Il titolo è un po' ambizioso, lo confesso.
La recente evoluzione del quadro politico però mi suggerisce da un po' una riflessione su questa nuova percezione della Rete. Dico "nuova" perchè grazie al successo del Movimento 5 Stelle oggi molti sembrano scoprire la forza di Internet. Prima di cominciare però occorre fare chiarezza: la mia, oggi, è solo una prima riflessione a voce alta.
Non è una riflessione politica, perchè non è questo il fine del mio blog, ma è onesto ammettere, da parte mia, che probabilmente alcune di queste considerazioni sono oggettivamente influenzate dal mio orientamento politico. E' altrettanto sacrosanto da parte mia (che, a differenza dei "Folgorati sulla via di Damasco", seguo entusiasticamente il web dal "secolo scorso") rivendicare il diritto di poter criticare le evidenti distorsioni nell'interpretazione del fenomeno di Internet.
Per non lasciarmi fuorviare cercherò di non entrare nell'analisi di come alcune persone commentano ciò che si può, e ciò che non si può, fare con la rete, perchè altrimenti entrerei nel campo minato della valutazione sulla coerenza delle persone ma cercherò di concentrarmi sulle questioni oggettive.
La Rete è la quinta essenza della Democrazia.
Ovvero attraverso Internet ognuno può dire la sua. Questo è vero ma vale per tutti i mezzi di comunicazione, la differenza è che Internet abbassa i costi che un individuo deve affrontare per "raggiungere" altri individui, ma non impedisce ad alcun altro di "farti a pezzi", con simili bassi costi di impresa.
In TV non posso andare se il proprietario della medesima non vuole mentre su internet posso scrivere ciò che voglio. Soprattutto non mi garantisce di essere ascoltato.
Giusto.
Infatti se poi nessuno legge ciò che scrivo il mio esercizio di libertà democratica è vuoto, come è vano il mio tentativo di andare a parlare in TV. Farsi conoscere in rete è un esercizio costoso e faticoso comunque. Tornando al caso di Grillo si può affermare che certamente il suo è stato un tentativo di comunicare fuori dai canoni tradizionali e quindi "rischioso", ma certamente non è il tentativo velleitario di un singolo, quanto piuttosto un'operazione preordinata gestita da un gruppo di esperti di comunicazione.
Servono i soldi per comunicare sul web
Alternativo quindi ma non "povero". Analogo al progetto che ha portato Belen a diventare una star (anche in meno tempo) con ottimi risultati economici (si guardino le dichiarazioni dei redditi degli interessati), quindi un investimento importante a fronte di un più che adeguato ritorno economico...
Poter parlare liberamente però non garantisce il diritto di essere ascoltato e soprattutto non garantisce di non essere "annientato", come insegna il caso del recente conflitto tra Cyberbunker e Spamhaus. Difficile quindi sopravvivere anche in rete per Don Chisciotte, senza soldi e competenze.
Il Rovescio della Medaglia: esclusione di molti cittadini
L'aspetto più critico è però quello riguardante le persone escluse, quel fenomeno che fino ieri si chiamava digital divide. La rete non può raggiungere tutti e quindi un sistema basato solo sul web taglierebbe fuori tantissimi cittadini. Ignorare questo problema significa ignorare i diritti di questi cittadini.
Il diritto di critica e la deformazione del movimento d'opinione
Inoltre la forza del web è quella di poter mantenere un certo anonimato, ma proprio per questo si presta a mille deformazioni. Se io scrivo un commento ad un certo articolo ad un mio avversario basta presentarsi con quattro o cinque identità differenti per commentare ciò che dico e per dimostrare che ciò che ho scritto è osteggiato dalla maggioranza delle persone.
In definitiva la rete è uno strumento potente per comunicare ciò che si vuole ma risponde, più o meno, a molte delle regole valide per altri media. In primis la capacità di spesa e come secondo aspetto la determinazione e capacità di comunicare, grazie a esperti e costosi consulenti di immagine.
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Wednesday, March 27, 2013
Friday, September 17, 2010
Incontro "Banking & Social: network or not?": the day after, ovvero un breve resoconto
Ieri dunque si è tenuto l'evento dedicato al banking ed al social networking organizzato da Webank.
Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.
In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.
Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.
Interventi basati sul concetto di fiducia
Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.
Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.
Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).
Informare, formare, spiegare
Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.
Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).
Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).
Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.
Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".
Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.
Manca il punto di vista di chi fa tecnologia
Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.
Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.
Webank è probabilmente la banca italiana che sta puntando piuttosto decisamente sul fenomeno web 2.0, non l'unica in verità, ma sicuramente quella che, da qualche tempo a questa parte, lo fa con maggiore convinzione e l'organizzazione dell'evento lo testimonia.
In realtà il tema trattato è veramente spinoso perchè, benchè sia sulla bocca di tutti, è talmente recente che non credo esista alcunchè di consolidato su azioni e reazioni che si producono sul web (o meglio... nulla che già domani potrà essere smentito). Il rischio diventa così quello di dire ovvietà o, al contrario, delle cose totalmente irragionevoli.
Introdotto da Andrea Cardamone (D.G. Webank) è stato animato dalla vivace moderazione di Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia Aziendale alla Bocconi. Ma passiamo ai contenuti altrimenti sarebbe inutile stare qui a scrivere un post, questo è un blog e non una rivista.
Interventi basati sul concetto di fiducia
Argomento maggiormente trattato è stato il tema del rapporto banca-cliente con l'evidenziazione del concetto di fiducia che si deve instaurare in presenza di utenti internet che, con discussioni e post possono consigliarsi l'un l'altro il prodotto migliore, rendendo meno necessariamente "patinata" l'offerta e la qualità sostanziale.
Mafe De Baggis, free lance nel settore della comunicazione con una rubrica (No Logo) su Punto Informatico, ha focalizzato proprio su questo punto l'intervento, parlando della necessità di superare il modello di seduzione alla "Don Giovanni" e Marco Massarotto(internet P.R. at Hagakure) ha parlato dell'esigenza di "spiegare", mentre Paolo Iabichino, direttore creativo in Ogilvy ha parlato di invertising, termine coniato da tempo e diversa declinazione del concetto di trust.
Eccorre dire che gruppi di discussione, poi forum ed ora il social networking, almeno sotto questo punto di vista, hanno prodotto un bel cambiamento di indirizzo da parte di tutto il mondo creativo della comunicazione. Fino ad ora si sono allestite sempre campagne di grande fascino, ma oggi ogni prodotto, ogni servizio, viene vivisezionato da migliaia di utenti web. Non è vero che sia scomparso il metodo "seduttivo", si guardi per esempio a tutta la comunicazione Apple ed ai Keynote di Steve Jobs (o alla parodia che ne fa Raul Cremona!!!), ma in quel caso la qualità dei prodotti che vengono via via lanciati è sempre su livelli altissimi (pur generando anche loro una folta schiera di oppositori).
Informare, formare, spiegare
Il dibattito si è dilungato sulla comunicazione con interventi che hanno posto al centro la formazione, come quello di Andrea Genovese fondatore ed Editor-in-chief a 7thFLOOR, o quello Gianluca Diegoli, (marketing e comunicazione www.minimarketing) che, poco confidente della capacità delle banche di adottare modelli realmente social, consigliava di partire da piccoli passi interni per cercare di "capire" la rete.
Confesso che, propabilmente a causa della brevità di tempo a disposizione, non avevo apprezzato molto questo intervento, i cui contenuti rispiegati invece nel post del blog insoldoni mi trovano d'accordo, soprattutto considerata la natura del rapporto cliente/banca basato, come ha ben descritto il moderatore, sulla asimmetria informativa. Per la medesima ragione risultavano poco realistici anche alcuni interventi del pubblico in sala sulla completa trasparenza nei rapporti o sulla possibilità di scelta, da parte di chi mette denaro, sulla sua destinazione (ma questo è il social lending!!! Che ne direbbero gli estensori della complessa normativa Basilea 2??). Un po' irrealistica, a mio giudizio, anche la proposta di aprire le filiali al networking locale (Stefano Vitta, Digital Strategist , www.aghenorblog.com).
Nell'intervento di Luca de Felice di Reply sono stati finalmente accennati i concetti di widget e personal finance management. Mentre seguo con attenzione il secondo tema, su cui sto anche lavorando attivamente, sono più freddo sul primo: Google Finance, certamente un punto di riferimento e progettato da team di esperti consente ben poche personalizzazioni all'utente (come Facebook d'altra parte).
Mi permetto a questo punto di fare una critica... il panel dei relatori era così sbilanciato sul segmento "comunicazione" che alla fine è stato di fatto l'unico aspetto realmente esaminato, ovvero si è parlato sopratutto di come la banca può usare il social network per comunicare e di come si deve porre nei confronti dei propri clienti.
Troppo poco (a mio giudizio) si è parlato di cosa può "fare" una banca per partecipare alla costruzione del networking che verrà. L'unico relatore con un profilo eminentemente tecnologico era Marco Zamperini, VP & CTO di Value Team e come si legge nel suo profilo linkedin "Technology Evangelist".
Anche il suo intervento si è però focalizzato sull'utilizzo di ciò che esiste a fini di comunicazione, avendo raccontato dell'esperienza della North Shore Bank e di Foursquare e di come la banca promuove la frequentazione delle filiali attraverso buoni premio.
Manca il punto di vista di chi fa tecnologia
Non voglio certo affermare che chi si occupa di tecnologia sia, solo per questa sua caratteristica, più qualificato degli altri in questo settore, ma è indubbio che la storia della rivoluzione digitale e di Internet sia passata attraverso il contributo di personaggi come William Henry Gates III, in arte Bill Gates (sebbene si sia convertito solo successivamente all'Internet Mania), programmatore a 13 anni, Mark Zuckerberg (Facebook) anche egli programmatore adolescente, Steve Jobs (per Fortune nel 2007 il primo dei 25 uomini d'affari più influenti) che alla Atari come primo lavoro si occupava di circuiti o Larry Page (Google), laureatosi in computer science all'università del Michigan.
Il fenomeno social è sicuramente prima "social" che tecnologico, ma forse l'opinione di chi fa tecnologia, in un dibattito come questo, aiuterebbe a capire quello che la tecnologia farà domani oltre che capire come usare quella già disponibile oggi.
Wednesday, May 19, 2010
La responsabilità sociale, la crescita sostenibile, i social network e le grandi aziende: un workshop organizzato da Barilla sul cambiamento climatico
Zio Burp mi ha invitato ad un evento ben conoscendo la mia attenzione al tema della responsabilità sociale e dell'ambiente.
Barilla una delle (poche?) aziende italiane che si impongono nel mondo (28% del mercato della pasta negli USA) ha organizzato un workshop aperto su "Scarsità delle risorse e cambiamento climatico. Le priorità di intervento."
Questo incontro, cui parteciperanno esperti internazionali del settore, è interessante per alcuni motivi: dimostra per esempio che le aziende possono investire parte dei loro budget di comunicazione in iniziative che danno un profitto non solo a chi le promuove (le aziende), ma anche alla collettività, perchè stimolano la discussione e migliorano il grado di sensibilità delle aziende e delle persone sul tema della crescita sostenibile. Guido Barilla ha ricordato in un comunicato "i percorsi avviati con il Barilla Laboratory for Knowledge and Innovation - laboratorio aziendale per lo sviluppo della cultura, della conoscenza, dell’innovazione e delle competenze manageriali - ed il Barilla Center for Food & Nutrition - centro di pensiero indipendente e multidisciplinare che ha come obiettivo affrontare e fare informazione sui temi dell’alimentazione e della nutrizione".
Ecco speriamo che questi siano permanenti prese di coscienza e che anche le più aziende piccole, stimolate dai buoni esempi, si rendano sempre più consapevoli del ruolo fondamentale di ciascuno di noi nella difesa della nostra stessa sopravvivenza.
Per quanto riguarda poi i temi che seguo più da vicino c'è da rilevare (ma ormai non è più una novità) come i social network siano ormai fondamentali nella strategia di comunicazione delle aziende, a giudicare dalla promozione di questo evento (su facebook) ma anche dagli strumenti che saranno usati per superare le limitazioni fisiche nella fruizione dell'evento (diretta streaming sul web e su Twitter).
Chi lo diceva solo qualche anno fa veniva preso per una persona troppo facile agli entusiasmi ed alle mode...
Barilla una delle (poche?) aziende italiane che si impongono nel mondo (28% del mercato della pasta negli USA) ha organizzato un workshop aperto su "Scarsità delle risorse e cambiamento climatico. Le priorità di intervento."
Questo incontro, cui parteciperanno esperti internazionali del settore, è interessante per alcuni motivi: dimostra per esempio che le aziende possono investire parte dei loro budget di comunicazione in iniziative che danno un profitto non solo a chi le promuove (le aziende), ma anche alla collettività, perchè stimolano la discussione e migliorano il grado di sensibilità delle aziende e delle persone sul tema della crescita sostenibile. Guido Barilla ha ricordato in un comunicato "i percorsi avviati con il Barilla Laboratory for Knowledge and Innovation - laboratorio aziendale per lo sviluppo della cultura, della conoscenza, dell’innovazione e delle competenze manageriali - ed il Barilla Center for Food & Nutrition - centro di pensiero indipendente e multidisciplinare che ha come obiettivo affrontare e fare informazione sui temi dell’alimentazione e della nutrizione".
Ecco speriamo che questi siano permanenti prese di coscienza e che anche le più aziende piccole, stimolate dai buoni esempi, si rendano sempre più consapevoli del ruolo fondamentale di ciascuno di noi nella difesa della nostra stessa sopravvivenza.
Per quanto riguarda poi i temi che seguo più da vicino c'è da rilevare (ma ormai non è più una novità) come i social network siano ormai fondamentali nella strategia di comunicazione delle aziende, a giudicare dalla promozione di questo evento (su facebook) ma anche dagli strumenti che saranno usati per superare le limitazioni fisiche nella fruizione dell'evento (diretta streaming sul web e su Twitter).
