Monday, November 23, 2009

Guerre stellari episodio 4: la Frattura Globale Totale!! Murdoch vs. Google vs. Microsoft vs. Apple vs. Nokia etc. etc...

Caccamo mi scuserà se gli ho rubato un termine, ma qui c'è qualcosa di elettrico nell'aria...

Tutti i big dell'era digitale sembrano presi da un sussulto di iperattività... non passa giorno senza una novità importante o senza un intervento polemico. Si aggiunga a ciò che sono implosi quei confini commerciali che avevano caratterizzato la competition negli scorsi anni. Prima chi faceva sistemi operativi era in concorrenza con gli altri produttori di analoghi sistemi, che faceva tecnologia non si occupava di contenuti e chi gestiva il mobile aveva solo il problema degli SMS. Anni fa la Microsoft era concentrata soprattutto sul suo Windows ed i pacchetti di office automation, fingeva di ignorare Internet (salvo poi ricredersi), Apple, la rivale di sempre, era relegata ad essere amatissima, ma un pubblico relativamente ristretto (l’opposto dell’odiato rivale), Google macinava il raddoppio di fatturato ogni 18 mesi intorno al suo motore di ricerca e la Nokia conquistava una indiscussa leadership nel suo mercato. Oggi invece si assiste al "tutti contro tutti".

Ma cosa è successo?

L’esplosione del web ha pian piano ridotto le differenze strutturali tra i diversi canali di comunicazione, i dispositivi mobili si sono avvicinati a veri computer ed i PC hanno integrato funzioni di comunicazione diversa.

La Guerra Stellare Globale.

Il risultato è stato che, saturati i propri mercati di riferimento e favoriti dalla convergenza delle tecnologie i vari attori si sono proiettati su segmenti una volta distanti ed ora contigui, anzi destinati forse a diventare un unico segmento, ma diverse sono le strategie e diversa anche la dinamicità con cui viene affrontata la sfida.


Ma andiamo con ordine, a ritroso: ho spesso parlato delle insofferenze degli editori, Murdoch in testa, nei confonti di Google in particolare ed ora la querelle si arricchisce di una nuova voce. Murdoch delesezionerebbe i propri contenuti da Google in favore di Microsoft, che ovviamente ricambierebbe con dollari in quantità. Medesima offerta fatta ad altri editori.

Google dimostra freddezza di fronte a questa evenienza, "Economically it's not a big part of how we generate revenue" ha ribadito indirettamente recentemente Matt Brittin, responsabile UK della casa americana, riferendosi ai ricavi dal servizio news o ancora più direttamente quando Google ha risposto ufficialmente a Murdoch di sentirsi libero proprio di non fare indicizzare le proprie news.

A differenza di tante battaglie vinte questa di Murdoch sembra un po' più ardua (a meno che sia un sapiente diversivo..) perchè il web ha dimostrato (fino ad ora) di essere un mondo commerciale non imbrigliabile nelle tradizionali regole e questo approccio alla fine può rischiare di di fare più danni all'australiano di quanti soldi possa portargli Microsoft, un concorrente che ancora arranca su questo versante. Anzi in questa occasione dimostra proprio di dover pagare per acquisire vantaggi strategici.

Murdoch dovrebbe trascinare nella sua battaglia tutti gli editori... tendenzialmente d'accordo ma poi si sa, un conto parlare un conto è agire.

Google invece porta la guerra in casa Microsoft (ed Apple) con il suo Chrome OS, sistema operativo legerissimo brower based. Chissà... occorrerà vedere, non tutte le iniziative di Google per uscire dal suo perimetro sono risultate vincenti.

Ma non esistono solo questi tre attori, pochi giorni fa Skype ha riacquisito la propria libertà da eBay, ma proviamo a fare un assessment delle forze in campone:


Pochi giorni fa i giornali davano spazio in home page ad una notizie con titoli tipo: “Tutti contro la "piccola" Apple,fa tendenza e i suoi conti volano”, una notizia che preoccupa alcuni perchè, al di la delle quote di mercato, gli utili disegnano un futuro di possibili investimenti in ricerca in campi ormai eterogenei. la sua strategia di diversificazione è concentrata su pochi asset, basati anche su hardaware, ed introdotti uno per volta sul mercato. L’immagine costruita è innovazione, qualità e… fashion. I MAC, Ipod ed Iphone puntano sull’effetto “cult” ed i risultati sembrano dare ragione.

Google invece spazia in campi diversi, da Android per i cellulari ma anche per PC, da Google Chrome a GoogleVoice al nuovissimo Google Wave, passando per la pletora di applicazioni destinate agli amanti del web, gli analytics, la mail etc. Solo nel campo dei social network preferisce far perno sulla propria enorme liquidità con YouTube e facendo accordi con MySpace mentre Windows sembra giocare in difesa , incappa nel passo falso di Vista ed ora confida in Windows 7 e in Bing,

ma vediamo i settori uno per uno.

Sistemi operativi

Come abbiamo appena detto Microsoft deve rincorrere la perdita di credibilità di Vista e lo fa con Windows 7, definito paradossalmente un Vista che funziona, ma al tempo stesso il MAC dota i suo lussuosi computer del nuovissimo Snow Leopard, sistema a 64 bit in grado (in base a quello che dichiarano) di risolvere problemi di compatibilità anche con singole applicazioni che possono girare solo a 32 bit!

Google nel frattempo, un po’ in sordina, porta anche su PC il suo Android, sistema basato su kernel Linux nato per il mobile ma evidentemente pensato per sostenere la competizione della convergenza dei canali di comunicazione. In attesa ovviamente che sia pronto il suo Chrome OS...

Una grande difesa per Microsoft è costituita sia dal sistema in se stesso (ancora a borda delle stra maggioranza dei PC), ma anche dalla ormai consolidata abitudine ad usare i suoi pacchetti da Word ad Excel, tanto da costringere, per una volta, la casa di Cupertino sulla difensiva, emulazioni Windows e doppie partizioni si sono rese necessarie. Open Office o le applicazioni di Google non hanno scalfito il predominio del vecchio Bill.

Mobile

Qui la guerra si fa dura… il già citato Android è un pezzo della strategia di Google, ma anche Google Voice, per ora attivo solo in USA, un numero unico che promette di offrire un unico punto di contatto per ogni utente, semplificando la possibilità di comunicare e soprattutto abbattendo i costi sfruttando il VoIP. La reazione di Apple che ha conquistato un posto preminente con il suo Iphone è stato quello di osteggiare il servizio, non certificandolo sul proprio dispositivo . Strategia, dicono i più, influenzata anche da AT&T, un partner forte di Apple, che come molte compagnie telefoniche ha reagito violentemente alla nuova iniziativa di Google. Di contro la Nokia accusa Iphone di avergli rubato una decina di brevetti.

Uao!! Sembra di sentire il sibilo dei raggi laser che viaggiano tra le galassie ed il rimbombare delle stazioni orbitali colpite!!

Ma andiamo avanti.

Serch engine

Microsoft ci riprova, ha perso in passato miseramente la battaglia dei motori di ricerca ma ora lancia Bing… per ora solo bing e non bang, ne tantomeno big bang… molte promesse di effetti speciali e mirabolanti ma i danni inferti all’avversario pochi, con fortune alterne e talvolta anche in regressione. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, fa accordi con Yahoo che per molti presagiscono preluda ad una incorporazione. Ma fa anche accordi per offrire migliori risultati con i due outsider del momento Twitter e Facebook nonchè il feeling con Murdoch di cui si è parlato in precedenza.

Contenuti e Social media

Qui è Google che va all’attacco di ITunes, oltre alle esperienze citate in precedenza, ma al tempo stesso si trova sotto attacco da parte di chi i contenuti li produce, gli editori, ed ai quali scoccia molto che i soldi finiscano soprattutto alla azienda di Mountain View. Questo però sembra solo un diversivo perché i primi sono stretti tra il costante calo che registrano soprattutto nel mondo reale (carta stampata) e l’improbabile lotta a chi porta poi in fondo traffico e revenues on line, scommettiamo che finirà con una buona fetta di soldini ?

Google rilancia con Google Wave, il celebrato prossimo servizio che promette di aggregare informazioni e conversazioni prodotti con sistemi differenti ed anche qui Google persegue una strategia “unificatrice” di contenuti, mentre sembra non avere avuto il successo atteso il suo SN Orkut, molto diffuso ma in realtà territoriali molto concentrate (Brasile) a dispetto dell’aspirazione globale del più famoso search engine del mondo.

Thursday, November 19, 2009

Fedele Confalonieri come Murdoch, attacco a Google in nome del copyright

Confalonieri, meglio noto come Fidel scende in campo!

Va a dar man forte al suo acerrimo rivale Murdoch nella battaglia contro Google... una accorata difesa della "povera" televisione e del copyright, contro quei mascalzoni del web che pensano ed interagiscono con la Rete, cercandosi da soli le informazioni e valutandone l'attendibilità, abusando, addirittura, del diritto di pensare!

Certo che a guardarli così non sembrano neppure due nemici... piuttosto due fratelli!

Chissà cosa farà ora il governo, se lascerà inascoltato questo grido di dolore, insensibile alle esperienze comuni, da quelle passate a cantare sulle navi da crociera all'impegno a gestire l'impero di famiglia, mentre si è impegnati nel governo del Paese. Chissà...

(da Repubblica)

Tanto in Italia non c'è neppure il problema della banda larga.... :)

Tuesday, November 17, 2009

Guerre Stellari 4: Il ritorno di Capitan Murdoch e lo sbarco dei Natives... la battaglia dell'informazione si sposta sempre più sul web

Il mondo si fonde e poi confonde…

I piani si intrecciano e smettono di essere paralleli, io stesso avevo cominciato questa metafora delle guerre stellari per scherzo ma più passa il tempo e più la metafora sembra rappresentare la realtà con precisione.

