Friday, June 27, 2008

GREEN.IT: la tecnologia ed il social networking al servizio della crescita sostenibile

Con un certo piacere noto che è ormai argomento diffuso di discussione l’utilizzo di un approccio web 2.0 alla gestione dei processi aziendali, all’interno di quello che è stato definito nell’ultimo anno GREEN.IT, ovvero tecnologia “verde”.

GREEN.IT è quell’insieme di strumenti, best practice ed innovazione dei componenti che permette di utilizzare la tecnologia per produrre un risparmio nei consumi e contemporaneamente impedire che l’utilizzo della stessa tecnologia diventi un acceleratore dei consumi innescando un perverso ciclo di azione e reazione. Si va dalla costruzione di server che puntano al risparmio energetico fino alla realizzazione di software collaborativi che riducono gli spostamenti delle persone.

Qualche anno gli sforzi erano concentrati sul “telelavoro” quale mezzo per migliorare l’accesso al mondo del lavoro per alcune fasce di utenti e migliorare l’organizzazione dei costi aziendali, mentre oggi il concetto è allargato all’interna catena del valore.

Cambiamento sociale, non solo innovazione tecnologica

Tutto ciò però non è solo il frutto di innovazione e tecnologia ma anche il risultato di un cambiamento sociale in atto, spinto, paradossalmente, dai siti di networking ed entertainment di successo.

Il cambiamento è sostanziale, perché modifica l’abituale approccio alla gestione della conoscenza all’interno di una struttura Enterprise, coinvolgendo maggiormente tutte le figure professionali nei processi di formazione e distribuzione dell’informazione. Fino ad ora infatti due fattori hanno ostacolato fortemente un adeguato sharing della conoscenza: dall’alto la volontà di “controllare” la circolazione delle informazioni per prevenire la diffusione di informazione non veritiere o dannose all’azienda, ma anche dal basso, per l’incapacità (o spesso volontà) di diffondere la conoscenza individuale.

Contesto deformato: conoscenza=potere

In particolare ho vissuto esperienze lavorative nelle quali la conoscenza era considerata da alcuni “potere” e di fatto tale era, in quanto la mancata redistribuzione della conoscenza induceva atteggiamenti subordinati da chi non era detentore di tale conoscenza ed arma ti contrattazione aziendale per chi poteva fregiarsene. Queste situazioni erano, nel migliore dei casi, determinati dalla mancanza di management del team o da una sua scadente implementazione, ma anche, nei casi peggiori, da una gestione da parte dei manager in linea con la valutazione della conoscenza=potere. Un “Divide et impera” in cui è proprio la conoscenza l’elemento che permette di diversificare il trattamento delle persone, differenziandone il ruolo proprio in base alla conoscenza delle tematiche applicative ma anche delle dinamiche aziendali.

Questo atteggiamento è francamente un po’ miope e rivela la visione di chi punta al mantenimento della propria “posizione” aziendale, basata più sulla gestione del proprio potere che sul riconoscimento di risultati ottenuti, come invece sarebbe auspicabile in un contesto realmente meritocratico. Eppure è difficile ignorare i rischi ed i costi che una tale pratica introduce nei progetti. Rischi legati, per esempio, alla criticità di figure chiave ed i costi di acquisizione di conoscenza da parte di alcuni soggetti del team. Ma anche malessere all’interno del team stesso che si traduce in costo derivante da uno scadimento della produttività.

Una best practise nata in un contesto non aziendale

Il social networking ha invece dimostrato chiaramente che gli individui sono portati alla collaborazione ed al lavoro collettivo, anche quando non esiste un legame costituito da un comune obiettivo. Questo accade soprattutto quando nella comunità di utenti il rapporto tra i diversi soggetti è paritario e non influenzato da eventuali strutture gerarchiche precostituite. Si tratta di identificare un contesto “democratico” alternativo, nel quale il rapporto tra gli individui non è influenzato dalla loro posizione nella piramide aziendale.

La democrazia dell'informazione ed il valore della autorevolezza

Questo non significa che un rapporto gerarchico non esista, anzi, ma è dipendente dalla capacità del singolo di essere riconosciuto autorevole dagli altri, con l’emersione di una leadership “naturale” prodotta dal contributo che l’individuo è in grado di dare alla comunità in termini di conoscenza. La conoscenza quindi si trasforma da arma di ricatto in metodo di costruzione della propria rispettabilità, producendo una crescita complessiva della competenza di tutta la collettività ma anche uno stimolo per il singolo affinché acquisisca sempre nuova conoscenza

continua...

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