Il titolo è un po' ambizioso, lo confesso.
La recente evoluzione del quadro politico però mi suggerisce da un po' una riflessione su questa nuova percezione della Rete. Dico "nuova" perchè grazie al successo del Movimento 5 Stelle oggi molti sembrano scoprire la forza di Internet. Prima di cominciare però occorre fare chiarezza: la mia, oggi, è solo una prima riflessione a voce alta.
Non è una riflessione politica, perchè non è questo il fine del mio blog, ma è onesto ammettere, da parte mia, che probabilmente alcune di queste considerazioni sono oggettivamente influenzate dal mio orientamento politico. E' altrettanto sacrosanto da parte mia (che, a differenza dei "Folgorati sulla via di Damasco", seguo entusiasticamente il web dal "secolo scorso") rivendicare il diritto di poter criticare le evidenti distorsioni nell'interpretazione del fenomeno di Internet.
Per non lasciarmi fuorviare cercherò di non entrare nell'analisi di come alcune persone commentano ciò che si può, e ciò che non si può, fare con la rete, perchè altrimenti entrerei nel campo minato della valutazione sulla coerenza delle persone ma cercherò di concentrarmi sulle questioni oggettive.
La Rete è la quinta essenza della Democrazia.
Ovvero attraverso Internet ognuno può dire la sua. Questo è vero ma vale per tutti i mezzi di comunicazione, la differenza è che Internet abbassa i costi che un individuo deve affrontare per "raggiungere" altri individui, ma non impedisce ad alcun altro di "farti a pezzi", con simili bassi costi di impresa.
In TV non posso andare se il proprietario della medesima non vuole mentre su internet posso scrivere ciò che voglio. Soprattutto non mi garantisce di essere ascoltato.
Giusto.
Infatti se poi nessuno legge ciò che scrivo il mio esercizio di libertà democratica è vuoto, come è vano il mio tentativo di andare a parlare in TV. Farsi conoscere in rete è un esercizio costoso e faticoso comunque. Tornando al caso di Grillo si può affermare che certamente il suo è stato un tentativo di comunicare fuori dai canoni tradizionali e quindi "rischioso", ma certamente non è il tentativo velleitario di un singolo, quanto piuttosto un'operazione preordinata gestita da un gruppo di esperti di comunicazione.
Servono i soldi per comunicare sul web
Alternativo quindi ma non "povero". Analogo al progetto che ha portato Belen a diventare una star (anche in meno tempo) con ottimi risultati economici (si guardino le dichiarazioni dei redditi degli interessati), quindi un investimento importante a fronte di un più che adeguato ritorno economico...
Poter parlare liberamente però non garantisce il diritto di essere ascoltato e soprattutto non garantisce di non essere "annientato", come insegna il caso del recente conflitto tra Cyberbunker e Spamhaus. Difficile quindi sopravvivere anche in rete per Don Chisciotte, senza soldi e competenze.
Il Rovescio della Medaglia: esclusione di molti cittadini
L'aspetto più critico è però quello riguardante le persone escluse, quel fenomeno che fino ieri si chiamava digital divide. La rete non può raggiungere tutti e quindi un sistema basato solo sul web taglierebbe fuori tantissimi cittadini. Ignorare questo problema significa ignorare i diritti di questi cittadini.
Il diritto di critica e la deformazione del movimento d'opinione
Inoltre la forza del web è quella di poter mantenere un certo anonimato, ma proprio per questo si presta a mille deformazioni. Se io scrivo un commento ad un certo articolo ad un mio avversario basta presentarsi con quattro o cinque identità differenti per commentare ciò che dico e per dimostrare che ciò che ho scritto è osteggiato dalla maggioranza delle persone.
In definitiva la rete è uno strumento potente per comunicare ciò che si vuole ma risponde, più o meno, a molte delle regole valide per altri media. In primis la capacità di spesa e come secondo aspetto la determinazione e capacità di comunicare, grazie a esperti e costosi consulenti di immagine.
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Wednesday, March 27, 2013
Thursday, July 19, 2012
Software per Archivi Storici Digitali: xDams un supporto gratuito
xdams il software italiano appena rilasciato open source ha scelto, in questa prima fase di rilascio, di fornire il massimo
supporto ai primi utenti che si avvicinano a xDams OS, per cui è stata attivata
l’email supporto_temporaneo [at] xdams.org, attraverso la quale verrà fornita per tutta l’estate assistenza mirata e specifica sul procedimento di installazione. Un'occasione da non perdere per approcciare un software open source con una assistenza qualificata.
I topics più utili ed interessanti verranno pubblicati anche sul Forum.
A breve saranno pubblicati brevi un video tutorial con tutti i passi dell’installazione di xDams e, con deadline da definire, un installer che faciliti questa operazione
www.xdams.org
I topics più utili ed interessanti verranno pubblicati anche sul Forum.
A breve saranno pubblicati brevi un video tutorial con tutti i passi dell’installazione di xDams e, con deadline da definire, un installer che faciliti questa operazione
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xdams
Friday, September 17, 2010
Incontro "Banking & Social: network or not?": the day after, ovvero un breve resoconto
Ieri dunque si è tenuto l'evento dedicato al banking ed al social networking organizzato da Webank.
Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.
In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.
Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.
Interventi basati sul concetto di fiducia
Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.
Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.
Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).
Informare, formare, spiegare
Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.
Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).
Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).
Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.
Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".
Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.
Manca il punto di vista di chi fa tecnologia
Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.
Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.
Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.
In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.
Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.
Interventi basati sul concetto di fiducia
Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.
Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.
Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).
Informare, formare, spiegare
Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.
Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).
Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).
Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.
Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".
Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.
Manca il punto di vista di chi fa tecnologia
Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.
Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.
Wednesday, May 19, 2010
La responsabilità sociale, la crescita sostenibile, i social network e le grandi aziende: un workshop organizzato da Barilla sul cambiamento climatico
Zio Burp mi ha invitato ad un evento ben conoscendo la mia attenzione al tema della responsabilità sociale e dell'ambiente.
Barilla una delle (poche?) aziende italiane che si impongono nel mondo (28% del mercato della pasta negli USA) ha organizzato un workshop aperto su "Scarsità delle risorse e cambiamento climatico. Le priorità di intervento."
Questo incontro, cui parteciperanno esperti internazionali del settore, è interessante per alcuni motivi: dimostra per esempio che le aziende possono investire parte dei loro budget di comunicazione in iniziative che danno un profitto non solo a chi le promuove (le aziende), ma anche alla collettività, perchè stimolano la discussione e migliorano il grado di sensibilità delle aziende e delle persone sul tema della crescita sostenibile. Guido Barilla ha ricordato in un comunicato "i percorsi avviati con il Barilla Laboratory for Knowledge and Innovation - laboratorio aziendale per lo sviluppo della cultura, della conoscenza, dell’innovazione e delle competenze manageriali - ed il Barilla Center for Food & Nutrition - centro di pensiero indipendente e multidisciplinare che ha come obiettivo affrontare e fare informazione sui temi dell’alimentazione e della nutrizione".
Ecco speriamo che questi siano permanenti prese di coscienza e che anche le più aziende piccole, stimolate dai buoni esempi, si rendano sempre più consapevoli del ruolo fondamentale di ciascuno di noi nella difesa della nostra stessa sopravvivenza.
Per quanto riguarda poi i temi che seguo più da vicino c'è da rilevare (ma ormai non è più una novità) come i social network siano ormai fondamentali nella strategia di comunicazione delle aziende, a giudicare dalla promozione di questo evento (su facebook) ma anche dagli strumenti che saranno usati per superare le limitazioni fisiche nella fruizione dell'evento (diretta streaming sul web e su Twitter).
Chi lo diceva solo qualche anno fa veniva preso per una persona troppo facile agli entusiasmi ed alle mode...
Barilla una delle (poche?) aziende italiane che si impongono nel mondo (28% del mercato della pasta negli USA) ha organizzato un workshop aperto su "Scarsità delle risorse e cambiamento climatico. Le priorità di intervento."
Questo incontro, cui parteciperanno esperti internazionali del settore, è interessante per alcuni motivi: dimostra per esempio che le aziende possono investire parte dei loro budget di comunicazione in iniziative che danno un profitto non solo a chi le promuove (le aziende), ma anche alla collettività, perchè stimolano la discussione e migliorano il grado di sensibilità delle aziende e delle persone sul tema della crescita sostenibile. Guido Barilla ha ricordato in un comunicato "i percorsi avviati con il Barilla Laboratory for Knowledge and Innovation - laboratorio aziendale per lo sviluppo della cultura, della conoscenza, dell’innovazione e delle competenze manageriali - ed il Barilla Center for Food & Nutrition - centro di pensiero indipendente e multidisciplinare che ha come obiettivo affrontare e fare informazione sui temi dell’alimentazione e della nutrizione".
Ecco speriamo che questi siano permanenti prese di coscienza e che anche le più aziende piccole, stimolate dai buoni esempi, si rendano sempre più consapevoli del ruolo fondamentale di ciascuno di noi nella difesa della nostra stessa sopravvivenza.
Per quanto riguarda poi i temi che seguo più da vicino c'è da rilevare (ma ormai non è più una novità) come i social network siano ormai fondamentali nella strategia di comunicazione delle aziende, a giudicare dalla promozione di questo evento (su facebook) ma anche dagli strumenti che saranno usati per superare le limitazioni fisiche nella fruizione dell'evento (diretta streaming sul web e su Twitter).
Chi lo diceva solo qualche anno fa veniva preso per una persona troppo facile agli entusiasmi ed alle mode...
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Wednesday, February 24, 2010
Inchiesta Banking 2.0 2010. (Addendum): beccato da Webank!!! Tu chiamalo se vuoi... web 2.0
Eh si.. non ho fatto a tempo a criticare una scelta a riguardo del restyling di Webank che subito mi hanno beccato!
Nel precedente post ho obiettato che la citazione "on line dal 1999" stonava un po' con il ringiovanimento in atto in Webank, (www.webank.it) passano poche ore e mi arriva una mail da Francesco, new media specialist di Webank, che mi ringrazia per il post e mi segnala l'iniziativa www.onlinedal1999.it.
Il suo tono è gentile e non fa riferimento alla mia affermazione, ma mi invita a curiosare in questo sito "la nostra [loro] nuova iniziativa per ripercorrere gli ultimi 10 anni della Rete, attraverso i ricordi, le emozioni, le parole di chi vive nell’online. Dopo una breve registrazione è possibile iniziare a pubblicare la propria storia (nella sezione “Storytelling“) e/o la propria timeline interattiva (nella sezione “Timeline“)".
Quando si dice il web 2.0!!!
... e non posso dire nulla... da sempre sostenitore della "rivoluzione del web"!

