto dire che la crisi è uno “stimolo” a mettere in piedi un processo maggiormente virtuoso, nel controllo dei costi e nella valorizzazione degli asset.

L’opportunità è infatti un evento puntuale che si presenta limitato nel tempo, mentre la necessità di migliorare processi e strutture è permanente, ciò che cambia è solo la percezione dell’urgenza con cui porre rimedio a disfunzioni e disservizi, urgenza che in tempi di crescita viene solamente nascosta dall’andamento positivo di una azienda.

Questa “opportunità” però, anche durante la crisi (o soprattutto?), rimane spesso uno slogan scritto sui giornali, perché un periodo di recessione non fa altro che amplificare la necessità di tagli e tali tagli vengono spesso realizzati sulla base solo di criteri “immediatamente” economici, senza valutazioni sui valori intrinseci e sulle prospettive di medio e lungo termine. La contrazione del mercato, a mio avviso, non fa ha altro che amplificare il muro che spesso esiste tra livelli di management diverso e tra manager ed impiegati.


La comunicazione e la condivisione come valore aziendale e qualità di un manager

Proprio il comunicato stampa dell OPEN DAY contiene alcune statistiche che sostengono tale percezione “Da un’indagine realizzata a livello europeo da consulenti esperti di formazione e coaching manageriale facenti parte di Krauthammer è emerso che la maggior parte dei manager non riesce a soddisfare le esigenze dei dipendenti e conseguentemente neanche quelle aziendali. I dipendenti desiderano essere informati dai loro manager sulle decisioni prese e che queste ultime siano contestualizzate e accompagnate da chiarimenti. Il 40% dei manager soddisfa tale richiesta, tuttavia, più di un terzo (35%) ha la tendenza a limitarsi ai fatti e ai dettagli; il 25% ha un atteggiamento opposto, ossia fornisce spiegazioni imprecise e vaghe. Quando i dipendenti riscontrano difficoltà nell'eseguire un compito, il 91% di essi desidera analizzare i problemi insieme ai manager, ma solo il 47% dei manager si comporta in tal modo, mentre un terzo (31%) tende a fornire ai dipendenti un'analisi personale, senza consultarli. Il migliore leader in tempi di crisi è colui che non minimizza questi aspetti, contribuendo a rendere meno “esplosiva” una situazione già critica. È importante mantenere alti i livelli di comunicazione con i propri dipendenti: essere trasparenti sulla situazione aziendale e sulle strategie adottate, chiamando a raccolta tutte le forze in campo e assumendo un diverso atteggiamento verso i contributi altrui”.

Troppo spesso invece il detenere informazione viene considerato un valore, in virtù dell'ossequio all'obsoleto "divide et impera", un valore finalizzato al mantenimento ed all'accrescimento del peso della propria posizione nella struttura aziendale, a prescindere se tali atteggiamenti abbiamo o meno una ricaduta sull'organizzazione e sui risultati aziendali. Ricaduta che esiste e che troppo spesso è negativa.


OPEN DAY

Avendolo citato all’inizio del post chiudo solo con una nota proprio sull’OPEN DAY, un’iniziativa che ha l’obiettivo di far incontrare e discutere professionisti, specialisti e manager sulla comunicazione e sul valore del capitale rappresentato dalle persone e dalla loro competenza. Si terrà giovedì 7 Maggio 2009 in viale Ergisto Bezzi 2, dal mattino alla serà e vedrà wokshop, incontri personalizzati e momenti di discussione. Per chi è interessato può scrivere a info@iqmselezione.it