Avevo appena finito di raccontare del convegno di presentazione dell’osservatorio della School of Management del Politecnico che mi sono ritrovato a leggere un approfondimento sulla BI di linea EDP, fortemente contraddistinto dai dati dell’osservatorio del prof Pasini della SDA Bocconi e dagli studi sul settore di IDC.
Salta subito all’occhio come la ricerca della SDA definisca le PMI come le realtà più attive nell’introdurre nella propria gestione sistemi di questo genere, mentre la ricerca del Politecnico era fortemente incentrata (ma non solo) sulle aziende (industrie e banche) di dimensioni medio grandi. Entrambe queste due prestigiose istituzioni però concordano nel dire che ancora un passo indietro rimane la pubblica amministrazione; alcuni progetti sono stati realizzati anche in questo ambito, come questa una esperienza della Ragioneria di Stato citata alla fine di questo post
I due animatori delle rispettive iniziative hanno raccontato la loro visione in due articoli, su Linea EDP la SDA e su Datamanager la School of Management e nelle loro conclusioni emergono valutazioni comuni.
Per entrambi le maggiori difficoltà nell'introduzione di tecnologie di BI sono, per esempio, costituite sostanzialmente dalla qualità e dalla integrazione dei dati, come evidenziato nei post dedicati alla School of Management e dalla SDA,
ma anche dalla scarsa capacità analitica del management, come fa notare, con accento piuttosto critico, proprio l’analisi della Bocconi. L’informazione non viene utilizzata direttamente dai decisori, ma vi arriva mediata da analisti, perdendo quindi un po’ di valenza informativa.
Il segmento di mercato si conferma come uno di quelli che registrerà i maggiori tassi di crescita, superiori a quelli medi del comparto IT, come ci confermano le stime di IDC che ipotizzano il passaggio da un +8,3% del 2007 ad un +2008% per l’anno che sta per chiudersi. Sempre IDC conferma che gli utilizzatori della BI sono coloro che sono deputati a fare scelte strategiche e che sono per il 60% gli executive, il 58% i manager ed il 40% gli analisti.
Tutti concordano quindi sulle potenzialità di questo mercato anche il prossimo anno e risulta una intenzione da parte dei manager di incrementare gli investimenti in BI o almeno di mantenere i medesimi livelli dell’anno precedente.
Monday, December 15, 2008
Thursday, December 11, 2008
L’ Osservatorio sullo stato della Business Intelligence in Italia della School of Management del Politecnico di Milano: il primo report (parte III)
Abbiamo osservato come la Business Intelligence venga spesso usata per processi decisionali strategici e molto meno per processi operativi.
Cito a questo proposito un esempio che ho vissuto da vicino ed è quello della normativa sulla Market Abuse Detection sui mercati mobiliari, ovvero quella legge che imponeva agli intermediari di valutare la correttezza delle operazioni dei propri clienti.
Molti operatori del settore sono partiti a sviluppare soluzioni ad hoc per il problema, mentre noi ci siamo soffermati ad analizzare le tematiche sul tavolo ed abbiamo deciso di utilizzare modelli matematici e prodotti esistenti. Il risultato è stato di duplice soddisfazione, da un lato per la tempestività di realizzazione (in una sola settimana avevamo un oggetto funzionante e specializzato sui primi due casi analizzati), d’altro per avere ottenuto di fatto un prodotto già di nuova generazione rispetto agli altri, in quanto non ragionava solo su soglie fisse o programmabili, ma traeva dall’utilizzo stesso dello strumento, il feedback necessario ad autoapprendere e raffinarsi continuamente.
Processi Operativi e Decisioni Strategiche
Questo è solo un esempio di un possibile impiego operativo, ma possono essere citati diversi esempi:dall’individuazione del ri-presentarsi di pattern indicanti la possibilità di crash nell’erogazione di un servizio o alla valutazione dei migliori livelli attesi in caso di SLA. I metodi statistici vengono spesso utilizzati nella valutazione dei rischi (in genere nei crediti e nella contrattazione mobiliare), ma, come si è detto, non si osserva un uso estensivo della BI nell'operatività quotidiana.
La motivazione probabilmente risiede nella necessità di acquisire anche competenze matematico-statistiche e ciò non è una consuetudine nelle strutture IT, se non in particolari settori. Inoltre il consueto approccio è quello di risolvere problemi con metodi deterministice ed algoritmi basati solo su condizioni oggettive. Ciò fa mancare un po’ l’attitudine a considerare utilizzabili queste metodologie.
Criteri di valutazione
Tra le caratteristiche ritenute qualificanti per un prodotto/suite di BI c’è, sopra tutti, l’integrabilità con altri applicativi, ma anche flessibilità e facilità d’uso, quasi a testimoniare che lo strumento viene visto soprattutto come finalizzato all’uso da parte dell’utente finale. Per il medesimo motivo viene visto come fattore critico l’assistenza, soprattutto da parte delle PMI.
