Friday, June 27, 2008

GREEN.IT: la tecnologia ed il social networking al servizio della crescita sostenibile (parte seconda)

Nel post precendente abbiamo parlato del cambiamento in atto nella gestione della conoscenza aziendale vista come esperienza collaborativa e non più come processo individuale.

Questo nuovo approccio alla conoscenza è il fattore di crescita che più piace alle aziende, ma al tempo stesso le spaventa a causa della non linearità delle relazioni, che si trasformano da un modello ad albero in un grafo complesso ed in perenne evoluzione, tant’è che anche il modello stesso di relazioni diventa oggetto di studio per capire come sfruttare, al meglio, le dinamiche con le quali la conoscenza evolve. La social network analysis, un concetto non nuovo e non legato a questa innovazione tecnologica e sociale, assume ora un ruolo rilevante, come abbiamo osservato in un precedente post.

il SN comincia a diffondersi come pratica aziendale

Nonostante comunque le ovvie reticenze generate da ogni fenomeno nuovo che modifica un status quo consolidato, il successo del social networking sta attirando sempre più l’interesse di aziende che hanno strutture complesse ed articolate. Anche in Italia, nel segmento in cui lavoro, le banche, esistono realtà che investono in ricerca in questo ambito, come per esempio mi risulta faccia Intesa San Paolo, come dichiarato dai vertici della direzione IT che in più di una occasione hanno parlato delle esperienze di collaborazione legate proprio ai progetti di integrazione dei due grandi Istituti.

Viene addirittura da sorridere nel pensare che solo 2-3 anni fa la crescita tumultuosa di siti quale MySpace e YouTube venivano bollati come l’ennesima moda americana destinata ad avere un seguito limitato qui da noi, mentre in realtà si sono rivelati fenomeni sociali in grado di modificare molte nostre abitudini e anche addirittura di avere un impatto sulle organizzazioni aziendali. Oggi è tutto cambiato e sono in tanti ad indicare questo modello relazionale non solo come uno strumento per migliorare la produttività all’interno di una istituzione ma addirittura quale strumento di “crescita sotenibile”.

GREEN.IT, la tecnologia sarebbe responsabile del 2% delle emissioni

La GREEN.IT, tra i tanti slogan coniati dalle società di consulenza strategica, sembra essere una necessità sostanziale ed un punto di riferimento nei prossimi anni. La Comunità Europea, all’interno dei suoi programmi di ricerca e sviluppo ha cambiato l’esistente unità “For Environmental Risk Management” nella ICT for Sustainable Growth Unit, che si occupa di finanziare la ricerca in questo campo ed organizza eventi e conferenze sul tema come recentemente a Bruxelles il 23 e 24 Aprile scorsi sul tema "ICT for Energy Efficiency and Sustainability in urban areas".

Recentemente ad Oporto José Manuel Durão Barroso, Presidente della Commissione Europea ha dichiarato “This is our vision of Europe: a prosperous and sustainable society which has challenged climate change and globalization [..] In order to achieve these objectives, we have a coherent and ambitious strategy which guarantees sustainability, security of supply and competitiveness. The success of this strategy depends on the public and private sectors that work hard for research and technological development”. E Margot Wallström, vice-presidente per le relazioni institutionali e la comunicazione, commentando il canale Eutube promosso proprio dalla Commissione, ha affermato che “the EU can't ignore online developments - particularly the use of video sharing sites - as it's important to communicate with citizens through all available means”.

La riduzione delle emissioni si realizza attraverso diverse azioni

Concretamente la disponibilità di strumenti innovativi di comunicazione tra persone, inserite in contesti operativi dislocati in aree geografiche differenti, ne migliora l’efficienza e li abitua alla collaborazione, a patto che esista una reale cessione del controllo dell’informazione circolante da parte dei vertici, che dovrebbero stimolare ulteriormente la libera iniziativa individuale a riguardo dei contenuti e dei modi con i quali tali contenuti si diffondono.

Questo permette, per esempio, una riduzione dei trasferimenti per meeting e dei conseguenti contributi inquinanti del trasporto aereo. Per esempio un viaggio di una persona, per qualche migliaio di chilometri, rappresenta, in termini di contributo individuale, l’equivalente dell’emissione di CO2 di 10 contadini in Bangladesh in tutta la loro vita.

Come ho detto, GREEN.IT è molto di più, va dalla riduzione dei consumi indiretta, come quella citata, a quella diretta, ovvero l’ottimizzazione del consumo energetico di server e dispositivi o per la loro produzione.

L’aspetto più interessante è la maturazione della consapevolezza che sono anche gli atteggiamenti quotidiani individuali nel mondo del lavoro a determinare in meglio o in peggio i consumo collettivo e quindi il raggiungimento della “crescita sostenibile”.