Effettivamente 10 anni importanti anche per me... 10 anni in cui ho veramente cambiato la mia carriera professionale, trovandomi coinvolto in progetti di trading e banking on line per i più dinamici protagonisti del web finanziario, tra loro proprio Webank, Fineco, Intesa Trade.
Il Trading in particolare rappresentò, a mio giudizio, anche la killer application che fece conoscere a tutti Internet, quello che negli ultimi due hanni ha fatto il social netwotking per il definitivo lancio di Internet come strumento di comunicazione di massa. A guardarli oggi sembrano tempi un po' eroici, in cui la risoluzione dei monitor metteva a dura prova gli occhi ed i modem a 56k la nostra pazienza. I back office delle banche si fermavano alle 5 per logorroiche operazioni batch, e noi con un gruppo di ragazzi in gamba (ma alle prime armi) sviluppammo un sistema per operare anche dopo quell'orario.
La curiosità non è solo femmina e sono andato a registrarmi, a girovagare tra le storie e nella timeline... può sembrare poco romantico che temi come il banking on line si colorino di nostalgiche sensazioni ma è così, è un pezzo importante della mia vita. Un pezzo molto piacevole sopratutto.
Mi sa che scriverò qualcosa... :)
Nel precedente post ho obiettato che la citazione "on line dal 1999" stonava un po' con il ringiovanimento in atto in Webank, (www.webank.it) passano poche ore e mi arriva una mail da Francesco, new media specialist di Webank, che mi ringrazia per il post e mi segnala l'iniziativa www.onlinedal1999.it.
Il suo tono è gentile e non fa riferimento alla mia affermazione, ma mi invita a curiosare in questo sito "la nostra [loro] nuova iniziativa per ripercorrere gli ultimi 10 anni della Rete, attraverso i ricordi, le emozioni, le parole di chi vive nell’online. Dopo una breve registrazione è possibile iniziare a pubblicare la propria storia (nella sezione “Storytelling“) e/o la propria timeline interattiva (nella sezione “Timeline“)".
Quando si dice il web 2.0!!!
... e non posso dire nulla... da sempre sostenitore della "rivoluzione del web"!

Effettivamente 10 anni importanti anche per me... 10 anni in cui ho veramente cambiato la mia carriera professionale, trovandomi coinvolto in progetti di trading e banking on line per i più dinamici protagonisti del web finanziario, tra loro proprio Webank, Fineco, Intesa Trade.
Il Trading in particolare rappresentò, a mio giudizio, anche la killer application che fece conoscere a tutti Internet, quello che negli ultimi due hanni ha fatto il social netwotking per il definitivo lancio di Internet come strumento di comunicazione di massa. A guardarli oggi sembrano tempi un po' eroici, in cui la risoluzione dei monitor metteva a dura prova gli occhi ed i modem a 56k la nostra pazienza. I back office delle banche si fermavano alle 5 per logorroiche operazioni batch, e noi con un gruppo di ragazzi in gamba (ma alle prime armi) sviluppammo un sistema per operare anche dopo quell'orario.
La curiosità non è solo femmina e sono andato a registrarmi, a girovagare tra le storie e nella timeline... può sembrare poco romantico che temi come il banking on line si colorino di nostalgiche sensazioni ma è così, è un pezzo importante della mia vita. Un pezzo molto piacevole sopratutto.
Mi sa che scriverò qualcosa... :)
Wednesday, February 17, 2010
Inchiesta Banking 2.0 2010. In Italia si rivede Webank, new look ma anche qualche novità
Nei post precedenti siamo andati in giro a curiosare nei siti di banking-like anglosassoni, rammaricandoci del fatto che questi concetti siano quasi completamente ignorati in Italia.
Oggi mi tocca fare un piccolo dietro front, le mie incursioni notturne nei siti di home banking (si lo so… detta cosi sembra una vera perversione!) mi hanno fatto scoprire che la mia affermazione non era completamente esatta. In particolare stavo riguardando il sito di Webank, in quanto banca che recentemente è intenzionata a rimettersi in moto, dopo qualche anno di gestione ordinaria.
Ma partiamo dall’inizio. Un po’ di storia.
Nei mesi scorsi il gruppo BPM ha acquisito IntesaTrade, l’emanazione del gruppo IntesaSanpaolo per il trading on line e denominata ora WeTrade. IntesaTrade e Webank erano nate più o meno nello stesso periodo con l’obiettivo di cavalcare il fenomeno trading on line, poi, con lo scoppio della bolla, Webank si è posizionata più sul banking on line per il Gruppo mentre IntesaTrade ha continuato a focalizzarsi esclusivamente sul TOL.
Negli scorsi anni (2008) Webank è diventata realtà autonoma da BPM, che ha creato per i propri clienti BPMbanking, una versione del banking on line destinata a rimanere più tradizionale. Con la recente acquisizione BPM conferma la propria volontà di diventare banca nazionale sfruttando il canale on line, come dichiarato nel recente piano industriale, e di riprendere con vigore la competition in un segmento dove la Fusione Xelion-Fineco ha consolidato la leadership di Fineco. A Webank erano sfuggiti i Trader più incalliti ed ecco che l’acquisizione completa l’offerta di Webank.
Parallelamente era stata avviata una operazione di “ringiovanimento” focalizzata ovviamente molto sul fenomeno del social networking e Webank (già We@bank) diventa Webank.it, con un logo molto più essenziale; l’odierna Home Page si presenta sobria e sulla destra offre i primi segnali “Social”, tre tasti laterali permettono:

Poco sotto la sezione "social media", dedicata all’informazione su temi legati al banking ed al risparmio
Questa contiene la sezione podcast (Radio Webank) con le lezioni di trading, la sezione immagini dove si può trovare la copertina del libro dell’AD Cardamone con tanto di prefazione di Carlo Massarini, gli immancabili video, la community TalkWebank ed il blog InSoldoni
Forse stona un po’, in questa operazione, il richiamo alla “storia”, quel “on line dal 1999” presente sotto il logo e nel Title, ha un po’ il sapore demodè della “Premiata Ditta” di un tempo, poco in linea le aspirazioni al social networking, del quale uno dei campioni, Facebook, è nato solo nel 2005.
Segnali di Banking.
La mia prima ricognizione si era fermata li e mi era sfuggita la parte credo più sostanziale. Senza voler togliere nulla all’utilizzo di link al social networking, ho sempre pensato che questi, lasciati fini a se stessi, mancassero l’obiettivo che intendevano raggiungere (quanti utenti realmente attivi hanno le varie community bancarie?), o meglio, utili a dare una immagine diversa, poco utili a creare una reale esperienza di social networking di successo nel banking.
Diverso è invece se il nuovo approccio viene utilizzato per offrire un servizio di social banking, come ho personalmente individuato nei vari Mint, Wesabe e Smartypig (oltre ai vari siti di social lending).
Ma ieri con un po’ di attenzione in più scopro che Webank è andata un po’ in quella direzione… legato al lancio del Conto di Deposito Webank offre una mini gestione personale del risparmio, con grafici ed obiettivi, come si evidenzia negli screenshot riportati di seguito. Un inizio? Speriamo!

Oggi mi tocca fare un piccolo dietro front, le mie incursioni notturne nei siti di home banking (si lo so… detta cosi sembra una vera perversione!) mi hanno fatto scoprire che la mia affermazione non era completamente esatta. In particolare stavo riguardando il sito di Webank, in quanto banca che recentemente è intenzionata a rimettersi in moto, dopo qualche anno di gestione ordinaria.
Ma partiamo dall’inizio. Un po’ di storia.
Nei mesi scorsi il gruppo BPM ha acquisito IntesaTrade, l’emanazione del gruppo IntesaSanpaolo per il trading on line e denominata ora WeTrade. IntesaTrade e Webank erano nate più o meno nello stesso periodo con l’obiettivo di cavalcare il fenomeno trading on line, poi, con lo scoppio della bolla, Webank si è posizionata più sul banking on line per il Gruppo mentre IntesaTrade ha continuato a focalizzarsi esclusivamente sul TOL.
Negli scorsi anni (2008) Webank è diventata realtà autonoma da BPM, che ha creato per i propri clienti BPMbanking, una versione del banking on line destinata a rimanere più tradizionale. Con la recente acquisizione BPM conferma la propria volontà di diventare banca nazionale sfruttando il canale on line, come dichiarato nel recente piano industriale, e di riprendere con vigore la competition in un segmento dove la Fusione Xelion-Fineco ha consolidato la leadership di Fineco. A Webank erano sfuggiti i Trader più incalliti ed ecco che l’acquisizione completa l’offerta di Webank.

- di accedere alle pagine Webank sui vari Social Network,
- segnalare la pagina,
- inviare un suggerimento (“la banca che vorrei”)


Questa contiene la sezione podcast (Radio Webank) con le lezioni di trading, la sezione immagini dove si può trovare la copertina del libro dell’AD Cardamone con tanto di prefazione di Carlo Massarini, gli immancabili video, la community TalkWebank ed il blog InSoldoni
Forse stona un po’, in questa operazione, il richiamo alla “storia”, quel “on line dal 1999” presente sotto il logo e nel Title, ha un po’ il sapore demodè della “Premiata Ditta” di un tempo, poco in linea le aspirazioni al social networking, del quale uno dei campioni, Facebook, è nato solo nel 2005.
Segnali di Banking.
La mia prima ricognizione si era fermata li e mi era sfuggita la parte credo più sostanziale. Senza voler togliere nulla all’utilizzo di link al social networking, ho sempre pensato che questi, lasciati fini a se stessi, mancassero l’obiettivo che intendevano raggiungere (quanti utenti realmente attivi hanno le varie community bancarie?), o meglio, utili a dare una immagine diversa, poco utili a creare una reale esperienza di social networking di successo nel banking.
Diverso è invece se il nuovo approccio viene utilizzato per offrire un servizio di social banking, come ho personalmente individuato nei vari Mint, Wesabe e Smartypig (oltre ai vari siti di social lending).
Ma ieri con un po’ di attenzione in più scopro che Webank è andata un po’ in quella direzione… legato al lancio del Conto di Deposito Webank offre una mini gestione personale del risparmio, con grafici ed obiettivi, come si evidenzia negli screenshot riportati di seguito. Un inizio? Speriamo!


Friday, February 12, 2010
Inchiesta Banking 2.0 2010. Smartypig!! anche il salvadanio a forma di porcellino arriva in formato web 2.0
Smartypig it’s like no other Piggy bank… questa è la frase con cui questo sito australiano cerca di affermare la propria identità differenziandosi dal resto.
Ma cos’è Smartypig? Ci siamo occupati nei precedenti post di Personal Finance, una tipologia di applicazione legata al mondo bancario, diffusa nei paesi anglosassoni ma inesistente in Italia. Il nome si rifà al Piggy Bank, il classico salvadanaio a forma di porcellino e serve ad evidenziare qual è la finalità di questo sito, aiutare a definire degli obiettivi di risparmio e perseguirli, contaminando la classica gestione finanziaria personale con concetti legati al networking e potenziandola con le nuove funzionalità offerte dalla tecnologia che, semplificando, definiamo 2.0.
Da dove si parte?
Dal concetto ovviamente più interessante “It’s FREE”, …a differenza di alcuni competitor, questo, come Wesabe, è gratuito.
Poi ?
“It’s SOCIAL”… come evidenzia la home la gestione finanziaria esce dalla ristretta visione di un servizio estremamente riservato e si apre alla collaborazione ed alla condivisione, si può decidere infatti di rendere parzialmente pubblica una serie di obiettivi, scegliendo tra amici e parenti quelli che, attraverso il sistema di collaboration, possono aiutarci a raggiungere gli obiettivi stessi.
Da rete di utenti a reti di applicazioni.
Sotto l’aspetto “social“ viene poi cavalcato un’altro dei trend, ovvero il mash up informativo realizzato attraverso l’integrazione di informazioni (feed RSS o pubblicazione sui social network) o di applicazioni (i widget). È forse questo uno dei passaggi più significativi del cambiamento al web 2.0. Un website non è più una entità unica gestita completamente dal suo ideatore e promotore, ma si arricchisce di funzionalità messe a disposizione da terzi. In questo campo è stato Facebook a fare da first mover e questa è stata l’arma vincente per scalzare MySpace dal trono dei social network.
Le famose applicazioni, i test, i baci e tutta la pletora di attività, realizzate su Facebook da terze parti, ha conferito al network quella dinamicità che le è propria, il “ritmo” di cui parla la teoria delle Comunità di Pratica, da cui sono stati tratti molti concetti alla base degli attuali SN.
Se all’inizio il WEB era una rete di nodi corrispondenti ad entità (istituzioni, Aziende etc.) si è passati alla rete di individui ed ora alla rete di applicazioni ed individui. La rete delle reti è il web stesso (globale) e supera in estensione e concetti la community privata il social network chiuso, per cui solo una strategia di apertura, integrazione, e disponibilità di servizi (anche elementari) ed applicazioni rende un sito interessante per gli Internauti.
Sotto questo profilo il campione di integrazione ed integrabilità è iGoogle dove ogni contenuto può essere visualizzato, tant'è che alcuni giganti del mondo bancario americano hanno recepito questo trend e realizzato widget proprio per iGoogle, come USAA, oppure in altri casi per Facebook o iPhone.
I vantaggi per gli utenti
Un altro concetto fatto proprio dal management di Smartypig è in qualche modo riconducibile a quello dei “gruppi d’acquisto”, o più in generale le convenzioni offerte per esempio dai CRAL o dalle carte di credito. Vengono definiti infatti accordi per ottenere per gli utenti sconti da parte di importanti aziende di viaggi o retailers, quale la famosissima Macy’s, grande catena americana della distribuzione oppure per negoziare favorevoli tassi sui prestiti.

