Tuesday, December 27, 2011

Il web: siamo sicuri che quelli che ne scrivono abbiano le competenze per descrivere ciò che succede?

In questi giorni sulla Rete ha avuto vasto eco la notizia degli Open Data della Camera dei Deputati di cui abbiamo parlato al precedente post, con interpretazioni diametralmente opposte, per cui mi sembra interessante approfondire ulteriormente la discussione.

I commenti sono positivi nella maggior parte dei casi, anzi molti hanno posto un accento fin troppo enfatico sul concetto di “trasparenza”, mentre su altri siti si è discusso circa la facilità di impiego di tali informazioni, obiettando che il loro uso non sia agevole per tutti, oppure lamentando una presunta mancanza di standard o una certa complessità di linguaggio.

Quel che lascia perplessi è che alcune di queste affermazioni vengono pubblicate su siti il cui nome contiene riferimenti al mondo dell’informatica e quindi dai quali ci si aspetta una profonda competenza e conoscenza di tali tematiche, mentre il contenuto degli stessi tradisce una diversa realtà.

Affermare che non è chiaro a quali standard fare riferimento per interpretare le informazioni e all’interno dello stesso post parlare di OWL (standard per la descrizione delle ontologie, definito nel 2004 dal W3C, massimo organismo per la descrizione di standard sul web) e dell’ontologia appositamente creata e pubblicata indica che non è chiaro a cosa questi strumenti servano.

Affermare che informazioni in XML non siano leggibili è altrettanto incomprensibile ma soprattutto affermare che il semplice cittadino non saprebbe come accedere a queste informazioni è assolutamente fuorviante, proprio per il “semplice cittadino”.

Occorre infatti specificare che gli Open Data non sono informazioni “ulteriori” ma sono le medesime informazioni, pubblicate generalmente su un portale (in questo caso l’Archivio Storico della Camera dei Deputati), e rese disponibili anche in formato “puro”, come semplice dato appunto. Dire quindi che l’utente meno esperto non abbia gli strumenti adatti a consultare le informazioni o è una bugia o figlia di scarsa informazione, accettabile solo da una persona che non si occupi del settore (ma a questo punto perché fare affermazioni su siti che si occupano di informatica??).

Sul portale dell’Archivio Storico, ad esempio, si possono trovare, con ricerche e percorsi tematici, tutte le informazioni relative ai deputati e alle loro iniziative, ovvero tutte le informazioni, in altro modo rese disponibili anche come “Open Data”. La vera differenza riguarda il trattamento automatico di queste informazioni perché questo è il vero obiettivo degli Open Data (come in tutto il resto del mondo!).

OWL è uno standard per definire Ontologie ovvero mappe della conoscenza, in maniera intellegibile e interoperabile, facente parte di un sistema più ampio di regole finalizzate alla “machine readability” e per questa ragione sono intrinsecamente rivolte ad un utente evoluto.
Pretendere che questi strumenti siano comprensibili da tutti è francamente poco credibile, un po’ come chiedere che io sia in grado di capire da solo la mappa del Genoma.

Quello che occorre ripetere è che tutte queste informazioni sono disponibili a tutti con semplici interfacce e che gli Open Data rappresentano solo un passo ulteriore, perché fino ad ora queste informazioni erano inserite in pagine HTML, (più o meno) gradevoli e comprensibili dalle persone, ma non utilizzabili in maniera automatica per ulteriori elaborazioni, se non a costo di faticose e lunghe operazioni manuali.

Gli Open Data introducono la disponibilità del dato in quanto tale.

E’ ovvio che l’utilizzo di questo dato non sia una cosa banale e che occorrono minime competenze informatiche per caricarlo almeno su un foglio excel al fine di poterlo rielaborare. Le stesse App proposte sul sito non sono evidentemente il fine, ovvero il mezzo di consultazione, ma sono delle esemplificazioni della potenzialità informativa costituita dalla disponibilità di questi dati e non possono essere il modo con cui, in maniera esaustiva, questi dati vengono rielaborati.

Sarebbe ciò la negazione del concetto stesso di Open Data, che ha la finalità di rendere un utente autonomo nelle proprie analisi ed elaborazioni. Le App presenti sul sito sono infatti una dimostrazione di quali risultati si possono ottenere avendo a disposizione gli strumenti adatti i dati (e le competenze necessarie…).

Prendiamo il caso dell’Atlante.

