Le Banche sono i più grossi investitori in tecnologia in Italia e, a causa delle ricorrenti aggregazioni, oggi le loro strutture IT sono molto complesse. Emerge la necessità della figura del PMO, figura esistente ben prima del più volte citato banking 2.0. di cui parlo spesso in questo blog.
Il fallimento dei progetti
Un giorno qualcuno ha scoperto che la maggior parte dei progetti software non rispettava le stime iniziali, e che buona delle volte l'errore derivava anche da una non corretta valutazione di alcuni fattori di rischio.
In realtà grandi poi si rilevava che le differenze di processo adottate dai diversi gruppi aumentavano le difficoltà di scambio informativo o di risorse tra i gruppi stessi.
In effetti da un lato esiste una difficoltà intrinseca nel prevedere a priori tutti gli eventi che si verificheranno, dall'altro il sommare nella funzione di capo progetto sia funzioni organizzative che tecniche penalizza le prime a discapito delle seconde. Non di rado il "tecnologo" è più avvezzo alla risoluzione pratica dei problemi che alla documentazione degli stessi o alla pianificazione delle attività.
Si aggiunga poi "l'effetto innamoramento" del capo progetto e del team, essi si impossessano della propria "creatura" e ne giustificano la manipolazione e la difesa ad oltranza. I progetti sovente falliscono perchè il costo per completarli è eccessivamente altro rispetto al beneficio apportato o perchè la filosofia (applicativa) che li ha ispirati è stata sorpassata dagli eventi.
Anche ovviamente la scarsa qualità di quello che è stato sviluppato decreta la conclusione di un progetto. Ma spesso accade quando questo è in esercizio, perchè la scarsa qualità, alla lunga, complica eccessivamente la manutenzione del risultato.
Un ruolo trasversale che disarticola e riorganizza il project management
Il PMO è quindi una figura trasversale a più progetti, che si occupa sopratutto di pianificazione, di standardizzazione e di monitoraggio. In alcuni casi ha compiti più operativi, ma ritengo sia una "contaminazione" dannosa all'esercizio delle sue funzioni "istituzionali".
In Italia il ruolo del PMO è esploso con la celebre rincorsa al Millennium Bug e poi successivamente, nel settore finanziario, alla compliance determinata dall'introduzione dell'Euro. La vastità dell'impegno ha determinato la ricerca di strumenti più adatti al controllo del processo. Come spesso accade quella pratica si è affievolita con il tempo, ma ultimamente nel segmento bancario si nota una crescita della domanda.
Le funzioni del PMO
Credo che di tutte le funzioni la più importante (quella che ne determina precipuamente l'esigenza) è il controllo e la mitigazione dei rischi, ma il ruolo più ingenerale richiede competenze miste di project management e gestione della qualità. Nella sua accezione più ampia il PMO:
-identifica e controlla gli standard progettuali adottatti da una azienda.
-supporta e controlla la formazione dei project manager
-controlla la pianificazione ed il tracking
-uniforma gli le metriche di programmazione e controllo
-gestisce il master plan
-coordina (o supporta il coordinamento) le risorse e i rischi sui vari progetti.
Detto in parole povere fa un po' le pulci a tutti gli altri, affinchè non deroghino eccessivamente dai propri compiti organizzativi a causa delle sollecitazioni quotidiane, ma naturalmente, come in ogni attività umana, ciò dovrebbe essere fatto con una dose di buon senso sufficiente a far capire quando e come applicare tutte le standardizzazioni del processo.
In realtà soggette a certificazioni le pratiche di controllo inerenti alla qualità vengono in genere svolte da uffici indipendenti, che, proprio a causa di questo ruolo di garanzia, sono spesso terzi rispetto agli altri ruoli progettuali.
nei prossimi post vorrei parlare di:
gestione dei rischi
function points e metriche
controllo di progetto
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