Nel prossimo post cercherò di dare un’occhiata in dettaglio a come si traduce in funzionalità questa sequenza di buone intenzioni, ma per ora vi lascio riportando il testo della pagina Inspiration, che vuole dare corpo all’approccio con cui affrontare questa attività:
"There’s nothing more optimistic than creating a goal, working toward that goal and finally reaching that goal! People often tell us we’ve helped them get out of the habit of using plastic they can no longer afford, basically helping them rethink their relationship with their money. They are inspired to simply change their ways, get off on the right foot, or to dream big about the things they want to do and the places they want to go. We asked our customers to share why they use SmartyPig. What they sent us tells our story better than we ever could".
Godetevi uno dei videocontest presenti nella pagina!!

Da dove si parte?
Dal concetto ovviamente più interessante “It’s FREE”, …a differenza di alcuni competitor, questo, come Wesabe, è gratuito.
Poi ?
“It’s SOCIAL”… come evidenzia la home la gestione finanziaria esce dalla ristretta visione di un servizio estremamente riservato e si apre alla collaborazione ed alla condivisione, si può decidere infatti di rendere parzialmente pubblica una serie di obiettivi, scegliendo tra amici e parenti quelli che, attraverso il sistema di collaboration, possono aiutarci a raggiungere gli obiettivi stessi.
Da rete di utenti a reti di applicazioni.
Sotto l’aspetto “social“ viene poi cavalcato un’altro dei trend, ovvero il mash up informativo realizzato attraverso l’integrazione di informazioni (feed RSS o pubblicazione sui social network) o di applicazioni (i widget). È forse questo uno dei passaggi più significativi del cambiamento al web 2.0. Un website non è più una entità unica gestita completamente dal suo ideatore e promotore, ma si arricchisce di funzionalità messe a disposizione da terzi. In questo campo è stato Facebook a fare da first mover e questa è stata l’arma vincente per scalzare MySpace dal trono dei social network.
Le famose applicazioni, i test, i baci e tutta la pletora di attività, realizzate su Facebook da terze parti, ha conferito al network quella dinamicità che le è propria, il “ritmo” di cui parla la teoria delle Comunità di Pratica, da cui sono stati tratti molti concetti alla base degli attuali SN.
Se all’inizio il WEB era una rete di nodi corrispondenti ad entità (istituzioni, Aziende etc.) si è passati alla rete di individui ed ora alla rete di applicazioni ed individui. La rete delle reti è il web stesso (globale) e supera in estensione e concetti la community privata il social network chiuso, per cui solo una strategia di apertura, integrazione, e disponibilità di servizi (anche elementari) ed applicazioni rende un sito interessante per gli Internauti.
Sotto questo profilo il campione di integrazione ed integrabilità è iGoogle dove ogni contenuto può essere visualizzato, tant'è che alcuni giganti del mondo bancario americano hanno recepito questo trend e realizzato widget proprio per iGoogle, come USAA, oppure in altri casi per Facebook o iPhone.
I vantaggi per gli utenti
Un altro concetto fatto proprio dal management di Smartypig è in qualche modo riconducibile a quello dei “gruppi d’acquisto”, o più in generale le convenzioni offerte per esempio dai CRAL o dalle carte di credito. Vengono definiti infatti accordi per ottenere per gli utenti sconti da parte di importanti aziende di viaggi o retailers, quale la famosissima Macy’s, grande catena americana della distribuzione oppure per negoziare favorevoli tassi sui prestiti.

Nel prossimo post cercherò di dare un’occhiata in dettaglio a come si traduce in funzionalità questa sequenza di buone intenzioni, ma per ora vi lascio riportando il testo della pagina Inspiration, che vuole dare corpo all’approccio con cui affrontare questa attività:
"There’s nothing more optimistic than creating a goal, working toward that goal and finally reaching that goal! People often tell us we’ve helped them get out of the habit of using plastic they can no longer afford, basically helping them rethink their relationship with their money. They are inspired to simply change their ways, get off on the right foot, or to dream big about the things they want to do and the places they want to go. We asked our customers to share why they use SmartyPig. What they sent us tells our story better than we ever could".
Godetevi uno dei videocontest presenti nella pagina!!
Saturday, January 23, 2010
Inchiesta Banking 2.0 2010. Le novità arrivano dall'esterno del mondo bancario, i siti di Personal Finance Management: Wesabe
Seconda puntata dell’inchiesta web 2.0 nella banche versione 2010…
...dopo lo scetticismo della prima occorre dare un po’ di sale a questa osservazione, ma per farlo dobbiamo ricorrere a situazioni esterne al circuito bancario tradizionale.
Abbiamo introdotto come il Personal Financing sia una pratica estremamente diffusa negli Stati Uniti, tant’è che tutte le grandi banche ne offrono una propria versione ai propri clienti, da Bank of New York, al gigante Wachovia/Well Fargo a Fidelity e USAA a Save your Money di ING. Ognuna con le proprie peculiarità e aggiungendo qua e la funzionalità innovative quale USAA che consente l'accredito di un assegno attraverso la semplice upload dell'immagine.
Questa propensione degli utenti americani ha fatto si che nascessero anche prodotti di mercato indipendenti come Quicken ed i prodotti di Intuit, ma l’evoluzione web ha fatto si aprisse ovviamente la via dei servizi on line, gratuiti.
Mint e Wesabe... come Avatar...
I più celebri sono Mint e Wesabe che però hanno seguito strade diverse, la prima dopo un grande successo è stata acquisita proprio da Intuit che, dopo aver tentato in proprio (come Microsoft) di costruire una propria versione, ha ripiegato sul fagocitare il suo concorrente, regalando con 170 milioni di dollari una serena vecchiaia al suo fondatore, Aaron Patzer.
Dopo aver girato sull' i-banking di tante banche visitare Wesabe ha lo stesso effetto di vedere Avatar con gli occhialini in tridimensionale dopo aver visto Via col Vento. L'uso della tecnologia e delle funzionalità possibili allo stato dell'arte, ma senza la debolezza di una trama vista e rivista come quella del film di Cameron!
Wesabe resiste ed è il sito di maggior fama tra i socialnetworkisti e se anche il suo boss Hedlund non si sbottona sui numeri una sua frase può essere esplicativa "we are well within hundreds of thousands of users now, and we've been growing at an average rate of about 20 to 35 percent every month”.
Wesabe, approccio Open e Social
La natura Open di Wesabe la si apprezza da subito, mentre Mint ti ferma sullo scoglio dell’indicazione di almeno un account bancario (cosa non possibile per noi italiani in quanto Mint gestisce solo banche USA ed anche il mio tentativo con American Expres si è incagliato su un problema di credenziali), Wesabe ti permette di registrarti liberamente.
La Home è costruita per ridurre la diffidenze di chi vi si imbatte, aspetto friendly, immagini spensierate, informazioni su cos’è Wesabe e recensioni. Anche la registrazione è essenziale, pochi dati e nessuno ostacolo per poter partire immediatamente, solo successivamente una procedura guidata ti aiuta a familiarizzarti con il servizio e, al tempo stesso, a registrare le informazioni personali.
Dashboard per il risk management familiare
Il sito permette di registrare diversi account bancari in maniera tale da avere su una unica dashboard tutta la propria situazione finanziaria.
L’infrastruttura del network bancario americano rende fortunatamente possibile questa aggregazione di dati grazie a diversi standard, quali OFX, e Wesabe mette a disposizione diversi metodi di caricamento delle informazioni, a secondo del grado di confidenza nei livelli di sicurezza del servizio:
Funzionalità moderne al passo con la nostra attitudine all'uso del web
Ma è il resto che fa la differenza, posso taggare spese ed incassi per ricondurli a categorie predefinite e quindi osservarne l’andamento, posso definire degli obiettivi di spesa e contestualizzarli rispetto ai tag definiti, per capire il livello di risparmio ottenuto rispetto ad obiettivi prefissati.
Una dashboard piena di grafici e progress bar mi aiuta a valutare la mia propensione alla spesa, la mia situazione finanziaria complessiva, mentre sono in arrivo anche l’integrazione con gli impegni a venire, per fare misurazioni e valutazioni sul futuro.

Ajax per l'interazione ed il Real Time

Il tutto è corredato da un uso intensivo di Ajax per l’auto-completamento dei campi di ricerca (come la funzione per individuare il merchant con cui ho sostenuto la spesa), l’aggiornamento in real time di grafici e tabelle di riepilogo, la presenza di tips e tabelle informative di dettaglio, visibili al passaggio del mouse su grafici e torte.
Tecnologicamente poi le funzionalità sono completate dai widget disponibili per Iphone.
Social Banking and Networking
Da un punto di vista “social” invece Wesabe prevede buona parte del campionario disponibile, blog, gruppi di discussione e l’immancabile Twitter, ma la sua vera particolarità è di creare statistiche dai dati degli utenti anonimizzati, per confrontare le proprie abitudini di spesa con gli altri utenti del network .
...dopo lo scetticismo della prima occorre dare un po’ di sale a questa osservazione, ma per farlo dobbiamo ricorrere a situazioni esterne al circuito bancario tradizionale.
Abbiamo introdotto come il Personal Financing sia una pratica estremamente diffusa negli Stati Uniti, tant’è che tutte le grandi banche ne offrono una propria versione ai propri clienti, da Bank of New York, al gigante Wachovia/Well Fargo a Fidelity e USAA a Save your Money di ING. Ognuna con le proprie peculiarità e aggiungendo qua e la funzionalità innovative quale USAA che consente l'accredito di un assegno attraverso la semplice upload dell'immagine.
Questa propensione degli utenti americani ha fatto si che nascessero anche prodotti di mercato indipendenti come Quicken ed i prodotti di Intuit, ma l’evoluzione web ha fatto si aprisse ovviamente la via dei servizi on line, gratuiti.
Mint e Wesabe... come Avatar...
I più celebri sono Mint e Wesabe che però hanno seguito strade diverse, la prima dopo un grande successo è stata acquisita proprio da Intuit che, dopo aver tentato in proprio (come Microsoft) di costruire una propria versione, ha ripiegato sul fagocitare il suo concorrente, regalando con 170 milioni di dollari una serena vecchiaia al suo fondatore, Aaron Patzer.
Wesabe resiste ed è il sito di maggior fama tra i socialnetworkisti e se anche il suo boss Hedlund non si sbottona sui numeri una sua frase può essere esplicativa "we are well within hundreds of thousands of users now, and we've been growing at an average rate of about 20 to 35 percent every month”.
Wesabe, approccio Open e Social
La natura Open di Wesabe la si apprezza da subito, mentre Mint ti ferma sullo scoglio dell’indicazione di almeno un account bancario (cosa non possibile per noi italiani in quanto Mint gestisce solo banche USA ed anche il mio tentativo con American Expres si è incagliato su un problema di credenziali), Wesabe ti permette di registrarti liberamente.