Per realizzare la navigazione geografica nei contenuti (luoghi di nascita, distribuzione temporale, cariche ricoperte ecc.) è stata utilizzata una tecnologia Simile Exhibit sviluppata dal Massacchusetts Institute of Technology e che si basa su tre elementi distinti

  • Dati: in formato JSON (JSON -JavaScript Object Notation- è un semplice formato per lo scambio di dati. Per le persone è facile da leggere e scrivere, mentre per le macchine risulta facile da generare e analizzarne la sintassi.. …JSON è un formato di testo completamente indipendente dal linguaggio di programmazione, ma utilizza convenzioni conosciute dai programmatori di… …Questa caratteristica fa di JSON un linguaggio ideale per lo scambio di dati – dal sito JSON.ORG)
  • Logica Applicativa: concentrata in librerie soprattutto javascript
  • Presentazione: pagina HTML e fogli si stile

Cliccando con il tasto destro e chiedendo di visualizzare il sorgente della pagina si possono individuare il/i file di testo che contengono i dati ed effettuare una chiamata HTTP che rende disponibili i dati in chiaro. Senza particolari difficoltà si può capire come i dati siano strutturati in item, collezioni di metadati, ulteriormente relazionati tra di loro. C’è l’entità “persona” (president) con i dati anagrafici, i riferimenti alle foto, e un id dei ruoli ricoperti, c’è l’entità presidenza con i dati di tipologia, inizio e fine e infine la geo-localizzazione dei luoghi di nascita e morte.

Questi dati sono ri-utilizzabili anche per ulteriori elaborazioni, cosi come sono disponibili in rete le API per realizzare tutti i filtri proposti dall’applicazione (e non solo….) e per visualizzare la mappa grazie ad una Google Key (richiedibile liberamente e gratuitamente). Ognuno di noi ha a disposizione, dati e software per ricreare questa applicazione e migliorarla. Per esempio avendo a disposizione le informazioni, nel tempo, relative al numero degli abitanti o al PIL di una città/area si potrebbe provare a capire se esistono relazioni tra queste dimensioni e la rappresentatività politica di una certa area.

Più che nella possibilità di vedere dove è Stella, città natale di Sandro Pertini, il valore di questa applicazione consiste nel rendere evidente cosa si può fare (cosa ciascuno di noi può fare) avendo a disposizione i dati elementari (…e le competenze). Un aspetto particolare poi di questa applicazione la rende ancor più interessante, infatti questi widget sono stati realizzati dal MIT proprio per dimostrare come alcune elaborazioni posso essere de localizzate rispetto ai server dove sono resi disponibili i dati. Ognuno dei filtri applicati sull’Atlante infatti viene gestito localmente, senza che una ulteriore richiesta venga indirizzata al server e questa elaborazione può essere effettuata anche su dati rivenienti da fonti diverse.

Da un certo punto in avanti il risultato quindi può essere in carico solo al computer dell’utente finale, senza query sul server ne utilizzo di banda, in qualche modo realizzando una sorta di cloud computing che accede a server diversi e poi procede con proprie elaborazioni. Questo approccio tecnologico è da considerarsi anche “green” poiché riduce le richieste in rete e il sovra dimensionamento dei server a favore dell’utilizzo di risorse locali, generalmente sotto utilizzate. Sono decine gli esempi di resi disponibili attraverso le librerie Simile e in rete è disponibile una quantità enorme di software libero utilizzabile per elaborazioni di tutti i tipi ma fino ad oggi quella cha era mancata era proprio la disponibilità di dati su cui procedere con analisi innovative.

Oggi qualcosa cambia e anche se siamo ancora agli inizi questo è l’ennesimo “cambio di pelle” di Internet cui probabilmente assisteremo. Tutto dipenderà ovviamente dalla disponibilità alla condivisione di chi è proprietario di contenuti (nella speranza anche che chi commenta queste innovazioni ne comprenda fino in fondo la portata).

Riferimenti:

http://www.tuttoperlei.it/2011/12/26/open-data-arriva-in-parlamento/

http://www.webnews.it/2011/12/22/open-data-anche-alla-camera-dei-deputati/

http://www.chip.it/news/arriva-daticamerait-online-tutto-il-palazzo

http://www.tomshw.it/cont/news/camera-dei-deputati-online-tutto-quel-succede-nel-palazzo/35108/1.html

http://www.chip.it/news/arriva-daticamerait-online-tutto-il-palazzo

http://internet.tuttogratis.it/open-data-anche-per-la-camera-dei-deputati/P124319/

http://www.newnotizie.it/2011/12/open-data-alla-camera-e-alla-regione-piemonte/

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-12-22/camera-deputati-accelera-trasparenza-120952.shtml?uuid=Aa4nGgWE

http://tech.fanpage.it/camera-dei-deputati-e-regione-piemonte-al-via-gli-open-data/

http://saperi.forumpa.it/story/64577/anche-la-camera-dei-deputati-sposa-lopen-data-daticamerait

