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Tuesday, March 18, 2008

Le aziende italiane che innovano: Blogmeter, ovvero l'arte di sapere "ascoltare" la Rete.

Oggi dedico spazio ad un prodotto, Blogmeter, di cui ho già parlato ampiamente in altri post che hanno, tra l'altro, stimolato un dibattito interessante, segno di un forte interesse nei confronti di questo tipo di tecnologie. Rispondono insieme Vittorio di Tomaso e Sacha Monottti, di cui traccio alla fine un profilo sintetico.


CB: Cominciamo, come al solito, con il nome della società e del prodotto.

BM: Al momento Blogmeter non è ancora un'azienda, ma un prodotto sviluppato da una joint-venture, costituita da specialisti nello sviluppo di tecnologie di web intelligence, analisi semantica e media research.


CB: Ho avuto modo di vedere Blogmeter all'opera e come sai lo valuto molto positivamente, ritrovandovi molte caratteristiche che penso siano fondamentali. Bello per esempio il vostro monitoraggio della campagna elettorale che vi ha guadagnato anche un'autorevole citazione da parte di Repubblica.
E' sempre difficile fare sintesi in questi casi, ma riuscite a descriverlo in poche righe?


BM: Blogmeter è una piattaforma di market/web intelligence il cui obiettivo è la comprensione e l'analisi delle conversazioni che avvengono nei social media (non soltanto blog, ma anche forum, newsgoup e social networks).
Lo scopo di Blogmeter è mettere ordine, nel mare magnum della conversazione online, per fornire ad aziende o istituzioni marketing e consumer insight partendo da informazioni fornite liberamente e spontaneamente quali le conversazioni che si trovano all'interno dei social media.


CB: Quali i principali campi d'azione di Blogmeter, il segmento di mercato ed i vostri interlocutori?

BM: I nostri intelocutori principali sono le aziende che considerano lapropria reputazione un asset fondamentale e/o che hanno un marchio forte, riconoscibile e dunque chiaccherato. Per queste aziende la comunicazione è ovviamente fondamentale e strategica; Blogmeter è parte della più ampia strategia di comunicazione aziendale rivolta ai media digitali: fornisce uno strumento di verifica e di misura di come le strategie di marketing e comunicazione (e non solo!) dell'azienda incidono sul buzz generato sui social media.


CB: Possiamo scendere un po' più nel tecnico e descriverne le componenti architetturali e le principali inovazioni tecnologiche?

BM: All'interno di blogmeter vivono un sofisticato motore di crawling, che naviga la rete alla ricerca di fonti interessanti da analizzare (una fonte, per noi, è interessante quando è un luogo di conversazione) e un motore di analisi semantica, basato su tecnologie proprietarie, che consente l'analisi e la comprensione (almeno per quanto possibile) di quanto viene detto in rete.
Esteriormente blogmeter si presenta come un'applicazione di intelligence intuitiva e facile da usare, che consente sia viste di insieme (cruscotti e grafici) che viste specifiche (identificazione delle conversazioni da tracciare, estrazione di concept cloud), fino alla possibilità di leggere ciascun singolo messaggio grazie ad un motore di ricerca interno.
Ad oggi esistono verticalizzazioni di Blogmeter (che implicano specifiche configurazioni dei crawler e dell'analisi semantica) su settori che vanno dall'automotive alle banche, dalla salute / benessere al cinema, dalla moda alla politica. Le fonti monitorate portano un numero enorme di messaggi mensili e di post: la nostra proiezione 2008 è di indicizzare e analizzare diversi milioni di post per ciascuna verticalizzazione.


CB: Quale e' il vostro modello di business?

BM: Blogmeter è proposto come sas. il cliente acquista un abbonamento per avere accesso al prodotto attraverso un'interfaccia di analisi web based inclusiva di supporto ed aggiornamenti constanti su temi e fonti monitorati. Non sono richiesti investimenti hardware o software e il roll out su un settore monitorato è pressochè immediato.


Vittorio di Tomaso dopo gli studi all’Università di Torino e presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, ha intrapreso un percorso accademico, come visiting researcher alla Brandeis University di Waltham, Massachussets, come docente presso l’Università del Piemonte Orientale e la Libera Università di Bolzano. Attualmente insegna Informatica Umanistica all’Università di Torino. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero, è attualmente membro della redazione di Sistemi Intelligenti, rivista di Scienza Cognitiva edita da Il Mulino.
E’ Ceo e co-fondatore di CELI, azienda italiana specializzata in tecnologie automatiche di analisi del linguaggio.