Il costo è ritenuto rilevante per i piccoli, non determinate per le grandi strutture.
Problemi connessi all'introduzione della BI
Un aspetto che sembra accomunare aziende di ogni dimensione è invece la valutazione dei principali ostacoli all’introduzione della BI. Come ci si poteva aspettare il principale freno è costituito dalla necessità di dovere lavorare molto per ottenere la migliore quantità e qualità dei dati. Stupisce un pochino la buona percentuale di intervistati che addebitano allo scarso successo della BI lo scarso commitment in struttura grandi, mentre non stupisce vedere citate la resistenza al cambiamento e la difficoltà di modificare i processi in funzione delle competenze acquisite.
Ancora una volta si evidenzia la differente visione tra PMI e grandi aziende sulla valutazione degli impatti, predominanti sui processi per le prime, sulle risorse per le seconde, evidentemente legato alla capacità, da parte di aziende con catene di comando più corte, di percepire meglio l’effetto dell’adozione di sistemi specifici, mentre tale impatto risulta evidentemente stemperato in organizzazioni con strutture complesse.
Politecnico e Bocconi
In questi giorni mi è accaduto di leggere anche un articolo su una analoga iniziativa della Bocconi, neoi prossimi giorni proverò ad analizzarne le differenze.
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis,
Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
Cito a questo proposito un esempio che ho vissuto da vicino ed è quello della normativa sulla Market Abuse Detection sui mercati mobiliari, ovvero quella legge che imponeva agli intermediari di valutare la correttezza delle operazioni dei propri clienti.
Molti operatori del settore sono partiti a sviluppare soluzioni ad hoc per il problema, mentre noi ci siamo soffermati ad analizzare le tematiche sul tavolo ed abbiamo deciso di utilizzare modelli matematici e prodotti esistenti. Il risultato è stato di duplice soddisfazione, da un lato per la tempestività di realizzazione (in una sola settimana avevamo un oggetto funzionante e specializzato sui primi due casi analizzati), d’altro per avere ottenuto di fatto un prodotto già di nuova generazione rispetto agli altri, in quanto non ragionava solo su soglie fisse o programmabili, ma traeva dall’utilizzo stesso dello strumento, il feedback necessario ad autoapprendere e raffinarsi continuamente.
Processi Operativi e Decisioni Strategiche
Questo è solo un esempio di un possibile impiego operativo, ma possono essere citati diversi esempi:dall’individuazione del ri-presentarsi di pattern indicanti la possibilità di crash nell’erogazione di un servizio o alla valutazione dei migliori livelli attesi in caso di SLA. I metodi statistici vengono spesso utilizzati nella valutazione dei rischi (in genere nei crediti e nella contrattazione mobiliare), ma, come si è detto, non si osserva un uso estensivo della BI nell'operatività quotidiana.
La motivazione probabilmente risiede nella necessità di acquisire anche competenze matematico-statistiche e ciò non è una consuetudine nelle strutture IT, se non in particolari settori. Inoltre il consueto approccio è quello di risolvere problemi con metodi deterministice ed algoritmi basati solo su condizioni oggettive. Ciò fa mancare un po’ l’attitudine a considerare utilizzabili queste metodologie.
Criteri di valutazione
Tra le caratteristiche ritenute qualificanti per un prodotto/suite di BI c’è, sopra tutti, l’integrabilità con altri applicativi, ma anche flessibilità e facilità d’uso, quasi a testimoniare che lo strumento viene visto soprattutto come finalizzato all’uso da parte dell’utente finale. Per il medesimo motivo viene visto come fattore critico l’assistenza, soprattutto da parte delle PMI.
Il costo è ritenuto rilevante per i piccoli, non determinate per le grandi strutture.
Problemi connessi all'introduzione della BI
Un aspetto che sembra accomunare aziende di ogni dimensione è invece la valutazione dei principali ostacoli all’introduzione della BI. Come ci si poteva aspettare il principale freno è costituito dalla necessità di dovere lavorare molto per ottenere la migliore quantità e qualità dei dati. Stupisce un pochino la buona percentuale di intervistati che addebitano allo scarso successo della BI lo scarso commitment in struttura grandi, mentre non stupisce vedere citate la resistenza al cambiamento e la difficoltà di modificare i processi in funzione delle competenze acquisite.
Ancora una volta si evidenzia la differente visione tra PMI e grandi aziende sulla valutazione degli impatti, predominanti sui processi per le prime, sulle risorse per le seconde, evidentemente legato alla capacità, da parte di aziende con catene di comando più corte, di percepire meglio l’effetto dell’adozione di sistemi specifici, mentre tale impatto risulta evidentemente stemperato in organizzazioni con strutture complesse.
