continua dal precedente post
La storia della mail su Obama “mussulmano” dimostra che si corre il rischio di veder “inquinata” la reputation delle informazioni presenti in Rete, dove la reputation è proprio il valore su cui si basa la forza di questa nuova fase del web. Ecco perché, secondo me, occorre fare una accurata riflessione prima di forwardare le mail ricevute, perché esiste il rischio di essere considerati alla stessa stregua di un generatore di spam, impedendo poi di affrontare la questione nel concreto.
Si discute molto sulla nascita dei nuovi “opinion makers” indipendenti, quelli dei blog, per intenderci. La rete dei contatti che si guadagnano con la loro attività diventa un valore importante per chi fa comunicazione e pubblicità. Prendiamo, per esempio il recente caso della Levi-Prodi.
Così come era stata concepita era effettivamente punitiva solo per i service provider che ospitano i blog. Per un governo come questo, in grosso deficit di credibilità, è stato un suicidio... colpire gli utenti del web proprio con leggi su uno dei fenomeni partecipativi più in crescita, ed in più con un danno così grave arrecato a chi custodisce milioni di identità di utenti della rete... è stato un gioco sollevare una rivoluzione....
Spiace osservare lo scarso rilievo che hanno dato i giornali tradizionali..
Tornando finalmente al tema principale, e che una volta tanto non è tecnologia.... , una delle battaglie che mi stanno personalmente a cuore è quello della pena di morte.
L’Italia sta promuovendo nel mondo una battaglia a favore dell’abolizione della pena di morte, nel panorama francamente un po’ disarmante della politica italiana è, sempre a mio giudizio, un piccolo angolo di luce.
Non voglio indagare sulle motivazioni che spingono alcuni dei nostri politici a promuovere questa battaglia civile, perché, se anche scoprissi che è solo un’iniziativa per sostenere un’immagine della politica molto appannata, la sosterrei.
In questo caso, qualunque mezzo (moralmente accettabile!!!) è giustificato per raggiungere un obiettivo cosi importante.
Purtroppo questa iniziativa smaschera una ulteriore ipocrisia e cioè che il tema, in realtà, non interessa. I giornali ne parlano poco e solo sul web c’è un dibattito interessante, ma sappiamo che gli utenti del web sono solo una fetta, seppur significativa, degli italiani.
Possibile che in Italia, dove si scende in campo, con battaglie campali, per la vita nascosta in alcune cellule, non si ritenga importante impedire la morte per mano di uno stato? Ovvero per mano nostra?
Quello che stupisce di più è, inoltre, che questa battaglia non susciti indignazione sufficiente per schierarsi, soprattutto nel caso di nazioni ritenute a noi vicine.
La battaglia contro la pena di morte può essere vissuta infatti come “accessoria” nei casi di nazioni in cui le libertà civili sono generalmente calpestate, paesi in cui può anche succedere di scomparire ucciso per strada. Abbiamo tutti assistito alle immagini provenienti dalla Birmania, ma situazioni simili ci sono in mille angoli del mondo, dal Darfur all’Iraq.
Esistono però paesi in cui si afferma una concezione della vita cosi simile alla nostra, tanto da farci sembrare impossibile che possa esistere la pena di morte, come negli Stati Uniti. Una grande nazione che ci ha restituito la libertà nel 45, nella quale esiste un rispetto della cosa pubblica che purtroppo la nostra società civile molto spesso neppure conosce, ma nella quale vige ancora la morte di stato.
Comprendo che il tema sia delicato e che in ognuno di noi (me compreso) nasce talvolta un desiderio di vendetta in presenza di episodi di efferata violenza, ma credo che l’essenza di un Nazione civile (intesa come Popolo) sia proprio quella di difendere i propri principi nelle situazioni difficili.
Cina, Iran, Birmania e (purtroppo!) tanti altri paesi sono luoghi in cui purtroppo c’è troppa distanza con il nostro concetto di rispetto dei diritti umani (ciò non significa naturalmente che non si debba urlare con forza), ma quei paesi che, invece, sono vicini al nostro modo di essere e di vivere meritano l’impegno profuso a superare atrocità come la pena di morte, eredità spesso di un passato che andrebbe ormai sepolto.
In questi paesi, credo, la distanza tra l’utopia e la realtà è minore, ed i risultati positivi possibili, come dimostrano le recenti notizie.
Purtroppo sembra che anche a noi manchi la forza (la voglia) di combattere.... meglio guardare tronisti e veline....
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