http://www.vivicool.it/25399/hi-tech/la-camera-dei-deputati-si-apre-al-pubblico-merito-del-progetto-open-data.html

http://punto-informatico.it/3373643/PI/News/italia-parlamento-dati-aperti.aspx

http://www.comunicati-stampa.net/com/cs-154175/Arriva_la_camera_dei_deputati_online

http://geektv.info/news/digital-life/open-data-iparlamento-trasparenza/

http://www.mrwebmaster.it/news/open-data-sbarca-parlamento_6702.html

http://www.innovatoripa.it/category/argomenti/open-data

http://opendataitalia.wordpress.com/2011/12/21/home-camera-dei-deputati-dati-camera/

http://www.eng.it/web/eng/engzine

Wednesday, December 21, 2011

La Camera dei Deputati diventa Open: i dati aperti e la (probabile) rivoluzione del futuro.


Ieri la Camera dei Deputati ha pubblicato on line il proprio patrimonio storico ma la novità che mi interessa raccontare è “come l’ha fatto”.

Facciamo un passo indietro per inquadrare la situazione. Internet è luogo di libertà e rivoluzioni, come ho detto spesso (uno tra i tanti!) con la rete si è affiancato alla comunicazione broadcast, uno (possessore del media) a tanti (pubblico), il paradigma tanti a tanti, nel senso che le comunicazioni si intrecciano, diventano bidirezionali e ognuno è libero di scrivere, leggere e commentare ciò che vuole (purtroppo con qualche significativa restrizione in molti paesi del mondo).

Internet terra di rivoluzioni pacifiche

Questa capacità ci ha regalato anche la possibilità di cambiare, in molte situazioni, lo stato dei fatti, rompendo monopoli e oligarchie, vere e proprie rivoluzioni, un esempio su tutti è quello dell’Open Source.

Qualcuno tra i più tradizionalisti può anche guardare con sospetto alla banda di capelloni, Hacker e Hippies della Free Software Foundation, come Richard Stallman e John Sullivan ma sarebbe interessante anche se, con l’aiuto di qualche economista, provasse a dare un valore alla ricchezza prodotta dal software libero o se qualcuno si ponesse la domanda sulla distanza tra dove siamo arrivati e dove saremmo ancora (indietro) senza l’O.S.

Senza Linux, Mysql, Apache e le piattaforme di Blogging sarebbe nato il web 2.0? Sarebbe possibile un così basso livello di accesso alle tecnologie?

Forse oggi io non sarei qui a scrivere questo post (chissà se è un bene o male!!!) ma soprattutto quante altre applicazioni non sarebbero nate? Indubbiamente il defunto Steve Jobs è stato uomo di visioni molto avanzate nel campo digitale ma dove sarebbe potuto arrivare il mondo e la tecnologia se avesse, almeno in parte, condiviso pubblicamente i risultati del proprio lavoro? Se alla morte di “Steve” quasi tutto il mondo (tranne Stallman) gli ha tributato doveroso omaggio, quanti sanno cosa ha fatto il barbuto Richard e la sua banda per l’innovazione?

Nello stesso post che ho “linkato” prima viene riportata una lettera aperta di Bill Gates al mondo dell’Open Source che rivela oggi tutta la sua inconsistenza, alla luce di quale solidità abbiano raggiunto ormai molti software Open Source.

Le persone hanno imparato a condividere!

Cosa c’entri tutto questo con al Camera dei Deputati è, a questo punto, per chi legge un po’ misterioso, ma in realtà altrettanto semplice da spiegare.

Il movimento Open Source ha dimostrato che le persone hanno la capacità di privarsi di un presunto diritto, quello sullo sfruttamento economico diretto ed esclusivo del proprio lavoro (non ci si priva del diritto di proprietà intellettuale che per definizione è inalienabile, ma solo del diritto d’autore), rendendo un grande servizio a tutti coloro i quali fanno buon uso di ciò e che così non sono costretti a ricominciare sempre da zero. Il risultato finale migliora per tutti, questo accade nel software ma anche molti in altri campi, infatti sono nati per esempio siti di condivisione di immagini gratuite, di musica free e tanto altro.

Anche la semplice pubblicazione on line è in realtà una cessione dei propri diritti su ciò che si scrive e si racconta, lo sanno bene i giornali nella loro lunga lotta ai motori di ricerca, ma ancora questo è un passaggio intermedio, perché ciò che si rende pubblico è si pubblico ma in genere è un prodotto finito, poco riutilizzabile.

Gli Open Data per costruire la conoscenza diffusa

Da qualche anno è in atto la rivoluzione degli Open Data, ovvero dati che sono alla base di ciò che viene pubblicato ma che sono anche riutilizzabili in maniera libera, al fine di produrre ulteriore conoscenza da tutto ciò che viene reso pubblico.