Sacha Monotti Graziadei ha lavorato per Ernst & Young Consultants e AGB Nielsen Media Research, leader mondiale nella rilevazione dell’audience televisivo. Nel 2006 ha deciso di tornare ai media digitali fondando Me-Source, società specializzata nello sviluppo di soluzioni innovative nei settori della “web intelligence” e della “social media analysis”.


ARTICOLI CORRELATI:

La percezione della comunicazione, l'indice Hespi
Individuazione e monitoraggio degli influencers
banking 2.0: intelligence e confronto con il mercato

Friday, January 25, 2008

Blogmeter, un prodotto italiano per il web scanning

Ieri ho avuto un interessante incontro con Sacha Monotti, che ha realizzato un bel prodotto che analizza i blog e può essere utilizzato in molti contesti, con differenti scopi. Mi appassiona perchè non nascondo che avevo cominciato a lavorarci anche io un paio d'anni fa, poi per diverse vicissitudini non è stato possibile andare oltre il prototipo. Quindi ve lo segnalo.

Il prodotto che si chiama BlogMeter e spero di parlarne al più presto proprio con il contributo di Sacha. Per il momento date un'occhiata al website: http://www.blogmeter.it/

Thursday, December 13, 2007

Continuano le interviste alle aziende italiane che esportano tecnologia:lo streaming Ajax di Lightstreamer raccontato da Alessandro Alinone (II parte)

...Continua dal post precedente


So che intorno a Lightstreamer state facendo crescere anche una comunità di sviluppatori, il pacchetto infatti è free downloadable. Per quale tipologie di applicazioni vi sollecitano ed inoltre Lightstreamer è un server che necessita di molte risorse hw?


Con l’introduzione lo scorso marzo di Lightstreamer Moderato, un’edizione di Lightstreamer completamente gratuita (anche per uso commerciale), abbiamo iniziato a creare una comunità di sviluppatori affezionati alla nostra tecnologia. E il forum di supporto online ci sta consentendo una buona interazione.



Ma come si vende tecnologia all’estero? Non c’è un pregiudizio verso gli italiani? In fondo ci conoscono per la moda, gli spaghetti ed il vino...


Sì, infatti. Al nostro sito Web abbiamo dato un’impronta molto internazionale. Accade allora che i potenziali clienti ci contattano, dando inizio gli approfondimenti tecnici e alle trattative commerciali. Quando si arriva alla domanda “where are you based?”, noi rispondiamo “Milan, Italy”. Al che ci dicono: “ah, siete la filiale italiana di un’azienda americana?” :-) Ormai siamo abituati allo stupore iniziale degli interlocutori nel trovarsi di fronte una software house italiana. E questo accade costantemente, alle fiere del settore, ai meeting dei consorzi di standardizzazione, ecc. Ma questo è anche fonte di profondo orgoglio, visto che pur partendo da queste condizioni, abbiano raggiunto dei traguardi che un tempo ci sembravano impossibili. Ad esempio: vendere software italiano nella Silicon Valley (due anni fa abbiamo conquistato il nostro primo cliente a San Mateo); e il già menzionato accordo OEM con TIBCO Software.



Il sito web è quindi un po’ lo snodo centrale della vostra strategia commerciale. Quanto impegno richiede....?


La gran parte dei contatti commerciali arrivano attraverso il sito Web, che è quindi una risorsa fondamentale. il sito è abbastanza semplice, ma con una grafica curata. Consente di vedere subito, senza registrazione, moltissime demo. E consente di scaricare il prodotto previa registrazione. E’ fondamentale anche essere presenti su siti e blog di terze parti, che sono spesso il punto di riferimento per le comunità di sviluppatori. Ad esempio, recentemente i fondatori di Dojo [uno dei principali toolkit AJAX] hanno lanciato un nuovo blog, “cometdaily.com”, dedicato interamente alla tecnologia Comet. Ci hanno chiesto di partecipare, contribuendo con i nostri articoli.