Dashboard per il risk management familiare
Il sito permette di registrare diversi account bancari in maniera tale da avere su una unica dashboard tutta la propria situazione finanziaria.
L’infrastruttura del network bancario americano rende fortunatamente possibile questa aggregazione di dati grazie a diversi standard, quali OFX, e Wesabe mette a disposizione diversi metodi di caricamento delle informazioni, a secondo del grado di confidenza nei livelli di sicurezza del servizio:
- caricamento manuale di file,
- attraverso applicativi desktop o plug in di Firefox
- oppure al massimo livello delegando completamente Wesabe alla sincronizzazione.
Funzionalità moderne al passo con la nostra attitudine all'uso del web
Ma è il resto che fa la differenza, posso taggare spese ed incassi per ricondurli a categorie predefinite e quindi osservarne l’andamento, posso definire degli obiettivi di spesa e contestualizzarli rispetto ai tag definiti, per capire il livello di risparmio ottenuto rispetto ad obiettivi prefissati.
Una dashboard piena di grafici e progress bar mi aiuta a valutare la mia propensione alla spesa, la mia situazione finanziaria complessiva, mentre sono in arrivo anche l’integrazione con gli impegni a venire, per fare misurazioni e valutazioni sul futuro.

Ajax per l'interazione ed il Real Time

Il tutto è corredato da un uso intensivo di Ajax per l’auto-completamento dei campi di ricerca (come la funzione per individuare il merchant con cui ho sostenuto la spesa), l’aggiornamento in real time di grafici e tabelle di riepilogo, la presenza di tips e tabelle informative di dettaglio, visibili al passaggio del mouse su grafici e torte.
Tecnologicamente poi le funzionalità sono completate dai widget disponibili per Iphone.
Social Banking and Networking
Da un punto di vista “social” invece Wesabe prevede buona parte del campionario disponibile, blog, gruppi di discussione e l’immancabile Twitter, ma la sua vera particolarità è di creare statistiche dai dati degli utenti anonimizzati, per confrontare le proprie abitudini di spesa con gli altri utenti del network .
Thursday, January 21, 2010
Inchiesta Banking 2.0, due anni dopo. 2010 Cosa è successo… o sarebbe meglio dire.. cosa non è successo??
Due anni fa, proprio all’inizio di Gennaio, avevo cominciato a scrivere una serie di post sul Banking 2.0, ovvero su cosa avrebbe potuto significare, per il banking on line, l’adozione di concetti web 2.0, sia per quanto riguardava le enormi potenzialità che vengono offerte da tecnologie quali Flash o Ajax, sia per quanto riguarda i nuovi modelli di comportamento indotti dalla diffusione del social networking.
Due anni che valgono quanto decenni
Parlo di soli due anni fa eppure sembra che sia già passato qualche decennio… il social networking passava da trend a fenomeno di massa, Facebook aggrediva il monopolio di MySpace e … …e non era ancora esplosa in tutta la sua virulenza la Grande Crisi.
Le artefici e le vittime di questa crisi sono state le grandi banche americane e, con effetto dominio, tutto il sistema bancario e finanziario mondiale: Lehman Brothers era (prima di fallire) una delle 5 temutissime banche d’investimento (tutte ridimensionate) Maddoff era un guru della finanza prima di essere denunziato da figli e dipendenti e (tutte) le più celebri corporation di analisti, esperti di “prediction” vedevano un massiccio utilizzo del web 2.0 anche nelle banche “many banks recognise the need to embrace Web 2.0 but only a handful of early movers are currently showing signs of next-generation offerings and it will take 18 months before real progress is made.”
Il banking 2.0 oggi.
I 18 mesi sono passati e la crisi sembra avere lasciato sul terreno le buone intenzioni di cui era alimentato quell’inizio del 2008. Il Web 2.0 è solo timidamente usato dalle banche sotto il profilo tecnico, quasi nulla sotto il profilo "social". Oggi nuove ricerche (un po’ interessate??) prevedono uno sviluppo di questi temi per il 2010… conviene utilizzare qualche rito scaramantico e sperare che vada meglio che nel 2008…
Il mio viaggio nel web 2.0 non mi ha fatto scoprire innovazioni stupefacenti nel settore o una larga diffusione di questi strumenti, solo esperienze a macchia di leopardo e le più interessanti vengono al di fuori del tradizionale circuito bancario. Forse si tratta solo di aspettare il web 3.0!!!
Difficile dire se ha avuto più impatto la crisi e la conseguente contrazione degli investimenti o il tradizionale approccio delle banche che, nella maggior parte dei casi, pur contribuendo significativamente allo sviluppo delle tecnologie, sono abituate ad introdurre le innovazioni con una certa prudenza.
I trend in America: Personal Finance Management
Tra le cose interessanti alcuni siti di Personal Finance indipendenti che hanno abbracciato la filosofia social del nuovo web. Negli Stati Uniti è forte la cultura della gestione finanziaria familiare, tant’è che gia negli anni precedenti erano diffusi strumenti desktop quali Quicken, acquisito da Intuit. L’evoluzione del web ha portato alla nascita anche di applicazioni browser based ed ora tutte le principali banche USA offrono un servizio di questo genere, più o meno evoluto.
Il tutto è favorito anche da una più diffusa attitudine alla “circolarità” delle informazioni bancarie, tant’è che è possibile avere su un unico desk la situazioni su conti su più banche diverse. Un po’ come in Italia è possibile fare al momento solo con i servizi di Corporate Interbancario.
Parallelamente si sono nati siti dedicati, indipendenti dalle banche, che hanno offerto servizi molto più smart ed innovativi. Le funzionalità offerte sono interessanti e molto utili, si è per esempio mutuato il concetto di "tagging" per connotare meglio i movimenti, consentendone l’organizzazione secondo criteri differenti, il raggruppamento delle spese in categorie permette un’analisi delle proprie propensioni di spesa ed alcuni siti forniscono spesso statistiche e report di sintesi per facilitare l’analisi personale, un vero e proprio cruscotto per il Controllo di Gestione.
La possibilità di definire obiettivi e relative percentuali di raggiungimento degli stessi sono altre abituali features di questi portali, ma la traslazione dei concetti di social networking si realizza con funzioni che sfruttano la potenza della collettività. La comparazione con dati di sintesi di gruppi omogenei di utenti ne è un esempio, serve per verificare quanto i personali trend di spesa di un individuo si differenziano dalla media di utenti simili, oppure la condivisione di strategie, di obiettivi in ambiti familiari o lo sharing di conoscenza su possibili ottimizzazioni di bilancio.
Piccoli desk che sconfinano quasi nel risk management familiare ed evidentemente sono visti come la risposta giusta ad una domanda di governo delle finanze personali, probabilmente ora più sentita di prima, proprio a causa della crisi perdurante. Nei prossimi post cercheremo di vedere insieme alcuni di questi siti quali Mint o Wesabe per valutarne l’efficacia.
segue...
Due anni che valgono quanto decenni
Parlo di soli due anni fa eppure sembra che sia già passato qualche decennio… il social networking passava da trend a fenomeno di massa, Facebook aggrediva il monopolio di MySpace e … …e non era ancora esplosa in tutta la sua virulenza la Grande Crisi.

Le artefici e le vittime di questa crisi sono state le grandi banche americane e, con effetto dominio, tutto il sistema bancario e finanziario mondiale: Lehman Brothers era (prima di fallire) una delle 5 temutissime banche d’investimento (tutte ridimensionate) Maddoff era un guru della finanza prima di essere denunziato da figli e dipendenti e (tutte) le più celebri corporation di analisti, esperti di “prediction” vedevano un massiccio utilizzo del web 2.0 anche nelle banche “many banks recognise the need to embrace Web 2.0 but only a handful of early movers are currently showing signs of next-generation offerings and it will take 18 months before real progress is made.”
Il banking 2.0 oggi.
I 18 mesi sono passati e la crisi sembra avere lasciato sul terreno le buone intenzioni di cui era alimentato quell’inizio del 2008. Il Web 2.0 è solo timidamente usato dalle banche sotto il profilo tecnico, quasi nulla sotto il profilo "social". Oggi nuove ricerche (un po’ interessate??) prevedono uno sviluppo di questi temi per il 2010… conviene utilizzare qualche rito scaramantico e sperare che vada meglio che nel 2008…
Il mio viaggio nel web 2.0 non mi ha fatto scoprire innovazioni stupefacenti nel settore o una larga diffusione di questi strumenti, solo esperienze a macchia di leopardo e le più interessanti vengono al di fuori del tradizionale circuito bancario. Forse si tratta solo di aspettare il web 3.0!!!
Difficile dire se ha avuto più impatto la crisi e la conseguente contrazione degli investimenti o il tradizionale approccio delle banche che, nella maggior parte dei casi, pur contribuendo significativamente allo sviluppo delle tecnologie, sono abituate ad introdurre le innovazioni con una certa prudenza.
I trend in America: Personal Finance Management
Tra le cose interessanti alcuni siti di Personal Finance indipendenti che hanno abbracciato la filosofia social del nuovo web. Negli Stati Uniti è forte la cultura della gestione finanziaria familiare, tant’è che gia negli anni precedenti erano diffusi strumenti desktop quali Quicken, acquisito da Intuit. L’evoluzione del web ha portato alla nascita anche di applicazioni browser based ed ora tutte le principali banche USA offrono un servizio di questo genere, più o meno evoluto.
Il tutto è favorito anche da una più diffusa attitudine alla “circolarità” delle informazioni bancarie, tant’è che è possibile avere su un unico desk la situazioni su conti su più banche diverse. Un po’ come in Italia è possibile fare al momento solo con i servizi di Corporate Interbancario.
Parallelamente si sono nati siti dedicati, indipendenti dalle banche, che hanno offerto servizi molto più smart ed innovativi. Le funzionalità offerte sono interessanti e molto utili, si è per esempio mutuato il concetto di "tagging" per connotare meglio i movimenti, consentendone l’organizzazione secondo criteri differenti, il raggruppamento delle spese in categorie permette un’analisi delle proprie propensioni di spesa ed alcuni siti forniscono spesso statistiche e report di sintesi per facilitare l’analisi personale, un vero e proprio cruscotto per il Controllo di Gestione.
La possibilità di definire obiettivi e relative percentuali di raggiungimento degli stessi sono altre abituali features di questi portali, ma la traslazione dei concetti di social networking si realizza con funzioni che sfruttano la potenza della collettività. La comparazione con dati di sintesi di gruppi omogenei di utenti ne è un esempio, serve per verificare quanto i personali trend di spesa di un individuo si differenziano dalla media di utenti simili, oppure la condivisione di strategie, di obiettivi in ambiti familiari o lo sharing di conoscenza su possibili ottimizzazioni di bilancio.
Piccoli desk che sconfinano quasi nel risk management familiare ed evidentemente sono visti come la risposta giusta ad una domanda di governo delle finanze personali, probabilmente ora più sentita di prima, proprio a causa della crisi perdurante. Nei prossimi post cercheremo di vedere insieme alcuni di questi siti quali Mint o Wesabe per valutarne l’efficacia.
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Tuesday, November 17, 2009
Guerre Stellari 4: Il ritorno di Capitan Murdoch e lo sbarco dei Natives... la battaglia dell'informazione si sposta sempre più sul web