Chi lo diceva solo qualche anno fa veniva preso per una persona troppo facile agli entusiasmi ed alle mode...
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Wednesday, February 17, 2010
Inchiesta Banking 2.0 2010. In Italia si rivede Webank, new look ma anche qualche novità
Nei post precedenti siamo andati in giro a curiosare nei siti di banking-like anglosassoni, rammaricandoci del fatto che questi concetti siano quasi completamente ignorati in Italia.
Oggi mi tocca fare un piccolo dietro front, le mie incursioni notturne nei siti di home banking (si lo so… detta cosi sembra una vera perversione!) mi hanno fatto scoprire che la mia affermazione non era completamente esatta. In particolare stavo riguardando il sito di Webank, in quanto banca che recentemente è intenzionata a rimettersi in moto, dopo qualche anno di gestione ordinaria.
Ma partiamo dall’inizio. Un po’ di storia.
Nei mesi scorsi il gruppo BPM ha acquisito IntesaTrade, l’emanazione del gruppo IntesaSanpaolo per il trading on line e denominata ora WeTrade. IntesaTrade e Webank erano nate più o meno nello stesso periodo con l’obiettivo di cavalcare il fenomeno trading on line, poi, con lo scoppio della bolla, Webank si è posizionata più sul banking on line per il Gruppo mentre IntesaTrade ha continuato a focalizzarsi esclusivamente sul TOL.
Negli scorsi anni (2008) Webank è diventata realtà autonoma da BPM, che ha creato per i propri clienti BPMbanking, una versione del banking on line destinata a rimanere più tradizionale. Con la recente acquisizione BPM conferma la propria volontà di diventare banca nazionale sfruttando il canale on line, come dichiarato nel recente piano industriale, e di riprendere con vigore la competition in un segmento dove la Fusione Xelion-Fineco ha consolidato la leadership di Fineco. A Webank erano sfuggiti i Trader più incalliti ed ecco che l’acquisizione completa l’offerta di Webank.
Parallelamente era stata avviata una operazione di “ringiovanimento” focalizzata ovviamente molto sul fenomeno del social networking e Webank (già We@bank) diventa Webank.it, con un logo molto più essenziale; l’odierna Home Page si presenta sobria e sulla destra offre i primi segnali “Social”, tre tasti laterali permettono:

Poco sotto la sezione "social media", dedicata all’informazione su temi legati al banking ed al risparmio
Questa contiene la sezione podcast (Radio Webank) con le lezioni di trading, la sezione immagini dove si può trovare la copertina del libro dell’AD Cardamone con tanto di prefazione di Carlo Massarini, gli immancabili video, la community TalkWebank ed il blog InSoldoni
Forse stona un po’, in questa operazione, il richiamo alla “storia”, quel “on line dal 1999” presente sotto il logo e nel Title, ha un po’ il sapore demodè della “Premiata Ditta” di un tempo, poco in linea le aspirazioni al social networking, del quale uno dei campioni, Facebook, è nato solo nel 2005.
Segnali di Banking.
La mia prima ricognizione si era fermata li e mi era sfuggita la parte credo più sostanziale. Senza voler togliere nulla all’utilizzo di link al social networking, ho sempre pensato che questi, lasciati fini a se stessi, mancassero l’obiettivo che intendevano raggiungere (quanti utenti realmente attivi hanno le varie community bancarie?), o meglio, utili a dare una immagine diversa, poco utili a creare una reale esperienza di social networking di successo nel banking.
Diverso è invece se il nuovo approccio viene utilizzato per offrire un servizio di social banking, come ho personalmente individuato nei vari Mint, Wesabe e Smartypig (oltre ai vari siti di social lending).
Ma ieri con un po’ di attenzione in più scopro che Webank è andata un po’ in quella direzione… legato al lancio del Conto di Deposito Webank offre una mini gestione personale del risparmio, con grafici ed obiettivi, come si evidenzia negli screenshot riportati di seguito. Un inizio? Speriamo!

Oggi mi tocca fare un piccolo dietro front, le mie incursioni notturne nei siti di home banking (si lo so… detta cosi sembra una vera perversione!) mi hanno fatto scoprire che la mia affermazione non era completamente esatta. In particolare stavo riguardando il sito di Webank, in quanto banca che recentemente è intenzionata a rimettersi in moto, dopo qualche anno di gestione ordinaria.
Ma partiamo dall’inizio. Un po’ di storia.
Nei mesi scorsi il gruppo BPM ha acquisito IntesaTrade, l’emanazione del gruppo IntesaSanpaolo per il trading on line e denominata ora WeTrade. IntesaTrade e Webank erano nate più o meno nello stesso periodo con l’obiettivo di cavalcare il fenomeno trading on line, poi, con lo scoppio della bolla, Webank si è posizionata più sul banking on line per il Gruppo mentre IntesaTrade ha continuato a focalizzarsi esclusivamente sul TOL.
Negli scorsi anni (2008) Webank è diventata realtà autonoma da BPM, che ha creato per i propri clienti BPMbanking, una versione del banking on line destinata a rimanere più tradizionale. Con la recente acquisizione BPM conferma la propria volontà di diventare banca nazionale sfruttando il canale on line, come dichiarato nel recente piano industriale, e di riprendere con vigore la competition in un segmento dove la Fusione Xelion-Fineco ha consolidato la leadership di Fineco. A Webank erano sfuggiti i Trader più incalliti ed ecco che l’acquisizione completa l’offerta di Webank.

- di accedere alle pagine Webank sui vari Social Network,
- segnalare la pagina,
- inviare un suggerimento (“la banca che vorrei”)


Questa contiene la sezione podcast (Radio Webank) con le lezioni di trading, la sezione immagini dove si può trovare la copertina del libro dell’AD Cardamone con tanto di prefazione di Carlo Massarini, gli immancabili video, la community TalkWebank ed il blog InSoldoni
Forse stona un po’, in questa operazione, il richiamo alla “storia”, quel “on line dal 1999” presente sotto il logo e nel Title, ha un po’ il sapore demodè della “Premiata Ditta” di un tempo, poco in linea le aspirazioni al social networking, del quale uno dei campioni, Facebook, è nato solo nel 2005.
Segnali di Banking.
La mia prima ricognizione si era fermata li e mi era sfuggita la parte credo più sostanziale. Senza voler togliere nulla all’utilizzo di link al social networking, ho sempre pensato che questi, lasciati fini a se stessi, mancassero l’obiettivo che intendevano raggiungere (quanti utenti realmente attivi hanno le varie community bancarie?), o meglio, utili a dare una immagine diversa, poco utili a creare una reale esperienza di social networking di successo nel banking.
Diverso è invece se il nuovo approccio viene utilizzato per offrire un servizio di social banking, come ho personalmente individuato nei vari Mint, Wesabe e Smartypig (oltre ai vari siti di social lending).
Ma ieri con un po’ di attenzione in più scopro che Webank è andata un po’ in quella direzione… legato al lancio del Conto di Deposito Webank offre una mini gestione personale del risparmio, con grafici ed obiettivi, come si evidenzia negli screenshot riportati di seguito. Un inizio? Speriamo!


Wednesday, July 1, 2009
La resa dei "Pirati": Pirate Bay ceduta ad una società commerciale, i pirati digitali dismettono pistola, giacca con alamari e cappello di piume!!
Si assiste in diversi paesi del mondo ad una guerra tra chi difende il diritto alla proprietà individuale (e quindi alla remunerazione per la fruizione di un opera) e chi si batte per confutare questo diritto.
Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.
Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità
Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.
Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.
La Rivoluzione Digitale
Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).
Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
La resa dei Pirati
Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.
Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.
Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?
La Open Music
Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.
Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.
La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.
Internet e (è) Democrazia
Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.
Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.
Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità
Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.
Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.
La Rivoluzione Digitale
Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).
Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
La resa dei Pirati
Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.
Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.
Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?
La Open Music
Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.
Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.
La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.
Internet e (è) Democrazia
Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.
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Thursday, April 23, 2009
Il ministro dell’Istruzione che più ha contribuito alla diffusione della cultura informatica in Italia? Nessuno ha fatto quanto Facebook (parte II)
Riprendo, per completarlo, il tema che ho cominciato a trattare nel precedente post.
A parte le considerazioni sulla genesi e sulle cause del successo, è un dato oggettivo che oggi il desiderio di “esserci” rappresenta una forte spinta motivazionale che si traduce nella prima alfabetizzazione su internet per milioni di persone. Quale progetto di un qualunque governo o istituzione (in Italia...) avrebbe potuto produrre tali risultati?
Credo nessuno.
I “nemici” dei social network
Chiaramente come tutte le mode ha i suoi “nemici” (come è giusto che sia), costituiti da coloro i quali ancora diffidano di internet (anche se talvolta non conoscono bene il fenomeno), oppure faticano ad accettare dinamiche di comunicazione diverse da quelle cui sono abituati, oppure perché, ovviamente, c’è chi fa fatica a ritrovarsi e nel “mucchio” e ama vedersi in controtendenza.
Io stesso ammetto di essere un po’ così e se nel 2006 mi piaceva spiegare a colleghi ed amici la portata di questa rivoluzione che si stava concretizzando, oggi mi viene un po’ da sorridere quando sento il mio dentista che mi chiede “ci sei anche tu su Feisbuc?”.
Sorrido..
Ma penso che se lui ha preso lezioni per imparare ad inviare le mail e a chattare sui SN questi strumenti hanno ottenuto dei risultati veramente rilevanti.
Arriva anche per FB il riflusso
Oggi in Italia FB vive un momento di riflusso (sempre nel blog di Merlinox si è aperta una discussione sul tema), ma credo che si tratti di un momento fisiologico dovuto al progressivo spegnersi dell’euforia di chi ha provato, soprattutto da poco, l’ebrezza etilica del web. Ma credo anche che la bellezza del web sia la sua dinamicità e che quindi anche la cristalizzazione di eventi, come nel caso di Facebook, con un successivo riflusso o addirittura implosione, non sia assolutamente un male, auguriamoci piuttosto che domani ci sia qualcosa di nuovo e sempre più interessante.
Quello che ieri era novità oggi è storia, non obsoleto e da dimenticare, ma avvolto dalla patina di deja vù che ne modifica la bellezza, mentre nuove sfide appaiono all’orizzonte., pazienza se Facebook o MySpace diventeranno un ricordo come Napster.
Mail ed sms hanno reso meno utilizzate le lettere a mano, come il digitale la buona vecchia pellicola o il vinile, ma non sono scomparse e non hanno perso il loro fascino, anzi.
Per questa ragione appare anacronistica la condanna in Svezia dei responsabili di Pirate Bay… servirebbe che questi anziani giudici e più anziani manager si rendessero conto che non si può combattere contro una marea e che sopravviverà solo chi saprà sviluppare una migliore capacità di adattamento, sfruttando la propria attuale posizione di forza, non per conservare uno status quo impossibile da difendere, ma elaborando, prima degli altri nuovi modelli di business.
A parte le considerazioni sulla genesi e sulle cause del successo, è un dato oggettivo che oggi il desiderio di “esserci” rappresenta una forte spinta motivazionale che si traduce nella prima alfabetizzazione su internet per milioni di persone. Quale progetto di un qualunque governo o istituzione (in Italia...) avrebbe potuto produrre tali risultati?
Credo nessuno.
I “nemici” dei social network
Chiaramente come tutte le mode ha i suoi “nemici” (come è giusto che sia), costituiti da coloro i quali ancora diffidano di internet (anche se talvolta non conoscono bene il fenomeno), oppure faticano ad accettare dinamiche di comunicazione diverse da quelle cui sono abituati, oppure perché, ovviamente, c’è chi fa fatica a ritrovarsi e nel “mucchio” e ama vedersi in controtendenza.
Io stesso ammetto di essere un po’ così e se nel 2006 mi piaceva spiegare a colleghi ed amici la portata di questa rivoluzione che si stava concretizzando, oggi mi viene un po’ da sorridere quando sento il mio dentista che mi chiede “ci sei anche tu su Feisbuc?”.
Sorrido..
Ma penso che se lui ha preso lezioni per imparare ad inviare le mail e a chattare sui SN questi strumenti hanno ottenuto dei risultati veramente rilevanti.
Arriva anche per FB il riflusso
Oggi in Italia FB vive un momento di riflusso (sempre nel blog di Merlinox si è aperta una discussione sul tema), ma credo che si tratti di un momento fisiologico dovuto al progressivo spegnersi dell’euforia di chi ha provato, soprattutto da poco, l’ebrezza etilica del web. Ma credo anche che la bellezza del web sia la sua dinamicità e che quindi anche la cristalizzazione di eventi, come nel caso di Facebook, con un successivo riflusso o addirittura implosione, non sia assolutamente un male, auguriamoci piuttosto che domani ci sia qualcosa di nuovo e sempre più interessante.
Quello che ieri era novità oggi è storia, non obsoleto e da dimenticare, ma avvolto dalla patina di deja vù che ne modifica la bellezza, mentre nuove sfide appaiono all’orizzonte., pazienza se Facebook o MySpace diventeranno un ricordo come Napster.
Mail ed sms hanno reso meno utilizzate le lettere a mano, come il digitale la buona vecchia pellicola o il vinile, ma non sono scomparse e non hanno perso il loro fascino, anzi.
Per questa ragione appare anacronistica la condanna in Svezia dei responsabili di Pirate Bay… servirebbe che questi anziani giudici e più anziani manager si rendessero conto che non si può combattere contro una marea e che sopravviverà solo chi saprà sviluppare una migliore capacità di adattamento, sfruttando la propria attuale posizione di forza, non per conservare uno status quo impossibile da difendere, ma elaborando, prima degli altri nuovi modelli di business.
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Monday, April 13, 2009
Il marketing individuale nell'era dei social network (segnalazioni)
Qualche tempo fa ho raccontato la mia esperienza di micromarketing sul web per una associazione sportiva ed oggi, sul tema delle possibilità di marketing locale offerte dalla rete, volevo segnalarvi due post diversi per impostazione, ma entrambi interessanti: il primo è dedicato al marketing per gli studi professionali mentre il secondo, molto dettagliato, su Facebook, di cosa ha cambiato nel web e di conseguenza di come cambia il modo di fare comunicazione
Monday, March 30, 2009
Riflessioni sul proprio percorso professionale, conviene cambiare lavoro spesso o rimanere trent'anni nella stessa azienda?
