Una recente inchiesta di ZeroUno si è occupata dell’innovazione in Italia. L’obiettivo era anche quello di dare la parola alle aziende che fanno innovazione in Italia. Vengono infatti citate alcune aziende, ma il giornale ammette, con onestà, che l’elenco non è completo, anche a causa della mancata collaborazione di qualche azienda invitata a partecipare.
Vorrei allora provare a raccogliere ulteriori informazioni, con l’aiuto di tutti, sulle aziende italiane, piccole e grandi (ovviamente soprattutto le più piccole ... le grandi si fanno già conoscere da sole) che fanno innovazione.
Mi auguro che chi si imbatterà in questo post abbia voglia e tempo di segnalarmi aziende che conosce (nome, breve descrizione delle attività e o commenti anche via mail blog@www.carlobruno.net ), particolarmente vivaci sotto il profilo dell’innovazione in Italia e che possibilmente esportino la loro tecnologia all’estero.
Già il concetto di “innovazione” potrebbe generare lunghissime discussioni. Personalmente credo che sia innovativa una azienda che ha un business model innovativo, oppure che fa tecnologia di frontiera (in termini applicativi o di performance) ma che è anche capace di vendere questa tecnologia e soprattutto di venderla all’estero.
Non è innovazione quella che poi non entra sul mercato.
Credo che nell’elenco presentato da ZeroUno come delle “Belle Italiane” ci sia qualche azienda non particolarmente innovativa, almeno rispetto al mio “personale” concetto di azienda innovativa.
Non me ne vogliano i bravissimi giornalisti di ZeroUno, anzi spero che considerino questo post una discussione in puro stile web 2.0... (lo so... un pò abusato come termine.. ma è solo per farsi capire... oggi tutto è 2.0.. banking 2.0 ecc.).
Se non avrò raccolto adeguate informazioni mi dedicherò a pubblicare un po’ di ricette di cucina...
Tornando all’articolo di ZeroUno è inutile dire che i risultati dell’inchiesta sono piuttosto sconfortanti... d’altra parte basta leggere ogni anno il rapporti Assintel / Assinform per ricevere conferma periodica di come il Sistema Italia nelle Tecnologie sia tremendamente in difficoltà.
I pallidi segnali di miglioramento (la crescita del comparto in aumento negli ultimi tre anni) sono immediatamente ridimensionati dal paragone con le medie europee, l’Italia cresce dell’ 1,6% e l’Europa del 3,9%, con aumento costante del gap tra la crescita del nostro paese e quella del resto d’Europa.
In definitiva cresce tutto il sistema, e quindi l’Italia con esso, ma le nostre percentuali sono sempre più lontane dalla crescita complessiva. Il confronto poi diventa impietoso con i paesi emergenti (Cina ed India in primis) ma anche con quelli a maggior crescita in Europa come la Spagna. Proprio la Spagna e l’Irlanda (ancor prima!!!) sono la dimostrazione però che le posizioni non sono immutabili e che esiste un “mondo diverso”.
Il sistema politico ha le sue responsabilità, ma è singolare che mentre tutti celebrano il libero mercato poi le colpe finiscano per essere addebitate allo stato.
Il sistema produttivo in Italia del comparto IT è fatto in larga parte da System Integrator che operano su grandi commesse, dalle banche e dal pubblico e parte dalla grande industria. Chiaramente il business model di queste aziende difficilmente è compatibile con accelerazioni in avanti sul tema dell’innovazione ed è anche vero che difficilmente si reperiscono capitali in Italia per nuove iniziative. Stupisce però un po' l'immobilismo anche nello sfruttare le poche occasioni che si presentano.
D’altra parte i System integrator reagiscono soprattutto “on demand”, sulle esigenze del Cliente e quindi non è facile proporre innovazione. Nell’articolo, Filippo Rizzante di Reply giustamente ricorda che “i Cio delle maggiori imprese dovrebbero cominciare ad essere innovativi e correre qualche rischio”.
Vero. Sia per chi consuma tecnologia e sia per chi la propone.
E non basta citare la partecipazioni a progetti internazionali finanziati dalla Comunità Europea. Conosco il problema, avendo partecipato alla stesura di diversi progetti e coordinatore di un consorzio internazionale. L’opportunità offerta (e non sempre colta) dagli incentivi europei all’innovazione merita un post dedicato che ho intenzione di pubblicare tra poco.
La fase poi maggiormente critica è la commercializzazione. I buoni prodotti realizzati richiedono una progettazione di questa fase, attività che non mi sembra essere nel Dna ne di istituzioni di ricerca ne di System integrator... per vendere un prodotto sul mercato internazionale occorre una società focalizzata su questo tipo di business.
Difficile ma non impossibile. Una delle storie che vi racconterò nei prossimi giorni è proprio quella di questo tipo di aziende.
Il mio campo di osservazione è ristretto e quindi vi potrò evidenziare solo le aziende con cui sono entrato (direttamente o meno) in contatto. Lavoro da anni nel campo della Finanza, forse l’unico segmento all’interno del bancario, in cui è imperativo il real time. Questo impone necessariamente una competition in termini di performance e robustezza avanzatissime rispetto alle consuete applicazioni gestionali della banca.
Le aziende specializzate del comparto sono quindi costrette all’innovazione continua e alcune aziende italiane sanno farsi rispettare anche all’estero, come per esempio List Group che ha diverse sedi in Francia,Inghilterra, Spagna ed Usa.
In altri comparti aziende come Expert systems lavorano su nuove tecnologie, ma anche le aziende che si confrontano con il problema delle sicurezza e sono costrette all’innovazione, non solo dai competitors, ma dagli stessi individui che rendono “necessaria” l’esistenza di queste aziende.
Le aziende citate sono già grandi da essere conosciute da sole e quindi nei prossimi giorni vi parlerò di NelWeb e del suo motore semantico e sempre nei prossimi giorni spero di avere nuove aziende di cui parlarvi.
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