Mondi distanti anni luce si sono improvvisamente avvicinati e collassano in un unico spazio, ragion per cui tutti combattono contro tutti, dove una volta c’era chi faceva tecnologia, chi faceva informazione e chi intrattenimento, ora c’è una guerra globale in cui le armi sono di ogni diverso tipo, tutti combattono per il predominio e lo scettro è rappresentato, per ora, dagli investimenti pubblicitari.


Ed ecco il ritorno di capitan Murdoch

Questo signore dell’informazione aveva fiutato con lungimirante preveggenza il futuro prossimo dell’informazione e aveva messo il suo uncino su una delle prede più interessanti del primo web 2.0, ovvero MySpace, il Social Network dei creativi, arrivando alla santa alleanza con quello che oggi diventa il suo peggior nemico: il mostro divora introiti GOOGLE!

Per un periodo breve, ma lunghissimo in queste brevissime ere geologiche del web del 2000, aveva dedicato tempo ed energia ad alcuni conflitti locali come quello in Italia, contro un nemico non da poco, l’altro editore miliardario Berlusconi, ex-alleato anche lui ed ora nemico acerrimo, grazie al digitale terrestre ed alle truppe con cui aveva invaso la galassia politica ed il parlamento.

La Battaglia Italiana Austerlitz o…. Waterloo per Napoleone?

In Italia le truppe televisive combattono una guerra di retroguardia,tutta puntata su tecnologie televisive (imposte) e tagliando i ponti al nemico internet , si sottraggono i fondi che l’aiuterebbero a raggiungere livelli comparabili a quelli degli altri paesi. Eppure occorrerebbe rendersi conto che il futuro non può essere fermato , quando comincerà il fisiologico declino le truppe accampate lasceranno mestamente i palazzi da loro oggi occupati, lasciandoci purtroppo a noi solo il ritardo che stiamo accumulando nel frattempo.

Eppure basterebbe guardare i numeri per capire quale sia la realtà. In questo post alcuni dati del rapporto Eurispes oggi uscito sugli adolescenti, tra i quali si legge “Quasi nove adolescenti su dieci usano internet e il pc viene impiegato con un ampio range di attività: per scrivere testi (98%), cercare informazioni su Internet (97,5%), giocare (97,2%) e stampare (96,9%). Estremamente diffuse risultano l'abitudine di guardare filmati su You Tube (85,8%) e quella di cercare materiale per lo studio (83,2%), seguite da quella di comunicare via chat (79,9%) e di scaricare musica/film/giochi/video (76,1%). La maggioranza degli adolescenti comunica tramite posta elettronica (58,3%). Il 46,8 legge un Blog, il 45,5% gioca con videogiochi on line.”. Dati analoghi riguardano i più piccoli.

Eccoli, pian piano arrivano quelli che un paio d’anni fa Gartner definiva i “Natives”, quelli che cambieranno gli scenari dell’informazione e dei media.

Piuttosto che costruirgli un ponte di cemento costruiamogli un ponte di tecnologia, che li metta allo stesso piano dei loro coetanei occidentali (o cinesi….), prima che si trovino come le truppe italiane nella campagna di Russia, con le scarpe di cartone nel ghiaccio e la tormenta.

Ma torniamo a capitan Murdoch, che nonostante i suoi 78 anni ritorna alla guerra globale, quella sui nuovi media che stanno soppiantando la televisione. . Lui alla guerra ci va aprendo tutti i fronti a cominciare dalla battaglia con il nemico che nessun editore vorrebbe sfidare: “il Motore di Ricerca”!

La battaglia dell'informazione si confonde con quella della tecnologia

Il capitan M. toglie la polvere dalla sua astronave, scalda i motori e mentre solleva la cloche in direzione new media e fa brillare i suoi laser.

Google risponde piccato ma, conoscendo il cocciuto signorotto australiano, c’è da giurare che non sia finita qui. I suoi biografi ne parlano come un uomo caparbio, sempre impegnato (e quindi da questo motivato) nel dimostrare ai signori del business americano ed inglese di non essere da meno, di destra quanto basta, ma non spinto da motivazioni eccessivamente ideologiche,. Più da una comunione d’amorosi sensi in funzione del suo principale obiettivo: fare soldi.

Infatti la sua visione politica non gli ha impedito i cavalcare il fenomeno Blair (ma quelli di sinistra non sono troppo convinti … per come la pensava Blair, non pensano che per Murdoch sia stato tanto difficile) o di far la guerra oggi all’uomo forte della destra italiana, Silvio I da Arcore.

Era mia intenzione continuare un po’ la sintesi delle forze sul campo, descrivendo le iniziative anche degli altri attori, ma mi giro indietro e riguardando il mio post devo osservare che la sintesi non è nel mio DNA, evidentemente, e quindi rimanderò questo assessment sulle nuove battaglie del futuro ad un prossimo post su “LA GUERRA STELLARE GLOBALE”!

Thursday, November 5, 2009

REAL TIME!!!!

Questa mattina ho pubblicato un post in cui si parlava degli investimenti in Italia sulla banda larga e dei dubbi sulla loro reale disponibilità. Poche ore dopo Gianni Letta ne annuncia il congelamento! spero che non si sia scomodato per il mio post, in fondo non bisognava essere dei maghi per saperlo... :)

(povero on.Romani smentito a stretto giro!!!)

Wednesday, November 4, 2009

Web killed the Video Stars.... in Italia forse questo sarà un nuovo ostacolo sul cammino dell'innovazione e della diffusione del web.

Ricordate quella vecchia canzone dei Buggles negli anni 80 che diceva "Video killed the Radio Stars..." oggi forse potremmo cominciare a cantare "Web killed the Video Stars"... ma forse è proprio questo scenario che rappresenta un ulteriore ostacolo allo sviluppo del web in Italia, ovviamente oltre ai tradizionali ed ahimé usuali limiti infrastrutturali italiani.

Lo Iab Forum 2009 a Milano ha regalato una nuova fotografia dello stato del web, in particolare Guy Phillipson ha descritto come Inghilterra la raccolta pubblicitaria sul web ha superato per volumi quella della TV.

Non è una novità, perchè ne hanno già parlato in molti, ma è l'occasione per mettere a confronto la situazione italiana con il resto d'Europa. Solo nel 2006 leggevamo la notizia del superamento della quota della raccolta dei giornali da parte della pubblicità on line e poco dopo quella che Google UK aveva superato i ricavi di ITV, una delle televisioni commerciali britanniche. Ricordo di aver utilizzato queste due notizie in alcune presentazioni insieme ai dati relativi alla crescita esponenziale dei Social Network proprio per dare evidenza della forza del fenomeno e dei possibili risultati a cui avrebbe portato.

Eppure questi dati sembrano archeologia già oggi ma li possiamo utilizzare per cogliere le reali proporzioni della velocità e della crescita del web quale media, salvo poi ripiombare in un Evo antico quando si parla dell'Italia, tristemente fanalino di coda in Europa (tranne Malta), con un modesto +10% di crescita e per un attuale, altrettanto modesto, 7% di ricavi pubblicitari nell'on line sul totale.

Considerazioni un po' amare in questo articolo di Repubblica, sopratutto se messe in relazione con i dati contenuti proprio in questo articolo e relativi al gran numero di utenti che si informano sul web.

Altro dato desolante riguarda la distanza che ci separa dagli investimenti previsti per lo sviluppo della rete in Italia rispetto ad altri paesi europei. Alcune promesse sono state fatte dai nostri politici ma, alla luce della particolare situazione politica italiana, non sembrano essere credibili perchè, a prescindere da qualunque considerazione politica, sembra difficile che in Italia possano essere investite risorse nello sviluppo di canali di comunicazione diversi da quello televisivo e che possano nuocere proprio allo sviluppo della televisione commerciale.

Giova a questo proposito infatti ricordare lo sforzo fatto per stimolare la diffusione del digitale terrestre, con investimenti nei confronti di una tecnologia non particolarmente significativa per la modernizzazione del paese, soprattutto se comparata agli effetti (positivi!!!) che medesimi investimenti avrebbero prodotto se eventualmente indirizzati verso la diffusione della banda larga via ADSL o fibra ottica.
La giustificazione fu quella di garantire il pluralismo informativo, anche se per molti fu soprattutto la volontà di scongiurare il passaggio forzato di alcune emittenti alla trasmissione satellitare e la creazione di una alternativa al monopolio della più famosa pay per view.

Il motore dell'innovazione è rappresentato sempre ahimè dai soldi nel nostro sistema economico e sul web, come nella televisione, il maggior flusso di risorse arriva dalla pubblicità al momento, quindi più soldi conquista la pubblicità on line più sarà facile vedere nascere servizi innovativi e qualificati.

Temo quindi che di investimenti per lo sviluppo della rete per ora, ahimè, non se ne parli, un nuovo handicap nel rincorrere il livello di innovazione raggiunto dagli altri paesi.

Thursday, October 22, 2009

Guerre Stellari Episodio 3: I guadagni del cavaliere bianco....

Ho iniziato tempo fa il racconto di una particolare saga di Guerre Stellari, ovvero quella delle grandi manovre con le quali i grandi della tecnologica mondiale (Apple, Google, Microsoft etc.) si contendono la supremazia del futuro prossimo del mercato IT.

Ieri una nuova notizia è rimbalzata in tutto il mondo: Apple, nel quarto trimestre dell’anno registra un +67% dei profitti, ben oltre le previsioni. 904 milioni di dollari grazie a Mac ed Iphone, mentre sembra non essere altrettanto brillante il risultato sugli Ipod. D’altra parte è stata proprio la strategia di Apple a puntare su queste due linee, con l’uscita di Snow Leopard a 64 bit ed il battage continuo su Iphone.