E' quasi un mese che non scrivo un post.
La ragione di questo lungo silenzio risiede nel medesimo luogo o concetto che ha ispirato questo post, ovvero ho cambiato azienda anzi, per essere più corretto, per il momento ho lasciato la società per cui ho lavorato negli ultimi dieci anni, mercoledì infatti si riprende.
Ho trascorso due settimane di "disintossicazione da web" ed anche questo è stato un bel punto di discontinuità, preso anche da alcune riflessioni indotte da tale nuova condizione. Mi sono chiesto quale fosse l'approccio migliore per ottenere il massimo dalla propria vita professionale; non solo una questione di "fare carriera" ma piuttosto quella di riuscire a realizzare cose nuove e più interessanti.
Da un lato ci sono molti esempi di persone giunte a posti di responsabilità dopo aver passato in azienda la propria intera vita professionale, 30 anni con la medesima casacca, utilizzando una metafora calcistica.
Dall'altro ogni cambiamento, passaggio di azienda, garantisce in genere un passo in avanti, sia per quanto riguarda la qualifica professionale, che la mansione ed ovviamente la retribuzione.
Come è meglio comportarsi?
Ovviamente non esiste una regola, o meglio l'unica regola che si può desumere è che ogni metodo di comportamento da vantaggi solo se adeguato alle proprie caratteristiche professionali o umane. Ogni cambiamento richiede una grande capacità di adeguarsi a situazioni nuove ed abilità nel comprendere le dinamiche in atto nella realtà in cui ci si integra. Tutto ciò comporta una possibilità di rigetto che si ripresenta ogni volta e quindi statisticamente maggiore quanto maggiori sono i cambiamenti.
Dopo dieci anni ha pesato comunque sulla scelta il timore di lasciare un meccanismo professionale e di rapporti umani di cui ormai conoscevo a fondo il funzionamento. La domanda corretta è però se questi dieci anni erano una motivazione sufficiente a fermare una decisione o se invece rappresentano un tempo eccessivo in cui il peso della "tranquillità" ha impedito di fare questa scelta un po' tempo prima.
L'alta considerazione delle cose che conosciamo infatti spesso deforma la percezione della realtà, impedendoci di vedere quando veramente occorre dare una svolta al proprio percorso professionale. Siamo portati per natura ad essere "conservatori", dando più peso alle aspettative positive future che all'esame oggettivo di eventuali realtà negative. La sensazione di potere affrontare al meglio il futuro in un ambito conosciuto pone un freno alla legittima aspirazione di trovare altrove maggiori possibilità e stimoli.
Tra breve comincia quindi una nuova avventura, il bilancio di quella che si è appena conclusa è stato ampiamente positivo, seppure eventi ed incontri negativi non siano ovviamente mancati, rimane solo il quesito se questa positività sia stato il massimo che potevo ottenere o alla fine ha rappresentato anche un freno.
La ragione di questo lungo silenzio risiede nel medesimo luogo o concetto che ha ispirato questo post, ovvero ho cambiato azienda anzi, per essere più corretto, per il momento ho lasciato la società per cui ho lavorato negli ultimi dieci anni, mercoledì infatti si riprende.
Ho trascorso due settimane di "disintossicazione da web" ed anche questo è stato un bel punto di discontinuità, preso anche da alcune riflessioni indotte da tale nuova condizione. Mi sono chiesto quale fosse l'approccio migliore per ottenere il massimo dalla propria vita professionale; non solo una questione di "fare carriera" ma piuttosto quella di riuscire a realizzare cose nuove e più interessanti.
Da un lato ci sono molti esempi di persone giunte a posti di responsabilità dopo aver passato in azienda la propria intera vita professionale, 30 anni con la medesima casacca, utilizzando una metafora calcistica.
Dall'altro ogni cambiamento, passaggio di azienda, garantisce in genere un passo in avanti, sia per quanto riguarda la qualifica professionale, che la mansione ed ovviamente la retribuzione.
Come è meglio comportarsi?
Ovviamente non esiste una regola, o meglio l'unica regola che si può desumere è che ogni metodo di comportamento da vantaggi solo se adeguato alle proprie caratteristiche professionali o umane. Ogni cambiamento richiede una grande capacità di adeguarsi a situazioni nuove ed abilità nel comprendere le dinamiche in atto nella realtà in cui ci si integra. Tutto ciò comporta una possibilità di rigetto che si ripresenta ogni volta e quindi statisticamente maggiore quanto maggiori sono i cambiamenti.
Dopo dieci anni ha pesato comunque sulla scelta il timore di lasciare un meccanismo professionale e di rapporti umani di cui ormai conoscevo a fondo il funzionamento. La domanda corretta è però se questi dieci anni erano una motivazione sufficiente a fermare una decisione o se invece rappresentano un tempo eccessivo in cui il peso della "tranquillità" ha impedito di fare questa scelta un po' tempo prima.
L'alta considerazione delle cose che conosciamo infatti spesso deforma la percezione della realtà, impedendoci di vedere quando veramente occorre dare una svolta al proprio percorso professionale. Siamo portati per natura ad essere "conservatori", dando più peso alle aspettative positive future che all'esame oggettivo di eventuali realtà negative. La sensazione di potere affrontare al meglio il futuro in un ambito conosciuto pone un freno alla legittima aspirazione di trovare altrove maggiori possibilità e stimoli.
Tra breve comincia quindi una nuova avventura, il bilancio di quella che si è appena conclusa è stato ampiamente positivo, seppure eventi ed incontri negativi non siano ovviamente mancati, rimane solo il quesito se questa positività sia stato il massimo che potevo ottenere o alla fine ha rappresentato anche un freno.
Wednesday, February 11, 2009
Green banking, Green economy, Green IT... il mondo è sempre più Green!!! La coscienza ambientalista comincia ad essere una competenza professionale

Credo che questo salto sia decisamente importante perché gran parte del nostro tempo viene speso sul posto di lavoro e fino ad ora una errata interpretazione del concetto business is business ha rappresentato tale approccio verde soprattutto come un onere. Stiamo passando da come ciascuno di noi può imparare a "Salvare il mondo senza essere Superman" ad un approccio strutturato e collettivo.
Ora però anche il nuovo presidente degli Stati Uniti, Barak Obama ha ripudiato la politica “petrolifera” del suo predecessore ed il mondo industriale comincia fare la sua parte, spinto da maggiore consapevolezza sedimentatasi nel tempo, piuttosto che da motivi di opportunità economica, come riduzione costi o politiche di marketing basate sulla Social Responsibility.
Questa mattina aprendo la mia posta mi sono trovato una newsletter della banca che mi raccontava dell’iniziativa www.ambiente.quiubi.it “nata per sensibilizzare i clienti del Gruppo UBI Banca sul tema della sostenibilità ambientale.” La newletter proseguiva “In primo luogo, utilizzando attivamente Qui UBI internet banking anche tu puoi partecipare in prima persona alla riduzione di emissioni di CO2 per minori spostamenti verso la filiale e alla diminuzione di consumi di carta, scegliendo di ricevere gratuitamente estratti conto e altri documenti tramite internet”.
Guardo con interesse queste iniziative perchè credo che ci sia ancora molto da fare a riguardo dell'alfabetizzazione "Verde" delle persone. Mi è venuto infatti in mente un articolo di qualche mese fa in cui, esaminando i dati sui comportamenti dei correntisti, si rilevava che, a fronte di un 43% di consumatori che dichiarano di preferire aziende con grande sensibilità ambientale, il 75% dei correntisti intrattiene con le proprie banche un rapporto ancora fortemente improntato allo scambio di documentazione scritta.
Evidenziata questa contraddizione da parte dei consumatori, l’articolo proseguiva esaminando alcune leve da utilizzare per ridurre l’impatto sull’ambiente, dall’ovvia smaterializzazione dei documenti, all’utilizzo più evoluto del mobile banking, al fine di ridurre trasferimenti verso filiali locali o ATM/bancomat e conseguentemente ridurre l’emissioni inquinanti.
Le banche sono tra i principali investitori in IT in tutto il mondo e portano forte la responsabilità di accelerare il processo attraverso comportamenti virtuosi, ma è altrettanto evidente che ciò passa per una effettiva e completa consapevolezza da parte dei consumatori che anche loro devono fare la propria parte.
Non a caso l’iniziativa di UBI si appoggia, come forma di comunicazione, ad un concorso, per favorire evidentemente la ricezione di un concetto probabilmente di grande impatto, ma che spesso non viene sempre tradotto in azioni concrete. Un po’ più di un anno fa notavo come ancora c’era molta ritrosia nell’utilizzo dei sistemi di internet banking da parte degli italiani, perché, evidentemente, i timori nell’utilizzo del web per transazioni finanziare sono più forti della volontà di mettere in campo comportamenti virtuosi. Anche i dati successivi confermano quell'analisi.
In un altro articolo di ZeroUno, si riferisce della ricerca di IDC “Green IT Barometer” da cui emerge che quasi la metà delle grandi aziende sta cominciando ad adottare una politica di investimenti nell IT ispirata ai concetti della crescita sostenibile. Le motivazioni, come detto, si collocano a metà tra le politiche di CSR, quindi marketing oriented, e ricerca di ottimizzare i costi.
Si osserva infatti nell’articolo che “ogni Euro investito in un server ne genera 7 per la sua gestione nell’intero ciclo di vita, e che la gestione dell’infrastruttura energetica diviene un fattore critico”. Nella nostra azienda la virtualizzazione dei server e l’utilizzo di altre attrezzature maggiormente eco-compatibili ha prodotto un risparmio del 5-6% sui costi energetici.
L'inchiesta evidenzia che non mancano ovviamente le voci contrarie, chi ritiene che ciò possa essere addirittura “rischioso” (19%) o comunque di non avere competenze a sufficienza (41%) per portare avanti un tale progetto.
Ma la capacità di intervento delle banche non si limita all’infrastruttura IT, in quanto soggetti in grado anche di finanziare e quindi promuovere la produzione di energia rinnovabile.
HSBC leader bancario e finanziario mondiale, dal 2007 ha dato inizio al progetto "Climate Confidence Index", per misurare l'attitudini dei consumatori, nel mondo e nel tempo, e molte altre iniziative stanno partendo in tutto il mondo, pinte sia da motivazioni reali che di opportunità
In Italia è nato anche un premio, il Green Globe Banking perche “Il sistema bancario può e deve assumere oggi un ruolo fondamentale nell’incentivare l’adozione di pratiche virtuose in campo ambientale, promuovendo temi della “finanza ecocompatibile” con politiche istituzionali, strategie di impieghi/raccolta e logiche di investimento che soddisfino bisogni di target sempre più trasversali”. La prima edizione del premio è stata vinta da Intesasanpaolo.
Uno dei suoi animatori il Professor Marco Fedeli, docente di Marketing ed Economia Aziendale dell’Università di Genova, parlando di Green Economy ricorda che “Qualcuno parla addirittura di rivoluzione ambientale dopo le due grandi rivoluzioni, agricola e industriale, che hanno segnato la storia dell’umanità”. Enfasi a parte, il mondo del lavoro sembra muoversi, forse ancora troppo lentamente, ma è compito di ciascuno di noi accelerare tale processo.
Altri articoli:
Green.IT, la tecnologia sostenibile
Una proposta per l'Ambiente
Friday, January 30, 2009
Qualcuno lo definisce "demenziale" eppure Facebook passa dal 2% al 44% in un anno,sesto in Italia. Ho un profilo su FB, siamo un po' tutti.. dementi?
Proprio ieri mi sono soffermato sulle controverse opinioni che sta suscitando Facebook e nelle stesse ore, alla presentazione dell'Osservatorio Multicanalita' 2008 del Politecnico di Milano, Cristina Papini, sales e project manager di Nielsen Online, ha presentato dei dati che esprimono chiaramente la parabola fulminante di questo network negli ultimi mesi: passa da 2% dei navigatori nel dicembre 2007 al 44% nel dicembre 2008, diventando il sesto sito italiano.
Al di là delle prevedibile esplosione di Facebook, che segue di fatto quanto successo in tanti altri paesi del mondo, può stupire forse un po’ (ma neppure tanto per chi lo segue da tempo) la rapidità della crescita. Più di tutto è evidente che, proprio a causa di questo suo fulminante exploit può non essere facilmente capito da chi ancora è un po’ ancorato a modelli di valutazione “antichi”.
Antichi perché gli ultimi 3 anni hanno disegnato una evoluzione pari al passaggio da un era geologica ad un’altra, nel mondo della comunicazione e dei rapporti sociali, ed è del tutto comprensibile che taluni non se ne siano accorti e/o sopratutto non siano pronti a cogliere il cambiamento. Non tutto ciò che è "moderno" è bello, per esempio io stesso conservo ed ascolto i vecchi vinili, ma non posso ignorare quanto il web abbia cambiato gli scenari nel mondo della musica.
Questo cambiamento si completerà quanto i cosidetti “natives”, ragazzi nati nell’età del web come li definisce Gartner, svezzati “anche” da Facebook all’uso del web, stravolgeranno completamente il meccanismo broadcasting attuale dell’informazione che oggi garantisce a pochi il potere di distribuire conoscenza (o disinformazione).
Naturale quindi che proprio quelli che oggi traggono benefici dal privilegio del rapporto intermediato tra loro ed il pubblico siano tra i più scettici e diffidenti nei confronti dei nuovi media. Ciò avviene talvolta coscientemente, ma spesso anche in maniera inconsapevole a causa della difficoltà di comprendere le nuove tecnologie e/o il meccanismo di comunicazione sociale dei più giovani. Non sto parlando di persone over 60... può bastare avere più di 40 per non avere familiarità con la rete e approcciare con una certa ansia ciò che sta succedendo.
