Alessandro Robecchi è giornalista, scrittore ed autore televisivo, ha una reputazione da difendere eppure è stato cosi gentile da essere il primo ad accettare di conversare con me in questo spazio. Lo ringrazio per questa sua fiducia...
Per i pochi che non lo conoscono wikipedia ospita un suo breve profilo (wikipedia.org/wiki/Alessandro_Robecchi) oppure la sua produzione (e profilo) è raccolta nel suo blog www.alessandrorobecchi.it
Alessandro, sei un giornalista, scrittore e autore televisivo... io invece mi occupo di tecnologia per una azienda che sviluppa software e la mia attività è prevalentemente commerciale... però in questo caso sono io a sollecitarti una ”intervista” (si fa per dire... nessuna pretesa da parte mia...). Non lo trovi per lo meno un pò contorto? E’ questo il web 2.0???
Beh, non troppo contorto. Io faccio il giornalista, ma non credo che i giornalisti debbano avere il monopolio del far domande…
Alcune rilevazioni dicono però che la percentuale di chi contribuisce “uploadando” contenuti nei siti di social networking è bassissima rispetto al totale dei visitatori, 0,16% per YouTube il 0,20% per Flickr... sembrerebbe un bluff, nella realtà il web non si differenzia dal modello televisivo dove la fruizione è essenzialmente passiva. Si allarga solo il palinsesto...
Credo che la differenza sostanziale sia la possibilità, non l’effettiva quantità degli upload. Cioè: il sistema permette di intervenire, volendo, di aggiungere e di aumentare la massa delle informazioni. Già questo – pure se uno non "uploada" niente – cambia la prospettiva. Un sistema aperto è meglio di un sistema chiuso anche se ci entrano in pochi. Credo.
Una delle motivazioni addotte per spiegare il grande successo del web, come medium di comunicazione, è che ognuno può pubblicare ciò che vuole e che questa libertà garantisce maggiormente la veridicità dell’informazione, perchè non viene da una fonte “istituzionale”, con interessi alle spalle, e perchè il trust degli utenti smascherebbe comunque eventuali falsi. Questo mi sembra certamente vero in una fase di pre-espansione, ma poi ho paura che questa arena sarà occupata da webpredicatori, o inquinata ad arte per minarne la credibilità. Corriamo questo rischio? Qualcuno ucciderà il social networking?
Quello che tu vedi come un difetto, o come un rischio mi sembra invece una conferma: l’utente non può restare passivo. Se trovo una notizia sul sito di Pincopallino, la sua credibilità è un po’ diversa che se la trovo sul sito della France Presse. Questo fa in modo che quando trovo la notizia, vado a cercare altre fonti, affino la mia ricerca e valuto conferme o smentite, o diverse versioni. In realtà credo che la struttura dinamica sia ancora un po’ oscura alla grande massa degli utenti. Spesso si considera un’informazione come conclusa in se stessa, ma non è mai così: ogni informazione contiene elementi per cercare meglio e precisare quell’informazione. In questo modo il processo di informazione si fa collettivo (gli utenti controllano), ma anche stratificato (ogni utente può controllare più fonti). Spesso si parla del fatto che la grande quantità di informazione finisca per annullare l’informazione, ma questo è vero solo per un uso distratto e superficiale. I giornalisti controllano molte volte prima di scrivere… perché questo non dovrebbe farlo (imparare a farlo) anche l’utente normale in fase di ricerca? E’ possibile che qualcuno ucciderà il social networking, ma certamente lo farà qualcuno per cui la parola scomoda non è networking, ma social…
Non vorrei sembrarti un pessimista, ma, quando osservo cose che mi piacciono, cerco prima di capire se c’è qualcosa che non va. Dietro i giganti del social networking ci sono Murdoch, Google, Yahoo oppure dietro alcune iniziative di giornalismo sociale comunque dei giornalisti famosi. Forse già oggi l’informazione del web non è poi cosi libera...
Il problema è che molto spesso si tende a considerare l’informazione come un non-lavoro, o se preferisci come un lavoro che non necessita di professionalità. Sapere una cosa non basta quasi mai. Bisogna dimostrarla, controllarla, cercare altre fonti. E’ un lavoro che costa, ed è per questo che i grandi editori sono così forti, perché possono muovere risorse anche enormi per affinare il servizio. Per quanto riguarda i giornalisti famosi… direi che torniamo al problema della credibilità: c’è chi si è fatto un suo nome, ha un suo pubblico e tutto l’interesse a difendere la propria credibilità. Posso prendere l’informazione da uno qualsiasi, da un professionista o da un mitomane, e tendo a supporre che chi ha già un nome sul mercato dell’informazione non metterà in rete cose false. Anche qui, però, il discorso è generale, le eccezioni possono essere numerose. Ma se so che il tizio scrive su un importante quotidiano, che ha pubblicato dei libri sensati, che ha una schiera di lettori che lo apprezzano, beh, tendo a fidarmi di più. Soprattutto perché quando le notizie sono scritte bene indicano anche la fonte o almeno danno qualche elemento per cercare riscontri. Se io leggo una frase… “come scrivono i giornali inglesi…” può venirmi qualche dubbio. Se si dice “come ha scritto il Guardian il giorno tale”, mi si offre la possibilità di controllare. Sarebbe ora di dire che fare informazione non è così facile, rilassante e riposante come si vuol far credere
tu sei uno scrittore di satira... talvolta cattiva, come deve essere la satira, da qualche tempo hai aperto un tuo blog, www.alessandrorobecchi.it, cosa ti aspettavi e cosa ne pensi oggi? Grillo addirittura da un blog oggi lancia un partito travestito da “bollino blu”....