La Camera dei Deputati ha aderito a questo approccio per rendere non solo pubblici i propri dati ma anche per renderli facilmente riutilizzabili, creando una propria ontologia OCD (Ontologia Camera dei Deputati), in formato OWL (Ontology Web Language) espressa in
triple RDF : una tripla è un’asserzione (statement), un’unità informativa minima, articolata in soggetto (subject), relazione (predicate) e oggetto (object). Tutti i dati del portale sono così disponibili come Linked Open Data, un patrimonio informativo costituito da oltre 13,4 milioni di triple.

Questo approccio semantico e libero ai dati rappresenta una grande innovazione perché se è vero che spoglia il detentore di contenuti della figura di quasi unico “interprete” dei medesimi, conferisce a chiunque altro la capacità di rielaborali e di integrarli con fonti e dati ulteriori, al fine di ottenere risultati sempre migliori e sempre maggiore conoscenza.

Un esempio dell’uno e dell’altro, ovvero del valore dell’Open Source e di quello dei dati aperti è costituita dalle app, pubblicate dall’archivio, che riutilizzando software del MIT permettono da un lato di realizzare pagine interattive in cui l’utente può creare le proprie personali viste, dall’altro rendono ulteriormente disponibili, in formato json, anche i dati sui quali queste stesse app insistono.

La conoscenza implicita nei dati

Provo quindi a fare qualche semplice elaborazione sul sito della Camera, utilizzando le alternative di ricerca offerte. Opzionando solo i periodi più recenti (gli ultimi 30 anni) scopro che la rappresentatività di una regione importante elettoralmente come la Sicilia si ferma, per queste 4 cariche dello Stato, al 1954, cosi come negli ultimi 30 accade a una larghissima parte del nord-est, che include l’intero Trentino, Friuli, Veneto e parti importanti della Lombardia. Di contro il peso della Sicilia era stato di gran lunga superiore a quello di tutte le altre regioni (non Sabaude) per tutta la durata del Regno d’Italia. In 150 anni inoltre Calabria, Friuli e Umbria non risultano essere state rappresentate da un proprio politico, dalla Puglia provengono solo Salandra e Aldo Moro e Cagliari e tutta la Sardegna centro meridionale non hanno avuto l’onore di un proprio concittadino eletto alle massime cariche dello Stato. Superfluo quasi sottolineare che solo due sono le donne.

L’informazione è parziale perché per un più esatto esame occorrerebbe aggiungere quella relativa ai ministri, in particolare quelli che dei ministeri più influenti, ma già da sola si presta a qualche interpretazione e molte altre elaborazioni potrebbero essere realizzate ulteriormente, direttamente dagli utenti, accedendo ai dati dei file json.

Innovazione tecnologica e sociale

Sotto un profilo più tecnologico la novità è duplice perché al di là degli aspetti “sociali” (evapora il concetto di proprietà) che contraddistinguono questo approccio in realtà lo studio e l’applicazione degli Open Data conducono generalmente ad una migliore strutturazione delle basi dati, al fine di garantire intelligibilità orizzontale, anche in una struttura aziendale complessa, e verticale, nel senso di miglior propagazione nel tempo della leggibilità della base informativa stessa. Non era raro nel passato (e ancora adesso) scontrarsi con database chiusi e complessi che impedivano il riutilizzo dei dati, addirittura all’interno stesso di una unica organizzazione. Questo effetto rischiava e rischia inoltre effetti catastrofici con il passare del tempo e con il venire meno delle competenze umane di chi quella applicazione l’ha costruita e dominata.

L’altra novità è costituita da query che si realizzano tutte lato client, suddividendo le risorse computazionali su tutti gli utenti che accedono e non le concentrano solo sull’unico server/sito che eroga il servizio, molto interessante quindi per dell’ottimizzazione di applicazioni in ottica cloud computing.

Per finire occorre sottolineare che probabilmente molte delle tecnologie utilizzate per realizzare questa applicazione andranno ad aggiungersi alla grande famiglia dell’Open Source, fornendo un contributo specializzato (e tutto italiano!!) all’innovazione tecnologica nel campo della gestione archivistica di informazioni digitali multimediali.

Anche questo un piccolo salto in avanti.

Tuesday, November 8, 2011

L'alluvione di Genova e la tecnologia: la testimonianza che viene dal passato


I disastri naturali quali alluvioni, tsunami, terremoti o altro portano dietro di se alcuni interrogativi che non hanno semplici risposte. Ci si chiede spesso se la tecnologia può essere d'aiuto a prevenire o ad affrontare l'emergenza, o se addirittura sia un limite, a causa della mancanza di tutto quanto è tecnologico proprio nel momento in cui ne avremmo maggiormente bisogno.