Quanto è difficile fare innovazione in Italia? Questione di capitali, di infrastrutture o di talenti? In fondo forse era meglio andarsene a Silicon Valley...


Non è facile. Ci vogliono le giuste condizioni e un pizzico di fortuna. Personalmente devo buona parte della forma mentis improntata all’innovazione al Cefriel del Politecnico di Milano, dove ho lavorato come ricercatore prima di entrare nell’industria privata. A volte mi stupisco di come sia facile negli USA lanciare nuove tecnologie. Bastano un’idea discreta e un business plan per trovare i capitali che consentono di iniziare un’avventura.



Puoi anticiparci qualche novità interessante riguardo Lightstreamer?


Attualmente stiamo lavorando alla nuova major release del prodotto, che conterrà Lightstreamer Server v.4.0 e Lightstreamer Web Client v.5.0. Aumenterà la flessibilità nella scrittura degli Adapter (i componenti necessari per integrare il server con le sorgenti dati) e ci sarà una parziale reingegnerizzazione del kernel. Parallelamente vogliamo aumentare la quantità di esempi e tutorial disponibili, per rendere la curva di apprendimento di Lightstreamer sempre migliore.



Per quanto riguarda la tecnologia in generale, tu sei sempre in giro per il mondo, quali sono i temi caldi all’estero?


Una delle svolte tecnologiche dell’ultimo anno è stata certamente la migrazione verso AJAX da parte delle banche. Alle fiere americane del settore si è visto cambiare da un anno con l’altro il profilo dei visitatori. Dagli smanettoni, un anno fa, ai rappresentanti delle principali istituzioni finanziarie mondiali, quest’anno. Credo che questo trend si consoliderà, aiutato anche dalla crescente maturità di Comet.


Carlo Bruno.

Monday, December 10, 2007

Continuano le interviste alle aziende italiane che esportano tecnologia: lo streaming Ajax di Lightstreamer raccontato da Alessandro Alinone (I parte)

Alessandro Alinone è Chief Technology Officer presso Weswit, che produce e commercializza Lightstreamer. Alessandro creò Lightstreamer quando lavorava per Sol-Tec, un system integrator in ambito finanziario, che con un spin-off della tecnologia diede vita a Weswit.
Dopo la laurea in ingegneria informatica al Politecnico di Milano ha lavorato come ricercatore al Cefriel


Lightstreamer è un prodotto di nicchia, siete probabilmente poco conosciuti al grosso pubblico, sopratutto in Italia, allora con qualche domanda, modello intervista delle “Iene”, vorrei tracciare un vostro breve profilo:

1. Nome?

Lightstreamer (www.lightstreamer.com).


2. Di che tecnologia vi occupate?

Di tecnologia “Comet”, ovvero un’estensione al paradigma AJAX.


3. Da quando avete cominciato?

Il progetto Lightstreamer nacque nel 2000 (anche se i termini usati sopra sono ben più recenti).


4. Uno dei vostri maggiori successi è l’accordo con Tibco, leader mondiale della tecnologia di integrazione. Ce ne puoi parlare un po’?

L’accordo con Tibco è stato indubbiamente uno dei principali successi. Tibco Software, leader storico nel middleware di messaging (ricordiamo Rendezvous ed Enterprise Message Service) ha ufficialmente annunciato lo scorso maggio un accordo OEM con Lightstreamer. In sostanza, per estendere il “messaging asincrono” al Web, invece di sviluppare un prodotto da zero, Tibco ha scelto di fare un rebranding di Lightstreamer, e di venderlo come engine del nuovo TIBCO Ajax Message Service (AMS).


5. Ci puoi fare il nome di qualche cliente internazionale?

I nostri clienti appartengono prevalentemente a due mondi: il finance e il gaming (anche se talvolta i confini tra i due appaiono sfumati...). Nel finance possiamo annoverare due tra le più grosse banche d’affari del mondo, di cui purtroppo non posso fare il nome. Posso però citare G.X. Clarke, Hedgestreet e PatSystems. Nel gaming abbiamo una prevalenza di clienti anglosassoni, che coprono i più diversi settori, dalle scommesse sportive allo spread betting sul mercato Forex. Ad esempio IG Group.


6. In Italia?

Un cliente storico è IntesaTrade, del gruppo Intesa Sanpaolo. Posso poi citare UniCredit Group e Banco Popolare.


