Tuesday, September 2, 2008

Le croniche difficoltà della Ricerca in Italia e l'opportunità dei Programmi Europei (prima parte)

Il principale problema del “fare innovazione” in Italia è quello di individuare le adeguate risorse economiche per finanziare l’impresa.

A dire il vero, in Italia è anche difficile trovare quel pizzico di coraggio imprenditoriale necessario a fare da volano della ricerca in Italia. Da un lato manca talvolta la consapevolezza di sentirsi all’altezza di una tale sfida da parte degli imprenditori, dall’altra manca oggettivamente un sistema finanziario coraggioso in grado di supportare adeguatamente la realizzazione di nuovi prodotti, sistema finanziario presente in altri regioni del mondo e che ha fatto la fortuna di distretti industriali come la Silicon Valley e di molti giovanissimi imprenditori.

Terzo Pilastro storico dell’innovazione, mancante in Italia, è lo Stato.

Da anni la perenne ricerca di un equilibrio finanziario del bilancio dello Stato induce la progressiva riduzione dei fondi per la Ricerca. In questo panorama, francamente un po’ demotivante, una opportunità per le aziende italiane potrebbe essere costituita dalla partecipazione a programmi di finanziamento europei, ma anche qui sono più spine che dolori.

Esistono diversi programmi (www.cordis.lu) che hanno il compito di stimolare la ricerca in differenti settori del mercato tecnologico, ma il primo problema si riscontra proprio nell’impostazione “politica” di questi programmi.

La loro stesura rappresenta ovviamente un compromesso delle varie anime “nazionali”, che cercano di favorire i settori industriali ritenuti strategici per il proprio paese e di conseguenza l’Italia, che non ha avuto una forte strategia di crescita nel settore IT, preferisce ottenere risultati in settori ritenuti tradizionalmente trainanti o in crisi come quello agricolo.

Il risultato, ahimè, è che c’è poco dell’Italia nella definizione delle linee guida ed oggettivamente, forse, potrebbe esserci comunque poco... su quale segmento IT punta l’Italia come Paese? Telecomunicazioni come gli anglosassoni o l’aerospaziale come i francesi? Forse l’unico settore in cui si può dire qualcosa di qualificante sono i beni culturali, ma non è detto che alla ricchezza del patrimonio corrisponda poi un’analoga capacità innovativa.

Supponendo comunque di avere trovato un ambito nel quale presentare una proposta, le difficoltà che si presentano non sono da poco per un’azienda che intende approcciare i programmi europei.La preparazione della proposta è complessa, sia intrinsecamente, perché vengono richiesti progetti accurati, sia perché occorre che tali progetti sia comprensibili dai funzionari della commissione e siano valutabili da loro in base alle metodologie e le metriche di giudizio adottate dalla direzioni dei programmi europei, in termini di struttura ed organizzazione dei contenuti, tipologia di linguaggio.

La “competition” è molto alta ed è cresciuta nel tempo, tanto di portare la percentuale di riuscita di alcune Call a circa il 5%. Un margine di probabilità che fa riflettere molto le aziende che desiderano investire risorse nella preparazione di una proposta, insieme alla scarsa attitudine ad un approccio commerciale basato sulle tecnologie d’eccellenza anziché, come spesso accade, sulle capacità relazionali.

Si aggiunga che proprio questa competizione elevata ha fatto crescere una serie di piccole e medie aziende specializzate nella costruzione delle proposte, con un elevato grado di competenza, ma troppo spesso però indirizzato più alla costruzione formale di una buona proposta che di un progetto di buon livello qualitativo.

Il risultato che ne deriva è che l’obiettivo diventa l’ottenimento del finanziamento stesso piuttosto che la realizzazione di un progetto di ricerca. I professionisti dei progetti europei finiscono per assorbire una parte delle risorse che dovrebbero finire in innovazione grazie ad una specializzazione che le aziende intenzionate realmente a fare ricerca non riescono ad avere in quanto diverso il loro focus primario.



Prima parte: introduzione
Seconda parte: poche risorse per le aziende
Terza parte: i criteri di composizione dei consorzi europei
Quarta parte: monitoraggio ex-post dei progetti

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