Non credo che questa notizia abbia il rango di un nuovo episodio, perché in realtà si tratta soprattutto dell’effetto delle strategie studiate in precedenza, ma se è vero che le strategie sono importanti, sono poi i risultati a sancire gli esiti delle grandi manovre di queste astronavi della tecnologia.


Investire in qualità paga ancor di più in tempi di crisi

Una riflessione però ha valenza indipendentemente dal comparto, la crisi che si è abbattuta su tutto il mondo sembra aver avuto conseguenze per tutti tranne che per Apple e pochi altri, segno che la strategia della qualità paga anche (o forse di più!) in momenti di vacche magre.

Concetto questo che viene amplificato dal fatto che la qualità Steve Jobs se la fa pagare e se la fa pagare anche bene… evidentemente anche (o soprattutto?) quando i soldi diminuiscono le persone preferiscono concentrare gli investimenti su prodotti di sicura affidabilità.

Un concetto vecchissimo che però non sembra essere sufficientemente chiaro agli imprenditori nostrani e non parliamo solo di tecnologia IT, nel cui campo siamo terreno coloniale di conquista e dove la scomparsa dell’Olivetti nelle ere geologiche precedenti ha definitivamente escluso l’Italia dalla competition mondiale, ma anche in tanti altri settori la concorrenza dei prodotti dall’oriente ha solo prodotto richieste di singolari “barriere doganali” protettive.


Il cavaliere bianco e quello nero

Ma torniamo alle guerre stellari.

Dunque Apple infligge un colpo anche psicologico agli avversari, colpo pesante in una guerra che dura da decenni anche grazie al dualismo mediatico dei due uomini simbolo, Bill Gates e Steve Jobs, con il primo che sembra effettivamente uscito dai giochi ed il secondo, tenuto fuori da una malattia, che rientra quasi come un eroe buono.

D’altronde i due hanno da sempre per il pubblico l’immagine del cavaliere bianco e di quello nero, Bill monopolista che ha sempre cercato di fare pesare la forza commerciale di questa posizione, dagli escamotage per far fuori i prodotti della concorrenza (la famosa lotta dei browser) al fiero ostracismo iniziale nei confronti di Internet, a ragion veduta immaginato come un fattore in grado di erodere le posizioni raggiunte. Quella posizione fu rapidamente rivista ma a mio avviso è stato il segnale che Microsoft ha difficoltà a studiare una efficace strategia che sfrutti le opportunità offerte dal web. Ora che internet è centrale nell’evoluzione del mercato Microsoft sembra in difficoltà rispetto ai competitors e prigioniera di un business model non particolarmente aggiornato.

Non voglio prender parte alla disputa sui colori dei cavalieri, anche perchè non è facile trovarne uno senza macchia di questi tempi, vedi le accuse mosse ad Apple a riguardo delle applicazioni certificate per Iphone alla voce VOIP!


Windows vs Mac

Aggiungo solo che questo dualismo è stato spesso alimentato dalla percezione da parte degli utenti di un sistema operativo, Windows, farraginoso e pesante, contro quello del Mac efficace ed anche meno sensibile agli effetti dei virus!!!

Questo non è sempre vero e qualche buco del leopardo bianco lo testimonia ma rimane oggettiva la differenza tra i due prodotti.

Bing ancora non ha dato un contributo determinante e Microsoft dunque aspetta di vedere cosa riuscirà ad ottenere dal Windows 7 con il quale spera di superare la non entusiasmante esperienza di Vista, ma non è certo ciò un segnale di efficace diversificazione. Totalmente all’opposto Google che tra Android, ora anche su netbook, e le esperienze di Google Wave e Google Voice sperimenta vie alternative soprattutto nel campo dei canali di comunicazione unificati.

E la guerra continua....

Ma Bing, Android e Google meritano un’altra puntata e questa, direbbe Lucarelli, è tutta un'altra storia.


continua..

Thursday, September 24, 2009

La banca "verde": si comincia dalla carta alla sportello. Un approccio diverso per rendere efficienti i processi. (Parte Seconda)

AbiLab ha prodotto qualche mese fa uno studio sui costi della gestione della documentazione in banca che ho cominciato ad introdurre nel precedente post. In particolare Abilab fa una stima dei costi per sportello piuttosto accurata per le spese di conservazione (1500 eur l’anno per sportello), di gestione logistica, spedizione e ricerca, ma non da una stima altrettanto precisa per gli altri costi interni di gestione, ovvero quelli che, tra front office e back office, sono pagati dalle banche soprattutto in termini di personale, di efficienza e di competitività.

Fonte AbiLab

Un importante costo sommerso, di difficile valutazione, infatti è proprio la stima del debito di competitività che si sconta, al tempo impiegato dal personale in attività “fisiche”, va sommata la perdita di valore potenziale indotta dalla impossibilità di realizzare alcune tipologie di servizio, nei termini desiderati, o nella percezione di inefficienza da parte della clientela.

Due fattori nuovi sembrano determinare una certo cambiamento, o per lo meno un diverso orientamento, ed il primo è certamente la recente crisi economica. Questa ha spinto big e meno big a lavorare con maggiore intensità nel campo della ricerca di efficienza per migliorare, in particolar modo, il conto economico, messo a dura prova dalle tempesta finanziaria e dalla esplosione degli effetti delle speculazioni degli anni scorsi.


Più chiaro il quadro normativo

Dall’altra parte si va schiarendo il panorama normativo, che in Italia rappresenta spesso, a causa della scarsa reattività all’innovazione ed alla sua complessità intrinseca, un forte ostacolo alla modernizzazione del settore. “Le banche – nel documento si legge la dichiarazione del presidente di ABI Lab, Domenico Santececca – sono uno dei settori produttivi più legati alla carta… ... In questo quadro, le recenti evoluzioni normative introdotte dal Governo con la legge 2/2009, semplificano notevolmente le procedure di digitalizzazione e conservazione aprendo una nuova frontiera alla gestione documentale, con meno carta e più efficienza”.

Solo il 9% dei documenti esaminati da Abilab nasce già in forma digitale e questo 9% fa riferimento soprattutto a quei documenti per i quali non è richiesta la firma del cliente. Di contro i già citati incassi e pagamenti, i più diffusi allo sportello, non sono in genere gestiti in maniera digitalmente integrata e concorrono al grosso della spesa e delle inefficienze.
Fonte Abilab

Come si può affrontare la modernizzazione dei processi che coinvolgono il trattamento della carta?

Sicuramente un approccio incrementale permette di maturare la necessaria esperienza affinché si riduca sempre di più la possibilità di incorrere in errori di valutazione, che possano condurre a perseguire obiettivi che non danno completamente i risultati desiderati. Alcune applicazioni prototipali e la loro verifica sul campo possono offrire la possibilità di progettare e testare un proprio personale approccio all’innovazione nella gestione documentale, con il giusto mix tra innovazione (e quindi capacità di modificare sostanzialmente lo status quo) e conservazione, per evitare che i costi per l’introduzione dei nuovi processi oscurino i risultati ottenuti.

Più in dettaglio un progetto di questo genere richiede:
  • Assessment dei sistemi (conoscenza delle tecnologie, censimento, studio delle integrazioni)
  • Osservazione dei processi (valutazione delle performance per pertinenza e tempo)
  • Individuazione dei processi da efficientare (Concretezza, coinvolgimento, velocita’)
  • Definizione scenario progettuale di reingegnerizzazione (accettabilita’, sostenibilita’, progressivita’)
Cruciale in questo contesto l'osservazione dei processi e l'individuazione di quelli da effientare, cercando di basare il proprio metodo di valutazione su dati oggettivi quali il perseguimento di un adeguato ROI nel minore tempo possibile.

Thursday, September 17, 2009

La banca "verde": si comincia dalla carta alla sportello. Un approccio diverso per rendere efficienti i processi.

"Dai.. scriverò qualcosa domani…"

Ebbene si.. ho passato due mesi a ripetermelo tutte le mattine, eppure non sono mancati gli argomenti interessanti, dal “leopardo bianco” della Apple alle richieste degli editori italiani a Google a riguardo del suo servizio News. In particolare quest’ultimo era proprio interessante a causa delle mille sfaccettature che presenta, ovvero quelle di un servizio visto con ostilità dagli editori di quotidiani, ma che proprio a loro porta un bel po’ di contatti. Proprio ora Google risponde con Fast Flip sostenendo di venire incontro alle loro richieste, certo da approfondire…

Riparto invece da un tema maggiormente legato alla mia attività professionale presente, che riguarda proprio la ricerca di ottimizzazione e di efficienza relativamente a processi essenzialmente bancari.

Uno degli ambiti infatti nei quali è maggiormente possibile procedere a ri-organizzazioni e miglioramenti è quello legato a tutto il ciclo di vita di un documento all’interno di una organizzazione. Definizione stessa del processo, formazione del personale, organizzazione della logistica, trasferimenti ed infine conservazione e rintracciabilità determinano per le banche, soggette a vincoli burocratici e normativi, un enorme dispendio di effort umano ed economico.

La ricerca ABILAB

Ne ho già parlato in generale in qualche post prima delle vacanze, ma ora sono andato a riguardarmi un documento pubblicato da AbiLab, laboratorio dell’ABI, proprio sulle tematiche dell’Enterprise Content Management in ambito bancario. L’avevo messo da parte per organizzarci su una riflessione e sebbene sia già della prima parte del 2009 è molto interessante ai nostri fini, è solo la sintesi di una ricerca ben più ampia condotta da Abilab, ma forse proprio per questo ben sintetizza la situazione nello scenario italiano ed è utile in un contesto come questo ovvero un blog.

Attualmente, infatti, sono più di 120 mila i documenti che ognuno degli oltre trentamila sportelli sparsi su tutta la penisola produce in media ogni anno, per un totale di circa 5,7 miliardi di fogli.”. Sono queste le cifre impressionanti con cui si apre questo breve abstract di AbiLab.