I piani si intrecciano e smettono di essere paralleli, io stesso avevo cominciato questa metafora delle guerre stellari per scherzo ma più passa il tempo e più la metafora sembra rappresentare la realtà con precisione.
Mondi distanti anni luce si sono improvvisamente avvicinati e collassano in un unico spazio, ragion per cui tutti combattono contro tutti, dove una volta c’era chi faceva tecnologia, chi faceva informazione e chi intrattenimento, ora c’è una guerra globale in cui le armi sono di ogni diverso tipo, tutti combattono per il predominio e lo scettro è rappresentato, per ora, dagli investimenti pubblicitari.
Ed ecco il ritorno di capitan Murdoch
Questo signore dell’informazione aveva fiutato con lungimirante preveggenza il futuro prossimo dell’informazione e aveva messo il suo uncino su una delle prede più interessanti del primo web 2.0, ovvero MySpace, il Social Network dei creativi, arrivando alla santa alleanza con quello che oggi diventa il suo peggior nemico: il mostro divora introiti GOOGLE!
Per un periodo breve, ma lunghissimo in queste brevissime ere geologiche del web del 2000, aveva dedicato tempo ed energia ad alcuni conflitti locali come quello in Italia, contro un nemico non da poco, l’altro editore miliardario Berlusconi, ex-alleato anche lui ed ora nemico acerrimo, grazie al digitale terrestre ed alle truppe con cui aveva invaso la galassia politica ed il parlamento.
La Battaglia Italiana Austerlitz o…. Waterloo per Napoleone?
In Italia le truppe televisive combattono una guerra di retroguardia,tutta puntata su tecnologie televisive (imposte) e tagliando i ponti al nemico internet , si sottraggono i fondi che l’aiuterebbero a raggiungere livelli comparabili a quelli degli altri paesi. Eppure occorrerebbe rendersi conto che il futuro non può essere fermato , quando comincerà il fisiologico declino le truppe accampate lasceranno mestamente i palazzi da loro oggi occupati, lasciandoci purtroppo a noi solo il ritardo che stiamo accumulando nel frattempo.
Eppure basterebbe guardare i numeri per capire quale sia la realtà. In questo post alcuni dati del rapporto Eurispes oggi uscito sugli adolescenti, tra i quali si legge “Quasi nove adolescenti su dieci usano internet e il pc viene impiegato con un ampio range di attività: per scrivere testi (98%), cercare informazioni su Internet (97,5%), giocare (97,2%) e stampare (96,9%). Estremamente diffuse risultano l'abitudine di guardare filmati su You Tube (85,8%) e quella di cercare materiale per lo studio (83,2%), seguite da quella di comunicare via chat (79,9%) e di scaricare musica/film/giochi/video (76,1%). La maggioranza degli adolescenti comunica tramite posta elettronica (58,3%). Il 46,8 legge un Blog, il 45,5% gioca con videogiochi on line.”. Dati analoghi riguardano i più piccoli.
Eccoli, pian piano arrivano quelli che un paio d’anni fa Gartner definiva i “Natives”, quelli che cambieranno gli scenari dell’informazione e dei media.
Piuttosto che costruirgli un ponte di cemento costruiamogli un ponte di tecnologia, che li metta allo stesso piano dei loro coetanei occidentali (o cinesi….), prima che si trovino come le truppe italiane nella campagna di Russia, con le scarpe di cartone nel ghiaccio e la tormenta.
Ma torniamo a capitan Murdoch, che nonostante i suoi 78 anni ritorna alla guerra globale, quella sui nuovi media che stanno soppiantando la televisione. . Lui alla guerra ci va aprendo tutti i fronti a cominciare dalla battaglia con il nemico che nessun editore vorrebbe sfidare: “il Motore di Ricerca”!
La battaglia dell'informazione si confonde con quella della tecnologia
Il capitan M. toglie la polvere dalla sua astronave, scalda i motori e mentre solleva la cloche in direzione new media e fa brillare i suoi laser.
Google risponde piccato ma, conoscendo il cocciuto signorotto australiano, c’è da giurare che non sia finita qui. I suoi biografi ne parlano come un uomo caparbio, sempre impegnato (e quindi da questo motivato) nel dimostrare ai signori del business americano ed inglese di non essere da meno, di destra quanto basta, ma non spinto da motivazioni eccessivamente ideologiche,. Più da una comunione d’amorosi sensi in funzione del suo principale obiettivo: fare soldi.
Infatti la sua visione politica non gli ha impedito i cavalcare il fenomeno Blair (ma quelli di sinistra non sono troppo convinti … per come la pensava Blair, non pensano che per Murdoch sia stato tanto difficile) o di far la guerra oggi all’uomo forte della destra italiana, Silvio I da Arcore.
Era mia intenzione continuare un po’ la sintesi delle forze sul campo, descrivendo le iniziative anche degli altri attori, ma mi giro indietro e riguardando il mio post devo osservare che la sintesi non è nel mio DNA, evidentemente, e quindi rimanderò questo assessment sulle nuove battaglie del futuro ad un prossimo post su “LA GUERRA STELLARE GLOBALE”!
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Thursday, October 22, 2009
Guerre Stellari Episodio 3: I guadagni del cavaliere bianco....
Ieri una nuova notizia è rimbalzata in tutto il mondo: Apple, nel quarto trimestre dell’anno registra un +67% dei profitti, ben oltre le previsioni. 904 milioni di dollari grazie a Mac ed Iphone, mentre sembra non essere altrettanto brillante il risultato sugli Ipod. D’altra parte è stata proprio la strategia di Apple a puntare su queste due linee, con l’uscita di Snow Leopard a 64 bit ed il battage continuo su Iphone.
Non credo che questa notizia abbia il rango di un nuovo episodio, perché in realtà si tratta soprattutto dell’effetto delle strategie studiate in precedenza, ma se è vero che le strategie sono importanti, sono poi i risultati a sancire gli esiti delle grandi manovre di queste astronavi della tecnologia.
Investire in qualità paga ancor di più in tempi di crisi
Una riflessione però ha valenza indipendentemente dal comparto, la crisi che si è abbattuta su tutto il mondo sembra aver avuto conseguenze per tutti tranne che per Apple e pochi altri, segno che la strategia della qualità paga anche (o forse di più!) in momenti di vacche magre.
Concetto questo che viene amplificato dal fatto che la qualità Steve Jobs se la fa pagare e se la fa pagare anche bene… evidentemente anche (o soprattutto?) quando i soldi diminuiscono le persone preferiscono concentrare gli investimenti su prodotti di sicura affidabilità.
Un concetto vecchissimo che però non sembra essere sufficientemente chiaro agli imprenditori nostrani e non parliamo solo di tecnologia IT, nel cui campo siamo terreno coloniale di conquista e dove la scomparsa dell’Olivetti nelle ere geologiche precedenti ha definitivamente escluso l’Italia dalla competition mondiale, ma anche in tanti altri settori la concorrenza dei prodotti dall’oriente ha solo prodotto richieste di singolari “barriere doganali” protettive.
Il cavaliere bianco e quello nero
Ma torniamo alle guerre stellari.
Dunque Apple infligge un colpo anche psicologico agli avversari, colpo pesante in una guerra che dura da decenni anche grazie al dualismo mediatico dei due uomini simbolo, Bill Gates e Steve Jobs, con il primo che sembra effettivamente uscito dai giochi ed il secondo, tenuto fuori da una malattia, che rientra quasi come un eroe buono.
D’altronde i due hanno da sempre per il pubblico l’immagine del cavaliere bianco e di quello nero, Bill monopolista che ha sempre cercato di fare pesare la forza commerciale di questa posizione, dagli escamotage per far fuori i prodotti della concorrenza (la famosa lotta dei browser) al fiero ostracismo iniziale nei confronti di Internet, a ragion veduta immaginato come un fattore in grado di erodere le posizioni raggiunte. Quella posizione fu rapidamente rivista ma a mio avviso è stato il segnale che Microsoft ha difficoltà a studiare una efficace strategia che sfrutti le opportunità offerte dal web. Ora che internet è centrale nell’evoluzione del mercato Microsoft sembra in difficoltà rispetto ai competitors e prigioniera di un business model non particolarmente aggiornato.
Non voglio prender parte alla disputa sui colori dei cavalieri, anche perchè non è facile trovarne uno senza macchia di questi tempi, vedi le accuse mosse ad Apple a riguardo delle applicazioni certificate per Iphone alla voce VOIP!
Windows vs Mac
Aggiungo solo che questo dualismo è stato spesso alimentato dalla percezione da parte degli utenti di un sistema operativo, Windows, farraginoso e pesante, contro quello del Mac efficace ed anche meno sensibile agli effetti dei virus!!!
Questo non è sempre vero e qualche buco del leopardo bianco lo testimonia ma rimane oggettiva la differenza tra i due prodotti.
Bing ancora non ha dato un contributo determinante e Microsoft dunque aspetta di vedere cosa riuscirà ad ottenere dal Windows 7 con il quale spera di superare la non entusiasmante esperienza di Vista, ma non è certo ciò un segnale di efficace diversificazione. Totalmente all’opposto Google che tra Android, ora anche su netbook, e le esperienze di Google Wave e Google Voice sperimenta vie alternative soprattutto nel campo dei canali di comunicazione unificati.
E la guerra continua....
Ma Bing, Android e Google meritano un’altra puntata e questa, direbbe Lucarelli, è tutta un'altra storia.
continua..
Tuesday, July 21, 2009
Finalmente Banca d’Italia usa il pugno duro!!! Non con una banca… cancellata Zopa e parte del social lending italiano. Auspichiamo una soluzione
Ho parlato spesso di social lending ed in particolare di Zopa, non perché li conosca personalmente e faccia il tifo, ma perché mi piace il concetto su cui si basa la loro attività, questa volta però non si tratta di buone notizie infatti Banca D’Italia ha chiesto (ed ottenuto) la cancellazione dall’albo degli intermediari finanziari.
Tecnicamente la revoca è opera del Ministero delle Finanze e l’accusa sarebbe di “aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito” (dal comunicato di Zopa).
Bankitalia e Zopa, due versioni contrastanti.
Banca d’Italia ha successivamente precisato che “la società acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l'obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società; in tal modo si realizza una abusiva attività di raccolta del risparmio, con rischio per i terzi i cui fondi non vengono più scambiati immediatamente tra creditore e debitore come dovrebbe essere nello schema di social lending ma rimangono nella disponibilità della Zopa. Di fatto il creditore si trova inconsapevolmente in una posizione analoga a quella di un depositante senza le tutele previste dall'ordinamento per i risparmiatori.. …Le modifiche operative proposte da Zopa per risolvere il problema non sono risultate sufficienti a garantire la rimozione delle irregolarità, manifestando una strutturale difficoltà nell'assicurare il rispetto della disciplina in materia bancaria e finanziaria posta a tutela dei terzi e del mercato”.
Dal comunicato sembra emergere una indisponibilità di Zopa a risolvere il problema mentre Maurizio Sella, A.D. di Zopa, dichiarava nel comunicato dell’azienda che “ Siamo molto sorpresi da questa decisione che ci sembra dovuta unicamente a valutazioni di carattere tecnico-giuridico sul funzionamento della piattaforma, a fronte delle quali peraltro avevamo proposto una soluzione definitiva. Abbiamo sempre collaborato con Banca d’Italia, fin dalla fase di progettazione di un’iniziativa sicuramente non codificata. Nel gennaio 2008 abbiamo iniziato ad operare dopo avere ricevuto l’ok dell’Ufficio Italiano Cambi e da quel momento Zopa è stato un grande successo, soprattutto in un momento storico in cui il credit crunch escludeva intere fasce sociali dall’accesso al credito”.
Il social lending e la “Zona Grigia”, non solo business ma una scelta diversa.
Difficile dire quale delle due versioni corrisponda al vero ma una verità certa ed è contenuta nella frase di Maurizio Sella, la recente, stringente crisi ha ristretto ulteriormente i criteri di erogazione dei prestiti soprattutto nei confronti di quelle fasce che più ne avrebbero bisogno, quelle meno abbienti e quelle in zone del paese in cui ottenere un credito è veramente impresa ardua.
La pratica del social lending effettivamente agisce in una zona un po’ grigia, in cui le garanzie rispetto ad una banca sono minori, ma signori… ..rendiamoci conto che è proprio questa l’anima di questo servizio. Chi presta soldi non lo fa solo con il miraggio di ottenere un interesse più alto, ma lo fa spesso anche come scelta, consapevole che quel “social” comporta un rischio maggiore, un oncetto che ovviamente esula della technicality del controllo finanziario. Banca d’Italia chiederebbe la chiusura anche della Banca dei Poveri perché presta soldi senza garanzia ai poveri del mondo?
Permettetemi di sorridere… ci si preoccupa di una realtà piccola (7 milioni di euro intermediati) dopo non essere riusciti a prevedere nulla della grave recente crisi finanziaria che ha fatto scomparire nel nulla soldi di molte banche italiane (in ottima compagnia internazionale) e di molti enti locali ? Senza parlare di molti altri problemi nei confronti dei quali le azioni sono molto meno immediate, come le commissioni di massimo scoperto, immediatamente reintrodotte sotto mentite spoglie, dopo essere state vietate per legge.
“Esecuzione” o solo rigidità?
La blogosfera ha visto in questo atto una “esecuzione” su mandato delle Banche ma francamente credo che sia ingeneroso, anche perché dubito che le banche si preoccupino di un attore così marginale rispetto al loro business. La realtà è che probabilmente il social lending occupa un segmento che forse andrebbe meglio regolamentato, proprio perché la sua natura lo distingue dall’operatività tradizionale, distinzione che Bankitalia non ha saputo valutare o affrontare, utilizzando metodi tradizionali.
Sarebbe stata necessaria qualche valutazione più politica (ovvero più legata al contesto) per cercare una soluzione meno drastica. Probabilmente quello che si può rilevare che questa rigidità nelle valutazioni (che sarebbe auspicabile più in generale) è che è più facilmente applicabile se si ha davanti una realtà relativamente piccola come Zopa, piuttosto che una grande banca. La domanda è se Zopa fosse stata collegata ad uno dei maggiori gruppi bancari italiani come sarebbe andata a finire?
Ora cercare una soluzione con la buona volontà di tutti.
L’augurio è che ognuno delle parte coinvolte, sia Zopa che i suoi controllori, metta da parte pregiudizi, si siede ad un tavolo comune e tenti di guardare il problema dalla corretta angolazione, cercando di restituire agli italiani un servizio di cui gli italiani hanno dimostrato di avere bisogno.
A tal proposito sempre dal comunicato di Zopa cito “Zopa è nata nel Marzo del 2005 nel Regno Unito dove opera con un modello simile a quello di Zopa.it e dove conta 300mila iscritti e in cui più di 40mila persone sono arrivati a scambiarsi prestiti per 47 milioni di sterline. In Italia …sono infatti più di 40mila gli italiani iscritti alla community e in un anno e mezzo 5mila persone si sono prestate direttamente online più di 7milioni di euro (per l’esattezza 7.156.340 €, dato aggiornato al 10/07/2009). Zopa.it si attesta così oggi al terzo posto nella classifica europea delle community di social lending, dietro ai cugini inglesi di Zopa.com (partiti nel 2005) e ai tedeschi di Smava.de (partiti nel 2007)”.
Come diceva Arbore… meditate gente meditate…
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Wednesday, July 1, 2009
La resa dei "Pirati": Pirate Bay ceduta ad una società commerciale, i pirati digitali dismettono pistola, giacca con alamari e cappello di piume!!
Si assiste in diversi paesi del mondo ad una guerra tra chi difende il diritto alla proprietà individuale (e quindi alla remunerazione per la fruizione di un opera) e chi si batte per confutare questo diritto.
Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.
Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità
Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.
Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.
La Rivoluzione Digitale
Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).
Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
La resa dei Pirati
Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.
Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.
Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?
La Open Music
Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.
Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.
La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.
Internet e (è) Democrazia
Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.
Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.
Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità
Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.
Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.
La Rivoluzione Digitale
Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).
Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
La resa dei Pirati
Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.
Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.
Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?
La Open Music
Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.
Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.
La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.
Internet e (è) Democrazia
Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.
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Friday, May 8, 2009
Riflessioni sul contributo della tecnologia nell’opera di ricostruzione dopo il devastante terremoto in Abruzzo: il volontariato digitale