La mia attività professionale nel mondo dei beni culturali mi fa partire da un aspetto, probabilmente meno utile nel corso delle emergenze, ma determinante per farci capire la portata dell'incuria che ha determinato, in complicità con situazioni fuori dal normale, le drammatiche conseguenze di questi giorni.

In questo post sono raccolte testimonianze, articoli, immagini e filmati tratti da autorevoli archivi storici e che documentano come il problema sia nato e rimanga insoluto dal lontano 1930. La forza di quella documentazione viene fatta emergere in tutta la sua drammatica attualità proprio dalla disponibilità di queste informazioni in formato digitale, già presenti sul web e ricercabili.
Il sindaco Marta Vincenzi ha detto di sentire su di se il peso di quei morti ma questi documenti ci ricordano che questo peso dovrebbe condividerlo con chi da 80 anni finge di ignorare i problemi generati questo tipo di gestione del territorio.

La tecnologia ci viene incontro anche nel documentare l'evoluzione del territorio stesso, come è sempre più facile fare grazie a strumenti ormai a disposizione di tutti, come questo post evidenzia dimostrandoci l'uso a tal fine delle mappe satellitari di Google.

Computer, reti e mobile possono aiutare le persone a documentare ma anche (e sarebbe ancor meglio) ad affrontare il pericolo nel momento in cui si manifesta.

All'epoca dell'uragano Katryna un programmatore mise a disposizione un sito su cui lasciare post geolocalizzati e aiutare le persone a ricongiungersi, oppure all'epoca del devastante Tsunami in Asia ci si chiese come mai la tecnologia non fosse stata in grado di prevedere gli effetti.

In realtà queste previsioni sono realizzabili e sufficientemente precise (si veda oggi circa le previsioni atmosferiche) eppure quello che manca è da un lato la capacità di sapere interpretare i segnali dall'altro la volontà di investire soldi in attività di prevenzione e di confrontarsi con la realtà di tutti i giorni. I server possono ricevere segnali, elaborarli e mandare allarmi, ma se poi non è possibile inviare una mail ad un povero pescatore di Sumatra occorre che subentri un'organizzazione umana che prescinde dalla tecnologia.

Alla base rimane sempre la volontà dell'uomo di avere un rapporto equilibrato con questo mondo e la tecnologia stessa, se non utilizzata correttamente, finisce solo per aumentare il senso di smarrimento, come è successo ai tanti genovesi che, abituati a comunicare via mobile o via rete, si sono ritrovati improvvisamente soli a causa della mancanza di energia elettrica.

Monday, October 24, 2011

Esiste un business dal volto umano? CSR e aziende, un convegno a Torino il 26 ottobre (La forza del mercato!)

Mercoled' a Torino un convegno sulla Corporate Social Responsibility dal titolo un po' impegnativo "Responsabile Etico Sostenibile - Esiste un business dal volto umano?". presso l'Unione Industriali in via Vela 17 (http://www.clubcomunicazione.it/RES/).

Ne approfitto per una breve riflessione su questo tema...

Non me ne vogliano i gentilissimi Luca e Francesca che mi hanno invitato al convegno (e che ringrazio) ma la risposta alla domanda credo che sia no... ma non intende essere una risposta negativa.

Avere un approccio etico e responsabile per una azienda non è a "costo zero", richiede un impegno economico e progettuale non da poco e certamente, se a un manager è richiesto di portare risultati economici, non è facile chiedergli di ottenerli rispettando codici di comportamento che non sono (solo apparentemente) immediatamente riconducibili ai propri obiettivi professionali.

Mi sono occupato per una azienda per la quale ho lavorato di CSR e posso testimoniare che, se anche delle scelte in questo senso vengono prese, non è facile portare avanti politiche di responsabilità sociale se in tutta l'azienda non matura un differente approccio al lavoro.

Non si tratta di quindi cattiva volontà ma di difficoltà oggettiva.

la forza del mercato

Se invece le aziende che investono in CSR sono premiate dai consumatori allora anche i manager devono (o possono) adeguarsi a questo stile di vita, la Social Responsibility diventa un valore economico più immediatamente percepibile e un fattore di crescita aziendale.
Il potere di chi spende e può fare delle scelte, privilengiando chi si impegna per la crescita sostenibile o in progetti con finalità etiche, è un potere enorme perchè, come ho scritto in precedenza, trasforma un valore enorme ma non facilmente quantificabile in una precisa dimensione economica.

