Monday, November 26, 2007

La conoscenza del web sembra sconfinata, in realtà è sintetica (poche righe) e pilotata. Come affrontarla ed il contributo del social networking

Questo post in realtà è più che altro uno spunto di riflessione, per capire se alcune delle mie personalissime sensazioni sono condivise o sono solo elucubrazioni personali.

Ho aperto infatti il blog per condividere le mie esperienze sul web 2.0, sull’innovazione nelle aziende italiane e su come questi concetti astratti vengano concretamente recepiti nel mondo delle banche (ora va di moda il Banking 2.0) e nelle aziende, ovvero a raccogliere feedback da persone che si occupano, da punti di osservazione diversi, di questi temi.

Oggi vorrei riflettere su come è cambiato, se è cambiato, il processo di apprendimento individuale grazie ad internet. Dall’osservazione di alcuni di questi fattori possiamo derivare infatti considerazioni sul migliore utilizzo di strumenti di diffusione della conoscenza.

In realtà, una prima condivisione di questi concetti l’ho riscontrata in una serie di esperienze dirette, fatte negli ultimi tempi, come con il “collega” blogger, gianmoenia, che mi ripete spesso di essere più conciso nel trattare i vari argomenti, oppure quando un altro collega (questa volta d’ufficio) mi ha espresso qualche giorno fa la sua difficoltà a concentrarsi a lungo durante un’unica “azione di apprendimento”.

Diceva di se che, essendosi abituato ad approfondimenti brevi del web, traspone ormai questa attitudine anche in altri campi, avendo difficoltà prestare attenzione a lungo. per esempio, a programmi televisivi o alla lettura di riviste.

Non mi è nuova questa sensazione, quando mi capita di leggere una pagina web molto lunga, occorre che il testo sia veramente interessante perché questo mi induca ad arrivare fino in fondo. Ma altri temi di riflessione sono collegati.

L’ampiezza delle fonti e dei contenuti disponibili in rete sembra apparentemente più scoraggiare l’approfondimento che favorirlo. È vero che oggi rapidamente riesco a rintracciare informazioni su qualunque argomento, ma quanto sono veramente disposto a verificare tali fonti? Uno studio (anche qui... quanto io stesso l’ho verificato??) sostiene che 81% delle persone che utilizzano un motore di ricerca arriva a consultare circa tre pagine e addirittura il 56% si ferma alla prima.

C’è da dire che questi risultati dipendono anche dall’incapacità, per ciascuno di noi, di fare la domanda giusta al primo colpo, questo determina che probabilmente riformulerò una domanda più volte, prima di approfondire i risultati. E’ d’altra parte reale osservare che, nella maggior parte dei casi, le prima pagine vengono ritenute sufficienti per costruirsi una propria opinione o per saperne di più su un dato argomento.

Il terzo argomento di riflessione riguarda la “cessione” di competenza che pratichiamo nel momento in cui ci fermiamo nella ricerca dopo poche pagine. Assumiamo infatti, pur ignorando il criterio di funzionamento degli algoritmi utilizzati da Google & C., che in qualche modo i primi ad essere esposti sono probabilmente i più significativi ed interessanti. Se riflettiamo un attimo, il fatto che in realtà esistano vere e proprie specializzazioni professionali che studiano come migliorare la “ricercabilità” delle pagine web, significa che, quando otteniamo una risposta da Google, stiamo osservando solo quelle pagine che, casualmente o per un lavoro esplicito, hanno meglio “matchato” le capacità di analisi dei motori.

Medesima autorevolezza la riconosciamo anche alla fonte che viene valutata credibile o meno in base spesso a pochissimi criteri, quasi “epidermici”. In definitiva una informazione mordi e fuggi, ma è necessariamente tutto ciò un fatto negativo

prosegue.... "come è cambiata la conoscenza nell'era del web 2.0, pro, contro ed il contributo del social networking"

carlo bruno


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