Elvis Costello ha deciso di non distribuire il suo prossimo Momofuke con i consueti CD, ma di affidarsi alla distribuzione sul web via download o puntando,sul un fascino un po’ nostalgico della vendita di dischi in vinile.
La notizia riportata da Repubblica ieri non di per se ne una novità assoluta, ne inaspettata, ma certamente è un segno del tempo e di come il web e l’Ipod abbiano rivoluzionato il mondo della musica. Solo pochi anni ci separano da Napster, uno dei primi siti di successo che con un meccanismo di peer to peer, rendeva disponibile musica gratis per milioni di giovani, eppure sembra passato un secolo.
In mezzo, molte leggi sui diritti di copyright e molte sentenze che hanno tentato di arginare un fenomeno che sarà moderato definitivamente solo quando i costi della musica saranno cosi bassi da essere accettati per quello che sono.
Il meccanismo in atto è quello della disintermediazione, già vissuto nel campo dei viaggi o del trading on line, senza che ovviamente siano scomparse ne banche ne agenzie.
Eppure le major della musica vedono nubi nere all’orizzonte e si confrontano con una contrazione del mercato, che, come ci dice Repubblica, tradotto in cifre indica una flessione delle vendite di dischi quest’anno di un ulteriore 18%, mentre i download crescono del 46%
MySpace è diventato uno degli attori di questa disintermediazione, come abbiamo avuto modo di riflettere a lungo in una discussione con una giovane band milanese, e ha determinato le condizioni per cui oggi esiste un palcoscenico globale, nel quale si può trovare spazio anche senza avere un’etichetta importante alle spalle. Il potere di queste grandi etichette non è ovviamente finito, ma dovranno certamente confrontarsi con il nuovo mercato ed adeguarsi.
Prima di Costello, RadioHead e Nine Inch Nails hanno puntato sul download e nel caso dei Nine hanno anche vinto, con un milione e seicentomila dollari incassati nella sola prima settimana di vendite. Forse nell’immediato sono scelte che possono permettersi sono cantanti e gruppi di questa tipologia, ma io credo che comunque, in questo momento, c’è una strada tracciata, che è legata solo ai tempi di ulteriore diffusione della rete.
Proprio la scelta di Costello sul vinile dimostra però che un altro “modo” è possibile, ovvero esistono spazi e nicchie in cui conta ancora il prodotto di qualità. Come giustamente ricorda Repubblica “il disco in vinile non è un supporto ma è l’opera”, la medesima differenza che c’è tra una foto digitale ed una litografia firmata.
Questa differenza non viene certamente percepita da tutti i consumatori, ma torna ad essere apprezzata: più 250 % in Italia o come indica in America South By Southwest ben 22% in più in un mercato in cui, a differenza dell’Italia, il vinile ha mantenuto comunque un proprio mercato.
D’altra parte ricordo ancora la gioia da giovanissimo, in un mercato molto meno globale di oggi, la gioia di ricevere da amici di ritorno dagli States o dall’Inghilterra le copie di dischi introvabili Italia. Dischi che ancora oggi custodisco con affetto
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