7. Quali concorrenti internazionali avete?

Per molti anni ci siamo trovati di fatto senza concorrenti, ma anche senza un vasto bacino di utenza... Col senno di poi possiamo dire che eravamo probabilmente in anticipo sui tempi. E’ solo con la recente esplosione del mercato AJAX che abbiamo visto crescere sia la concorrenza , sia la quantità e la qualità dei clienti. Nel mercato finance il nostro principale concorrente è una software house inglese, che solo di recente ha introdotto il supporto AJAX nella propria soluzione. Nel segmento low-end invece la concorrenza è con le iniziative open source, prima tra tutte il progetto Cometd. Per questo motivo forniamo anche un’edizione completamente gratuita di Lightstreamer, anche se il nostro modello rimane closed source. Tuttavia siamo estremamente attivi sul fronte dell’apertura delle API e dell’interoperabilità con framework e toolkit di terze parti. Siamo membri dell’OpenAjax Alliance, consorzio dei principali player del mondo AJAX. Periodicamente ci incontriamo e partecipiamo al cosiddetto InteropFest, dove ciascun vendor porta un’applicazione demo che dimostri l’interoperabilità della propria soluzione. L’ultimo InteropFest si è svolto a settembre ed è stato ospitato da Microsoft.


8. E in Italia ?

Non ci risultano concorrenti italiani.


9. Che unità di misura di riferimento usate per contare i contatti mensili al vostro sito, decine, centinaia, migliaia o..?

I contatti mensili sono diverse migliaia, che portano ad alcune centinaia di nuove registrazioni ogni mese per il download del prodotto.



Bene... questa era una sorta di scheda anagrafica, giusto per dare una informazione reale sull’impatto sul mercato. Ora andiamo al sodo, anche perché mi piacerebbe qualche approfondimento tecnico...


Dunque voi siete molto noti nella comunità Ajax, ma in realtà l’unica novità vera e propria di Ajax è il superamento della logica passiva del web, il classico paradigma pull.
Anche se è solo un pull mascherato non è un meccanismo che supera la necessità di un push? Uno degli slogan è l’AJAX streaming, ma in realtà il vostro prodotto esiste ancor prima che la sigla AJAX stessa si diffondesse. Quale è il rapporto tra queste due tecnologie?

Forse una breve cronistoria può aiutare a districarsi nei meandri delle “buzzword” tecnologiche legate al mondo AJAX. Il Web si è sempre basato su un paradigma definibile, più o meno intercambiabilmente, come “pull”, “request/response”, o “sincrono”. In sostanza, per ogni azione dell’utente, il browser effettua una richiesta al server, il quale risponde con una pagina nuova che sostituisce la precedente. Già dieci anni fa era possibile costruire pagine Web particolarmente evolute che aggiravano questo paradigma, ma per tutta una serie di motivi, la vera e propria rivoluzione si è verificata solo a partire dal 2005, anno di invenzione del termine “AJAX” (ma non certo del paradigma sotteso, ben più antico). AJAX è l’acronimo di “Asynchronous JavaScript and XML”, anche se ormai la parte “XML” della definizione sta cadendo concettualmente in disuso (XML è solo uno dei possibili protocolli di comunicazione; più spesso si usa JSON). Con AJAX, le richieste fatte dal browser al server non sono più necessariamente finalizzate al caricamento di una nuova pagina. Il browser può chiedere dati puri, che poi visualizzerà in modo asincrono rispetto alle azioni dell’utente. Questo approccio rende le applicazioni Web molto più interattive, ma non “real-time”. Un’applicazione real-time richiede un’inversione del paradigma pull classico, per approdare a un paradigma definibile come “push”, “publish/subscribe” o “asincrono”. In questo modo è il server che prende l’iniziativa e manda dati aggiornati al browser non appena disponibili. Per delineare questo paradigma, nel 2006 è stato inventato il termine “Comet” (di nuovo, solo il termine, mentre la tecnologia esisteva già da molti anni). Come nota di colore, in America Comet è una marca di detergenti alternativa ad Ajax... E’ bene chiarire che la tecnologia Comet non è alternativa ad AJAX, ma ne rappresenta a tutti gli effetti un’estensione. Come dicevo prima, Lightstreamer nacque nel 2000, come implementazione completa del paradigma Comet. Prima che inventassero questo termine lo scorso anno, noi utilizzavamo la locuzione “Streaming AJAX”.