A fare la parte del leone nella produzione di documenti allo sportello le operazioni di incasso e pagamento (bonifici, assegni, contabilità di addebito e accredito) con l’84% del totale, pari a oltre 100 mila documenti l’anno per sportello e con il 60% prodotto direttamente su carta, mentre il rimanente 40% viene stampato successivamente.

fonte Abilab

Tra i documenti più ricorrenti troviamo:
  • la contabilità di addebito e accredito (oltre 28 mila fogli per sportello),
  • la distinta di versamento (oltre 12 mila),
  • l’avviso di ritiro effetti (quasi 11 mila)
  • l’assegno troncato dei corrispondenti (circa 7,2 mila).
Le rimanenti percentuali sono particolarmente basse e riguardano documenti di conto corrente (9%), deposito titoli (4%), credito (2%), documenti “generici” (1%).

Si stima che i soli costi “esterni” siano 105 milioni di euro per i gruppi bancari italiani, ovvero 0,0175 euro per foglio, ma questa unica voce di spesa non rappresenta che solo una parte dell’ammontare totale che viene impegnato dal le banche nella gestione dei documenti. Non è difficile ipotizzare che il valore complessivo si ottiene applicando un fattore moltiplicativo “N” alla cifra citata, dove “N” stesso è di difficile valutazione.

segue...

Thursday, July 30, 2009

Forse trovato il cadavere della prima vittima delle Guerre Stellari, lo Jedi Microsoft cattura Yahoo!!

Le guerre stellari di cui ho parlato in un precedente post hanno forse fatto la prima vittima. Yahoo nei mesi scorsi era stata al centro delle attenzioni di Microsoft, che aveva cercato prima di acquisirla in toto e successivamente a trovare accordi per acquisirne la tecnologia.

Da allora Microsoft ha lanciato il discusso Bing, ma poi ha ribaltato la prospettiva.. i due giganti hanno messo in comune le forze con un accordo sulla ricerca, che viene definito tecnologico ed organizzativo. Yahoo in realtà si traveste da Bing!

Fin qui nulla di male, se non per il fatto che ai più questa mossa sembra essere surrettizia dell'acquisizione, troppo diverse le forze in campo perchè Yahoo possa resistere nel tempo ad una progressiva latente incorporazione, tant'è che il titolo Yahoo non ha beneficiato di questo annuncio.

Google, l'altro protagonista di questa guerra intanto ha il suo da fare su un altro fronte. Mentre le grandi manovre sui motori di ricerca per ora non lo preoccupano, vista la sua posizione largamente preminente, si trova in difficoltà quando ha a che fare con mercati contigui ma nei quali non fa la parte del leone.

Da tempo ha lanciato in America un servizio che promette di essere dirompente, Google Voice, che offre un numero unico per le comunicazione mobile. Sembra essere questo il suo cavallo di Troia per entrare nel settore Telco, sfruttando in questo caso il Voip e la sua enorme visibilità per offrire chiamate al solo costo della connessione Internet. Quello che fa oggi Skype ma con una integrazione più forte con i reali numeri mobili (ne parleremo in seguito!!).

Apple ha rimosso questa applicazione dal suo AppStore, come aveva fatto con alcuni predecessori meno illustri. Mossa giustificata da motivazioni tecniche ricondotte però da molti alla stretta connessione che iPhone ha con molti potentissimi operatori telco, che ovviamente uscirebbero danneggiati da questa soluzione.

Molti hanno protestato, Google in primis, ma credo possa essere solo una manovra dilatatoria.. se la natura di questo servizio è veramente quella che si prospetta non mancherà molto tempo prima che qualche costruttore non decida di calvalcarla, ed allora saranno quelli che oggi sono contrari a dover rincorrere, la storia insegna che le vere innovazioni camminano da sole.

Basti ricordare che anche Bill Gates, che ora magnifica la potenza della rete, all'inizio, accecato dal proprio successo non vide nel web il futuro, salvo poi pentirsi e cercare nel tempo prima di controllarlo e poi di cavalcarlo cercando anche di comprarsi il suo inarrestabile rivale.

Non resta che mettersi alla finestra ed aspettare... quale sarà la prossima puntata? La guerra dei Cloni?

Tuesday, July 21, 2009

Finalmente Banca d’Italia usa il pugno duro!!! Non con una banca… cancellata Zopa e parte del social lending italiano. Auspichiamo una soluzione


Ho parlato spesso di social lending ed in particolare di Zopa, non perché li conosca personalmente e faccia il tifo, ma perché mi piace il concetto su cui si basa la loro attività, questa volta però non si tratta di buone notizie infatti Banca D’Italia ha chiesto (ed ottenuto) la cancellazione dall’albo degli intermediari finanziari.

Tecnicamente la revoca è opera del Ministero delle Finanze e l’accusa sarebbe di “aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito” (dal comunicato di Zopa).


Bankitalia e Zopa, due versioni contrastanti.

Banca d’Italia ha successivamente precisato che “la società acquisiva la titolarità e la disponibilità dei fondi conferiti dai prestatori, violando l'obbligo di separatezza delle disponibilità di terzi da quelle della società; in tal modo si realizza una abusiva attività di raccolta del risparmio, con rischio per i terzi i cui fondi non vengono più scambiati immediatamente tra creditore e debitore come dovrebbe essere nello schema di social lending ma rimangono nella disponibilità della Zopa. Di fatto il creditore si trova inconsapevolmente in una posizione analoga a quella di un depositante senza le tutele previste dall'ordinamento per i risparmiatori.. …Le modifiche operative proposte da Zopa per risolvere il problema non sono risultate sufficienti a garantire la rimozione delle irregolarità, manifestando una strutturale difficoltà nell'assicurare il rispetto della disciplina in materia bancaria e finanziaria posta a tutela dei terzi e del mercato”.

Dal comunicato sembra emergere una indisponibilità di Zopa a risolvere il problema mentre Maurizio Sella, A.D. di Zopa, dichiarava nel comunicato dell’azienda che “ Siamo molto sorpresi da questa decisione che ci sembra dovuta unicamente a valutazioni di carattere tecnico-giuridico sul funzionamento della piattaforma, a fronte delle quali peraltro avevamo proposto una soluzione definitiva. Abbiamo sempre collaborato con Banca d’Italia, fin dalla fase di progettazione di un’iniziativa sicuramente non codificata. Nel gennaio 2008 abbiamo iniziato ad operare dopo avere ricevuto l’ok dell’Ufficio Italiano Cambi e da quel momento Zopa è stato un grande successo, soprattutto in un momento storico in cui il credit crunch escludeva intere fasce sociali dall’accesso al credito”.


Il social lending e la “Zona Grigia”, non solo business ma una scelta diversa.

Difficile dire quale delle due versioni corrisponda al vero ma una verità certa ed è contenuta nella frase di Maurizio Sella, la recente, stringente crisi ha ristretto ulteriormente i criteri di erogazione dei prestiti soprattutto nei confronti di quelle fasce che più ne avrebbero bisogno, quelle meno abbienti e quelle in zone del paese in cui ottenere un credito è veramente impresa ardua.

La pratica del social lending effettivamente agisce in una zona un po’ grigia, in cui le garanzie rispetto ad una banca sono minori, ma signori… ..rendiamoci conto che è proprio questa l’anima di questo servizio. Chi presta soldi non lo fa solo con il miraggio di ottenere un interesse più alto, ma lo fa spesso anche come scelta, consapevole che quel “social” comporta un rischio maggiore, un oncetto che ovviamente esula della technicality del controllo finanziario. Banca d’Italia chiederebbe la chiusura anche della Banca dei Poveri perché presta soldi senza garanzia ai poveri del mondo?

Permettetemi di sorridere… ci si preoccupa di una realtà piccola (7 milioni di euro intermediati) dopo non essere riusciti a prevedere nulla della grave recente crisi finanziaria che ha fatto scomparire nel nulla soldi di molte banche italiane (in ottima compagnia internazionale) e di molti enti locali ? Senza parlare di molti altri problemi nei confronti dei quali le azioni sono molto meno immediate, come le commissioni di massimo scoperto, immediatamente reintrodotte sotto mentite spoglie, dopo essere state vietate per legge.


“Esecuzione” o solo rigidità?

La blogosfera ha visto in questo atto una “esecuzione” su mandato delle Banche ma francamente credo che sia ingeneroso, anche perché dubito che le banche si preoccupino di un attore così marginale rispetto al loro business. La realtà è che probabilmente il social lending occupa un segmento che forse andrebbe meglio regolamentato, proprio perché la sua natura lo distingue dall’operatività tradizionale, distinzione che Bankitalia non ha saputo valutare o affrontare, utilizzando metodi tradizionali.

Sarebbe stata necessaria qualche valutazione più politica (ovvero più legata al contesto) per cercare una soluzione meno drastica. Probabilmente quello che si può rilevare che questa rigidità nelle valutazioni (che sarebbe auspicabile più in generale) è che è più facilmente applicabile se si ha davanti una realtà relativamente piccola come Zopa, piuttosto che una grande banca. La domanda è se Zopa fosse stata collegata ad uno dei maggiori gruppi bancari italiani come sarebbe andata a finire?


Ora cercare una soluzione con la buona volontà di tutti.

L’augurio è che ognuno delle parte coinvolte, sia Zopa che i suoi controllori, metta da parte pregiudizi, si siede ad un tavolo comune e tenti di guardare il problema dalla corretta angolazione, cercando di restituire agli italiani un servizio di cui gli italiani hanno dimostrato di avere bisogno.