Politecnico e Bocconi
In questi giorni mi è accaduto di leggere anche un articolo su una analoga iniziativa della Bocconi, neoi prossimi giorni proverò ad analizzarne le differenze.
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis,
Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
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Friday, December 5, 2008
L’ Osservatorio sullo stato della Business Intelligence in Italia della School of Management del Politecnico di Milano: il primo report (parte II)
Continuiamo dal post precedente l’analisi dei risultati dell’Osservatorio sullo Stato della Business Intelligence in Italia della School of Management del Politecnico di Milano.
Sulla base della distinzione descritta precedentemente tra Business Intelligence di base ed BI evoluta la situazione che sembra emergere dall’analisi è che le aziende sono raggruppabili in due insiemi diversi, aziende che la utilizzano in settori specifici, probabilmente stimolati dalla presenza di specifiche figura professionali che possono essere definite early adopters, ovvero fanno da apripista all’utilizzo in azienda di metodologie di BI (approccio verticale) ed aziende che ne fanno un uso pervasivo a più livelli (approccio sistemico)
Approccio Verticale vs. Approccio Sistemico
Nel secondo insieme sono incluse realtà in cui l’adozione è sistematica, molto probabilmente decisa a livello di management. Nel grafico seguente è rappresentato il posizionamento delle aziende rispetto all'utilizzo della BI, relativamente ai 73 case studies analizzati dall'Osservatorio. Le misure con cui vengono descitti i 4 macroinsiemi si riferiscono all'ulitizzo della BI per funzioni aziendali e all'intensità di utilizzo di tali tecnologie
Ma anche all'interno della seconda tipologia di aziende, ovvero quelle che strutturalmente hanno introdotto la BI nel proprio processo operativo sono stati osservati comportamenti diversi e percorsi diversificati a seconda delle aziende stesse:
Motivazioni all'uso della BI
La principale motivazione che spinge le aziende ad utilizzare strumenti di BI risiede, come emerge dalla ricerca, nella capacità che si acquisisce nel prendere decisioni con miglior cognizione di causa e la capacità di definire migliori strategie di business.
E’ interessante notare che le attese di grandi aziende (68% e 59%) e PMI (55% e 65%) sono sostanzialmente invertite rispetto a questi due aspetti, probabilmente a causa dell’approccio più strutturato delle grandi aziende e della maggiore tensione al mercato di quelle minori, mentre lo scoring dei possibili vantaggi che derivano dall'utilizzo di tali metodologie risulta pressocché uguale per i principali due punti emersi dalla ricerca, come riportato nel grafico seguente e relativo appunto allo scoring dei vantaggi legati all'introduzione della BI.
Gli influenzatori del processo decisionale
Gli influenzatori del processo decisionale sono ovviamente per le grandi aziende in primo luogo:
Questo quadro statistico sembra testimoniare anche, in generale, la scarsa propensione ad utilizzare metodologie di questo tipo in processi operativi veri e propri, infatti la BI viene ancora vista come un supporto di analisi delle informazioni a fini decisionali e non a migliorare processi ed organizzazione. La BI viene vista come un fattore strategico, ma risulta essere un po' inprigionata proprio da questa visione, che di fatto non permette di sfruttarne in pieno tutte le potenzialità.
Su questo tema nel prossimo post vorrei dedicare un po' di tempo ad analizzare un episodio professionale che ho vissuto in prima persona.
Sulla base della distinzione descritta precedentemente tra Business Intelligence di base ed BI evoluta la situazione che sembra emergere dall’analisi è che le aziende sono raggruppabili in due insiemi diversi, aziende che la utilizzano in settori specifici, probabilmente stimolati dalla presenza di specifiche figura professionali che possono essere definite early adopters, ovvero fanno da apripista all’utilizzo in azienda di metodologie di BI (approccio verticale) ed aziende che ne fanno un uso pervasivo a più livelli (approccio sistemico)
Approccio Verticale vs. Approccio Sistemico
Nel secondo insieme sono incluse realtà in cui l’adozione è sistematica, molto probabilmente decisa a livello di management. Nel grafico seguente è rappresentato il posizionamento delle aziende rispetto all'utilizzo della BI, relativamente ai 73 case studies analizzati dall'Osservatorio. Le misure con cui vengono descitti i 4 macroinsiemi si riferiscono all'ulitizzo della BI per funzioni aziendali e all'intensità di utilizzo di tali tecnologie
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis, Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
- approccio sistemico, con precise scelte architetturali e metodologiche valide a livello enterprise
- approccio pragmantico, rappresentabile con una funzione a “scalini”, in cui il consolidamento di una sperimentazione prelude all’inizio di una successiva
- approccio “creativo”, in cui viene demandata alla singola funzione organizzativa sia la scelta applicativa che quella tecnica, per ottenere il maggior livello dei risultati, anche a scapito dell’univocità architetturale.