L’Italia tutta si è stretta intorno alle popolazioni colpite ed io con loro, con l’ansia di chi ha vissuto un’esperienza simile in Campania, quel maledetto 23 novembre. La mia città fu assalita dalla paura per gli enormi e prolungati sobbalzi del terreno, ma subimmo danni solo le abitazioni, mentre purtroppo nei giorni seguenti, nel cosiddetto cratere in Irpinia, ho visto il dolore disegnato sui volti delle persone che a mani nude cercavano almeno di dare sepoltura ad un genitore, ad un nonno. La mia prima esperienza con il dolore e la morte, in forme così profonde ed estese.
Eppure di quei giorni rimane vivo soprattutto il ricordo del senso di fratellanza spontanea che si instaura, il ricordo delle persone corse giù in una notte dal Friuli o dalla Sicilia. Una drammatica esperienza che instillava allo stesso momento un forte senso di fiducia nel genere umano, quella fiducia che nella vita quotidiana appare spesso perdersi. Preti e “comunisti”, giovani e meno giovani, scavare fianco a fianco e dormire spesso in auto. Tra una scossa qua e là.
La ricostruzione: un piatto per ingordi
Lo scempio della ricostruzione e della cementificazione successiva sono un ricordo altrettanto doloroso, pensando soprattutto al fiume di denaro che ha arricchito pochi ed ha creato posizioni di potere.
Mi sono fermato a riflettere a lungo su quali attività può svolgere un professionista dell’IT per contribuire in questa fase e non nego un po’ di frustrazione rispetto al contributo che può dare un medico, un ingegnere o un tecnico. Anche un cantante può fare molto.
Dopo lo Tsunami avevo cercato di organizzare una “colletta tecnologica” per contribuire alla costruzione di un sistema di alerting, sulla base della semplice considerazione che il mondo della finanza in cui lavoro è completamente interconnesso e che un ordine di borsa impiega frazioni di secondo ad essere eseguito . Le tecnologie di comunicazione distribuita sono disponibili ed abilitanti e alcune aziende private avevano accolto la mia richiesta. Inutile dire che la cosa si bloccò quando, passando al lato istituzionale, nazionale e/o europeo, capii che neppure la disponibilità di tecnologie innovative e di grande valore (ovviamente fornite a titolo gratuito) erano sufficienti ad innescare un ciclo virtuoso.
Cosa può fare chi scrive software?
Il terremoto inoltre rende inefficace un sistema di tal genere, perché non lascia il tempo di predisporre alcuna attività di mitigazione dei danni, in mancanza di comprensibili segnali premonitori, ed allora come si può concretizzare l’aiuto di persone che, come me, sanno mettere uno dietro l’altro i bit trattati da un processore?
Le polemiche successive all’evento mi hanno ricordato come un cataclisma del genere diventa un’opportunità per pochi, già pronti a spianare e cementificare luoghi che altrimenti non sarebbero stati toccati. La nascita del movimento (che in molti definiamo “democratico”) di generazione dei contenuti da parte degli utenti della rete mi porta a pensare che i tempi siano maturi per la costruzione di una “sentinella ambientale”, in grado di documentare, nel tempo, lo stato dei luoghi e creare luoghi di aggregazione in cui il cittadino abbia spazio per confrontarsi per difendere ciò che è patrimonio di tutti dall’ingordigia di pochi.