A tal proposito sempre dal comunicato di Zopa cito “Zopa è nata nel Marzo del 2005 nel Regno Unito dove opera con un modello simile a quello di Zopa.it e dove conta 300mila iscritti e in cui più di 40mila persone sono arrivati a scambiarsi prestiti per 47 milioni di sterline. In Italia …sono infatti più di 40mila gli italiani iscritti alla community e in un anno e mezzo 5mila persone si sono prestate direttamente online più di 7milioni di euro (per l’esattezza 7.156.340 €, dato aggiornato al 10/07/2009). Zopa.it si attesta così oggi al terzo posto nella classifica europea delle community di social lending, dietro ai cugini inglesi di Zopa.com (partiti nel 2005) e ai tedeschi di Smava.de (partiti nel 2007)”.

Come diceva Arbore… meditate gente meditate…

Monday, July 13, 2009

Guerre Stellari tra Microsoft e Google: con chi sarà la "Forza" e chi rappresenterà il "Lato Oscuro"? La guerra degli annunci.


Ormai non c'è più pace!!!

Passano solo pochi giorni da un annuncio che il concorrente risponde immediatamente con un contro annuncio ancora più eclatante. Parlo ovviamente di Microsoft e Google.

A causa di qualche impegno professionale ho un po' meno tempo del solito ed è da un po' che vorrei scrivere questo post, ma proprio poichè vado un po' più lentamente, non posso lasciare passare qualche giorno che da uno dei due giganti del software arrivano novità che mi costringono a cambiare il tiro!


La guerra delle Parole

Dunque in estrema sintesi il mese scorso Microsoft ha annunciato Bing, qualche giorno fa Google ha risposto con l'annuncio di un nuovo sistema operativo, Google Chrome OS, ora Microsoft invece annuncia una versione di Office 2010 web e gratuita.

Sembra una furiosa battaglia per la supremazia con due contendenti che invadono il reciproco campo d'azione, ma in realtà al momento sembra meno sostanziale di quello che appare, in quanto di sostanziale sembra esserci solo una grossa battaglia dei rispettivi uffici marketing e strategia.


Relazioni Esterne sotto pressione!!

Inoltre nell'ultimo un mese si è assistito alla costante presenza sui media di articoli che magnificavano i risultati del lancio di Bing, ma poi a guardare realmente le cifre i toni enfatici sembrano non essere completamente sostanziati dai risultati effettivi, o per lo meno sui questi dati non sembra esserci uniformità di giudizio. D'altra parte basta usare Bing (nella versione USA, perchè in Italia è il vecchio motore con un nuovo Look and Feel) per rendersi conto che c'è ancora tanta strada da fare...

Giornalisti e Blogger sono allora stati presi forse dall'entusiasmo di aver trovato l'antagonista vero di Google? Oppure la vera divisione di Microsoft ad avere successo è quella che si occupa delle relazioni esterne? A me sinceramente il dubbio è venuto e pensando ai limiti del lancio di Bing, presente in versione beta per ora negli Stati Uniti ed alla prova dei fatti nulla di rivoluzionario. Forse la ragione di tanto clamore si può rintracciare effettivamente nella campagna di promozione senza precedenti per Bing, con investimenti tripli rispetto al suo principale competitor.

Sia ben chiaro non sto dicendo che Bing non abbia delle potenzialità, dico solo che non sembra esserci proporzione tra fatti e commenti. Mi sembra che un'analisi lucida sia quella di qualche tempo fa su l'Unità on line, anche se è già passato qualche giorno da quell'articolo e quini molta acqua è passata sotto i ponti...

Certo anche la capacità comunicativa è una essenziale fattore di successo per una azienda ed i suoi prodotti e soprattutto quando la sfida si presenta così impari come nei confronti di Google. qundi tanto di cappello, vedremo che frutti darà alla lunga.

Nel frattempo un risultato sembra averlo ottenuto, proprio Google ha annunciato un proprio sitema operativo per il 2010. Chissà.. anche questo sembra più una guerra dichiarata che una combattuta, poco più di uno slogan tanto da qui ad un anno tante cose cambieranno. O no...

Per il momento Microsoft ha contro-risposto con un ulteriore annuncio su Office 2010, ma anche qui siamo nel campo delle parole e del futuribile.


La Forza ed il Lato Oscuro

In ogni caso mentre mi ponevo queste domande ho avuto modo di leggere un bel post di Zambardino, che in qualche modo confermava quella che era la mia personalissima opinione. ancora più interessante l'articolo dello stesso Zambardino su Repubblica sulle caratteristiche anche non tecniche di questa sfida, con Microsoft, prima regina del software mondiale, che basa il suo potere sull'intellectual property del suo software e sulle comunità di giocatori della X-Box, Google padrona del segreto del proprio algortimo di indicizzazione e della capacità di analizzare in real time i meccanismi di ricerca della conoscenza messi in atto da milioni di internauti, Circa il 70% del totale.

Da un lato Microsoft che si è costruita nel tempo la fama di "antipatica" per la sua posizione di monopolista che si fa pagare (cari!) i propri software, dall'altro Google, che ancora si trascina dietro la fama di simpatica outsider (pur essendo un colosso ormai) che non ti richiede di pagare nulla, offre servizi gratuiti a tutti e (quasi sempre) rilascia software Open Source.

Una sorta di Epopea di Guerre Stellari del software, che accende l'interesse e le riflessioni di tanti come Gekissimo, non sappiamo oggi "La Forza" con che dovrebbe essere, ne chi reappresenti "Il Lato Oscuro"ma speriamo che questa guerra continui... e sopratutto passi dagli annunci agli atti concreti, perchè questa è una delle poche che può arricchire tutti i noi di tanta innovazione.

Wednesday, July 1, 2009

La resa dei "Pirati": Pirate Bay ceduta ad una società commerciale, i pirati digitali dismettono pistola, giacca con alamari e cappello di piume!!

Si assiste in diversi paesi del mondo ad una guerra tra chi difende il diritto alla proprietà individuale (e quindi alla remunerazione per la fruizione di un opera) e chi si batte per confutare questo diritto.

Da un lato il concetto classico di proprietà su cui si basa in particolare il modello economico occidentale, dall'altro un duplice assunto: la proprietà di tali diritti genera un profitto enorme per pochi (aziende del software o musicali, artisti e manager) e priva la maggior parte delle persone della possibilità di ascoltare musica o vedere film o usare un programma di editing.


Il problema, come spesso accade, risiede nell'avidità

Probabilmente non saremmo qui a parlare di "battaglie" se il costo di tutti tali oggetti fosse meno oneroso per le persone comuni, che faticano a comprare un CD del loro beniamino, il quale invece vive il lusso di una ricchezza sfrenata. Con le dovute proporzioni una guerra dal sapore post-industriale.

Battaglia antica quindi, che è diventata ancor più dura con Internet e la rivoluzione digitale, che ha messo in ginocchio gli abituali schemi protettivi messi in campo dai "padroni del vapore", basati sopratutto sulle difficoltà indotte dai costi di distribuzione di oggetti fisici. Sulla rete corrono veloci i bit che trasportano in pochi istanti canzoni e pacchetti software da un utente ad un altro ed è questa la vera rivoluzione di internet, l'eliminazione dell'intermediazione nello scambio da utenti, che non centralizza più il rischio su un unico soggetto (colui che fabbricava CD pirata per esempio), ma trasferisce la responsabilità peer-to-peer appunto, rendendo improba la fatica dei censori.


La Rivoluzione Digitale

Torrent, Peer-to-Peer e file sharing sono le paroline magiche che mettono in crisi i produttori di oggetti digitali, che cercano in tutti i modi di bloccare questa marea, suggerendo leggi anche evidentemente antidemocratiche, come in Francia (per fortuna almeno una volta qualcuno che ci precede nel peggio). Ma si sa che i potenti e la salvaguardia del concetto di proprietà hanno sempre grandi estimatori tra gli uomini politici.. (toh mi sembra di parlare come un bolscevico al soviet!!!).

Ma veniamo alla notizia di oggi. Il portale Pirate Bay viene venduto ad una società di internet cafè, che ha già annunciato che ne modificherà la gestione per garantire profitti ai detentori di copyright. La cosa suona come un ammaina-bandiera da parte dei "pirati", che erano diventati un'icona della battaglia sui diritti digitali (tra i tanti siti di file sharing), soprattutto dopo che sono stati condannati in Svezia 12 mesi e 2.5 milioni di euro di multa per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.


La resa dei Pirati

Uno dei suoi fondatori ha dichiarato che nulla cambierà e che si sente sicuro che la battaglia proseguirà, ma il timore forte è che multa e condanna abbiano indotto i ragazzi a vendere al momento giusto, per assicurarsi una serena vecchiaia, continuando la lotta su basi molto più teoriche e meno pericolose.

Eppure proprio in Svezia il fenomeno sociale ha addirittura assunto una rilevanza politica con le scorse europee, quando un partito, che si prefigge di resistere alle leggi repressive nell'uso del web, ha ottenuto addirittura uno straordinario 7,1%.

Altri combattono il fenomeno dei diritti di proprietà seguendo il solco tracciato dal movimento Open Source e dal suo profeta Stallman che si battono per la libertà di accesso ed utilizzo del software, vista come il modo di condividere la conoscenza e consentire un più rapido progresso di tutto il mondo. Quale sarebbe il nostro stadio tecnologico che chi avesse inventato la ruota ne avesse reclamato i diritti e rallentato la diffusione?


La Open Music

Esistono siti, come Jamendo, in cui sono disponibili tracce musicali liberamente utilizzabili a fini non commerciali. Questi siti raggiungono il duplice obiettivo di abbattere i costi della musica e di aiutare i giovani musicisti a promuoversi.

Anche in Italia si gioca una partita, neppure tanto sottile, sull'uso del web, questa volta incentrata sul controllo dell'informazione in quanto, vista la peculiarità del nostro paese con la incredibile commistione tra politica e media, il problema sembra essere sopratutto "controllare" le voci fuori dal coro, che destabilizzano la cloroformizzata informazione nazionale.

