Wednesday, April 23, 2008

Il prezzo del comando e la solitudine del manager: intervista a Mauro Fantechi, Ceo di Par-Tec

Mauro Fantechi è Ceo di Par-Tec, gruppo che si occupa di tecnologie nel mondo della Finanza e Telco.Nella sua storia personale ci alcuni successi sul mercato internazionale con Unirel Sistemi e la suite di prodotti Felis Cluster acquisita da Stonesoft, leader finlandese del mercato security e load balancing , e Lightstreamer, lo streaming Ajax con clienti in tutto il mondo e partnership prestigiose come quella con TIBco.

Il tema di questa intervista è quanto meno “particolare” e quindi rubo un po’ di spazio per una premessa da condividere con chi legge la tua intervista. Mi corre l’obbligo di dire che Mauro Fantechi è stato un mio diretto superiore, ma spero che il buon rapporto personale non mi abbia impedito realizzare un’intervista anche critica. In realtà non si tratta di una vera e propria intervista quanto il compendio di alcune discussioni, sul tema del management, fatte a colpi di e-mail e messanger.

Il titolo si ispira ad un celebre romanzo di Montalban, "La solitudine del manager" appunto, la storia di un manager che avendo scoperto le malefatte della multinazionale in cui lavora non rimane passivo, ma alla fine, isolato, viene ucciso. Niente a vedere con il caso di Mauro, ma introduce il tema che desidero sviluppare: il “prezzo” del comando. L’idea era nata leggendo un'intervista di Marchionne in che diceva che, al di la del lavoro in team, il manager è solo quando deve affrontare delle decisioni.

Antonio Juamà, il protagonista del libro, alla fine viene ucciso. Tralasciando l'esito specifico e le cause raccontate da Montalban, esiste un "prezzo" che un manager deve pagare?

Non voglio farti un'intervista facile... e quindi ti ricordo che in genere se si pensa ad un prezzo si pensa a quello pagato soprattutto da operai ed impiegati

Non so bene da quando io sia diventato o considerato un "manager" nel senso classico della parola, sicuramente da sempre sono almeno stato "manager" di me stesso.
Il prezzo.... in prima battuta mi viene in mente il mio, quello pratico: non vacanze, non tempo libero, non hobbies.. ma questo ci stà...mi è piaciuto troppo il mio lavoro, e poi non dimentichiamo che noi imprenditori/manager non siamo ne fini artigiani ne dogmatici artisti, lo si fà per soldi e per EGO (te lo assicuro) e quando ci prende qualcosa non riusciamo a fermarci.....perchè? semplice per essere i primi a dire io l'ho fatto... anche se non ci guadagni un tubo.


Particolare questa risposta, siamo abituati a pensare che la logica che muove un imprenditore sia quella ferrea del mercato, si fa solo quello che fa guadagnare.

Non so se io, con le mie azioni, sono una interpretazione letterale della parola “imprenditore”, e comunque quando ho iniziato ilo mio percorso forse non sapevo bene neanche quale fosse la definizione. Ma per quanto mi riguarda , e conosco molti miei conterranei che come me si sono mossi, riaffermo che si fa non solo per soldi ma anche per fama e riconoscimento, e aggiungo per il desiderio che tutti sappiano che lo si è fatto bene e con ragionevole rispetto degli altri. Management illuminato? No, voglia di successo e ortogonale , di cose tangibili , soldi, e cose meno tangibili ma altrettanto percepibili.


Quando parli di conterranei è perché pensi che quel che abbiamo detto sia più vero per i toscani?

.. Toscani.... potrebbe essere, ma non abbiamo l’esclusiva.


Però tornando al concetto precedente, la “solitudine” del manager ed il prezzo che paga, potrebbe far sorridere i precari o coloro che devono arrivare a fine mese con 1.300 euro. Nell’immaginario collettivo inoltre il manager che sbaglia spesso si ricolloca altrove e non paga alcun prezzo per avere lasciato a casa un po’ di lavoratori. La percezione del “costo” personale è molto diversa.

La domanda non fa una piega, ma riparto dalla mia frase .Non so bene da quando io sia diventato o considerato un "manager" . Oltre a questa affermazione vorrei aggiungere due punti , il primo è che le dimensioni di lavoro in cui mi muovo non sono grandi (al massimo circa 150 persone) e secondo, pur con tutta la modestia, vorrei dire di sentirmi anche o forse più “imprenditore” .
Da un lato la dimensione piccola mi ha sempre posto in contatto con tutti e dall’altro, essere anche padrone, con tutte le fasi economiche personali positive e negative, mi hanno sempre fatto riflettere molto , portandomi a combinare azioni manageriali con azioni personali a salvaguardia o in aiuto di persone.

Non mi sento inqadrabile nella definizione di manager secondo l’immaginario collettivo che citi, non mi sento asettico decisore.


Un’altra obiezione e poi che il prezzo che decide di pagare un manager dipende dalle proprie scelta. Diversa mente chi ha poche opportunità di emergere può solo pagare il proprio prezzo (un salario basso) senza poter scegliere.

Vero, quanto dedicarmi al lavoro è stata una mia scelta, ma quanto gestire al meglio situazioni che coinvolgevano persone è stata una imposizione della mia coscienza.
Ho avuto opportunità di scegliere il prezzo da pagare , ma ho trovato anche pesanti fardelli da cui non potevo sottrarmi. Essere impenditore e che come dici tu “manager” mi ha dato opportunità e rischi in prima persona.


( la seconda parte dell'intervista....)

p.s. Mauro Fantechi è interessato a continuare ed ampliare la discussione sul prezzo che si paga, sotto il profilo personale, nel realizzare i propri obiettivi professionali. Chi desidera può contattarlo anche direttamente: mauro.fantechi@par-tec.it

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