Una vecchia idea rielaborata, di costruire un archivio a due dimensioni, una timeline temporale ed una collocazione geografica, in grado di informare, ma anche di fornire un supporto per la ricostruzione di fatti. Le immagini poi delle opere e delle chiese sventrate, che probabilmente dovranno essere definitivamente abbattute, sono un terribile segno di come la nostra memoria e la bellezza dei luoghi risulterà irrimediabilmente privata di parti così significative. Doveroso per noi organizzare la conoscenza e per chi verrà dopo.
Non è complesso mobilitare l’impegno private e le tecnologie sono tutte disponibili, sarà possibile realizzarlo?
Thursday, April 23, 2009
Il ministro dell’Istruzione che più ha contribuito alla diffusione della cultura informatica in Italia? Nessuno ha fatto quanto Facebook (parte II)
Riprendo, per completarlo, il tema che ho cominciato a trattare nel precedente post.
A parte le considerazioni sulla genesi e sulle cause del successo, è un dato oggettivo che oggi il desiderio di “esserci” rappresenta una forte spinta motivazionale che si traduce nella prima alfabetizzazione su internet per milioni di persone. Quale progetto di un qualunque governo o istituzione (in Italia...) avrebbe potuto produrre tali risultati?
Credo nessuno.
I “nemici” dei social network
Chiaramente come tutte le mode ha i suoi “nemici” (come è giusto che sia), costituiti da coloro i quali ancora diffidano di internet (anche se talvolta non conoscono bene il fenomeno), oppure faticano ad accettare dinamiche di comunicazione diverse da quelle cui sono abituati, oppure perché, ovviamente, c’è chi fa fatica a ritrovarsi e nel “mucchio” e ama vedersi in controtendenza.
Io stesso ammetto di essere un po’ così e se nel 2006 mi piaceva spiegare a colleghi ed amici la portata di questa rivoluzione che si stava concretizzando, oggi mi viene un po’ da sorridere quando sento il mio dentista che mi chiede “ci sei anche tu su Feisbuc?”.
Sorrido..
Ma penso che se lui ha preso lezioni per imparare ad inviare le mail e a chattare sui SN questi strumenti hanno ottenuto dei risultati veramente rilevanti.
Arriva anche per FB il riflusso
Oggi in Italia FB vive un momento di riflusso (sempre nel blog di Merlinox si è aperta una discussione sul tema), ma credo che si tratti di un momento fisiologico dovuto al progressivo spegnersi dell’euforia di chi ha provato, soprattutto da poco, l’ebrezza etilica del web. Ma credo anche che la bellezza del web sia la sua dinamicità e che quindi anche la cristalizzazione di eventi, come nel caso di Facebook, con un successivo riflusso o addirittura implosione, non sia assolutamente un male, auguriamoci piuttosto che domani ci sia qualcosa di nuovo e sempre più interessante.
Quello che ieri era novità oggi è storia, non obsoleto e da dimenticare, ma avvolto dalla patina di deja vù che ne modifica la bellezza, mentre nuove sfide appaiono all’orizzonte., pazienza se Facebook o MySpace diventeranno un ricordo come Napster.
Mail ed sms hanno reso meno utilizzate le lettere a mano, come il digitale la buona vecchia pellicola o il vinile, ma non sono scomparse e non hanno perso il loro fascino, anzi.
Per questa ragione appare anacronistica la condanna in Svezia dei responsabili di Pirate Bay… servirebbe che questi anziani giudici e più anziani manager si rendessero conto che non si può combattere contro una marea e che sopravviverà solo chi saprà sviluppare una migliore capacità di adattamento, sfruttando la propria attuale posizione di forza, non per conservare uno status quo impossibile da difendere, ma elaborando, prima degli altri nuovi modelli di business.
A parte le considerazioni sulla genesi e sulle cause del successo, è un dato oggettivo che oggi il desiderio di “esserci” rappresenta una forte spinta motivazionale che si traduce nella prima alfabetizzazione su internet per milioni di persone. Quale progetto di un qualunque governo o istituzione (in Italia...) avrebbe potuto produrre tali risultati?
Credo nessuno.
I “nemici” dei social network
Chiaramente come tutte le mode ha i suoi “nemici” (come è giusto che sia), costituiti da coloro i quali ancora diffidano di internet (anche se talvolta non conoscono bene il fenomeno), oppure faticano ad accettare dinamiche di comunicazione diverse da quelle cui sono abituati, oppure perché, ovviamente, c’è chi fa fatica a ritrovarsi e nel “mucchio” e ama vedersi in controtendenza.
Io stesso ammetto di essere un po’ così e se nel 2006 mi piaceva spiegare a colleghi ed amici la portata di questa rivoluzione che si stava concretizzando, oggi mi viene un po’ da sorridere quando sento il mio dentista che mi chiede “ci sei anche tu su Feisbuc?”.
Sorrido..
Ma penso che se lui ha preso lezioni per imparare ad inviare le mail e a chattare sui SN questi strumenti hanno ottenuto dei risultati veramente rilevanti.
Arriva anche per FB il riflusso
Oggi in Italia FB vive un momento di riflusso (sempre nel blog di Merlinox si è aperta una discussione sul tema), ma credo che si tratti di un momento fisiologico dovuto al progressivo spegnersi dell’euforia di chi ha provato, soprattutto da poco, l’ebrezza etilica del web. Ma credo anche che la bellezza del web sia la sua dinamicità e che quindi anche la cristalizzazione di eventi, come nel caso di Facebook, con un successivo riflusso o addirittura implosione, non sia assolutamente un male, auguriamoci piuttosto che domani ci sia qualcosa di nuovo e sempre più interessante.
Quello che ieri era novità oggi è storia, non obsoleto e da dimenticare, ma avvolto dalla patina di deja vù che ne modifica la bellezza, mentre nuove sfide appaiono all’orizzonte., pazienza se Facebook o MySpace diventeranno un ricordo come Napster.
Mail ed sms hanno reso meno utilizzate le lettere a mano, come il digitale la buona vecchia pellicola o il vinile, ma non sono scomparse e non hanno perso il loro fascino, anzi.
Per questa ragione appare anacronistica la condanna in Svezia dei responsabili di Pirate Bay… servirebbe che questi anziani giudici e più anziani manager si rendessero conto che non si può combattere contro una marea e che sopravviverà solo chi saprà sviluppare una migliore capacità di adattamento, sfruttando la propria attuale posizione di forza, non per conservare uno status quo impossibile da difendere, ma elaborando, prima degli altri nuovi modelli di business.
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Tuesday, April 21, 2009
Il ministro dell’Istruzione che più ha contribuito alla diffusione della cultura informatica in Italia? Nessuno ha fatto quanto Facebook
Forse oggi mi attirerò le critiche di quelli che guardano con diffidenza alle mode ma, dando il giusto peso alla provocazione di un titolo, volutamente al limite del paradosso, credo che quello di oggi contenga alla base una reale essenza di verità :
Non la Moratti, la Gelmini ed i loro illustri predecessori... Ricordate Il tanto strombazzato slogan delle tre “I”, informatica, inglese ed impresa.. è rimasto una delle tante promesse elettorali, di informatica nelle scuole se ne è vista poca e la vicenda del maestro unico sembra ulteriormente diminuire le chance di far crescere le nuove generazioni adeguatamente preparate, sotto il profilo tecnologico.
Però nel frattempo è esploso uno di quei fenomeni che è difficile prevedere prima e che anche dopo che si è concretizzato rimane difficile spiegare: Facebook ha aperto le porte di internet a milioni di neofiti del web.
Un processo in atto da qualche anno
In realtà il processo è iniziato ben prima, con altri Social Network, da MySpace a YouTube o Twitter, ma nessun altro come Facebook è diventato un fenomeno di massa e popolare tra i non “iniziati” del web, ovunque nel mondo e da meno di un anno anche in Italia. Il mio account di FacciaLibro è rimasto silente per mesi fino a quando, inspiegabilmente, quasi da un giorno all’altro si è animato e si è popolato di “amici”, che non mi sarei mai aspettato di trovare nel mondo virtuale.
Oggi poi, aprendo la mia posta, ho avuto la conferma definitiva che questo malvagio oggetto si è trasformato nella killer application che ha rivoluzionato la cultura informatica della popolazione italica, tra le mail di segnalazione che giornalmente mi costringono a vivere “Feisbuch” , c’era la richiesta di amicizia di un amico.
Fin qui nulla di strano.. se questa persona non avesse da sempre dichiarato la propria idiosincrasia all’uso del computer, tanto che per lui “scrivere” rimaneva pur sempre l’uso di una penna (stilografica ovviamente,perchè la biro non si confà a chi vuol ritenersi elite) e che la sua età, 56 (non anziano ma neppure giovane…), non è da considerarsi ideale per cominciare ad utilizzare questi strumenti (dopo averli così a lungo guardati con diffidenza).
Assediato dagli “amici” su Facebook.. come starne fuori?
Ovviamente questo è solo l’ultimo caso di una lunga lista, persone che hanno trovato il coraggio di vincere la propria diffidenza verso il computer ed ancor più verso internet solo perché ormai Facebook li aveva accerchiati, amici e colleghi intrappolati nel network erano dappertutto, come rimanerne fuori?
Cosa abbia determinato questa spirale francamente non so, in fondo il Social Network dei college americani non proponeva molto di nuovo rispetto a chi lo aveva preceduto, semplicemente in genere lo faceva meglio e soprattutto non era un universo chiuso. Lo cito per la seconda volta, ma questo post di Merlinox (ovviamente non tutti quelli che capitano qui sono lettori affezionati) propone una analisi dettagliata del fenomeno ed anche lui, come me, non rintraccia molto di nuovo in ciò che è stato fatto da Facebook. In genere una differenza di approccio, con la possibilità dall’esterno di integrare altre applicazioni, i tanti test, gli abbracci virtuali e le molteplici funzioni, più o meno inutili hanno fatto la differenza. Probabilmente altro fattore critico di successo è stato il carattere “nazional-popolare”( mutuando un’abusata definizione televisiva) di Facebook a differenza di MySpace che per esempio è assimilato soprattutto allo spazio degli artisti o YouTube, visto soprattutto come una “televisione”.
Il successo di Facebook? Fatto da persone normali
Su Facebook non occorre essere un artista digitale o un cantante, è popolato di persone normali, con un nome ed un cognome e non si incontrano (tanti) personaggi come panterina2009 o maschio italiano, con improbabili foto da pin up e con addominali a forma di tartaruga. Partito infatti come network riservato a studenti americani, con email “nota”, è cresciuto tenendo fede all’identità rappresentata dal nome: network di facce. Oggi MySpace rincorre questo modello e da qualche tempo chiede alla login se si vuole apparire con il proprio nome e cognome….
Se questa sia una delle ragioni non posso affermarlo con sicurezza, ma credo personalmente che sia stato un contributo rilevante . Certamente altro fattore critico è la facilità d’uso, che può sembrare una banalità, ma è il discrimine sul quale si infrangono i sogni di molti prodotti software o che ha fatto la fortuna di (pochi) altri, come testimonia il successo travolgente di iPhone per esempio.
continua...
all’alfabetizzazione informatica in Italia contribuito Mark Zuckerberg (il boss di Facebook) più che tutti gli ultimi ministri che si sono succeduti.
Non la Moratti, la Gelmini ed i loro illustri predecessori... Ricordate Il tanto strombazzato slogan delle tre “I”, informatica, inglese ed impresa.. è rimasto una delle tante promesse elettorali, di informatica nelle scuole se ne è vista poca e la vicenda del maestro unico sembra ulteriormente diminuire le chance di far crescere le nuove generazioni adeguatamente preparate, sotto il profilo tecnologico.
Però nel frattempo è esploso uno di quei fenomeni che è difficile prevedere prima e che anche dopo che si è concretizzato rimane difficile spiegare: Facebook ha aperto le porte di internet a milioni di neofiti del web.
Un processo in atto da qualche anno
In realtà il processo è iniziato ben prima, con altri Social Network, da MySpace a YouTube o Twitter, ma nessun altro come Facebook è diventato un fenomeno di massa e popolare tra i non “iniziati” del web, ovunque nel mondo e da meno di un anno anche in Italia. Il mio account di FacciaLibro è rimasto silente per mesi fino a quando, inspiegabilmente, quasi da un giorno all’altro si è animato e si è popolato di “amici”, che non mi sarei mai aspettato di trovare nel mondo virtuale.
Oggi poi, aprendo la mia posta, ho avuto la conferma definitiva che questo malvagio oggetto si è trasformato nella killer application che ha rivoluzionato la cultura informatica della popolazione italica, tra le mail di segnalazione che giornalmente mi costringono a vivere “Feisbuch” , c’era la richiesta di amicizia di un amico.
Fin qui nulla di strano.. se questa persona non avesse da sempre dichiarato la propria idiosincrasia all’uso del computer, tanto che per lui “scrivere” rimaneva pur sempre l’uso di una penna (stilografica ovviamente,perchè la biro non si confà a chi vuol ritenersi elite) e che la sua età, 56 (non anziano ma neppure giovane…), non è da considerarsi ideale per cominciare ad utilizzare questi strumenti (dopo averli così a lungo guardati con diffidenza).
Assediato dagli “amici” su Facebook.. come starne fuori?
Ovviamente questo è solo l’ultimo caso di una lunga lista, persone che hanno trovato il coraggio di vincere la propria diffidenza verso il computer ed ancor più verso internet solo perché ormai Facebook li aveva accerchiati, amici e colleghi intrappolati nel network erano dappertutto, come rimanerne fuori?
Cosa abbia determinato questa spirale francamente non so, in fondo il Social Network dei college americani non proponeva molto di nuovo rispetto a chi lo aveva preceduto, semplicemente in genere lo faceva meglio e soprattutto non era un universo chiuso. Lo cito per la seconda volta, ma questo post di Merlinox (ovviamente non tutti quelli che capitano qui sono lettori affezionati) propone una analisi dettagliata del fenomeno ed anche lui, come me, non rintraccia molto di nuovo in ciò che è stato fatto da Facebook. In genere una differenza di approccio, con la possibilità dall’esterno di integrare altre applicazioni, i tanti test, gli abbracci virtuali e le molteplici funzioni, più o meno inutili hanno fatto la differenza. Probabilmente altro fattore critico di successo è stato il carattere “nazional-popolare”( mutuando un’abusata definizione televisiva) di Facebook a differenza di MySpace che per esempio è assimilato soprattutto allo spazio degli artisti o YouTube, visto soprattutto come una “televisione”.
Il successo di Facebook? Fatto da persone normali
Su Facebook non occorre essere un artista digitale o un cantante, è popolato di persone normali, con un nome ed un cognome e non si incontrano (tanti) personaggi come panterina2009 o maschio italiano, con improbabili foto da pin up e con addominali a forma di tartaruga. Partito infatti come network riservato a studenti americani, con email “nota”, è cresciuto tenendo fede all’identità rappresentata dal nome: network di facce. Oggi MySpace rincorre questo modello e da qualche tempo chiede alla login se si vuole apparire con il proprio nome e cognome….
Se questa sia una delle ragioni non posso affermarlo con sicurezza, ma credo personalmente che sia stato un contributo rilevante . Certamente altro fattore critico è la facilità d’uso, che può sembrare una banalità, ma è il discrimine sul quale si infrangono i sogni di molti prodotti software o che ha fatto la fortuna di (pochi) altri, come testimonia il successo travolgente di iPhone per esempio.
continua...
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Monday, April 13, 2009
Il marketing individuale nell'era dei social network (segnalazioni)
Qualche tempo fa ho raccontato la mia esperienza di micromarketing sul web per una associazione sportiva ed oggi, sul tema delle possibilità di marketing locale offerte dalla rete, volevo segnalarvi due post diversi per impostazione, ma entrambi interessanti: il primo è dedicato al marketing per gli studi professionali mentre il secondo, molto dettagliato, su Facebook, di cosa ha cambiato nel web e di conseguenza di come cambia il modo di fare comunicazione
Thursday, April 2, 2009
Uno studio dimostra che l'uso di internet in ufficio non diminuisce la produttività. Anzi l'aumenta del 9%!
Oggi la sezione di Repubblica dedicata al lavoro riporta un commento ad uno studio australiano che ha tentato di dimostrare una relazione tra aumento della produttività ed utilizzo del web, in particolare dei social network.
Non so se questa ricerca sui comportamenti degli impiegati abbia solide base scientifiche e tanto meno ho io le basi per valutare se è vero che l'utilizzo quotidiano di Facebook induca un aumento del 9%, come sostenuto nell'articolo, sono certo però che le "distrazioni" cui siamo soggetti al lavoro sono in genere insite nel nostro approccio e che quindi se abbiamo un approccio responsabile al mondo del lavoro non sarà certo Facebook a minarlo.
Di contro non basta proibire l'uso di Facebook ad un dipendente per farlo lavorare. Tutt'altro.
Purtroppo spesso è radicata la convinzione che una politica "proibizionistica" dia i suoi frutti nel rendere produttive le persone, mentre la realtà è che solo una strategia di coinvolgimento può consentire di massimizzare l'impegno sul posto di lavoro. Si confondono obiettivi quantitativi (presenza in ufficio) con obiettivi qualitativi (capacità di produrre), la velocità e la frenesia con la reale capacità di creare valore aggiunto.
Non so se questa ricerca sui comportamenti degli impiegati abbia solide base scientifiche e tanto meno ho io le basi per valutare se è vero che l'utilizzo quotidiano di Facebook induca un aumento del 9%, come sostenuto nell'articolo, sono certo però che le "distrazioni" cui siamo soggetti al lavoro sono in genere insite nel nostro approccio e che quindi se abbiamo un approccio responsabile al mondo del lavoro non sarà certo Facebook a minarlo.
Di contro non basta proibire l'uso di Facebook ad un dipendente per farlo lavorare. Tutt'altro.
Purtroppo spesso è radicata la convinzione che una politica "proibizionistica" dia i suoi frutti nel rendere produttive le persone, mentre la realtà è che solo una strategia di coinvolgimento può consentire di massimizzare l'impegno sul posto di lavoro. Si confondono obiettivi quantitativi (presenza in ufficio) con obiettivi qualitativi (capacità di produrre), la velocità e la frenesia con la reale capacità di creare valore aggiunto.
Wednesday, January 28, 2009
Facebook è di Moda. Abbasso Facebook!! ovvero come cambiano le valutazioni in pochi mesi....