Su cosa si basa la vostra tecnologia? io credo che sia estremamente interessante e potrebbe veramente essere utilizzata in mille casi per delle applicazioni realmente interattive... per esempio il mondo dell’informazione è il segmento ideale

Lightstreamer è utile in tutti i casi in cui bisogna inviare dati in tempo reale attraverso Internet, verso applicazioni Web o di altro tipo. Trattiamo esclusivamente dati testuali (stringhe, numeri, ecc.) e non multimediali (non facciamo cioè streaming di audio o video). L’applicazione più tipica è la visualizzazione delle quotazioni di borsa che si aggiornano continuamente. Basta un qualunque browser Web, e senza fare il download di alcun componente (nemmeno di un’applet Java) si vedrà la pagina aggiornarsi in tempo reale. Ma anche i sistemi di chat, messaging e i social network posso trarre beneficio da Lightstreamer. Altre possibili applicazioni sono: console di monitoring, trasmissione di risultati sportivi e alert di ogni genere.


Il problema classico del push è quello di utilizzare molta banda ed in molti casi questo è ancora un problema, pensiamo solamente al mobile per esempio..

Eh sì... Se da un lato la banda media disponibile per ogni accesso Internet è enormemente aumentata rispetto a dieci anni fa, dall’altro lato si sono diffuse modalità di accesso molto eterogenee, a partire dall’Internet mobile in tutte le sue declinazioni. I primi sistemi di push dei dati sprecavano parecchia banda per inviare informazioni ridondanti o non rilevanti e soprattutto non tenevano in considerazione la banda effettivamente disponibile istante per istante.


Puoi raccontarci qualche features applicativa e darci un’idea delle potenzialità delle prestazioni?

Con Lightstreamer abbiamo voluto implementare fin dall’inizio un meccanismo di controllo di banda, caratterizzato da aspetti sia statici sia adattativi. Il tutto nasce da considerazioni sulla natura del dato testuale. Ad esempio, esistono tipologie di dati che sono comprimibili mediante “delta”. Se ogni aggiornamento è caratterizzato da uno schema comune, è sufficiente inviare solo i campi cambiati e non l’intero evento. Vi sono poi tipologie di dati filtrabili in frequenza. Il classico esempio è quello delle quotazioni finanziarie. Se il titolo Microsoft sul NASDAQ valorizza 100 prezzi in un secondo, difficilmente avrò bisogno di inviare 100 eventi al secondo a un fruitore umano. Spesso 2 o 3 aggiornamenti al secondo sono più che sufficienti, purché si mantenga la consistenza del dato dopo l’operazione di filtraggio (detta “conflation” nel gergo finanziario). Lightstreamer permette di assegnare una banda massima ad ogni utente, con la garanzia che non verrà mai superata, consentendo così un facile dimensionamento della connettività Internet in uscita necessaria per erogare un buon servizio. Il rispetto della banda assegnata avviene applicando algoritmi di filtering, conflation, bursting, queueing, ecc. Ma se un’improvvisa congestione di rete fa sì che la banda disponibile sia ancora meno di quella allocata, allora il sistema inizia automaticamente a ridurre la quantità di dati inviati, fino a calibrarsi sul valore ottimale (throttling). In questo modo si evita di mandare dati vecchi che verrebbero accodati nei vari buffer che separano il client dal server.
Per quanto riguarda invece le prestazioni del server, fondamentale è la scalabilità. Un sistema di push deve reggere parecchie migliaia di connessioni TCP concorrenti. Per questo motivo le architetture tradizionali dei web server e degli application server non sono adatte per realizzare soluzioni Comet scalabili. Lightstreamer utilizza un’architettura proprietaria di tipo staged event driven, dove pool di thread di dimensioni fisse gestiscono un numero arbitrario di connessioni concorrenti.


segue....

Friday, November 30, 2007

Un nuovo motore che mette insieme linguaggio naturale e wikipedia

E' apparsa la notizia su un progetto da seguire con interesse. Parlando di innovazione avevo citato tempo fa l'Expert System, società italiana di tecnologia con un respiro internazionale.