L'ottimizzazione della catena distributiva di un'industria porta alla riduzione delle emissioni di CO2 in questo mondo un po' malconcio e se pure non saremo in grado di misurarne gli enormi benefici per noi, per i nostri figli e nipoti, l'azienda che per questa scelta si vedrà premiata sul mercato sarà incentivata a proseguire su questa strada.

Qualcuno obietterà che questo potrebbe non significare un reale cambiamento nella mentalità di chi fa business ma io credo che da un lato occorra essere pragmatici, la nostra storia è piena di ottime intenzioni e di pessime azioni, per cui ben vengano azioni virtuose, qualunque siano le motivazioni. Guardando il problmea da un altro punto di vista sono certo invece che il ricondurre anche la "Responsabilità" ad un valore più facilmente percepibile da chi si occupa di business alla lunga aiuterà a capire che un approccio di questo tipo non è affatto solo un impegno e un costo e che quindi non c'è giustificazione nel non adottarlo.

E' quindi auspicable che si organizzino incontri di questo tipo per far capire alle persone che il loro modo di comportarsi (negli acquisti) è determinante affinché le aziende imbocchino un ciclo virtuoso.

Il convegno

L'evento è organizzato dal Club Comunicazione d'Impresa dell'Unione Industriali di Torino e nel corso del seminario saranno trattati casi di buone e cattive pratiche aziendali in materia di responsabilità sociale d'impresa. Tra le case-history che verranno presentate, presenti in sala i diretti protagonisti, quelle di IKEA, FIAT, Gruppo Michelin, Bayer e altre aziende in diversi settori. Modererà l'incontro il giornalista Oscar Giannino.

Friday, October 14, 2011

diario di bordo: nasce miclub (e il suo sito...)

Da un po' di tempo diventa sempre più difficile trovare il tempo per scrivere post, perchè ne serve tanto per riflettere sull'argomento che possa essere interessante e non banale, ne serve per scrivere (probabilmente anche a caussa del fatto che sono un po' prolisso) e poi devo lasciarlo li e rileggerlo per verificare che il risultato sia all'altezza delle mie aspettative.

Però un blog è anche un diario e quindi oggi mi concedo un post semplice semplice per la presentazione del miclub (www.miclub.it), sia come iniziativa reale che come sito web. Una associazione sportiva con sede e palestra a Milano in zona Primaticcio.

Utilizzerò questo come use case per raccontare tentativi, riusciti o meno, di utilizzare essenzialmente il web per iniziative territoriali molto localizzate.

Si comincia!

Thursday, October 6, 2011

La fascinazione della calligrafia: l’eredità di Steve Jobs (Stay hungry, stay foolish).


E' morto Steve Jobs.

Il suo discorso alla Stanford University di qualche anno è diventato celebre e ha reso celebre una sua citazione (da “The whole earth catalog” di Steve Brand) “Stay hungry, stay foolish” (siate affamati, siate folli), invito a sovvertire gli schemi e a lavorare appassionatamente.

Nello stesso discorso Steve Jobs aveva ricordato anche come, pur avendo lasciato il Reed College, avesse continuato a frequentare un corso di calligrafia, affascinato dalla capacità di produrre testo in bello stile (“It was beautiful, historical, artistically subtle in a way that science can’t capture, and I found it fascinating.”). Quella esperienza gli consentì anni dopo di immaginare che i suoi primi Mac dovessero avere una qualità tipografica mai raggiunta prima.

Jobs testimonia come qualcosa di assolutamente distante dal mondo della tecnologia, per lo più legato al passato, la calligrafia, possa aiutare a realizzare, meglio, ciò che ci accingiamo a fare, che è dalla conoscenza del nostro passato che riusciamo a trarre insegnamento per costruire (meglio) il nostro futuro. La calligrafia e il testo digitale altro non sono che due modi di rappresentare la comunicazione umana, che, come tale, necessita di qualità. Il passato insegna ma solo se sei “foolish” riesci a capire, ad astrarre l’insegnamento, rifuggendo dalle convenzioni che ti imprigionano.

In realtà in quell’aneddoto è nascosto anche un altro segreto di Steve Jobs e della Apple, la capacità di capire, prima di altri, che il computer non è solo uno strumento che aiuta a realizzare parte del proprio lavoro ma è anche uno strumento che deve andare incontro alla natura umana nel suo complesso, a tutto quello che nei secoli ha portato alla nascita della calligrafia, ma anche dell’arte e di tutto ciò che e cultura. La tecnologia ne deve essere solo la moderna interpretazione.

Uno dei più grandi (veri) visionari del nostro tempo lascia al tempo stesso un enorme vuoto e un ancor più grande eredità. Protagonista della rivoluzione digitale degli ultimi 30 anni ha caratterizzato la sua azione per questo suo personale approccio alla tecnologia, non solo microchip e software ma anche design, comunicazione e interpretazione del futuro.