Lo scenario è ancora in velocissima evoluzione ed è difficile prevedere tra tre anni quale sarà la situazione, quale di questi social network, dopo una prevedibile fase di riflusso, sopravviverà e quanto avrà cambiato le nostre abitudini, ma al momento il cambiamento è in atto e certamente lascerà il segno. Forse rimarranno come uno strumento in più, come il cellulare la mail, e non leggeremo più di dibattiti o commenti taglienti, oppure rimarranno nell'uso comune per una relativamente limitata comunità di utenti. O spariranno.... ?
Certo è che i Social Network sono le oggi le cosidette Killer Apllication che hanno fatto fare un gran balzo in avanti a tante persone nella loro prima alfabetizzazione a riguardo del mondo del web.
Con ciò non credo che Facebook e portali simili salveranno il mondo e condivido dubbi, perplessità e pregi evidenziati da altri osservatori e giustamente come si legge in questo post non sarei felicissimo di vedere pubblicata da un presunto amico una mia foto anni 70 capelli lunghi (eh si allora li avevo almeno...) e camicia a fiori, ma al tempo stesso so che oggi ho degli strumenti che mi permettono di tenere i contatti con gli amici (veri) anche più facilmente, vincendo quella tendenza all’isolamento che la nostra società progressivamente ci stava imponendo.
E se un giorno avrò qualcosa da dire avrò modo di farlo e di essere ascoltato. In fondo.. solo per questo.. non ne vale la pena?
Al di là delle prevedibile esplosione di Facebook, che segue di fatto quanto successo in tanti altri paesi del mondo, può stupire forse un po’ (ma neppure tanto per chi lo segue da tempo) la rapidità della crescita. Più di tutto è evidente che, proprio a causa di questo suo fulminante exploit può non essere facilmente capito da chi ancora è un po’ ancorato a modelli di valutazione “antichi”.
Antichi perché gli ultimi 3 anni hanno disegnato una evoluzione pari al passaggio da un era geologica ad un’altra, nel mondo della comunicazione e dei rapporti sociali, ed è del tutto comprensibile che taluni non se ne siano accorti e/o sopratutto non siano pronti a cogliere il cambiamento. Non tutto ciò che è "moderno" è bello, per esempio io stesso conservo ed ascolto i vecchi vinili, ma non posso ignorare quanto il web abbia cambiato gli scenari nel mondo della musica.
Questo cambiamento si completerà quanto i cosidetti “natives”, ragazzi nati nell’età del web come li definisce Gartner, svezzati “anche” da Facebook all’uso del web, stravolgeranno completamente il meccanismo broadcasting attuale dell’informazione che oggi garantisce a pochi il potere di distribuire conoscenza (o disinformazione).
Naturale quindi che proprio quelli che oggi traggono benefici dal privilegio del rapporto intermediato tra loro ed il pubblico siano tra i più scettici e diffidenti nei confronti dei nuovi media. Ciò avviene talvolta coscientemente, ma spesso anche in maniera inconsapevole a causa della difficoltà di comprendere le nuove tecnologie e/o il meccanismo di comunicazione sociale dei più giovani. Non sto parlando di persone over 60... può bastare avere più di 40 per non avere familiarità con la rete e approcciare con una certa ansia ciò che sta succedendo.
Lo scenario è ancora in velocissima evoluzione ed è difficile prevedere tra tre anni quale sarà la situazione, quale di questi social network, dopo una prevedibile fase di riflusso, sopravviverà e quanto avrà cambiato le nostre abitudini, ma al momento il cambiamento è in atto e certamente lascerà il segno. Forse rimarranno come uno strumento in più, come il cellulare la mail, e non leggeremo più di dibattiti o commenti taglienti, oppure rimarranno nell'uso comune per una relativamente limitata comunità di utenti. O spariranno.... ?
Certo è che i Social Network sono le oggi le cosidette Killer Apllication che hanno fatto fare un gran balzo in avanti a tante persone nella loro prima alfabetizzazione a riguardo del mondo del web.
Con ciò non credo che Facebook e portali simili salveranno il mondo e condivido dubbi, perplessità e pregi evidenziati da altri osservatori e giustamente come si legge in questo post non sarei felicissimo di vedere pubblicata da un presunto amico una mia foto anni 70 capelli lunghi (eh si allora li avevo almeno...) e camicia a fiori, ma al tempo stesso so che oggi ho degli strumenti che mi permettono di tenere i contatti con gli amici (veri) anche più facilmente, vincendo quella tendenza all’isolamento che la nostra società progressivamente ci stava imponendo.
E se un giorno avrò qualcosa da dire avrò modo di farlo e di essere ascoltato. In fondo.. solo per questo.. non ne vale la pena?
Wednesday, January 28, 2009
Facebook è di Moda. Abbasso Facebook!! ovvero come cambiano le valutazioni in pochi mesi....

Si susseguono infatti le voci, più o meno autorevoli, che commentano con toni negativi il fenomeno Facebook, per Amendola Facebook è demenziale mentre il carissimo Robecchi ha affermato che è “da sfigati”.
Un dibattito che ha come argomento un oggetto tecnologico, ma ovviamente il problema è tutt’altro che tecnologico.
I toni stanno cambiando rapidamente da quando qualche mese fa Facebook ha portato il social networking nelle case di molti italiani che neanche sapevano usare internet. Se due anni fa si esaltava la componente “social”, di relazioni e scambio di idee, oggi tutto questo sembra un argomento in più per criticarlo. Esistono migliaia di social network eppure solo Facebook attira questi commenti.
Perché?
I primi SN ad aver raggiunto picchi di utenti altissimi sono stati MySpace e YouTube, eppure oggi nessuno si sognerebbe che YouTube è demenziale solo perché mette in relazione persone. I motivi di questa situazioni sono probabilmente molti:
Su Facebook sono arrivate tante persone normali, che magari su MySpace erano inibiti dalla connotazione troppo spiccatamente “Fashion”. Su MySpace sembrano essere tutti artisti... Questo ha decretato il successo di Facebook rendendolo di moda. E le mode innescano anche la diffidenza di molti (me compreso).
Inoltre il meccanismo di ampia condivisione delle informazioni pone qualche legittimo dubbio sulla privacy delle proprie, così come il tempo impiegato per aggiornare Facebook lascia perplessi.
Io, francamente, pur avendo comunque alcune perplessità, sono in totale disaccordo con coloro i quali ne hanno una visione negativa. Il primo concetto che credo deve essere chiaro è che i SN sono soprattutto un mezzo tecnologico per fare comunicazione, come lo sono stati a loro tempo i primi libri stampati da Guttemberg, il telefono, il cellulare, la televisione e via discorrendo.
Anche il cellulare era, ai suoi esordi, una moda, perché a molti sembrava di poter esibire uno status symbol. Il tempo ha restituito a questo agglomerato di circuiti la sua funzione e se anche oggi qualcuno è comunque preso dalla tentazione di ostentare il più grosso o il più tecnologico nessuno si sognerebbe di parlare di moda per il cellulare. I SN sono un tassello di quel movimento fatto oggi anche dai blog e dai wiki che ha restituito alle persone la possibilità di esprimersi e di veicolare informazioni. Una rivoluzione che ha in se una forte componente democratica.
Murdoch, che non è l’ultimo arrivato in fatto di editoria, ha paragonato quanto sta succedendo alle rivoluzioni “epocali” precedenti nel mondo della comunicazione. Ed è ovviamente in ottima compagnia.
Amendola ne fa legittimamente una questione di educazione dei figli, ma al tempo stesso fa una affermazione, per me, contraddittoria. Occorre, dice, dedicare più qualità al tempo passato con i figli, e questo è indiscutibile, ma quando dice che Facebook è demenziale e che lui usa da poco le mail, probabilmente non comprende che quella maggiore qualità che auspica si traduce anche nel tentativo di comprendere le modalità di relazione e comunicazione dei propri figli.
Credo che sia il problema classico del rapporto genitori-figli. I genitori fanno fatica a comprendere linguaggi e mezzi dei giovani e non riescono a comunicare. Invece di bollare qualcosa come “demenziale” andrebbe compreso, per poter spiegare ad un figlio, per esempio, che va anche bene comunicare via chat (perché via telefono va bene e via chat no?) ma che le relazioni crescono anche andando al bar. Ma l’uno non esclude l’altro...
Non amo l’abuso da Facebook, ma credo che con gli altri SN stia favorendo la semplificazione all’approccio ad internet.Conosco molte persone che non amavano Internet, probabilmente spaventate da uno strumento che non riuscivano a comprendere fino in fondo, mentre ora ne hanno acquisito consuetudine, proprio grazie all’uso di semplici programmi quali Facebook, di cui hanno rapidamente capito l’utilità e se ne sono serviti.
Posso esagerare??? Ha fatto molto più Facebook per la familiarizzazione con il web per moltissime persone che tanti dibattiti ed iniziative.
Per quanto riguarda poi il presunto isolamento da web, di persone che comunicano solo on line, beh.. ragazzi.. siamo alle solite esagerazioni... anzi ho riallacciato tanti fili interrotti nella mia memoria e la cosa mi piace. Capisco che ad altri possa non piacere, ma ognuno è libero di frequentare ciò che desidera.
Sicuramente con i ragazzi occorre più attenzione, ma il discorso non è diverso da quello del troppo tempo passato davanti alla televisione o alla playstation. Ma occorre avere ben chiaro in mente che tutti questi sono effetti, non cause, non giriamo intorno al problema! Amendola dice miglioriamo la qualità del tempo dedicata ai figli, è giusto, ma io dico aumentiamo anche il tempo... e l’uso eccessivo di Facebook diventerà un ex-problema.
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Thursday, December 11, 2008
L’ Osservatorio sullo stato della Business Intelligence in Italia della School of Management del Politecnico di Milano: il primo report (parte III)
Abbiamo osservato come la Business Intelligence venga spesso usata per processi decisionali strategici e molto meno per processi operativi.
Cito a questo proposito un esempio che ho vissuto da vicino ed è quello della normativa sulla Market Abuse Detection sui mercati mobiliari, ovvero quella legge che imponeva agli intermediari di valutare la correttezza delle operazioni dei propri clienti.
Molti operatori del settore sono partiti a sviluppare soluzioni ad hoc per il problema, mentre noi ci siamo soffermati ad analizzare le tematiche sul tavolo ed abbiamo deciso di utilizzare modelli matematici e prodotti esistenti. Il risultato è stato di duplice soddisfazione, da un lato per la tempestività di realizzazione (in una sola settimana avevamo un oggetto funzionante e specializzato sui primi due casi analizzati), d’altro per avere ottenuto di fatto un prodotto già di nuova generazione rispetto agli altri, in quanto non ragionava solo su soglie fisse o programmabili, ma traeva dall’utilizzo stesso dello strumento, il feedback necessario ad autoapprendere e raffinarsi continuamente.
Processi Operativi e Decisioni Strategiche
Questo è solo un esempio di un possibile impiego operativo, ma possono essere citati diversi esempi:dall’individuazione del ri-presentarsi di pattern indicanti la possibilità di crash nell’erogazione di un servizio o alla valutazione dei migliori livelli attesi in caso di SLA. I metodi statistici vengono spesso utilizzati nella valutazione dei rischi (in genere nei crediti e nella contrattazione mobiliare), ma, come si è detto, non si osserva un uso estensivo della BI nell'operatività quotidiana.
La motivazione probabilmente risiede nella necessità di acquisire anche competenze matematico-statistiche e ciò non è una consuetudine nelle strutture IT, se non in particolari settori. Inoltre il consueto approccio è quello di risolvere problemi con metodi deterministice ed algoritmi basati solo su condizioni oggettive. Ciò fa mancare un po’ l’attitudine a considerare utilizzabili queste metodologie.
Criteri di valutazione
Tra le caratteristiche ritenute qualificanti per un prodotto/suite di BI c’è, sopra tutti, l’integrabilità con altri applicativi, ma anche flessibilità e facilità d’uso, quasi a testimoniare che lo strumento viene visto soprattutto come finalizzato all’uso da parte dell’utente finale. Per il medesimo motivo viene visto come fattore critico l’assistenza, soprattutto da parte delle PMI.
Il costo è ritenuto rilevante per i piccoli, non determinate per le grandi strutture.
Problemi connessi all'introduzione della BI
Un aspetto che sembra accomunare aziende di ogni dimensione è invece la valutazione dei principali ostacoli all’introduzione della BI. Come ci si poteva aspettare il principale freno è costituito dalla necessità di dovere lavorare molto per ottenere la migliore quantità e qualità dei dati. Stupisce un pochino la buona percentuale di intervistati che addebitano allo scarso successo della BI lo scarso commitment in struttura grandi, mentre non stupisce vedere citate la resistenza al cambiamento e la difficoltà di modificare i processi in funzione delle competenze acquisite.
Ancora una volta si evidenzia la differente visione tra PMI e grandi aziende sulla valutazione degli impatti, predominanti sui processi per le prime, sulle risorse per le seconde, evidentemente legato alla capacità, da parte di aziende con catene di comando più corte, di percepire meglio l’effetto dell’adozione di sistemi specifici, mentre tale impatto risulta evidentemente stemperato in organizzazioni con strutture complesse.
Politecnico e Bocconi
In questi giorni mi è accaduto di leggere anche un articolo su una analoga iniziativa della Bocconi, neoi prossimi giorni proverò ad analizzarne le differenze.
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis,
Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
Cito a questo proposito un esempio che ho vissuto da vicino ed è quello della normativa sulla Market Abuse Detection sui mercati mobiliari, ovvero quella legge che imponeva agli intermediari di valutare la correttezza delle operazioni dei propri clienti.
Molti operatori del settore sono partiti a sviluppare soluzioni ad hoc per il problema, mentre noi ci siamo soffermati ad analizzare le tematiche sul tavolo ed abbiamo deciso di utilizzare modelli matematici e prodotti esistenti. Il risultato è stato di duplice soddisfazione, da un lato per la tempestività di realizzazione (in una sola settimana avevamo un oggetto funzionante e specializzato sui primi due casi analizzati), d’altro per avere ottenuto di fatto un prodotto già di nuova generazione rispetto agli altri, in quanto non ragionava solo su soglie fisse o programmabili, ma traeva dall’utilizzo stesso dello strumento, il feedback necessario ad autoapprendere e raffinarsi continuamente.