[carlo bruno]

GREEN.IT: la tecnologia ed il social networking al servizio della crescita sostenibile

Con un certo piacere noto che è ormai argomento diffuso di discussione l’utilizzo di un approccio web 2.0 alla gestione dei processi aziendali, all’interno di quello che è stato definito nell’ultimo anno GREEN.IT, ovvero tecnologia “verde”.

GREEN.IT è quell’insieme di strumenti, best practice ed innovazione dei componenti che permette di utilizzare la tecnologia per produrre un risparmio nei consumi e contemporaneamente impedire che l’utilizzo della stessa tecnologia diventi un acceleratore dei consumi innescando un perverso ciclo di azione e reazione. Si va dalla costruzione di server che puntano al risparmio energetico fino alla realizzazione di software collaborativi che riducono gli spostamenti delle persone.

Qualche anno gli sforzi erano concentrati sul “telelavoro” quale mezzo per migliorare l’accesso al mondo del lavoro per alcune fasce di utenti e migliorare l’organizzazione dei costi aziendali, mentre oggi il concetto è allargato all’interna catena del valore.

Cambiamento sociale, non solo innovazione tecnologica

Tutto ciò però non è solo il frutto di innovazione e tecnologia ma anche il risultato di un cambiamento sociale in atto, spinto, paradossalmente, dai siti di networking ed entertainment di successo.

Il cambiamento è sostanziale, perché modifica l’abituale approccio alla gestione della conoscenza all’interno di una struttura Enterprise, coinvolgendo maggiormente tutte le figure professionali nei processi di formazione e distribuzione dell’informazione. Fino ad ora infatti due fattori hanno ostacolato fortemente un adeguato sharing della conoscenza: dall’alto la volontà di “controllare” la circolazione delle informazioni per prevenire la diffusione di informazione non veritiere o dannose all’azienda, ma anche dal basso, per l’incapacità (o spesso volontà) di diffondere la conoscenza individuale.

Contesto deformato: conoscenza=potere

In particolare ho vissuto esperienze lavorative nelle quali la conoscenza era considerata da alcuni “potere” e di fatto tale era, in quanto la mancata redistribuzione della conoscenza induceva atteggiamenti subordinati da chi non era detentore di tale conoscenza ed arma ti contrattazione aziendale per chi poteva fregiarsene. Queste situazioni erano, nel migliore dei casi, determinati dalla mancanza di management del team o da una sua scadente implementazione, ma anche, nei casi peggiori, da una gestione da parte dei manager in linea con la valutazione della conoscenza=potere. Un “Divide et impera” in cui è proprio la conoscenza l’elemento che permette di diversificare il trattamento delle persone, differenziandone il ruolo proprio in base alla conoscenza delle tematiche applicative ma anche delle dinamiche aziendali.

Questo atteggiamento è francamente un po’ miope e rivela la visione di chi punta al mantenimento della propria “posizione” aziendale, basata più sulla gestione del proprio potere che sul riconoscimento di risultati ottenuti, come invece sarebbe auspicabile in un contesto realmente meritocratico. Eppure è difficile ignorare i rischi ed i costi che una tale pratica introduce nei progetti. Rischi legati, per esempio, alla criticità di figure chiave ed i costi di acquisizione di conoscenza da parte di alcuni soggetti del team. Ma anche malessere all’interno del team stesso che si traduce in costo derivante da uno scadimento della produttività.

Una best practise nata in un contesto non aziendale

Il social networking ha invece dimostrato chiaramente che gli individui sono portati alla collaborazione ed al lavoro collettivo, anche quando non esiste un legame costituito da un comune obiettivo. Questo accade soprattutto quando nella comunità di utenti il rapporto tra i diversi soggetti è paritario e non influenzato da eventuali strutture gerarchiche precostituite. Si tratta di identificare un contesto “democratico” alternativo, nel quale il rapporto tra gli individui non è influenzato dalla loro posizione nella piramide aziendale.

La democrazia dell'informazione ed il valore della autorevolezza

Questo non significa che un rapporto gerarchico non esista, anzi, ma è dipendente dalla capacità del singolo di essere riconosciuto autorevole dagli altri, con l’emersione di una leadership “naturale” prodotta dal contributo che l’individuo è in grado di dare alla comunità in termini di conoscenza. La conoscenza quindi si trasforma da arma di ricatto in metodo di costruzione della propria rispettabilità, producendo una crescita complessiva della competenza di tutta la collettività ma anche uno stimolo per il singolo affinché acquisisca sempre nuova conoscenza

continua...

Tuesday, June 10, 2008

Comunicazione... di servizio

Qualcuno avrà notato che nell'ultimo periodo ho aggiornato con minore frequenza il blog ma purtroppo sono stato impegnato contemporaneamente su diversi fronti. Ora mi accingo a prendermi un paio di settimane di riposo e spero di potervi offrire qualche spunto interessante non appena rientro.

ciao
carlo