Un loro recente progetto riguarda un motore di ricerca basato sul linguaggio naturale (loro tradizionale cavallo di battaglia), associato alla knowledge base di Wikipedia. Il coraggio di investire premia anche in Italia.

http://www.technorati.it/2007/11/29/askwiki-il-motore-di-ricerca-intelligente/

Tuesday, October 30, 2007

Sondaggio: le aziende italiane che fanno innovazione. Miki Fossati ci parla del motore di ricerca semantico





Questa di oggi è la mia prima segnalazione nell'ambito del mini sondaggio che sto facendo sulle aziende italiane che innovano. Quella di oggi è una conversazione con Miki Fossati, CEO di "Nel Web" (http://www.improntenelweb.it). Miki è uno dei più antichi abitanti della blogosfera e si occupa di edizioni online (ultima produzione in ordine di tempo è 'Archphoto rivista digitale di architettura arti visive e culture' – http://www.archphoto.it). Insieme ad Andrea Baresi (http://www.webdomus.it/tao) ho sviluppato il primo aggregatore semantico sperimentale in Italia. Il suo blog è http://mezzomondo.nelblog.it


Una delle componenti principali del web 2.0 è la ricerca semantica. Tu sei uno dei primi ad avere realizzato un motore di ricerca semantico in Italia, quali risultati ed in quali contesti può essere più utile di un motore generalista come Google?

In effetti i motori semantici ed i motori di ricerca della generazione di Google fanno due lavori molto diversi tra loro. Tipicamente il valore semantico delle singole chiavi di ricerca che vengono utilizzate nei motori di ricerca è molto piccolo se non addirittura nullo e spesso è un lavoraccio riuscire ad estrarre il 'significato' da così pochi termini potenzialmente ambigui. Vien da dire che è impossibile, addirittura. I motori semantici operano sulla stessa materia prima, il testo, ma senza frammentarla cercando di riconoscere al suo interno alcuni pattern che possano far dire loro “ci siamo!”, “eccolo!”, “si sta parlando di questo!”. Una volta delineati gli argomenti di interesse un motore semantico è in grado di scandagliare la Rete alla ricerca di chi parla di quegli specifici argomenti e di esprimere valutazioni di “affinità” di quanto via via viene trovato. Chissà, le prossime generazioni dei motori di ricerca saranno forse in grado di fare entrambe le cose, cercare singole chiavi ed evidenziare aree comuni di significato all'interno di insiemi di testi.


Senza naturalmente svelare i tuoi segreti industriali, puoi brevemente spiegare, a scopo didattico, su quali concetti e tecnologie si basa un motore semantico?

Un motore semantico è un robot che ha imparato a leggere e a capire il significato del testo che sta leggendo. Essendo un robot è molto veloce ed è in grado di leggere decine di migliaia di testi al secondo, è in grado di incasellare nelle aree semantiche a cui è stato addestrato questi testi ed è in grado di creare relazioni di “affinità”, come dicevo, tra i vari testi. La difficoltà sta nel fatto che gli strumenti che si utilizzano per raggiungere questo scopo sono multidisciplinari: teoria dei modelli, informatica, linguistica computazionale, intelligenza artificiale.


E le tue esperienze pratiche di utilizzo del motore?

Il motore ha circa un anno e mezzo di vita ed è stato utilizzato con buoni risultati durante i mondiali di calcio dell'anno scorso (http://www.moltomondiale.it) e durante il festival di Sanremo di quest'anno (http://www.improntenelweb.it/sanremo2007), due versioni oggi “congelate”. La sua incarnazione attuale si può ammirare su http://www.moltomoda.it un aggregatore semantico sulla moda italiana pubblicato grazie alla collaborazione di Mondadori.


Gartner, in un suo recente studio, ha detto che le aspettative di maturazione delle tecnologie, relative ad i motori semantici, sono attesi in un arco temporale di 10 anni... prudenza eccessiva o realtà?

Non sono mai stato bravo con le profezie e non ho la minima idea di come possa essere la Rete ed il suo mercato fra dieci anni. Di certo i motori semantici rappresentano una frontiera che prima o poi bisognerà varcare. La mia esperienza dice che la tecnologia è più che pronta per affrontare la sfida ed il problema risiede soprattutto nella disponibilità degli investimenti. Non è escluso che qualcuno dei grandi attori di Internet si sia già mosso in questa direzione, Google in testa.