La percezione (o la speranza?) è che queste iniziative siano solo uno sterile tentativo di controllare un magma in movimento, tentativo frutto della distanza esistente tra una classe politica (in moltissimi paesi) lontana dalle reali esigenze delle persone comuni, ma sopratutto un po' miope, incapace di capire che un approccio repressivo è destinato miseramente al fallimento in presenza di una fenomento come internet.


Internet e (è) Democrazia

Anche in Iran, di fronte al pericolo di perdere la vita o la libertà, Internet ha costituito il mezzo per dare linfa ad una protesta che ha reso nudo, di fronte al mondo, il regime degli Ayatollah, schierato compatto contro il proprio popolo (ed il suo sangue) in difesa dei propri privilegi.

Saturday, June 20, 2009

Viaggio nelle best practise del GREEN.IT e dell'ICT sostenibile: il ruolo dell'Enterprise Content Management in una paperless company

Abbiamo parlato nel precedente post che esistono alcune dimensioni immateriali percepite dal pubblico in maniera più rilevante di altre e che la valorizzazione di tali asset partecipa alla costruzione del valore dell’azienda. Tutte queste dimensioni si basano sul dominio e la condivisione della conoscenza.

L’obiettivo di raggiungere una paperless company non può ovviamente che essere legato ad una graduale adozione di processi operativi digitali, in quanto è necessario avere il tempo per capire le potenzialità offerte da questa pratica per adottarla diffusamente in azienda, avendo ben chiaro il discrimine tra attività possibili ed attività utili.


Non è solo un problema tecnologico ma necessita anche della valutazione dell'impatto sulla struttura

L’adozione infatti di una adeguata strategia ECM non si basa solo su una corretta implementazione tecnologica e funzionale, ma anche, anzi soprattutto, su una responsabile valutazione dell’impatto sulla struttura preesistente, in funzione delle potenziali resistenze culturali o psicologiche che una rivisitazione di un processo necessariamente comporta.

Il cambiamento di un processo, che non viene essenzialmente modificato nel suo workflow, se non per l’automazione di alcuni passaggi, avrà certamente un impatto limitato sul lavoro delle persone coinvolte, ma si corre il rischio di non perseguire tutti gli obiettivi di efficienza realmente raggiungibili. Di contro una eccessiva rimodulazione di un processo esistente può comportare una “teorica” ottimizzazione dei tempi, ma al tempo stesso si possono vedere ridurre i vantaggi effettivi a causa di un “rigetto” endogeno dell’organizzazione, evidentemente non in grado di recepire un cambiamento così radicale.

Inoltre la valutazione del ROI deve ovviamente tenere conto che i cambiamenti introdotti necessitano di formazione del personale coinvolto, ed il peso di tale costo non può essere trascurato nella valutazione dei benefici.


Un processo ricorsivo

La riorganizzazione del flusso dei processi operativi è un processo costante e ricorsivo che può essere suddiviso in 4 fase in stretta relazione
  • Assessment dei processi
  • Analisi
  • Ottimizzazione del workflow e degli strumenti
  • Valutazione dei risultati ed elaborazione delle metriche di misurazione
In particolare torno ad osservare la rilevanza dell’ultimo punto, che non sarebbe realizzabile in maniera opportuna in assenza di una adeguata automazione dei processi e che invece in tal modo amplifica la la conoscenza dei flussi operativi e la capacità di analisi sulla efficacia delle procedure e degli strumenti utilizzati.

Come si è detto la re-ingegnerizzazione dei processi trova le sue basi nell’adozione di una valida strategia e strumenti ECM. Anche L’Enterprise Content Management può essere scomposto in quattro fasi tra loro collegate in un processo perennemente ricorsivo:
  • Analisi ed integrazione dei sistemi di alimentazione delle informazioni
  • Organizzazione, categorizzazione ed archiviazione dei contenuti
  • Integrazioni con le altre informazioni e sistemi aziendali
  • Distribuzione ed arricchimento delle informazioni integrate

Wednesday, May 27, 2009

Il mobbing e le donne: perchè prendere le peggiori consuetudini degli uomini? dati ed analisi (non sempre congruenti tra loro...)

Forse tra un po' uscirà un nuovo film: "donne che odiano le donne...".

Non me ne voglia il gentil sesso, per il quale nutro una costante e devota ammirazione, ma cito un articolo di oggi su Repubblica (che potete leggere qui), che a sua volta cita il New York Times, che a sua volta cita uno studio del Workplace Bullying Institute. (Chissà cosa è rimasto di vero dopo questa serie di citazioni...).

Le donne sarebbero responsabili del 40% dei casi di mobbing e le loro vittime preferite sarebbero... altre donne (70%).

Ma come?

Dopo anni di battaglie sulla discriminazione che, oggettivamente, subiscono le donne nel mondo del lavoro, oggi, sono proprio quelle che "arrivano" a trasformarsi negli aguzzini delle loro colleghe? Sembra la solita storia della guerra dei poveri, nella quale si cerca il nemico più debole da attaccare e spesso lo si trova nelle categorie verso le quali sarebbe più logico aspettarsi maggiore solidarietà!

Cinzia Sasso nel suo articolo evidenzia che la maternità, situazione che più di altre dovrebbe unire le donne perchè capaci di comprendere stati d'animo ed aspirazioni, finisce per essere un motivo supplementare di risentimento del mobber, soprattutto se proprio il lavoro ne ha limitato la possibilità di vivere fino in fondo tale esperienza.

La logica maschilista che pervade le gerarchie aziendali contamina chi, per dimostrare di "avere le palle", diventa più realista del re.: "are women being “overly aggressive” because there are too few opportunities for advancement? Or is it stereotyping and women are only perceived as being overly aggressive?" si chiede il NYT? la difficoltà sta nello scegliere un modello di comportamento che può essere sempre sbagliato, “If women business leaders act consistent with gender stereotypes, they are considered too soft,” continua il giornale riportando uno studio del 2007. “If they go against gender stereotypes, they are considered too tough.”.

Sembra quasi che per alcune donne l'affermazione della parità passi attraverso alcuni pessime abitudini degli uomini. Qual'è il modo più ricorrente di festeggiare la festa della donna negli ultimi anni? Andare ad uno strip tease maschile...

Purtroppo il mobbing è un fenomeno così grave e riprovevole, con conseguenze talvolta molto gravi (15-20% i suicidi riconducibili a stress indotto dall'ambito lavorativo), da non far certo sentire il bisogno che anche le donne imitino le peggiori abitudini dei maschietti, anzi la speranza è proprio che provenga dalla sensibilità femminile la capacità di scardinare queste logiche di potere che interpretano una posizione gerarchica anche come un concetto di subalternità personale. Un fenomeno in crescita grazie anche ad una carente attività legislativa a riguardo.

Dati sempre di Repubblica: 8% la percentuale dei dipendenti sottoposti a mobbing in Europa, nella quale per fortuna, una volta tanto, ci fa piacere vedere che l'Italia sia agli ultimi posti di questa spiacevole classifica del mobbing: 4% contro i 16 punti percentuali degli inglesi. Il 40% si verifica in aziende con più di 100 persone ed il 79% riguarda la categoria impiegatizia, le denuncie invece riguardano per il 70% personale del pubblico impiego.

Eppure, a prescindere da ogni ovvia considerazione etica, il mobbing non risulta essere neppure una soluzione per emarginare un presunto elemento negativo e migliorare le performace di una struttura organizzativa. Tutt'altro!
Finisce per essere un costo implicito che l'azienda finisce per pagare ma proprio perchè "implicito" non percepibile in maniera chiara e quindi non tenuto in dovuto conto dal management aziendale, se per un anno tengo una persona in gamba a fare fotocopie chi mai si accorgerà del danno procurato in termini di mancati ricavi o maggiori costi?

P.S Per finire, in tutta onesta ho un solo dubbio... su Repubblica ed un po' ovunque in rete i dati non sembrano congruenti... Repubblica parla di "5 su 21 milioni"(ovvero 23,81%) in Italia ma nello stesso articolo (come altrove) la percentuale indicata è 4%, in diversi siti si parla invece di 1,5 milioni di "mobbizzati" su 21 milioni, il 7,14%, percentuale comunque diversa dal 4% indicato un po' da tutti. Misteri della matematica... o probabilmente fonti diverse e non completamente confrontabili...

Tuesday, May 26, 2009

Viaggio nelle best practise del GREEN.IT e dell'ICT sostenibile: Enterprise Content Management e valore degli asset intangibili

Questa serie di post prosegue di pari passo con i miei spostamenti, ora è un Milano-Roma a darmi il tempo di lavorarci su.

La precedente parte era dedicata allo scenario cui fanno riferimento i progetti di ECM, che riconducono la propria efficacia alla ricerca di migliori processi aziendali ed alla riduzione dei consumi e dei relativi costi.


Dalla Gestione Documentale all'Enterprise Content Management

Un problema complesso e di forte impatto sulle aziende, essendo molto più che una semplice gestione di documenti, perché ormai da tempo si è superata la visione un troppo semplificata dei primi anni del document management. Si pensi che, mediamente, in strutture organizzative più o meno complesse l’insieme delle informazioni gestite è costituita per il 20% da dati strutturati e per l’80% da documenti di diversa natura, riconducibili all’insieme dei dati non strutturati.


I processi operativi utilizzano principalmente questo secondo insieme per lo scambio di informazioni tra le diverse unità che costituiscono la struttura, aumentando di fatto il peso con cui tale la tipologia di informazioni incide sull’efficienza dei processi.