E’ stato un incomparabile inventore di mercati futuri e per questa ragione qualche suo detrattore si ostina a rappresentare il suo percorso professionale più come l’iperbole di un gran venditore che di un guru dell’innovazione.

Se Bill Gates (suo duale e opposto) ha creato un’impresa inseguendo e soddisfacendo la domanda di ordinarietà, Apple ha superato la sua rivale ricercando quello che prima non c’era o che non era stato compreso, sovvertendo i confini canonici della tecnologia e invadendo campi che si riteneva fossero solo contigui.

Proprio questa è stata la forza rivoluzionaria di Steve Jobs, capire che la tecnologia, per essere utilizzata dalle persone, deve essere capita dalle persone stesse e deve essere funzionale al loro “essere persone”, quindi deve essere anche bello, facile da usare, familiare. L’iPod ha rivoluzionato l’approccio dei lettori MP3, l’iPhone quello della fruizione mobile dei servizi, l’iPad ha finalmente lanciato l’editoria digitale (tranne che in Italia), iTunes quello della musica digitale, senza dimenticare che Mac e Windows si contendono la primogenitura del metodo di navigazione a “finestre”.

Molti sono stati gli interpreti di questa meravigliosa rivoluzione ed è complesso decidere chi ha inciso di più sul cambiamento ma Steve è stato sicuramente quello che più di altri ne ha determinato un’evoluzione “human oriented”.

Thursday, September 29, 2011

Il web 3.0, la timeline di Facebook e il valore della conoscenza strutturata


(da regesta.com)


Una ricerca congiunta SDA Bocconi e Politecnico di Milano, discussa in un convegno a Bologna la scorsa settimana (leggi articolo) assegna alla regione Emilia Romagna la palma della regione con il livello più avanzato di innovazione in ambito Information Technology.

Questo primato, che riguarda il sistema territoriale nel suo complesso, ovvero sia il settore pubblico che quello privato, trova fondamento non solo sul livello dei finanziamenti in campo Ict, ma soprattutto sulla qualità dell’offerta B2b e dell’infrastruttura di rete e servizi. Su questo versante, in particolare, si sviluppa l’impegno dell’ente regionale e degli altri soggetti pubblici, con l’obiettivo di assicurare le precondizioni per la diffusione di strumenti innovativi e di agire sul contenimento dei costi gestionali, attraverso la semplificazione e la standardizzazione delle procedure.

Nel settore dei beni culturali – biblioteche, archivi, musei, conservazione digitale – questa dotazione infrastrutturale è finalizzata ad assicurare un’adeguata valorizzazione e diffusione dei contenuti digitali in un momento in cui il web entra in una nuova fase della propria storia, che assegna alla “comprensione” dei contenuti un ruolo fondamentale. E’ proprio in relazione alla interpretabilità delle informazioni e alla loro diffusione pubblica che il lavoro quotidiano di chi si occupa di beni culturali assume una rilevanza nuova.

Il web semantico ed il web 3.0 hanno come obiettivo l’intellegibilità digitale dei contenuti affinchè le persone, grazie a sempre più nuovi ed opportuni strumenti tecnologici, siano in grado di produrre un livello informativo sempre più sofisticato.

E’ ovvio che questo rappresenta una grande opportunità nell’ambito dei beni culturali in quanto la leggibilità e la comprensione di una informazione dipende da due condizioni imprescindibili: la standardizzazione dei formati e la definizione del contesto, dove quest’ultimo concetto è inteso come l’insieme degli attributi a corredo di una informazione/documento principale e che ne definiscono la semantica.
La disponibilità di servizi evoluti e di una pluralità di strumenti condivisi, fruibili in modalità remota e condivisa, libera gli utenti dalla necessità di acquisire competenze e strumentazioni adeguate agli standard tecnologici che si vanno affermando; creando, così, un’opportunità unica di presidiare da protagonisti l’evoluzione del mercato digitale in atto.

Come cambia l’importanza della “qualità strutturale” dei contenuti?

All’inizio internet era utilizzata soprattutto per la pubblicazione/ricerca di contenuti ipertestuali statici; anche l’introduzione di sistemi di “Content Management” non avevano determinato un sostanziale passo in avanti. I limiti iniziali dell’HTML impedivano la creazione di interfacce sufficientemente interattive per poter essere utilizzate in maniera efficace e produttiva, l’informazione era importante, ma non ne era possibile sfruttarne in maniera automatica le relazioni.