Sinceramente il mio è un blog sui generis: non è una tribuna aperta, io pubblico quello che già esce sui giornali, in questo caso è una specie di archivio commentabile e consultabile, anche se ogni tanto qualche pezzo satirico soltanto per il sito lo pubblico. Dunque non è che mi aspettassi chissà che. Le motivazioni erano essenzialmente due: raccogliere un lavoro un po’ dispersivo (un quotidiano, vari periodici, varie trasmissioni tv) in un corpo unico, rispondendo così alla “domanda” di “pubblici” diversi, e magari unendoli in un unico “pubblico”. L’altra motivazione è stata di tipo difensivo. Mi sono trovato ad avere 70.000 citazioni con il mio nome su Google e mi sono un po’ spaventato: molti ti citano male, ti travisano, pubblicano stralci senza dire il contesto… insomma, non mi andava di essere citato così casualmente, anche se la maggior parte lo fa in buonafede, oppure trovare biografie un po’ fantasiose, o vedermi tra gli autori di cose che non ho mai fatto… il mio sito è nato anche come un’assicurazione su queste cose, diciamo che in mezzo a tutte quelle citazioni un po’ “anarchiche” ho voluto mettere anche una specie di riferimento ufficiale. Chi vuole sapere chi sono e cosa scrivo può cercare ovunque, io posso solo garantire che quel che trova sul mio sito è l’originale… Quanto a Grillo, è un discorso complesso, l’antipolitica è una forma della politica che mi lascia freddino. Che si possa fare tutto ciò partendo da un blog non mi stupisce e non mi scandalizza… ricordo che “gli esperti” Tony Blair, per dimostrare che Saddam aveva armi di distruzione di massa, copiarono qui e là un po’ di documenti dalla rete… Se con la rete si può dichiarare e combattere una guerra illegale, perché non si può dare i bollini ai partiti?
L’offerta dei social network sta diventando un pò ripetitiva, cosa ti piacerebbe veder nascere da utente del web?
E’ una domanda difficile, perché secondo me le previsioni in materia sono pura follia: la cosa è troppo veloce per prevederla o anche solo immaginarsela. C’è un altro problema… qualunque cosa io possa desiderare dal web sono quasi sicuro che salterebbe su qualcuno a dire… ma c’è già!
Verba volant è la tua striscia quotidiana televisiva sul significato e l’uso delle parole, come cambia il linguaggio del web “sociale”? Gli sms contraggono e stravolgono l’uso del linguaggio, ed il web migliorerà o peggiorerà l’utilizzo dell’italiano? In fondo potrebbe essere un nuovo stimolo a scrivere...
Delle settemila lingue “vive” che esistono nel mondo, ne scompaiono varie centinaia all’anno… si sta riducendo ovunque la biodiversità del linguaggio e tra un secolo tutto il pianeta parlerà due o tre lingue al massimo, questo pare certo. Per il resto, io credo che sia fatale: il telefono ha cambiato il modo di parlare, la radio ha cambiato il modo di dire le cose, la tivù pure, gli sms anche. Word mi dà una possibilità di intervenire sulla struttura di quello che scrivo più di una macchina da scrivere, che a sua volta era migliore di una tavoletta di cera… la lingua si evolve, cambia, si strizza e si modifica, io non me ne scandalizzo perché so che è inevitabile. Se uno lo vede dal punto di vista filologico, o da accademia della Crusca, certo, il nostro italiano peggiorerà, ed è già molto peggiorato con la tv. Pure, ci sono degli anticorpi: la gente scrive di più, butta giù due righe, articola concetti e sceglie delle parole… chi lo fa impara a distinguere se una cosa è scritta bene o male, cioè lo spero. In ogni caso è bene che chi scrive sappia scrivere, perché se una cosa è scritta, o detta, male, perde molto del suo valore e della sua credibilità…
Ho in sottofondo la canzone di ligabue per questa chiacchierata... “ho tre domande per te, chi prende l’inter...” ma per questa prima domanda aspetterò un’ occasione più seria... grazie.
Thursday, October 11, 2007
Il Blog di Alessandro Robecchi, il web 2.0 visto da un giornalista
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