La qualità di ciò che produciamo è uno dei fattori competitivi per eccellenza e tale qualità è funzione (in particolare nel settore della tecnologia IT) delle competenze professionali di quanti lavorano all’interno di una azienda.
La difesa quindi del capitale umano è difesa della propria capacità di produrre software di qualità e sostenere la sfida dell’innovazione, ma il continuo crescere del gap competitivo con gli atri paesi sembra indicare che questa strada in Italia sia scarsamente seguita.
Da un paio d’anni uno dei protagonisti del settore lavorativo in cui opero, ovvero l’AD di Unicredito Profumo, è l’animatore di una iniziativa tesa a promuovere le “qualità italiane”, proprio come fattore competitivo per fronteggiare la concorrenza commerciale dei paesi dell’Asia, basata sui bassi costi di produzione. >
L’associazione Symbola, che si autoproclama, la “Lobby delle Qualità Italiane”, nasce dalla inconsueta sinergia tra uno dei banchieri di maggior prestigio internazionale ed Ermete Realacci, che nel suo libro “Soft Economy”, teorizza appunto la Cultura della Qualità.
Mi piacerebbe che iniziative del genere riuscissero a produrre un cambiamento radicale nella cultura delle aziende e dei loro manager, andando oltre il semplice concetto di “Lobby”, che invece sembra essere quello più facilmente recepito dalle aziende stesse.
Ho il timore invece che le aziende italiane non perseguano ( o per lo meno non adeguatamente - e lo dimostrano i numeri - ) una politica di stimolo nei confronti dei propri dipendenti circa l’apprendimento e l’innovazione. Viene spesso ritenuto costoso investire nel personale, sia dal punto di vista economico ma forse ancor più sotto il profilo organizzativo e mentale.
Una inchiesta di questa estate su Miojob (Repubblica) dice che più della metà dei dipendenti si lamenta dei propri manager, il dato sembra comunque molto alto, seppure scremato del comprensibile malumore generato dalle conflittuali reciproche competenze.
Il risultato di questa inchiesta è stato rapidamente liquidato come inattendibile nella risposta del Presidente CIDA (associazione di dirigenti) Giorgio Corradini, che ne contesta, con molta forza, la validità (“vorrei far notare che un campione di duemila dipendenti non può assolutamente essere associato alla metà dei lavoratori italiani”) portando a testimonianza i risultati delle aziende italiane (“Il mercato - e non i dipendenti - è il vero giudice dell’operato della dirigenza. Ed il giudizio del mercato, non solo è positivo, ma promuove a pieni voti la managerialità italiana.”)
Mhmm.. capisco la difesa della categoria, ma contestare che un campione statistico non possa essere rappresentativo equivale dire che ogni studio di questo genere non serve a nulla... non so come sia stato selezionato il campione e la sua effettiva validità, però le scrivanie dei manager sono pieni di studi statistici e proiezioni ricavate proprio da campioni di questo genere... questi studi sono spesso acquistati da prestigiose e costose società di analisi...
Se poi misuriamo il “giudizio del mercato” e osserviamo i dati relativi al settore IT... beh l’Italia cresce dell’ 1,6% e l’Europa del 3,9%, con aumento costante del gap tra la crescita del nostro Paese e quella del resto d’Europa. E per non abbatterci troppo meglio non guardare i dati di Cina e India. Ma neppure quelli della Spagna...
Questa reazione sembra proprio una chiara spia del rapporto manager/dipendenti..
Sull’altra sponda invece la percezione di “smanetta” è spesso quella che chi comanda non sa bene di cosa parla, in un blog che mi ha segnalato un collega, leggo una definizione di una categoria di informatico molto particolare “La terza categoria degli informatici ha per me qualcosa di magico. In genere la si trova nei piani alti della scala gerarchica. Di informatica hanno uno spruzzo, come le torte con su lo zucchero a velo, però sono degli abilissimi comunicatori e dei perfetti creatori di presentazioni ad effetti speciali creati ad arte con Power Point”. Tutto il post è grazioso e traccia uno spaccato del conflitto dipendente/utente/manager visto dai primi.
Ovviamente le generalizzazioni sono pericolose ma indicano anche dei trend che risulta pericoloso ignorare
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