A cavallo tra il 2004 ed il 2006 si fa un doppio salto, sociale e tecnologico, perché l’innovazione consente finalmente la realizzazione di interfacce, browser based, realmente interattive e quindi di mettere a punto applicazione potenti, denominate Rich Internet Application (RIA). Ma l’aspetto realmente dirompente è il ribaltamento di prospettive nell’utilizzo del web come media: si passa dal paradigma pubblicazione/lettura alla “collaboration”, ovvero pubblicazione/lettura/discussione/arricchimento attraverso iterazioni successive.

Questa volta a far da volano di questo sviluppo ci sono applicazioni nate per il tempo libero, i primi social network, da YouTube a MySpace e più di tutte Facebook. Quest’ultima trascina utenti nuovi sul web, come mai successo prima, e li abitua ad utilizzare Internet quale strumento domestico. La natura di questo successo non nasce solo dal suo essere “social” (altrimenti non avrebbe soppiantato MySpace, all’epoca competitor ben più robusto) ma dal livello di integrabilità offerto ad altre applicazioni. Si afferma il web di uomini ed applicazioni, liberamente interconnesse tra di loro e nel quale le informazioni vengono arricchite dal lavoro, non organico, di utenti diversi.

La teoria su cui costruiscono il loro successo i Social Network è mutuata da modelli organizzativi di grandi aziende e metodologie quali le “Comunità di Pratica” ma Zuckemberg e soci ne fanno uno strumento di successo senza paragoni, a tal punto da diventare essi stessi un modello di riferimento per realtà professionali.

I social network “insegnano” al mondo del lavoro che la conoscenza implicita può essere valorizzata e resa evidente con il contributo minimo di più utenti che condividono medesimi impegni e fini. Ciò riduce il carico di lavoro per ogni singolo individuo ma moltiplica l’efficacia del risultato complessivo. Tag, Like, Share ed altre semplici funzionalità “social” diventano attributi di un oggetto principale e l’informazione, libera e destrutturata del primo web, viene ad essere affiancata a strutture più complesse. Con il recentissimo annuncio della sua timeline Facebook prova ad organizzare anche l’attributo tempo, costruendo delle meta informazioni (la cronologia di una vita) che forse tra qualche anno costituiranno un archivio prezioso di informazioni digitali.

Oggi la tecnologia ricerca un nuovo limite, ovvero quello di passare alla rete delle informazioni automaticamente “comprensibili”, in grado di far diventare il network un immenso database di informazioni, prima sommerse ed ora finalmente fruibili ed analizzabili anche da strumenti automatici.

Da qui l’importanza di documenti digitali arricchiti di dati che ne definiscono la natura ed il significato. Questo è un lavoro certamente importante se progettato ex-novo ma è in fondo la base del lavoro quotidiano di chi opera nel campo della conservazione dei beni culturali, un patrimonio di informazioni aggiuntive (metadati) che definiscono l’informazione principale e che possono essere alla base della gestione di contenuti visti in ottica 3.0. Tutto ciò fa si che i detentori di contenuti culturali diventino soggetti privilegiati nella nuova fase del web, a patto che si comprendano appieno le dinamiche e si riescano a sfruttare i vantaggi competitivi.

Monday, March 21, 2011

Il terremoto in Giappone ed i limiti della tecnologia



Il Giappone, vittima del contemporaneo effetto terremoto/tsunami, ci ha dimostrato che, per quanto possiamo considerare "sicure" le nostre tecnologie, l'imponderabile è sempre dietro l'angolo.

Stiamo parlando di una nazione che in fatto di tecnologia e sicurezza non ha rivali, tanto che il terremoto è stato assorbito con danni relativi, non altrettanto il conseguente tsunami. Troppo lungo affrontare in questa sede una discussione su come cosa fare ma desideravo solo ricordare che le principali vittime di questi eventi sono spesso le persone più deboli, come i bambini.

Nel 2002 morirono a San Giuliano 27 bambini e dal Giappone arrivarono tanti disegni di solidarietà, oggi vorrei ricordare quel gesto in segno di vicinanza con le vittime dello Tsunami.

Wednesday, March 16, 2011

buon compleanno Italia

Non sono un "patriota" sfegatato... penso che ogni posto del mondo abbia cose belle e cose brutte, e che noi dovremmo sentirci a casa nostra ovunque, eppure a seconda del posto in cui ti trovi c'è chi vuole che faccia delle cose in nome di un dio e chi in nome di un altro, chi nel nome del popolo anche se il suo popolo manco l'ascolta.

C'è chi potrebbe maltrattarti, ma in nome della democrazia, e chi vorrebbe che ci si sentisse straniero anche solo nel paesino di fronte, chi perchè sei nero e chi perchè sei bianco.

Allora l'Italia, rimane pure sempre il posto in cui sono nato e nel quale ancora mi piace vivere, quindi oggi, per difendere i miei orizzonti da chi li vuole restringere... festeggio