Processi Operativi e Decisioni Strategiche
Questo è solo un esempio di un possibile impiego operativo, ma possono essere citati diversi esempi:dall’individuazione del ri-presentarsi di pattern indicanti la possibilità di crash nell’erogazione di un servizio o alla valutazione dei migliori livelli attesi in caso di SLA. I metodi statistici vengono spesso utilizzati nella valutazione dei rischi (in genere nei crediti e nella contrattazione mobiliare), ma, come si è detto, non si osserva un uso estensivo della BI nell'operatività quotidiana.
La motivazione probabilmente risiede nella necessità di acquisire anche competenze matematico-statistiche e ciò non è una consuetudine nelle strutture IT, se non in particolari settori. Inoltre il consueto approccio è quello di risolvere problemi con metodi deterministice ed algoritmi basati solo su condizioni oggettive. Ciò fa mancare un po’ l’attitudine a considerare utilizzabili queste metodologie.
Criteri di valutazione
Tra le caratteristiche ritenute qualificanti per un prodotto/suite di BI c’è, sopra tutti, l’integrabilità con altri applicativi, ma anche flessibilità e facilità d’uso, quasi a testimoniare che lo strumento viene visto soprattutto come finalizzato all’uso da parte dell’utente finale. Per il medesimo motivo viene visto come fattore critico l’assistenza, soprattutto da parte delle PMI.
Il costo è ritenuto rilevante per i piccoli, non determinate per le grandi strutture.
Problemi connessi all'introduzione della BI
Un aspetto che sembra accomunare aziende di ogni dimensione è invece la valutazione dei principali ostacoli all’introduzione della BI. Come ci si poteva aspettare il principale freno è costituito dalla necessità di dovere lavorare molto per ottenere la migliore quantità e qualità dei dati. Stupisce un pochino la buona percentuale di intervistati che addebitano allo scarso successo della BI lo scarso commitment in struttura grandi, mentre non stupisce vedere citate la resistenza al cambiamento e la difficoltà di modificare i processi in funzione delle competenze acquisite.
Ancora una volta si evidenzia la differente visione tra PMI e grandi aziende sulla valutazione degli impatti, predominanti sui processi per le prime, sulle risorse per le seconde, evidentemente legato alla capacità, da parte di aziende con catene di comando più corte, di percepire meglio l’effetto dell’adozione di sistemi specifici, mentre tale impatto risulta evidentemente stemperato in organizzazioni con strutture complesse.
Politecnico e Bocconi
In questi giorni mi è accaduto di leggere anche un articolo su una analoga iniziativa della Bocconi, neoi prossimi giorni proverò ad analizzarne le differenze.
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis,
Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
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Tuesday, December 2, 2008
Facebook Connect: il nuovo passo del social network più dinamico degli ultimi anni

Se si dovesse assegnare la palma d'ora della creatività tra i social network di grande successo questa probabilmente finirebbe a Facebook.
Da quando la creatura di Zucker era aperta solo agli studenti dei college americani ed era distanziata, per milioni di utenti dal colosso MySpace. Non escludo che esistano reltà più creative ed innovative ma la mia affermazione è relativa al grado di successo ottenuto e quindi commisurata alle difficoltà introdotte da una crescita cosi repentina e dall'acquisizione di una "responsabilità" di mercato.
L'arma vincente della rincorsa fu agli inizi proprio la disponibilità di API e l'integrabilità della piattaforma con applicazioni terze; già allora, quando mi era solo possibile leggere le cronache sull'uso del SN, mi sembrava fosse una corretta interpretazione del fenomeno Social, a dispetto della sostanziale chiusura del più accreditato rivale. In diverse presentazioni che ho fatto, anche all'interno di aziende che cominciavano ad approcciare i modelli di social network, indicavo quello di Facebook quale quello a maggiore potenzialità di crescita.
Questo implicava ovviamente che, ancora più che per i SN in generale, un'esperienza come Facebook richiedeva un'ampia cessione delle proprie prerogative di controllo di diretto sugli utenti, ma al tempo stesso, questa politica di apertura avrebbe rappresentato un vantaggio proprio nei processi di fidelizzazione.
Oggi Facebook conta più utenti di MySpace (ma questo secondo raccoglie molta più pubblicità) ed in Italia, negli ultimi mesi, ha vissuto un'impressionante esplosione.La mia seconda utenza (la prima l'avevo cancellata dopo un periodo di studio) ha vivacchiato ignorata per mesi, poi improvvisamente è cominciato un boom di contatti, da parte di persone che non mi sarei aspettato di trovare su un SN.
Ora Facebook consente di utilizzare le stesse credenziali di accesso per altri siti, offrendo possibilità ulteriori di social networking e, come riportato da un articolo di Repubblica, "Jeremiah Owyang, analista di Forrester Research, già vede oltre e prevede che Facebook Connect farà diffondere la moda dei social network anche sui siti aziendali, ora molto spesso grigi e statici. A qualunque sito basterà aderire all'iniziativa, infatti, per mettersi un cappello da social network."
Come il medesimo articolo fa notare non è una novità assoluta, ma occorre osservare che se prima Facebook si trovava nella condizione di inseguire e quindi con la necessità di osare, oggi è nella auspicabile, ma più critica, condizione di leader, ovvero nella quale si possono correre alti rischi che una decisione sbagliata metta a repentaglio il consolidato piuttosto che condurre a passi in avanti.
In generale ritengo che il management di Facebook abbia avuto in passato ed ancora ora un buon fiuto nel capire come anticipare trend o addirittura arrivare a determinarne nuovi, staremo a vedere se riuscirà a capire come saprà reagire quando si diffonderà una prevedibile ondata di riflusso da Facebook.
Friday, November 7, 2008
La manipolazione dell'informazione passa anche dalla Rete: il caso piazza Navona, gli anticorpi del web ed il costo del'informazione libera.La cronaca
Nei giorni scorsi ho provato ad analizzare i casi di informazione e disinformazione sul web registratisi in occasione degli scontri di piazza Navona, il post era "tecnico", non politico, ovvero mirava a capire se era possibile reperire informazione libera e completa in rete e quale costo umano ciò comportava. Ho pensato di far seguire a quell'analisi la cronaca della mia ricerca per condividerla in dettaglio.
I primi incidenti raccontati in diretta da Curzio Maltese
Sono Partito dall'intervista a Curzio Maltese, giornalista certamente connotabile politicamente, ma ritengo serio e non certamente disponibile a rovinarsi la reputazione raccontando balle evidenti. L'avevo ascoltato in diretta, una delle prime testimonianze ed aveva raccontato di aver visto in azione picchiatori di destra prendersela con dei ragazzini al grido Duce Duce, ignorati dalla polizia. Anzi ribadisce il ruolo della polizia e parla anche di un "capo" sulla cinquantina, certo non uno studente. Singolare che come vedrete in un altro video anche uno degli speaker dell'altra parte sembra un po' più che un ripetente... Maltese parla di cose viste e ci tiene a specificarlo, ma essendo comunque una testimonianza senza supporto di immagini la devo considerare meno credibile perchè non mi permette di valutare direttamente di persona cosa è successo.
Ancor meno devo tenere in considerazione testimonianze varie, che parlano di come alcuni poliziotti parlano del fatto che in piazza Navona stanno arrivando collettivi studenteschi e centri sociali (sinistra) e loro devono andare a "proteggere i nostri" ma aggiungono "non subito". Non voglio negare che i fatti siano veri, ma non essendo testimonianza oggettive e di fonti certe preferisco non prenderle in considerazione
Le testimonianze del Blocco Studentesco
Mi imbatto allora in un video prodotto dal blocco studentesco (destra) . Il video, ripreso dal camioncino da cui parla uno speaker, è girato con una telecamera e mostra con evidenza che mentre il ragazzo manda messaggi pacifici "ne rossi ne neri ma liberi pensieri" arriva nella piazza un gruppo nutrito di ragazzi di sinistra, tenuto a distanza inizialmente da un fragile servizio d'ordine. D'un tratto gli ultimi arrivati caricano, apparentemente senza provocazione. Immagini contenute anche in altri filmati.
C'era stata la provocazione dei pestaggi precedenti di cui parla Maltese?
Il giorno successivo la situazione non è chiara
Chissà, non trovo filmati significativi, le uniche cose che si possono notare sono che, all'arrivo dei centro sociali, immediatamente, quelli del blocco studentesco si armano tutti, con spranghe che erano sul camion, e formano una specie di blocco, come la falange romana. Non sembrano più pacifici studenti, ma sguardo ed aspetto sono di provocazione, la spranga in mano non è rassicurante ed in altri video si sente qualcuno comandare "tenete la linea, tenete la linea" mentre una ragazza urla di non andare via se attaccano, di rimanere li, fino a "nuove direttive". Organizzazione molto precisa che include la telecamera che documenterà l'assalto.
Questo arriva effettivamente dopo un po', con i ragazzi di destra a proteggersi le spalle reciprocamente e gli altri a tirare tavoli e sedie di un vicino bar. La sensazione è che i primi fossero organizzati e preparati mentre gli altri arrivano ad onde, molto più numerosi ma un po' improvvisati.
Fino a qui la cronaca mi diceva che un gruppo di destra protestava con gli altri (testimoniato dal fatto che intorno al camion c'erano tanti studenti) e che all'arrivo di studenti di sinistra questi ultimi erano partiti all'assalto. Quelli del blocco studentesco erano preparati (con spranghe) e avevano un atteggiamento provocatorio, ma nulla che giustificasse l'assalto degli altri. Nessuna immagine dei pestaggi precedenti riferiti da più di uno
Premessa: nessun "assalto" è giustificabile ma è evidente che talvolta esiste una responsabilità di chi provoca affinché si realizzino situazioni di scontro.
In ogni caso dopo alcuni minuti arriva la polizia e quelli di destra si ritraggono, quelli che un minuto prima erano in piedi a sfidare con audacia avversari che erano in numero molto superiore, sono ora a terra come fossero feriti gravi.
Arrivano nuovi contributi: informazione o rumore?
Ma la cronaca si arricchisce, un video montato estrapola alcune immagini e indica un ragazzo con la maglia blu come una sorta di infiltrato della polizia. Alcune osservazioni sono francamente delle forzature, ma rivedendo anche le altre immagini effettivamente questo ragazzo è sempre nei punti caldi, non subisce particolari "attenzioni" dalla polizia quando questa carica, anzi, spesso al cellulare, sembra dare indicazioni e chiacchiera tranquillamente con agenti.
Arriva, a stretto giro, un nuovo video del blocco studentesco, che intervista il ragazzo e lo descrive come uno storico membro. Entrambi i video non dimostrano e non smentiscono nulla, nessuna prova che il ragazzo sia "omogeneo" alla polizia, niente esclude che il ragazzo, facendo parte del gruppo, non abbia contatti organici con la polizia, pur non essendo un agente.
Quindi fino a qui tante informazioni e tante altre tese sopratutto a smontare le affermazioni degli altri, tante notizie ma nessuna informazione e l'amara impressione che ognuno racconti solo un pezzo di verità.
La "copertura" dell'informazione arriva anche agli scontri del mattino
Ma nei giorni successivi i contributi, spontanei e non, si aggiungono, con le immagini dei pestaggi a ragazzi da parte di persone di destra. Ma anche immagini dai TG vengono reperite e questo diventa un aspetto interessante. Questo tipo di contributo, inserito in un panorama più ampio diventa un tassello chiarificatore e, a differenza della televisione, diventa un documento permanentemente disponibile ai più, attraverso la sua pubblicazione su YouTube
Questi pestaggi sembrano avere innescato la reazione del nutrito gruppo di sinistra che arriva in piazza Navona senza che la polizia, sul tragitto, li blocchi o si frapponga tra gli uni e gli altri. In questo caso è una ripresa attraverso cellulare evidentemente.
Anche la televisione diventa informazione "permanente" ed on demand su YouTube
In un ulteriore video, questa volta della trasmissione di Santoro, si sente un poliziotto che controlla i ragazzi di destra fermati, li invita tutti a sdraiarsi, tranne il solito ragazzo dalla maglia blu ed un'altro tra quelli più in vista, con camicia a righe, cui si rivolge direttamente in maniera amichevole con "no tu levati francesco". I due si conoscono?
Piano piano ognuno aggiunge tasselli, televisioni, cittadini e gruppi di opinione, da Beppe Grillo ad Antonio Di Pietro, degli eventi di quel giorno e dei giorni successivi, collegati a quello. Non li riporto tutti, non per rendere "parziale" l'informazione, ma solo perchè vi basterà fare una query
su YouTube per vederli tutti. E questo mi sembra un bel passo in avanti verso la libertà di informazione.
Il costo di tenersi informati
Le ricostruzioni alla fine combaciano e permettono il formarsi di una opinione sulla base di riscontri oggettivi, più interessante per il fine del nostro post osservare come da parte di non professionisti (?) della contro informazione ci sino stati dei tentativi, per lo meno, di rappresentare la realtà in maniera parziale, con ricostruzioni che tendevano a confondere più che a chiarire. l'altra conclusione è che ancora la rete sembra essere dotata di quei necessari antivirus che permettono l'emarginazione di iniziative devianti in favore di una informazione più oggettiva. La domanda è piuttosto quella già emersa nel precedente post, quanto tempo ed energie occorre spendere per analizzare un fatto in maniera cosi attenta?
Quanti avranno questa possibilità. o meglio ancora questa volontà di approfondire?