Si susseguono infatti le voci, più o meno autorevoli, che commentano con toni negativi il fenomeno Facebook, per Amendola Facebook è demenziale mentre il carissimo Robecchi ha affermato che è “da sfigati”.
Un dibattito che ha come argomento un oggetto tecnologico, ma ovviamente il problema è tutt’altro che tecnologico.
I toni stanno cambiando rapidamente da quando qualche mese fa Facebook ha portato il social networking nelle case di molti italiani che neanche sapevano usare internet. Se due anni fa si esaltava la componente “social”, di relazioni e scambio di idee, oggi tutto questo sembra un argomento in più per criticarlo. Esistono migliaia di social network eppure solo Facebook attira questi commenti.
Perché?
I primi SN ad aver raggiunto picchi di utenti altissimi sono stati MySpace e YouTube, eppure oggi nessuno si sognerebbe che YouTube è demenziale solo perché mette in relazione persone. I motivi di questa situazioni sono probabilmente molti:
Su Facebook sono arrivate tante persone normali, che magari su MySpace erano inibiti dalla connotazione troppo spiccatamente “Fashion”. Su MySpace sembrano essere tutti artisti... Questo ha decretato il successo di Facebook rendendolo di moda. E le mode innescano anche la diffidenza di molti (me compreso).
Inoltre il meccanismo di ampia condivisione delle informazioni pone qualche legittimo dubbio sulla privacy delle proprie, così come il tempo impiegato per aggiornare Facebook lascia perplessi.
Io, francamente, pur avendo comunque alcune perplessità, sono in totale disaccordo con coloro i quali ne hanno una visione negativa. Il primo concetto che credo deve essere chiaro è che i SN sono soprattutto un mezzo tecnologico per fare comunicazione, come lo sono stati a loro tempo i primi libri stampati da Guttemberg, il telefono, il cellulare, la televisione e via discorrendo.
Anche il cellulare era, ai suoi esordi, una moda, perché a molti sembrava di poter esibire uno status symbol. Il tempo ha restituito a questo agglomerato di circuiti la sua funzione e se anche oggi qualcuno è comunque preso dalla tentazione di ostentare il più grosso o il più tecnologico nessuno si sognerebbe di parlare di moda per il cellulare. I SN sono un tassello di quel movimento fatto oggi anche dai blog e dai wiki che ha restituito alle persone la possibilità di esprimersi e di veicolare informazioni. Una rivoluzione che ha in se una forte componente democratica.
Murdoch, che non è l’ultimo arrivato in fatto di editoria, ha paragonato quanto sta succedendo alle rivoluzioni “epocali” precedenti nel mondo della comunicazione. Ed è ovviamente in ottima compagnia.
Amendola ne fa legittimamente una questione di educazione dei figli, ma al tempo stesso fa una affermazione, per me, contraddittoria. Occorre, dice, dedicare più qualità al tempo passato con i figli, e questo è indiscutibile, ma quando dice che Facebook è demenziale e che lui usa da poco le mail, probabilmente non comprende che quella maggiore qualità che auspica si traduce anche nel tentativo di comprendere le modalità di relazione e comunicazione dei propri figli.
Credo che sia il problema classico del rapporto genitori-figli. I genitori fanno fatica a comprendere linguaggi e mezzi dei giovani e non riescono a comunicare. Invece di bollare qualcosa come “demenziale” andrebbe compreso, per poter spiegare ad un figlio, per esempio, che va anche bene comunicare via chat (perché via telefono va bene e via chat no?) ma che le relazioni crescono anche andando al bar. Ma l’uno non esclude l’altro...
Non amo l’abuso da Facebook, ma credo che con gli altri SN stia favorendo la semplificazione all’approccio ad internet.Conosco molte persone che non amavano Internet, probabilmente spaventate da uno strumento che non riuscivano a comprendere fino in fondo, mentre ora ne hanno acquisito consuetudine, proprio grazie all’uso di semplici programmi quali Facebook, di cui hanno rapidamente capito l’utilità e se ne sono serviti.
Posso esagerare??? Ha fatto molto più Facebook per la familiarizzazione con il web per moltissime persone che tanti dibattiti ed iniziative.
Per quanto riguarda poi il presunto isolamento da web, di persone che comunicano solo on line, beh.. ragazzi.. siamo alle solite esagerazioni... anzi ho riallacciato tanti fili interrotti nella mia memoria e la cosa mi piace. Capisco che ad altri possa non piacere, ma ognuno è libero di frequentare ciò che desidera.
Sicuramente con i ragazzi occorre più attenzione, ma il discorso non è diverso da quello del troppo tempo passato davanti alla televisione o alla playstation. Ma occorre avere ben chiaro in mente che tutti questi sono effetti, non cause, non giriamo intorno al problema! Amendola dice miglioriamo la qualità del tempo dedicata ai figli, è giusto, ma io dico aumentiamo anche il tempo... e l’uso eccessivo di Facebook diventerà un ex-problema.
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Tuesday, December 2, 2008
Facebook Connect: il nuovo passo del social network più dinamico degli ultimi anni

Se si dovesse assegnare la palma d'ora della creatività tra i social network di grande successo questa probabilmente finirebbe a Facebook.
Da quando la creatura di Zucker era aperta solo agli studenti dei college americani ed era distanziata, per milioni di utenti dal colosso MySpace. Non escludo che esistano reltà più creative ed innovative ma la mia affermazione è relativa al grado di successo ottenuto e quindi commisurata alle difficoltà introdotte da una crescita cosi repentina e dall'acquisizione di una "responsabilità" di mercato.
L'arma vincente della rincorsa fu agli inizi proprio la disponibilità di API e l'integrabilità della piattaforma con applicazioni terze; già allora, quando mi era solo possibile leggere le cronache sull'uso del SN, mi sembrava fosse una corretta interpretazione del fenomeno Social, a dispetto della sostanziale chiusura del più accreditato rivale. In diverse presentazioni che ho fatto, anche all'interno di aziende che cominciavano ad approcciare i modelli di social network, indicavo quello di Facebook quale quello a maggiore potenzialità di crescita.
Questo implicava ovviamente che, ancora più che per i SN in generale, un'esperienza come Facebook richiedeva un'ampia cessione delle proprie prerogative di controllo di diretto sugli utenti, ma al tempo stesso, questa politica di apertura avrebbe rappresentato un vantaggio proprio nei processi di fidelizzazione.
Oggi Facebook conta più utenti di MySpace (ma questo secondo raccoglie molta più pubblicità) ed in Italia, negli ultimi mesi, ha vissuto un'impressionante esplosione.La mia seconda utenza (la prima l'avevo cancellata dopo un periodo di studio) ha vivacchiato ignorata per mesi, poi improvvisamente è cominciato un boom di contatti, da parte di persone che non mi sarei aspettato di trovare su un SN.
Ora Facebook consente di utilizzare le stesse credenziali di accesso per altri siti, offrendo possibilità ulteriori di social networking e, come riportato da un articolo di Repubblica, "Jeremiah Owyang, analista di Forrester Research, già vede oltre e prevede che Facebook Connect farà diffondere la moda dei social network anche sui siti aziendali, ora molto spesso grigi e statici. A qualunque sito basterà aderire all'iniziativa, infatti, per mettersi un cappello da social network."
Come il medesimo articolo fa notare non è una novità assoluta, ma occorre osservare che se prima Facebook si trovava nella condizione di inseguire e quindi con la necessità di osare, oggi è nella auspicabile, ma più critica, condizione di leader, ovvero nella quale si possono correre alti rischi che una decisione sbagliata metta a repentaglio il consolidato piuttosto che condurre a passi in avanti.
In generale ritengo che il management di Facebook abbia avuto in passato ed ancora ora un buon fiuto nel capire come anticipare trend o addirittura arrivare a determinarne nuovi, staremo a vedere se riuscirà a capire come saprà reagire quando si diffonderà una prevedibile ondata di riflusso da Facebook.
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