Tanto più questi documenti circolano in formato non digitale, tanto più l’overhead, indotto dalla gestione fisica dei supporti, produce un aumento dei costi ed il rallentamento dell’iter lavorativo. Ci si trova di fronte a problemi di diversa natura quali, per esempio, quelli legati:
  • Allo spostamento dei documenti in sedi geograficamente remote o meno
  • Alla conservazione dei materiali
  • Alla fruibilità del documento originale
  • Alla difficoltà di raccogliere statistiche e definire metriche per la misurazione delle performance
L’ esigenza di rendere più efficiente la struttura operativa, sempre all’attenzione del management aziendale, è diventata in questo momento una priorità anche per le strutture che tradizionalmente avevano sempre avuto meno problemi di investimento, quali banche ed assicurazioni.


Recupero di efficienza, riduzione dei costi e ricerca del vantaggio competitivo

La parola d’ordine che più frequentemente si ascolta dai nostri interlocutori è infatti: “riduzione dei costi”, accompagnata però, sempre più spesso, anche da una ricerca di maggiore competitività sui mercati, concetti in apparente contraddizione, ma in realtà sostenuti dallo scenario internazionale corrente che impone una maggiore profittabilità degli investimenti.


Se la prima necessità, quella della riduzione dei costi, può essere soddisfatta da un’assessment dell’organizzazione e dei processi e dallo studio di miglioramenti compatibili con la necessità di investimento, la ricerca di vantaggi competitivi risulta sicuramente meno facilmente perseguibile.


La crescita attraverso la valorizzazzione degli asset intangibili

E' in questo caso però che si riesce ad esaltare il valore dell’informazione ed in particolare di quella parte di conoscenza non sempre immediatamente rilevabile. Uno studio di qualche anno fa della Federal Reserve evidenziava che il valore delle aziende sia determinato per una parte da asset tangibili ma per una parte altrettanto grande da asset intangibili, con una riduzione del peso dei primi 78% al 53%, come viene anche descritto in questo documento della Bocconi. Ciò mette in luce come l'emersione di un valore, di per se difficilmente misurabile quali appunto gli asset intangibili, contribuisce alla costruzione del valore, questa volta tangibile, dell'azienda, in misura praticamente pari al patrimonio, cosidetto reale . Sono molte le dimensioni con le quali può essere declinato il valore intangibile di una azienda quali:
  • Forza del management
  • Reputazione, comunicazione e trasparenza
  • Strategie e loro esecuzione
  • Processi
  • Network di relazioni
  • Capitale intellettuale ed umano
  • Capacità di innovazione
continua...

Monday, May 18, 2009

Viaggio nelle best practise del GREEN.IT e dell'ICT sostenibile: Enterprise Content Management e revisione dei processi di Business

Bene... sto per cominciare un lungo viaggio, una occasione che mi consentirà di intraprendere la scrittura di questo post. Non so bene ancora bene dove mi porterà ma intanto il Malpensa Express ha cominciato a muoversi e questo mi concederà i primi 40 minuti di lavoro.

Ho già parlato in alcuni post del Green IT, ma fino ad ora sempre in termini molto generali, oggi invece mi preme cominciare ad approfondire aspetti specifici. Dal primo post sul tema sono cambiati molti scenari, le imprese, costrette dalla crisi, cominciano a riflettere seriamente alla riduzione dei costi, mentre i consumatori sono sempre più sensibili al tema dello “sviluppo sostenibile”.

Questa duplice maturazione degli eventi ha fatto convergere le attenzioni dei manager di aziende a pratiche di riorganizzazione dei processi, qualcosa a metà tra l’ottimizzazione pura e semplice dei costi ed un virtuoso approccio sociale.


Cambia lo scenario nelle aziende ma anche in politica.

Non solo i manager però cominciano a cambiare idea. Addirittura il presidente della nazione più potente al mondo auspica ora una rivoluzione verde dopo il regime “nero” (dal colore del petrolio) del suo celebre predecessore, George “dabliù” Bush. Sarebbe stato pensabile due anni fa vedere un presidente americano auspicare e consegnare le redini del comando ad un management italiano di uno dei colossi dell’industria più tipicamente americana, quella dell’auto?

In maniera assolutamente indipendente, ma ormai strettamente correlata, è avvenuta un’altra rivoluzione.. quella dell’ormai famigerato “web 2.0”, che ha insegnato alle aziende che la comunicazione è un fattore determinante per la produzione di conoscenza e che tale comunicazione può non essere più mono-direzionale, dal centro alla periferia che recepisce, ma molti-a-molti, dove gli utenti da elementi passivi diventano soggetti attivi e ciò, invece di produrre anarchia, è in grado di fare compiere grandi passi in avanti nel campo della gestione della conoscenza.


“Colpa” degli User Generated Content e della Collaboration.

Naturalmente come all’inizio di una qualunque rivoluzione culturale ci sono avanguardie e resistenze, ed i media, complice l’effetto novità, amplificano un po’gli effetti di un cambiamento che, nelle aziende, è ancora più raccontato sui giornali che vissuto veramente. La cosidetta “enterprise 2.0” certamente è un processo che si èmesso in moto e che pian piano ridurrà le istanze più conservatrici del mondo imprenditoriale. Per ora accontentiamoci del positivo impulso dato all’alfabetizzazione informatica degli italiani.

Ma torniamo al nostro tema.

L’approccio GREEN si declina in più temi, che vanno dall’efficientamento dei processi, alla riduzione dell’utilizzo della carta, dell’energia alla tecnologia alla ricerca di forme più efficienti di produzione delle energia o alla diffusione della cultura “sostenibile” ed al trasferimento di competenze e tecnologia. Nei prossimi post vorrei approfondire i temi legati all'ECM, che viene indicata da Gartner come una delle chiavi dell ICT sostenibile e sul sito dell' AIIM,e Association for Information and Image Management ( http://www.aiim.org) si legge, non senza un po' di enfasi, “If the U.S. cut its office paper use by roughly 10 percent, or 540,000 tons, greenhouse gas emissions would fall by 1.6 million tons — equivalent to taking 280,000 cars off the road for a year,” notes AIIM President John F. Mancini.


Enterprise Content Management, ECM ma anche BPM e BPR

Molti di questi aspetti sono strettamente collegati, se si pensa che la de-materializzazione dei documenti permette una maggiore efficienza dei processi e si traduce in minor tempo per l’elaborazione di un iter lavorativo, riduzione dell’effort logistico indotto dal trasferimento materiale della carta, nonché la riduzione per la conservazione dei grandi archivi cartacei.

Banche ed Assicurazioni, per fare un esempuio, sono tenute a rispettare diversi obblighi di legge e misurano l’impiego di spazio in diversi chilometri lineari di archivi cartacei, con costi alti di infrastruttura (spazio utilizzabile, impianti per la conservazione come aria condizionata) e costi di personale (addetti, sicurezza ecc.) a fronte di una percentuale bassissima di utilizzo di tali documenti, alcune ricerche parlano di percentuali vicine all’uno per cento.

Ma cosa si intende per ECM?

Continua...

Thursday, May 14, 2009

Informatici Senza Frontiere: Digital Volunteers in Abruzzo!!


Nel mio post sul terremoto in Abruzzo ho parlato della necessità di impegnarsi per offrire, anche con il mio tipo di professionalità, un supporto a chi ha visto in pochi istanti, stravolta la propria vita ordinaria. Ho quindi provato a cercare in giro qualche iniziativa che mi permettesse di capire se esistevano interventi già strutturati.

Mi sono quindi imbattuto in Informatici Senza Frontiere che stanno operando in Abruzzo per fornire le competenze ed il lavoro per far ripartire la "normalità" in quei territori devastati. In particolare stanno cercando di attivare iniziative per permettere la piena operatività dell'Università e credo che sia una scelta assolutamente corretta, perchè è proprio dallo studio e dalla ricerca della professionalità che può ripartire un territorio in tempo di crisi.

La ricerca della migliore alternative, per ovviare alle carenze infrastrutturali contingenti, può rappresentare addirittura una opportunità per migliorarsi e cercare l'eccellenza, a patto di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà. Ma in questo senso le genti abruzzesi hanno dato dimostrazione di grande tenacia e serenità.

Questo post è quindi solo per evidenziare il lavoro di questa associazione e, se possibile con le mie forze, di sollecitare il contributo di quante più persone operano nel mio settore. Servono ore lavoro ma anche idee e capacità di relazione. Tra l'altro voglio anche sottolineare la reattività di questi ragazzi, cui ho scritto un commento sul loro sito e dai quali ho ricevuto, in tempi rapidissimi, contatti ed informazioni... spero non me ne voglia se lo cito pubblicamente, ma in primis Aldo Ceccarelli che mi ha contattato.

Il mondo del software vive già da anni fenomeni collaborativi importantissimi come quello dell'Open Source, ovvero la condivisione pubblica dei sorgenti dei programmi al fine della crescita complessiva della conoscenza, in contrapposizione con la battaglia sui diritti di proprietà intellettuale sul software che persegue la maggior parte dei grandi produttori. Questa capacità e volontà (sopratutto) di condividere deve essere lo spirito per aiutare in Italia, ma anche in tutto il mondo, chi ha meno risorse a disposizione. Sopratutto se parliamo di istruzione, che è la condicio sine qua non per uscire dalla propria condizione di inferiorità.

Friday, May 8, 2009

Riflessioni sul contributo della tecnologia nell’opera di ricostruzione dopo il devastante terremoto in Abruzzo: il volontariato digitale

Un mese fa il terremoto ha devastato l’ Abruzzo ed ormai è cominciato il tempo della ricostruzione. Nei primi giorni occorreva che ci fossero braccia in grado di aiutare “fisicamente” nella corsa contro il tempo, rimuovere macerie e cercare superstiti, dove i mezzi meccanici non potevano operare o dove, peggio ancora, non erano ancora arrivati.