I primi incidenti raccontati in diretta da Curzio Maltese
Sono Partito dall'intervista a Curzio Maltese, giornalista certamente connotabile politicamente, ma ritengo serio e non certamente disponibile a rovinarsi la reputazione raccontando balle evidenti. L'avevo ascoltato in diretta, una delle prime testimonianze ed aveva raccontato di aver visto in azione picchiatori di destra prendersela con dei ragazzini al grido Duce Duce, ignorati dalla polizia. Anzi ribadisce il ruolo della polizia e parla anche di un "capo" sulla cinquantina, certo non uno studente. Singolare che come vedrete in un altro video anche uno degli speaker dell'altra parte sembra un po' più che un ripetente... Maltese parla di cose viste e ci tiene a specificarlo, ma essendo comunque una testimonianza senza supporto di immagini la devo considerare meno credibile perchè non mi permette di valutare direttamente di persona cosa è successo.
Ancor meno devo tenere in considerazione testimonianze varie, che parlano di come alcuni poliziotti parlano del fatto che in piazza Navona stanno arrivando collettivi studenteschi e centri sociali (sinistra) e loro devono andare a "proteggere i nostri" ma aggiungono "non subito". Non voglio negare che i fatti siano veri, ma non essendo testimonianza oggettive e di fonti certe preferisco non prenderle in considerazione
Le testimonianze del Blocco Studentesco
Mi imbatto allora in un video prodotto dal blocco studentesco (destra) . Il video, ripreso dal camioncino da cui parla uno speaker, è girato con una telecamera e mostra con evidenza che mentre il ragazzo manda messaggi pacifici "ne rossi ne neri ma liberi pensieri" arriva nella piazza un gruppo nutrito di ragazzi di sinistra, tenuto a distanza inizialmente da un fragile servizio d'ordine. D'un tratto gli ultimi arrivati caricano, apparentemente senza provocazione. Immagini contenute anche in altri filmati.
C'era stata la provocazione dei pestaggi precedenti di cui parla Maltese?
Il giorno successivo la situazione non è chiara
Chissà, non trovo filmati significativi, le uniche cose che si possono notare sono che, all'arrivo dei centro sociali, immediatamente, quelli del blocco studentesco si armano tutti, con spranghe che erano sul camion, e formano una specie di blocco, come la falange romana. Non sembrano più pacifici studenti, ma sguardo ed aspetto sono di provocazione, la spranga in mano non è rassicurante ed in altri video si sente qualcuno comandare "tenete la linea, tenete la linea" mentre una ragazza urla di non andare via se attaccano, di rimanere li, fino a "nuove direttive". Organizzazione molto precisa che include la telecamera che documenterà l'assalto.
Questo arriva effettivamente dopo un po', con i ragazzi di destra a proteggersi le spalle reciprocamente e gli altri a tirare tavoli e sedie di un vicino bar. La sensazione è che i primi fossero organizzati e preparati mentre gli altri arrivano ad onde, molto più numerosi ma un po' improvvisati.
Fino a qui la cronaca mi diceva che un gruppo di destra protestava con gli altri (testimoniato dal fatto che intorno al camion c'erano tanti studenti) e che all'arrivo di studenti di sinistra questi ultimi erano partiti all'assalto. Quelli del blocco studentesco erano preparati (con spranghe) e avevano un atteggiamento provocatorio, ma nulla che giustificasse l'assalto degli altri. Nessuna immagine dei pestaggi precedenti riferiti da più di uno
Premessa: nessun "assalto" è giustificabile ma è evidente che talvolta esiste una responsabilità di chi provoca affinché si realizzino situazioni di scontro.
In ogni caso dopo alcuni minuti arriva la polizia e quelli di destra si ritraggono, quelli che un minuto prima erano in piedi a sfidare con audacia avversari che erano in numero molto superiore, sono ora a terra come fossero feriti gravi.
Arrivano nuovi contributi: informazione o rumore?
Ma la cronaca si arricchisce, un video montato estrapola alcune immagini e indica un ragazzo con la maglia blu come una sorta di infiltrato della polizia. Alcune osservazioni sono francamente delle forzature, ma rivedendo anche le altre immagini effettivamente questo ragazzo è sempre nei punti caldi, non subisce particolari "attenzioni" dalla polizia quando questa carica, anzi, spesso al cellulare, sembra dare indicazioni e chiacchiera tranquillamente con agenti.
Arriva, a stretto giro, un nuovo video del blocco studentesco, che intervista il ragazzo e lo descrive come uno storico membro. Entrambi i video non dimostrano e non smentiscono nulla, nessuna prova che il ragazzo sia "omogeneo" alla polizia, niente esclude che il ragazzo, facendo parte del gruppo, non abbia contatti organici con la polizia, pur non essendo un agente.
Quindi fino a qui tante informazioni e tante altre tese sopratutto a smontare le affermazioni degli altri, tante notizie ma nessuna informazione e l'amara impressione che ognuno racconti solo un pezzo di verità.
La "copertura" dell'informazione arriva anche agli scontri del mattino
Ma nei giorni successivi i contributi, spontanei e non, si aggiungono, con le immagini dei pestaggi a ragazzi da parte di persone di destra. Ma anche immagini dai TG vengono reperite e questo diventa un aspetto interessante. Questo tipo di contributo, inserito in un panorama più ampio diventa un tassello chiarificatore e, a differenza della televisione, diventa un documento permanentemente disponibile ai più, attraverso la sua pubblicazione su YouTube
Questi pestaggi sembrano avere innescato la reazione del nutrito gruppo di sinistra che arriva in piazza Navona senza che la polizia, sul tragitto, li blocchi o si frapponga tra gli uni e gli altri. In questo caso è una ripresa attraverso cellulare evidentemente.
Anche la televisione diventa informazione "permanente" ed on demand su YouTube
In un ulteriore video, questa volta della trasmissione di Santoro, si sente un poliziotto che controlla i ragazzi di destra fermati, li invita tutti a sdraiarsi, tranne il solito ragazzo dalla maglia blu ed un'altro tra quelli più in vista, con camicia a righe, cui si rivolge direttamente in maniera amichevole con "no tu levati francesco". I due si conoscono?
Piano piano ognuno aggiunge tasselli, televisioni, cittadini e gruppi di opinione, da Beppe Grillo ad Antonio Di Pietro, degli eventi di quel giorno e dei giorni successivi, collegati a quello. Non li riporto tutti, non per rendere "parziale" l'informazione, ma solo perchè vi basterà fare una query
su YouTube per vederli tutti. E questo mi sembra un bel passo in avanti verso la libertà di informazione.
Il costo di tenersi informati
Le ricostruzioni alla fine combaciano e permettono il formarsi di una opinione sulla base di riscontri oggettivi, più interessante per il fine del nostro post osservare come da parte di non professionisti (?) della contro informazione ci sino stati dei tentativi, per lo meno, di rappresentare la realtà in maniera parziale, con ricostruzioni che tendevano a confondere più che a chiarire. l'altra conclusione è che ancora la rete sembra essere dotata di quei necessari antivirus che permettono l'emarginazione di iniziative devianti in favore di una informazione più oggettiva. La domanda è piuttosto quella già emersa nel precedente post, quanto tempo ed energie occorre spendere per analizzare un fatto in maniera cosi attenta?
Quanti avranno questa possibilità. o meglio ancora questa volontà di approfondire?
Thursday, November 6, 2008
La manipolazione dell'informazione passa anche dalla Rete: il caso piazza Navona, gli anticorpi del web ed il costo del'informazione libera
Ho provato a verificare la capacità della rete di fornire informazione in occasione dei recenti scontri di Piazza Navona.
L'episodio, infatti, si prestava a ad essere letto in diversi modi e contenteneva in se alcuni elementi caratteristici che lo rendevano evento adatto a produrre disinformazione. Ed in effetti così mi sembra sia stato. Mi sono interessato a questo episodio, proprio per verificare se in condizioni di particolare stress e in presenza di interessi particolari divergenti, internet permettesse la formazione di una libera opinione basata però solo sull'evidenza dei fatti.
La Rete può essere manipolata o delegittimata?
E' da tempo infatti che sono assalito dal dubbio che questo tipo di media di informazione possa essere soggetto ad un'azione tesa a deleggittimarne il valore. Questa azione può essere per alcuni consapevole, quelli che ovviamente detengono le fonti di informazione e si vedono scavalcati da forme così ampie di partecipazione. Purtroppo proprio questa larghissima diffusione fa si che molti altri, anche inconsciamente, pubblichino informazione falsa e/o fuorviante. Ma questo credo sia il rischio che si corre in questi casi e che è insito nella natura stessa del fenomeno collaborativo.
Troppi interessi contrapposti
Torniamo però al caso in esame e proviamo a riassumere le criticità che lo connotavano: scontro tra ragazzi di destra e sinistra, immediatamente dopo le dichiarazioni di Cossiga che invitava Maroni ad infiltrare agenti, per provocare scontri e poterli reprimere con la violenza. Abbiamo anche assistito alle dichiarazioni (subito smentite) di Berlusconi circa l'uso della polizia. Aggiungiamo infine che si osserva, in questi ultimi mesi, una certa contrapposizione tra stampa tradizionale e blogger, un bel miscuglio che non prometteva nulla di buono.
Ricostruzioni di parte e diverse "realtà"
Confesso che la prima impressione è stata abbastanza negativa, nel senso che nei primi giorni, dopo lunghe ricerche e visioni di materiale in rete, non ero arrivato ad una conclusione credibile e la cosa mi aveva lasciato un po' sconfortato. Credo infatti come tanti che la rete sia una grande opportunità di informazione, ma esiste il pericolo di cui ho parlato, ovvero che qualcuno cerchi di minarne la credibilità rendendo quindi oscuri gli eventi.
Questo mi sembrava uno di quei casi.
I filmati prodotti dall'una e dall'altra parte sono parziali e tendono a rappresentare i fatti, spesso, solo per accreditare una tesi al posto di un'altra. C'è chi racconta una parte delle verità, che quindi diventa credible e funzionale a dimostrare le proprie ragioni, chi desume dalle immagini presunte informazioni. Queste ultime sono "credibili", per come sono presentate, e possono essere di per se vere, ma poichè le immagini sono tali da essere spiegate anche in maniera opposta, è difficile arrivare ad una conclusione oggettiva.
Nei giorni successivi si sono aggiunti nuovi contributi che hanno contribuito a fare un po' di chiarezza, in questa ricerca fa la parte del leone YouTube, che diventa un'immensa libreria di reportage, che possono permettere di ricostruire gli eventi, ma proprio perchè questi sono "atomici", permettono anche di ricostruire "realtà" diverse. Alla fine mi sembra di essere giunto alla ricostruizione delle giornata e ciò mi ha dato soddisfazione e fiducia nella Rete, ha risposto insomma positivamente alla domanda iniziale, ma purtroppo ne ha determinato immediatamente una conseguente.
Il costo dell'informazione sul web e la concorrenza della televisione
Ma quale è il prezzo di questa informazione? Quanto tempo ho dovuto impiegare per avere una risposta e quanti sono disponbili ad impiegarlo in un'operazione di questo genere. La conclusione è che effettivamente l'informazione web appare, nel complesso, più libera e meno manovrata, che di contro i manovratori sono ovviamente all'opera anche su Internet, ma sopratutto è la fruizione di questa conoscenza ad essere costosa in termini di risorse personali e, per questa ragione, ancora per un po' destinata ad essere minoritaria rispetto al broadcasting televisivo, cosi semplice da seguire e cosi facile da "orientare" da parte di chi la eroga.
per chi ha tempo e voglia domani ne pubblicherò una blogocronaca
L'episodio, infatti, si prestava a ad essere letto in diversi modi e contenteneva in se alcuni elementi caratteristici che lo rendevano evento adatto a produrre disinformazione. Ed in effetti così mi sembra sia stato. Mi sono interessato a questo episodio, proprio per verificare se in condizioni di particolare stress e in presenza di interessi particolari divergenti, internet permettesse la formazione di una libera opinione basata però solo sull'evidenza dei fatti.
La Rete può essere manipolata o delegittimata?
E' da tempo infatti che sono assalito dal dubbio che questo tipo di media di informazione possa essere soggetto ad un'azione tesa a deleggittimarne il valore. Questa azione può essere per alcuni consapevole, quelli che ovviamente detengono le fonti di informazione e si vedono scavalcati da forme così ampie di partecipazione. Purtroppo proprio questa larghissima diffusione fa si che molti altri, anche inconsciamente, pubblichino informazione falsa e/o fuorviante. Ma questo credo sia il rischio che si corre in questi casi e che è insito nella natura stessa del fenomeno collaborativo.
Troppi interessi contrapposti
Torniamo però al caso in esame e proviamo a riassumere le criticità che lo connotavano: scontro tra ragazzi di destra e sinistra, immediatamente dopo le dichiarazioni di Cossiga che invitava Maroni ad infiltrare agenti, per provocare scontri e poterli reprimere con la violenza. Abbiamo anche assistito alle dichiarazioni (subito smentite) di Berlusconi circa l'uso della polizia. Aggiungiamo infine che si osserva, in questi ultimi mesi, una certa contrapposizione tra stampa tradizionale e blogger, un bel miscuglio che non prometteva nulla di buono.
Ricostruzioni di parte e diverse "realtà"
Confesso che la prima impressione è stata abbastanza negativa, nel senso che nei primi giorni, dopo lunghe ricerche e visioni di materiale in rete, non ero arrivato ad una conclusione credibile e la cosa mi aveva lasciato un po' sconfortato. Credo infatti come tanti che la rete sia una grande opportunità di informazione, ma esiste il pericolo di cui ho parlato, ovvero che qualcuno cerchi di minarne la credibilità rendendo quindi oscuri gli eventi.
Questo mi sembrava uno di quei casi.
I filmati prodotti dall'una e dall'altra parte sono parziali e tendono a rappresentare i fatti, spesso, solo per accreditare una tesi al posto di un'altra. C'è chi racconta una parte delle verità, che quindi diventa credible e funzionale a dimostrare le proprie ragioni, chi desume dalle immagini presunte informazioni. Queste ultime sono "credibili", per come sono presentate, e possono essere di per se vere, ma poichè le immagini sono tali da essere spiegate anche in maniera opposta, è difficile arrivare ad una conclusione oggettiva.