Sempre la medesima analisi di Gartner indica il web 2.0 nella cosiddetta fase di riflusso prima della definitiva maturazione. In parte concordo, visto la generale assenza, negli ultimi tempi, di novità tecnologiche, però da un punto di vista del successo di pubblico, mi sembra siamo ancora nella fase dell’entusiasmo, tu cosa ne pensi?

Che l'Italia vede la Rete da un minuscolo spiraglio, resta da capire se questo spiraglio si trova nella testa delle persone o dove altro. Il problema della partecipazione è fondamentale nel nostro paese. Quello che gli analisti leggono come “successo” è in realtà lo specchio di una situazione miserabile, generare un traffico di un milione di visitatori al giorno dovrebbe farci domandare: “quanto diffusa è questa informazione?”. Poco. In Francia quello che succede sulla Rete lo sanno tutti, in Italia non lo sa nessuno, ministri compresi.


Qual’è secondo te lo stato del mercato, l’offerta c’è.. ma la domanda è già in uno stato di maturità?

Lo stato della domanda è desolante. I VC italiani con i quali sono entrato in contatto nell'ultimo anno si sono dimostrati di un'ignoranza e di un'incompetenza sconfortante, senza eccezioni. Lo stato del mercato? in Italia il mercato lo devono ancora costruire, in Italia il mercato non esiste proprio. Novità sulla Rete che si possano definire “di mercato” nell'ultimo anno non ce ne sono state e temo che dovremo attendere la morte, fisica, di molti dei manager delle grandi aziende per poter avere quel ricambio generazionale e di mentalità che tutti stiamo aspettando.


Beh.. basta una buona pensione... tornando al tema, chi fa vera ricerca in Italia?? Qui, dove l’informazione è libera e non abbiamo problemi di budget, possiamo dire che ci sono tante realtà, come Impronte nel Web, che fanno vera innovazione?

L'innovazione proviene da NelWeb al prezzo di rinunce ed enormi sacrifici personali e questa situazione è condivisa da alcune delle realtà di livello con cui sono entrato in contatto grazie all'esperienza dell'aggregatore semantico. L'unico ossigeno in questo panorama proviene dalla “superiore attività civilizzatrice dell’Unione Europea” della quale ogni tanto è possibile approfittare ma nella quale però non è sempre possibile sperare. In Italia vedo nascere ogni giorno progetti interessanti e di ottima qualità, appetibili anche a livello internazionale, e li vedo restar lì ad attendere languidi nel deserto.

Monday, October 29, 2007

Sondaggio: le aziende italiane che innovano. Inviatemi le vostre segnalazioni

Una recente inchiesta di ZeroUno si è occupata dell’innovazione in Italia. L’obiettivo era anche quello di dare la parola alle aziende che fanno innovazione in Italia. Vengono infatti citate alcune aziende, ma il giornale ammette, con onestà, che l’elenco non è completo, anche a causa della mancata collaborazione di qualche azienda invitata a partecipare.

Vorrei allora provare a raccogliere ulteriori informazioni, con l’aiuto di tutti, sulle aziende italiane, piccole e grandi (ovviamente soprattutto le più piccole ... le grandi si fanno già conoscere da sole) che fanno innovazione.

Mi auguro che chi si imbatterà in questo post abbia voglia e tempo di segnalarmi aziende che conosce (nome, breve descrizione delle attività e o commenti anche via mail blog@www.carlobruno.net ), particolarmente vivaci sotto il profilo dell’innovazione in Italia e che possibilmente esportino la loro tecnologia all’estero.

Già il concetto di “innovazione” potrebbe generare lunghissime discussioni. Personalmente credo che sia innovativa una azienda che ha un business model innovativo, oppure che fa tecnologia di frontiera (in termini applicativi o di performance) ma che è anche capace di vendere questa tecnologia e soprattutto di venderla all’estero.

Non è innovazione quella che poi non entra sul mercato.

Credo che nell’elenco presentato da ZeroUno come delle “Belle Italiane” ci sia qualche azienda non particolarmente innovativa, almeno rispetto al mio “personale” concetto di azienda innovativa.

Non me ne vogliano i bravissimi giornalisti di ZeroUno, anzi spero che considerino questo post una discussione in puro stile web 2.0... (lo so... un pò abusato come termine.. ma è solo per farsi capire... oggi tutto è 2.0.. banking 2.0 ecc.).