L’Italia tutta si è stretta intorno alle popolazioni colpite ed io con loro, con l’ansia di chi ha vissuto un’esperienza simile in Campania, quel maledetto 23 novembre. La mia città fu assalita dalla paura per gli enormi e prolungati sobbalzi del terreno, ma subimmo danni solo le abitazioni, mentre purtroppo nei giorni seguenti, nel cosiddetto cratere in Irpinia, ho visto il dolore disegnato sui volti delle persone che a mani nude cercavano almeno di dare sepoltura ad un genitore, ad un nonno. La mia prima esperienza con il dolore e la morte, in forme così profonde ed estese.

Eppure di quei giorni rimane vivo soprattutto il ricordo del senso di fratellanza spontanea che si instaura, il ricordo delle persone corse giù in una notte dal Friuli o dalla Sicilia. Una drammatica esperienza che instillava allo stesso momento un forte senso di fiducia nel genere umano, quella fiducia che nella vita quotidiana appare spesso perdersi. Preti e “comunisti”, giovani e meno giovani, scavare fianco a fianco e dormire spesso in auto. Tra una scossa qua e là.


La ricostruzione: un piatto per ingordi

Lo scempio della ricostruzione e della cementificazione successiva sono un ricordo altrettanto doloroso, pensando soprattutto al fiume di denaro che ha arricchito pochi ed ha creato posizioni di potere.

Mi sono fermato a riflettere a lungo su quali attività può svolgere un professionista dell’IT per contribuire in questa fase e non nego un po’ di frustrazione rispetto al contributo che può dare un medico, un ingegnere o un tecnico. Anche un cantante può fare molto.

Dopo lo Tsunami avevo cercato di organizzare una “colletta tecnologica” per contribuire alla costruzione di un sistema di alerting, sulla base della semplice considerazione che il mondo della finanza in cui lavoro è completamente interconnesso e che un ordine di borsa impiega frazioni di secondo ad essere eseguito . Le tecnologie di comunicazione distribuita sono disponibili ed abilitanti e alcune aziende private avevano accolto la mia richiesta. Inutile dire che la cosa si bloccò quando, passando al lato istituzionale, nazionale e/o europeo, capii che neppure la disponibilità di tecnologie innovative e di grande valore (ovviamente fornite a titolo gratuito) erano sufficienti ad innescare un ciclo virtuoso.


Cosa può fare chi scrive software?

Il terremoto inoltre rende inefficace un sistema di tal genere, perché non lascia il tempo di predisporre alcuna attività di mitigazione dei danni, in mancanza di comprensibili segnali premonitori, ed allora come si può concretizzare l’aiuto di persone che, come me, sanno mettere uno dietro l’altro i bit trattati da un processore?

Le polemiche successive all’evento mi hanno ricordato come un cataclisma del genere diventa un’opportunità per pochi, già pronti a spianare e cementificare luoghi che altrimenti non sarebbero stati toccati. La nascita del movimento (che in molti definiamo “democratico”) di generazione dei contenuti da parte degli utenti della rete mi porta a pensare che i tempi siano maturi per la costruzione di una “sentinella ambientale”, in grado di documentare, nel tempo, lo stato dei luoghi e creare luoghi di aggregazione in cui il cittadino abbia spazio per confrontarsi per difendere ciò che è patrimonio di tutti dall’ingordigia di pochi.

Una vecchia idea rielaborata, di costruire un archivio a due dimensioni, una timeline temporale ed una collocazione geografica, in grado di informare, ma anche di fornire un supporto per la ricostruzione di fatti. Le immagini poi delle opere e delle chiese sventrate, che probabilmente dovranno essere definitivamente abbattute, sono un terribile segno di come la nostra memoria e la bellezza dei luoghi risulterà irrimediabilmente privata di parti così significative. Doveroso per noi organizzare la conoscenza e per chi verrà dopo.

Non è complesso mobilitare l’impegno private e le tecnologie sono tutte disponibili, sarà possibile realizzarlo?

Monday, May 4, 2009

Comunicazione e Capitale umano in tempo di crisi, il 91% degli impiegati vuole condividere le informazioni, se ne discute il 7 maggio all’OPEN DAY

Qualche giorno fa ho ricevuto l’invito per giovedi 7 maggio all’Open Day (viale Ergisto Bezzi 2) organizzato da IQM selezione e Krauthammer (multinazionale che fornisce servizi di Consulenza, Formazione manageriale e Coaching) ed è stata l’occasione per una riflessione sulla percezione del capitale rappresentato dalle risorse nel bel mezzo di questa “grande crisi”.

Alberto Baggini, CEO di IQM e professore al Politecnico di Milano, è stata una delle persone che per prime hanno animato le discussioni sul mio blog con una intervista sull’argomento “capitale umano”, arricchendolo del particolare punto di vista di chi ha il compito di valutare candidati per una eventuale assunzione.


Manager all'altezza della crisi?

Avevamo parlato delle differenti tipologie di intelligenza e di come tali abilità devono essere calibrate rispetto alle reali esigenze della azienda che sta ricercando personale, di come sia importante far emergere le reali caratteristiche ed in particolare Alberto Baggini aveva evidenziato che nel suo lavoro “ colloqui sotto stress consentono di valutare le reazioni dei candidati di fronte a reazioni non prevedibili o difficilmente inquadrabili, in modo che il nostro interlocutore non possa mettere in atto un comportamento consolidato ma debba mettere in gioco il proprio istinto, la propria capacità di improvvisazione e di gestione delle criticità, che sono poi requisiti fondamentali di fronte a richieste endogene od esogene di adattamento”.

Se è vero che spesso in tempi normali le doti di leadership di un manager non vengono sottoposte a stress particolari, fusioni, cali di risorse finanziarie o di quote di mercato fanno esplodere in tutta evidenza le contraddizioni di manager non adeguati al ruolo che ricoprono.


Il costo aziendale di professionalità inadeguate e la "distanza" tra manager ed impiegati

La valutazione di un candidato (sia manager o meno) ha una grande criticità ed un peso nella vita aziendale successiva, perché ovviamente l’introduzione in una struttura di professionisti non adeguati al ruolo ha un peso crescente, quanto più diminuiscono le dimensioni della società e quanto più la crisi erode i margini operativi.

Leggiamo da più parti che la crisi “rappresenta una opportunità” , ricorrendo ad un raffigurazione benevola della realtà, in quanto sarebbe molto più corretto dire che la crisi è uno “stimolo” a mettere in piedi un processo maggiormente virtuoso, nel controllo dei costi e nella valorizzazione degli asset.

L’opportunità è infatti un evento puntuale che si presenta limitato nel tempo, mentre la necessità di migliorare processi e strutture è permanente, ciò che cambia è solo la percezione dell’urgenza con cui porre rimedio a disfunzioni e disservizi, urgenza che in tempi di crescita viene solamente nascosta dall’andamento positivo di una azienda.

Questa “opportunità” però, anche durante la crisi (o soprattutto?), rimane spesso uno slogan scritto sui giornali, perché un periodo di recessione non fa altro che amplificare la necessità di tagli e tali tagli vengono spesso realizzati sulla base solo di criteri “immediatamente” economici, senza valutazioni sui valori intrinseci e sulle prospettive di medio e lungo termine. La contrazione del mercato, a mio avviso, non fa ha altro che amplificare il muro che spesso esiste tra livelli di management diverso e tra manager ed impiegati.


La comunicazione e la condivisione come valore aziendale e qualità di un manager

Proprio il comunicato stampa dell OPEN DAY contiene alcune statistiche che sostengono tale percezione “Da un’indagine realizzata a livello europeo da consulenti esperti di formazione e coaching manageriale facenti parte di Krauthammer è emerso che la maggior parte dei manager non riesce a soddisfare le esigenze dei dipendenti e conseguentemente neanche quelle aziendali. I dipendenti desiderano essere informati dai loro manager sulle decisioni prese e che queste ultime siano contestualizzate e accompagnate da chiarimenti. Il 40% dei manager soddisfa tale richiesta, tuttavia, più di un terzo (35%) ha la tendenza a limitarsi ai fatti e ai dettagli; il 25% ha un atteggiamento opposto, ossia fornisce spiegazioni imprecise e vaghe. Quando i dipendenti riscontrano difficoltà nell'eseguire un compito, il 91% di essi desidera analizzare i problemi insieme ai manager, ma solo il 47% dei manager si comporta in tal modo, mentre un terzo (31%) tende a fornire ai dipendenti un'analisi personale, senza consultarli. Il migliore leader in tempi di crisi è colui che non minimizza questi aspetti, contribuendo a rendere meno “esplosiva” una situazione già critica. È importante mantenere alti i livelli di comunicazione con i propri dipendenti: essere trasparenti sulla situazione aziendale e sulle strategie adottate, chiamando a raccolta tutte le forze in campo e assumendo un diverso atteggiamento verso i contributi altrui”.

Troppo spesso invece il detenere informazione viene considerato un valore, in virtù dell'ossequio all'obsoleto "divide et impera", un valore finalizzato al mantenimento ed all'accrescimento del peso della propria posizione nella struttura aziendale, a prescindere se tali atteggiamenti abbiamo o meno una ricaduta sull'organizzazione e sui risultati aziendali. Ricaduta che esiste e che troppo spesso è negativa.


OPEN DAY

Avendolo citato all’inizio del post chiudo solo con una nota proprio sull’OPEN DAY, un’iniziativa che ha l’obiettivo di far incontrare e discutere professionisti, specialisti e manager sulla comunicazione e sul valore del capitale rappresentato dalle persone e dalla loro competenza. Si terrà giovedì 7 Maggio 2009 in viale Ergisto Bezzi 2, dal mattino alla serà e vedrà wokshop, incontri personalizzati e momenti di discussione. Per chi è interessato può scrivere a info@iqmselezione.it