Nei giorni successivi si sono aggiunti nuovi contributi che hanno contribuito a fare un po' di chiarezza, in questa ricerca fa la parte del leone YouTube, che diventa un'immensa libreria di reportage, che possono permettere di ricostruire gli eventi, ma proprio perchè questi sono "atomici", permettono anche di ricostruire "realtà" diverse. Alla fine mi sembra di essere giunto alla ricostruizione delle giornata e ciò mi ha dato soddisfazione e fiducia nella Rete, ha risposto insomma positivamente alla domanda iniziale, ma purtroppo ne ha determinato immediatamente una conseguente.
Il costo dell'informazione sul web e la concorrenza della televisione
Ma quale è il prezzo di questa informazione? Quanto tempo ho dovuto impiegare per avere una risposta e quanti sono disponbili ad impiegarlo in un'operazione di questo genere. La conclusione è che effettivamente l'informazione web appare, nel complesso, più libera e meno manovrata, che di contro i manovratori sono ovviamente all'opera anche su Internet, ma sopratutto è la fruizione di questa conoscenza ad essere costosa in termini di risorse personali e, per questa ragione, ancora per un po' destinata ad essere minoritaria rispetto al broadcasting televisivo, cosi semplice da seguire e cosi facile da "orientare" da parte di chi la eroga.
per chi ha tempo e voglia domani ne pubblicherò una blogocronaca
Thursday, October 23, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte sesta).
Precedenti paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Eccoci finalmente al termine di questo lungo racconto con la valutazione del dato più interesante per noi ovvero
Percentuale di conversione e numero di iscrizioni
Il risultato è stato molto positivo, anche se occorre onestamente riconoscere che non è stato travolgente come i dati riguardanti le richieste di informazioni:
+ 5% del numero di iscritti nel mese rispetto all’anno precedente
L’aumento diventa più significativo se si considera il periodo di associazione che porta l’incremento a +7% e ancora di più se il periodo di osservazione parte da luglio (+16% rispetto all'analogo periodo delle scorso anno).
Tornando poi al mese di settembre l’aumento è dell’ 8% relativamente ai soli utenti NEW.
L’incremento di iscrizioni, seppur molto buono, ha un ordine di grandezza diverso rispetto ai Tour ma questo era in parte messo in conto per diverse ragioni
Ulteriori considerazioni
La prima è che il risultato dello scorso anno era largamente influenzato da un evento irripetibile che ha portato in palestra, contemporaneamente, un bel numero di nuovi associati. Un evento questo esterno ed indipendente dalla nostre possibilità di intervento, quindi assolutamente straordinario, per cui se i suoi effetti si estrapolassero dai risultati dello scorso anno, il miglioramento ottenuto schizzerebbe verso il 50% di New in più.
Spero di non forzare l'analisi ma in realtà trovo riscontro nel fatto che l’aumento (reale) medio rispetto ai due anni precedenti è del 40% circa.
La seconda ha un carattere più di interpretazione sociale. L’età media dei nuovi iscritti si è notevolmente abbassata rispetto all’anno precedente, evidentemente in relazione alla tipologia di canale preferenziale, il web, utilizzato per farci conoscere. Questo è un dato che ci aiuterà a riflettere nelle future programmazioni
Conclusioni
L’attività ha dato i frutti molto positivi anche se, alcune condizioni non ci hanno permesso oggettivamente di raccogliere il massimo: dalla non sistematicità della mia azione, che si è tradotta nel non avere messo in campo tutte le azioni possibili e con la costanza necessaria. Inoltre Il periodo internazionale non felice ha contribuito negativamente, ma in questo caso forse va ribaltato il punto di vista, ovvero c’è da chiedersi: cosa sarebbe successo se non avessimo fatto tutto ciò?
Ci troveremmo probabilmente di fronte ad un risultato largamente negativo anziché ad uno positivo.
In ogni caso, sia che l'aumento sia quello oggettivamente registrato che quello ipotizzato sulla base delle estrapolazioni descritte, c'è ancora un buon margine di miglioramento soprattutto nella percentuale di conversione dei contatti in iscritti, attività questa che ha un po' abbassato i potenziali risultati dell'aumento di Tour effettuati. E' probabile che il web ha portato in palestra una nuova tipologia di utenti con i quali occorre studiare la migliore modalità di approccio.
Due variabili però andrebbero valutate, alla fine, per dare un peso reale a tutto ciò, una quantitativa, ovvero il tempo da me dedicato a questa esperienza, ed una qualitativa, cioè il fatto che la mia attività professionale mi ha dato come un background ed una conoscenza adeguata a portarla avanti. Difficile valutarle per capire il rapporto costi/ricavi, ma sono convinto che se questo rientrasse nell’attività primaria di una persona si otterrebbero risultati molto migliori, così come, continuando a lavorare in questa maniera, ci sarà la possibilità di ulteriori miglioramenti e il consolidamento dei precedenti.
Ritengo infine che una persona più giovane, quindi naturalmente più in sintonia con gli schemi di comunicazione tipici dell’utenza target del web, possa in questo caso realizzare meglio di me l’attività quotidiana di relazione e promozione.
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Eccoci finalmente al termine di questo lungo racconto con la valutazione del dato più interesante per noi ovvero
Percentuale di conversione e numero di iscrizioni
Il risultato è stato molto positivo, anche se occorre onestamente riconoscere che non è stato travolgente come i dati riguardanti le richieste di informazioni:
+ 5% del numero di iscritti nel mese rispetto all’anno precedente
L’aumento diventa più significativo se si considera il periodo di associazione che porta l’incremento a +7% e ancora di più se il periodo di osservazione parte da luglio (+16% rispetto all'analogo periodo delle scorso anno).
Tornando poi al mese di settembre l’aumento è dell’ 8% relativamente ai soli utenti NEW.
L’incremento di iscrizioni, seppur molto buono, ha un ordine di grandezza diverso rispetto ai Tour ma questo era in parte messo in conto per diverse ragioni
- Periodo economico negativo
- L’aumento della comunicazione ha portato anche molte persone solo genericamente interessate
- Un politica adottata quest’anno di prove libere ha spostato ad ottobre qualche potenziale iscrizione
Ulteriori considerazioni
La prima è che il risultato dello scorso anno era largamente influenzato da un evento irripetibile che ha portato in palestra, contemporaneamente, un bel numero di nuovi associati. Un evento questo esterno ed indipendente dalla nostre possibilità di intervento, quindi assolutamente straordinario, per cui se i suoi effetti si estrapolassero dai risultati dello scorso anno, il miglioramento ottenuto schizzerebbe verso il 50% di New in più.
Spero di non forzare l'analisi ma in realtà trovo riscontro nel fatto che l’aumento (reale) medio rispetto ai due anni precedenti è del 40% circa.
La seconda ha un carattere più di interpretazione sociale. L’età media dei nuovi iscritti si è notevolmente abbassata rispetto all’anno precedente, evidentemente in relazione alla tipologia di canale preferenziale, il web, utilizzato per farci conoscere. Questo è un dato che ci aiuterà a riflettere nelle future programmazioni
Conclusioni
L’attività ha dato i frutti molto positivi anche se, alcune condizioni non ci hanno permesso oggettivamente di raccogliere il massimo: dalla non sistematicità della mia azione, che si è tradotta nel non avere messo in campo tutte le azioni possibili e con la costanza necessaria. Inoltre Il periodo internazionale non felice ha contribuito negativamente, ma in questo caso forse va ribaltato il punto di vista, ovvero c’è da chiedersi: cosa sarebbe successo se non avessimo fatto tutto ciò?
Ci troveremmo probabilmente di fronte ad un risultato largamente negativo anziché ad uno positivo.
In ogni caso, sia che l'aumento sia quello oggettivamente registrato che quello ipotizzato sulla base delle estrapolazioni descritte, c'è ancora un buon margine di miglioramento soprattutto nella percentuale di conversione dei contatti in iscritti, attività questa che ha un po' abbassato i potenziali risultati dell'aumento di Tour effettuati. E' probabile che il web ha portato in palestra una nuova tipologia di utenti con i quali occorre studiare la migliore modalità di approccio.
Due variabili però andrebbero valutate, alla fine, per dare un peso reale a tutto ciò, una quantitativa, ovvero il tempo da me dedicato a questa esperienza, ed una qualitativa, cioè il fatto che la mia attività professionale mi ha dato come un background ed una conoscenza adeguata a portarla avanti. Difficile valutarle per capire il rapporto costi/ricavi, ma sono convinto che se questo rientrasse nell’attività primaria di una persona si otterrebbero risultati molto migliori, così come, continuando a lavorare in questa maniera, ci sarà la possibilità di ulteriori miglioramenti e il consolidamento dei precedenti.
Ritengo infine che una persona più giovane, quindi naturalmente più in sintonia con gli schemi di comunicazione tipici dell’utenza target del web, possa in questo caso realizzare meglio di me l’attività quotidiana di relazione e promozione.
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Tuesday, October 21, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte quinta).

altri paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione
> i risultati: iscrizioni
Come ho detto la nostra è una piccola associazione, che vive grazie al numero degli associati, e che si trova a subire la concorrenza delle multinazionali del Fitness, quindi, nella cronica carenza di budget, ci siamo aggrappati alle possibilità offerte dal Web e dal Social Networking.
I risultati mi sembrano molto interessanti, in considerazione anche che non c’è ne un SEO ne un SEM e neppure un grafico (e si vede... :) ) nel nostro team. Ma in realtà quella che è stata una necessità è diventata anche una scelta, trasformando un problema in una opportunità; avevamo deciso infatti di non dare l’impressione di essere una palestra “patinata”, ma piuttosto di essere un ruspante network di amici e credo che abbia funzionato per costruire quell’approccio “friendly” che avevamo scelto. Anche la qualità dei video non è stata volutamente ricercata, in quanto abbiamo immaginato che dovevano essere come quelli postati dai tanti ragazzi su YouTube, piuttosto che come molti video promozionali che si trovano in giro.
Richieste di informazioni, i vecchi ed i nuovi
Abbiamo diviso i contatti tra quelli di vecchi associati e nuovi, perché da un lato occorre capire se si ha la capacità di attrarre nuovi associati (NEW, perché questo permette la crescita), dall’altro il rientro di vecchi associati testimonia la costanza della qualità del servizio nel tempo e permette di consolidare i risultati negli anni.
Complessivamente le richieste di informazioni (TOUR) sono aumentate del 66%, con punte nella settimana centrale di settembre di +156%, fortemente sbilanciate sui NEW, come vedremo di seguito.
Una (non sistematica) richiesta di come la persona sia venuta a conoscenza della palestra, ha dato concretezza alla nostra sensazione che il forte aumento fosse, in larga parte, determinato da utenti arrivati via web. Ha premiato lo sforzo di indicizzare la pagine del nostro sito, sia in relazione alle attività connesse alla nostro settore, sia relativamente alla localizzazione fisica della palestra e alle principali vie della zona. Non ho dati con un valore statistico preciso, poiché la raccolta delle informazioni non è stata sempre effettuata in maniera costante, ma la maggior parte delle persone ha utilizzato il web per conoscerci, mentre, in misura minore, altre persone sono arrivate a noi per passaparola o per le attività di marketing locale che abbiamo approntato.
Associati e Vecchi Abbonati
Estrapolando le informazioni della tipologia di contatti not NEW la situazione è sostanzialmente pari a quella dell’anno precedente (lieve calo), con un’inversione significativa tra vecchi associati che chiedono di rinnovare (in aumento significativo) e persone che hanno frequentato la palestra anni fa e ritornano (in diminuzione).
L’interpretazione che ne è stata data, verificando anche il mood ed il gradimento, è che la soddisfazione di frequentare un posto che piace funge da stimolo per chi è tuttora associato, mentre probabilmente la situazione economica, piena di tumulti e paura, ha determinato, per molti, una contrazione invece degli investimenti (il fitness non è ovviamente tra le priorità primarie delle famiglie), determinando quella quota in meno di rientri di vecchi utenti non più frequentanti.
Nuovi (NEW)
Diverso il discorso dei NEW, ovvero coloro che non erano mai stati nella nostra palestra e sui quali ci aspettavamo di ottenere dei risultati grazie all’attività di comunicazione.
Qui i risultati, come premesso all’inizio, sono molto interessanti, trasformando il +66% complessivo in +125% e +408% nella settimana citata all’inizio.
La cosa interessante è stata, come riportato in alcuni post precedenti, che uno dei risultati ottenuti dall’impostazione data al sito è stata quella di parlare spesso con persone che avevano già chiaro in mente cosa potevano aspettarsi dalla palestra e che addirittura riuscivano a riconoscere ed avere familiarità con alcuni degli istruttori che comparivano nei video.
L’incognita a questo punto era quella di capire, a fine periodo, quale sarebbe stato il tasso di conversione di tutti questi leads, da contatto ad iscritto. Da un lato assistevamo ad un crescente ingresso di nuove persone, con la consapevolezza che, rispetto al passato, aumentava la quantità di persone che sarebbero passate solo per chiedere informazioni, mentre, in precedenza, chi arrivava, per essere stato indirizzato da altri, era già ben predisposto nei nostri confronti.
Dall’altro eravamo ansiosi di capire se l’approccio, non completamente commerciale, del nostro website avrebbe dato alle persone che ci contattavano un’adeguata rappresentazione dello spirito con cui viviamo il fitness e la gestione della palestra.
Mi lascio sempre un po' prendere dalla voglia di chiacchierare ed il limite medio (abbondantemente superato) utilizzato per testi sul web mi impone (consiglia) di rimandarvi a domani per le conclusioni ed il tasso di coonversione , spezzando questo che voleva essere l'ultimo post in due parti.
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web 2.0
Wednesday, October 15, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte quarta).
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Dopo i primi post sulle azioni intraprese per fare comunicazione siamo arrivati dunque ad analizzare i risultati pratici dell’attività svolta fino ad ora, anche se fa sempre un po’ effetto trattare una associazione come un’impresa con necessità di marketing. Occorre dire anche che è un approccio obbligato, come per tutte quelle organizzazioni che fanno Fund Raising e la cui ragione di esistere è costituita proprio dall’attività promozionale finalizzata alla raccolta di fondi da ridistribuire.