Se non avrò raccolto adeguate informazioni mi dedicherò a pubblicare un po’ di ricette di cucina...
Tornando all’articolo di ZeroUno è inutile dire che i risultati dell’inchiesta sono piuttosto sconfortanti... d’altra parte basta leggere ogni anno il rapporti Assintel / Assinform per ricevere conferma periodica di come il Sistema Italia nelle Tecnologie sia tremendamente in difficoltà.

I pallidi segnali di miglioramento (la crescita del comparto in aumento negli ultimi tre anni) sono immediatamente ridimensionati dal paragone con le medie europee, l’Italia cresce dell’ 1,6% e l’Europa del 3,9%, con aumento costante del gap tra la crescita del nostro paese e quella del resto d’Europa.

In definitiva cresce tutto il sistema, e quindi l’Italia con esso, ma le nostre percentuali sono sempre più lontane dalla crescita complessiva. Il confronto poi diventa impietoso con i paesi emergenti (Cina ed India in primis) ma anche con quelli a maggior crescita in Europa come la Spagna. Proprio la Spagna e l’Irlanda (ancor prima!!!) sono la dimostrazione però che le posizioni non sono immutabili e che esiste un “mondo diverso”.

Il sistema politico ha le sue responsabilità, ma è singolare che mentre tutti celebrano il libero mercato poi le colpe finiscano per essere addebitate allo stato.

Il sistema produttivo in Italia del comparto IT è fatto in larga parte da System Integrator che operano su grandi commesse, dalle banche e dal pubblico e parte dalla grande industria. Chiaramente il business model di queste aziende difficilmente è compatibile con accelerazioni in avanti sul tema dell’innovazione ed è anche vero che difficilmente si reperiscono capitali in Italia per nuove iniziative. Stupisce però un po' l'immobilismo anche nello sfruttare le poche occasioni che si presentano.

D’altra parte i System integrator reagiscono soprattutto “on demand”, sulle esigenze del Cliente e quindi non è facile proporre innovazione. Nell’articolo, Filippo Rizzante di Reply giustamente ricorda che “i Cio delle maggiori imprese dovrebbero cominciare ad essere innovativi e correre qualche rischio”.

Vero. Sia per chi consuma tecnologia e sia per chi la propone.

E non basta citare la partecipazioni a progetti internazionali finanziati dalla Comunità Europea. Conosco il problema, avendo partecipato alla stesura di diversi progetti e coordinatore di un consorzio internazionale. L’opportunità offerta (e non sempre colta) dagli incentivi europei all’innovazione merita un post dedicato che ho intenzione di pubblicare tra poco.

La fase poi maggiormente critica è la commercializzazione. I buoni prodotti realizzati richiedono una progettazione di questa fase, attività che non mi sembra essere nel Dna ne di istituzioni di ricerca ne di System integrator... per vendere un prodotto sul mercato internazionale occorre una società focalizzata su questo tipo di business.

Difficile ma non impossibile. Una delle storie che vi racconterò nei prossimi giorni è proprio quella di questo tipo di aziende.

Il mio campo di osservazione è ristretto e quindi vi potrò evidenziare solo le aziende con cui sono entrato (direttamente o meno) in contatto. Lavoro da anni nel campo della Finanza, forse l’unico segmento all’interno del bancario, in cui è imperativo il real time. Questo impone necessariamente una competition in termini di performance e robustezza avanzatissime rispetto alle consuete applicazioni gestionali della banca.

Le aziende specializzate del comparto sono quindi costrette all’innovazione continua e alcune aziende italiane sanno farsi rispettare anche all’estero, come per esempio List Group che ha diverse sedi in Francia,Inghilterra, Spagna ed Usa.

In altri comparti aziende come Expert systems lavorano su nuove tecnologie, ma anche le aziende che si confrontano con il problema delle sicurezza e sono costrette all’innovazione, non solo dai competitors, ma dagli stessi individui che rendono “necessaria” l’esistenza di queste aziende.

Le aziende citate sono già grandi da essere conosciute da sole e quindi nei prossimi giorni vi parlerò di NelWeb e del suo motore semantico e sempre nei prossimi giorni spero di avere nuove aziende di cui parlarvi.