Parametri di riferimento
Faccio una premessa obbligata che riguarda il mondo del fitness e delle palestre: come è ovvio immaginare settembre è il periodo forse più intenso dell’anno, perché tutti rientrano dalle vacanze e sentono il bisogno di riprendere un percorso, spesso interrotto con l’approssimarsi delle vacanze.
Per questa ragione le metriche di riferimento vanno individuate in un corretto ambito temporale, riferito più al medesimo periodo dello scorso anno, che ai mesi immediatamente precedenti.
Utilizzeremo alcuni parametri, ovvero:
Per la verità un bilancio più completo andrebbe stilato a fine ottobre ma già i dati di settembre sono interessanti.
Accessi al sito
In questo caso il parametro di riferimento relativo al medesimo mese dell’anno precedente non è significativo, in quanto il sito all’epoca era stato appena pubblicato. Nei primi mesi, in cui il sito era una novità, gli accessi erano ovviamente bassi e quindi l’incremento percentuale in genere significativo, ma non per questo da considerarsi significativo. Nei mesi tra febbraio e marzo la situazione ha teso a stabilizzarsi, con un incremento medio mensile intorno al 7 %, ma con un numero di pagine lette sostanzialmente stabile, a testimoniare che dopo i primi periodi di curiosità anche da parte degli associati, il sito veniva consultato essenzialmente per le principali informazioni, quindi piuttosto brevemente dai nuovi utenti.
Accessi al sito – risultati approccio “social”
Da giugno, quando abbiamo cominciato a pubblicare video ed altri contenuti e cominciata l’attività di dissemination sul web, obbiamo osservato che
Credo che debba essere considerato un ottimo risultato anche in relazione al periodo, che visto l’approssimarsi della bella stagione non rappresenta uno dei periodi più intensi, con un calo sistematico di tutti gli indicatori (numero di associati, richieste di informazioni).
Picco di richieste
Il primo mese di riapertura (ultima settimana di agosto- ultima settimana di settembre), complice il periodo, ha registrato numeri interessanti
+164% nelle visite,
+238% per le pagine viste,
+13% il tempo medio
al 42% (in calo dal 48%) la percentuale di rimbalzo.
Da notare che in una condizione di particolare intensità, la percentuale degli utenti arrivati attraverso motori di ricerca è passata da circa a 50% a 60%, a testimoniare che Google, in particolar modo, è sempre il modo preferito dai netsurfer per cercare informazioni in rete.
La situazione, ovviamente dopo il picco delle prime settimane, tende ora a stabilizzarsi, ma ancora al momento con il doppio degli accessi rispetto al miglior risultato ottenuto fino a giugno
Il parametro di accessi al sito però, pur essendo interessante per le prospettive che offre, non è comunque sufficiente motivo di soddisfazione, nel prossimo post parleremo di quali sono gli effetti più concreti rispetto alle nostre finalità, ovvero aumentare il numero di iscritti.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Dopo i primi post sulle azioni intraprese per fare comunicazione siamo arrivati dunque ad analizzare i risultati pratici dell’attività svolta fino ad ora, anche se fa sempre un po’ effetto trattare una associazione come un’impresa con necessità di marketing. Occorre dire anche che è un approccio obbligato, come per tutte quelle organizzazioni che fanno Fund Raising e la cui ragione di esistere è costituita proprio dall’attività promozionale finalizzata alla raccolta di fondi da ridistribuire.
Parametri di riferimento
Faccio una premessa obbligata che riguarda il mondo del fitness e delle palestre: come è ovvio immaginare settembre è il periodo forse più intenso dell’anno, perché tutti rientrano dalle vacanze e sentono il bisogno di riprendere un percorso, spesso interrotto con l’approssimarsi delle vacanze.
Per questa ragione le metriche di riferimento vanno individuate in un corretto ambito temporale, riferito più al medesimo periodo dello scorso anno, che ai mesi immediatamente precedenti.
Utilizzeremo alcuni parametri, ovvero:
- incrementi di accesso al sito,
- numero di richieste di informazioni,
- numero di nuove associazioni.
Per la verità un bilancio più completo andrebbe stilato a fine ottobre ma già i dati di settembre sono interessanti.
Accessi al sito
In questo caso il parametro di riferimento relativo al medesimo mese dell’anno precedente non è significativo, in quanto il sito all’epoca era stato appena pubblicato. Nei primi mesi, in cui il sito era una novità, gli accessi erano ovviamente bassi e quindi l’incremento percentuale in genere significativo, ma non per questo da considerarsi significativo. Nei mesi tra febbraio e marzo la situazione ha teso a stabilizzarsi, con un incremento medio mensile intorno al 7 %, ma con un numero di pagine lette sostanzialmente stabile, a testimoniare che dopo i primi periodi di curiosità anche da parte degli associati, il sito veniva consultato essenzialmente per le principali informazioni, quindi piuttosto brevemente dai nuovi utenti.
Accessi al sito – risultati approccio “social”
Da giugno, quando abbiamo cominciato a pubblicare video ed altri contenuti e cominciata l’attività di dissemination sul web, obbiamo osservato che
- la crescita è salita al 23%,
- c'è stato un incremento delle pagine viste del 15%,
- la percentuale di rimbalzo è scesa da oltre 60 a 48%,
- la percentuale di accessi diretti (quindi persone che già ci conoscono) è scesa dal 18-14% al 10%, a testimoniare un buon incremento di nuovi utenti attraverso i motori di ricerca ed i referring sites.
Credo che debba essere considerato un ottimo risultato anche in relazione al periodo, che visto l’approssimarsi della bella stagione non rappresenta uno dei periodi più intensi, con un calo sistematico di tutti gli indicatori (numero di associati, richieste di informazioni).
Picco di richieste
Il primo mese di riapertura (ultima settimana di agosto- ultima settimana di settembre), complice il periodo, ha registrato numeri interessanti
+164% nelle visite,
+238% per le pagine viste,
+13% il tempo medio
al 42% (in calo dal 48%) la percentuale di rimbalzo.
Da notare che in una condizione di particolare intensità, la percentuale degli utenti arrivati attraverso motori di ricerca è passata da circa a 50% a 60%, a testimoniare che Google, in particolar modo, è sempre il modo preferito dai netsurfer per cercare informazioni in rete.
La situazione, ovviamente dopo il picco delle prime settimane, tende ora a stabilizzarsi, ma ancora al momento con il doppio degli accessi rispetto al miglior risultato ottenuto fino a giugno
Il parametro di accessi al sito però, pur essendo interessante per le prospettive che offre, non è comunque sufficiente motivo di soddisfazione, nel prossimo post parleremo di quali sono gli effetti più concreti rispetto alle nostre finalità, ovvero aumentare il numero di iscritti.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
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Monday, October 13, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte terza).
Questo post è il proseguimento del racconto sulla promozione on line di una piccola palestra a Milano.
Un elemento che può apparire banale sottolineare riguarda la qualità dei contenti.
Se scelgo di utilizzare un tipo di comunicazione “bidirezionale” ho bisogno di contenuti di qualità, la possibilità di avere un feedback è ovviamente legata a ciò che si dice, anche a prescindere dal ritorno immediato che l’impegno che produrre un articolo richiede e può dare nell’immediato. Si tratta di costruire una reputazione, ma sopratutto di coinvolgere gli utenti, dando loro la percezione chiara di avere un ruolo paritetico nella relazione.
Aprendo una breve parentesi è forse questo il salto di qualità che, ancora oggi, riesce difficile fare per passare ad un modello di comunicazione “2.0”. Accettare di mettersi in discussione ed aprirsi al dialogo, anche se questo presume la possibilità di trovarsi di fronte alle critiche ed implica una cessione delle proprie prerogative di “controllo dell’informazione”. L’accettazione di questo nuovo paradigma riesce difficile tutt’ora per molte aziende abituate alla tradizionale comunicazione “push” e “broadcast”.
Abbiamo quindi cercato di alimentare il sito web anche di contenuti diversi, divulgativi, relativi sia allo sport che ad altri temi meno attinenti, abbinando questa attività redazionale con una parallela attività di pubblicazione sui siti di citizen journalism e bookmarking. Ho trovato molto interessante il riscontro in termini di accesso da siti come Wikio per esempio. E’ ovvio che abbiamo dovuto puntare su contenuti che in qualche modo potessero interessare persone diverse dai nostri associati e ancora una volta devo dire che tra i più votati dai lettori sono stati proprio i video.
La maggior parte di questi siti sono gratuiti, ma ci è sembrato necessario sottoscrivere anche piccoli abbonamenti con portali specializzati, la cui resa, in termini di contatti, è da considerarsi a consuntivo molto positiva e proficua in termini di rapporto costi/benefici.
Portali specializzati e di settore, ma non solo Web
Un po’ più impegnativo il discorso su servizi molto affermati quali per esempio le Pagine Gialle. Fino all’anno precedente l’investimento, in verità un po’ oneroso, era concentrato molto sul cartaceo, mentre ora è più sbilanciato sull’online. Come dicevo l’impegno è ben differente rispetto agli altri, ma al momento sembra ancora uno strumento molto utilizzato, sopratutto grazie alla localizzazione fine che consente, ed inoltre, grazie alla partnership con Google, sono certamente un access point preferenziale. Nei nostri contatti informativi con nuove persone abbiamo riscontrato che diversi arrivano a noi attraverso tale canale (quasi esclusivamente però la versione on line) e valuteremo nel corso dei prossimi mesi il reale rapporto costi / benefici, in base a statistiche di accesso al sito, rilevazioni sui contatti diretti e percentuali di conversione contatto/associato.
Può sembrare strano ma al momento non ho ancora testato l’efficacia dell’advertising di Google, che da molte fonti viene indicato come molto positivo, ma la necessità di far rendere al meglio il nostro limitato budget ci ha fatto propendere per partire con l’essenziale e con il testare gli strumenti fin qui adottati e i di cui risultati non erano stati valutati prima in maniera totalmente oggettiva.
Strumenti di comunicazione tradizionale
Naturalmente vista la necessità di comunicazione locale non abbiamo disdegnato mezzi più tradizionali, come volantini alle stazioni della metropolitana vicine o flyer distribuiti in locali e negozi nelle vie adiacenti. Anche il ritorno di queste iniziative è da considerarsi molto interessante come primo step di divulgazione associato all’approfondimento costituito dal website.
paragrafi:
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> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Un elemento che può apparire banale sottolineare riguarda la qualità dei contenti.
Se scelgo di utilizzare un tipo di comunicazione “bidirezionale” ho bisogno di contenuti di qualità, la possibilità di avere un feedback è ovviamente legata a ciò che si dice, anche a prescindere dal ritorno immediato che l’impegno che produrre un articolo richiede e può dare nell’immediato. Si tratta di costruire una reputazione, ma sopratutto di coinvolgere gli utenti, dando loro la percezione chiara di avere un ruolo paritetico nella relazione.
Aprendo una breve parentesi è forse questo il salto di qualità che, ancora oggi, riesce difficile fare per passare ad un modello di comunicazione “2.0”. Accettare di mettersi in discussione ed aprirsi al dialogo, anche se questo presume la possibilità di trovarsi di fronte alle critiche ed implica una cessione delle proprie prerogative di “controllo dell’informazione”. L’accettazione di questo nuovo paradigma riesce difficile tutt’ora per molte aziende abituate alla tradizionale comunicazione “push” e “broadcast”.
Abbiamo quindi cercato di alimentare il sito web anche di contenuti diversi, divulgativi, relativi sia allo sport che ad altri temi meno attinenti, abbinando questa attività redazionale con una parallela attività di pubblicazione sui siti di citizen journalism e bookmarking. Ho trovato molto interessante il riscontro in termini di accesso da siti come Wikio per esempio. E’ ovvio che abbiamo dovuto puntare su contenuti che in qualche modo potessero interessare persone diverse dai nostri associati e ancora una volta devo dire che tra i più votati dai lettori sono stati proprio i video.
La maggior parte di questi siti sono gratuiti, ma ci è sembrato necessario sottoscrivere anche piccoli abbonamenti con portali specializzati, la cui resa, in termini di contatti, è da considerarsi a consuntivo molto positiva e proficua in termini di rapporto costi/benefici.
Portali specializzati e di settore, ma non solo Web
Un po’ più impegnativo il discorso su servizi molto affermati quali per esempio le Pagine Gialle. Fino all’anno precedente l’investimento, in verità un po’ oneroso, era concentrato molto sul cartaceo, mentre ora è più sbilanciato sull’online. Come dicevo l’impegno è ben differente rispetto agli altri, ma al momento sembra ancora uno strumento molto utilizzato, sopratutto grazie alla localizzazione fine che consente, ed inoltre, grazie alla partnership con Google, sono certamente un access point preferenziale. Nei nostri contatti informativi con nuove persone abbiamo riscontrato che diversi arrivano a noi attraverso tale canale (quasi esclusivamente però la versione on line) e valuteremo nel corso dei prossimi mesi il reale rapporto costi / benefici, in base a statistiche di accesso al sito, rilevazioni sui contatti diretti e percentuali di conversione contatto/associato.
Può sembrare strano ma al momento non ho ancora testato l’efficacia dell’advertising di Google, che da molte fonti viene indicato come molto positivo, ma la necessità di far rendere al meglio il nostro limitato budget ci ha fatto propendere per partire con l’essenziale e con il testare gli strumenti fin qui adottati e i di cui risultati non erano stati valutati prima in maniera totalmente oggettiva.
Strumenti di comunicazione tradizionale
Naturalmente vista la necessità di comunicazione locale non abbiamo disdegnato mezzi più tradizionali, come volantini alle stazioni della metropolitana vicine o flyer distribuiti in locali e negozi nelle vie adiacenti. Anche il ritorno di queste iniziative è da considerarsi molto interessante come primo step di divulgazione associato all’approfondimento costituito dal website.
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> i risultati: incremento di accessi
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