Motivazioni all'uso della BI
La principale motivazione che spinge le aziende ad utilizzare strumenti di BI risiede, come emerge dalla ricerca, nella capacità che si acquisisce nel prendere decisioni con miglior cognizione di causa e la capacità di definire migliori strategie di business.
E’ interessante notare che le attese di grandi aziende (68% e 59%) e PMI (55% e 65%) sono sostanzialmente invertite rispetto a questi due aspetti, probabilmente a causa dell’approccio più strutturato delle grandi aziende e della maggiore tensione al mercato di quelle minori, mentre lo scoring dei possibili vantaggi che derivano dall'utilizzo di tali metodologie risulta pressocché uguale per i principali due punti emersi dalla ricerca, come riportato nel grafico seguente e relativo appunto allo scoring dei vantaggi legati all'introduzione della BI.
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis, Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
Gli influenzatori del processo decisionale
Gli influenzatori del processo decisionale sono ovviamente per le grandi aziende in primo luogo:
- responsabili IT (54%)
- direzione (42%)
- finanza (31%)
- marketing (28%)
- IT (29%)
- direzione (45%)
- finanza (12%)
- marketing (26%)
Questo quadro statistico sembra testimoniare anche, in generale, la scarsa propensione ad utilizzare metodologie di questo tipo in processi operativi veri e propri, infatti la BI viene ancora vista come un supporto di analisi delle informazioni a fini decisionali e non a migliorare processi ed organizzazione. La BI viene vista come un fattore strategico, ma risulta essere un po' inprigionata proprio da questa visione, che di fatto non permette di sfruttarne in pieno tutte le potenzialità.
Su questo tema nel prossimo post vorrei dedicare un po' di tempo ad analizzare un episodio professionale che ho vissuto in prima persona.
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Tuesday, December 2, 2008
Facebook Connect: il nuovo passo del social network più dinamico degli ultimi anni
Se si dovesse assegnare la palma d'ora della creatività tra i social network di grande successo questa probabilmente finirebbe a Facebook.
Da quando la creatura di Zucker era aperta solo agli studenti dei college americani ed era distanziata, per milioni di utenti dal colosso MySpace. Non escludo che esistano reltà più creative ed innovative ma la mia affermazione è relativa al grado di successo ottenuto e quindi commisurata alle difficoltà introdotte da una crescita cosi repentina e dall'acquisizione di una "responsabilità" di mercato.
L'arma vincente della rincorsa fu agli inizi proprio la disponibilità di API e l'integrabilità della piattaforma con applicazioni terze; già allora, quando mi era solo possibile leggere le cronache sull'uso del SN, mi sembrava fosse una corretta interpretazione del fenomeno Social, a dispetto della sostanziale chiusura del più accreditato rivale. In diverse presentazioni che ho fatto, anche all'interno di aziende che cominciavano ad approcciare i modelli di social network, indicavo quello di Facebook quale quello a maggiore potenzialità di crescita.
Questo implicava ovviamente che, ancora più che per i SN in generale, un'esperienza come Facebook richiedeva un'ampia cessione delle proprie prerogative di controllo di diretto sugli utenti, ma al tempo stesso, questa politica di apertura avrebbe rappresentato un vantaggio proprio nei processi di fidelizzazione.
Oggi Facebook conta più utenti di MySpace (ma questo secondo raccoglie molta più pubblicità) ed in Italia, negli ultimi mesi, ha vissuto un'impressionante esplosione.La mia seconda utenza (la prima l'avevo cancellata dopo un periodo di studio) ha vivacchiato ignorata per mesi, poi improvvisamente è cominciato un boom di contatti, da parte di persone che non mi sarei aspettato di trovare su un SN.
Ora Facebook consente di utilizzare le stesse credenziali di accesso per altri siti, offrendo possibilità ulteriori di social networking e, come riportato da un articolo di Repubblica, "Jeremiah Owyang, analista di Forrester Research, già vede oltre e prevede che Facebook Connect farà diffondere la moda dei social network anche sui siti aziendali, ora molto spesso grigi e statici. A qualunque sito basterà aderire all'iniziativa, infatti, per mettersi un cappello da social network."
Come il medesimo articolo fa notare non è una novità assoluta, ma occorre osservare che se prima Facebook si trovava nella condizione di inseguire e quindi con la necessità di osare, oggi è nella auspicabile, ma più critica, condizione di leader, ovvero nella quale si possono correre alti rischi che una decisione sbagliata metta a repentaglio il consolidato piuttosto che condurre a passi in avanti.
In generale ritengo che il management di Facebook abbia avuto in passato ed ancora ora un buon fiuto nel capire come anticipare trend o addirittura arrivare a determinarne nuovi, staremo a vedere se riuscirà a capire come saprà reagire quando si diffonderà una prevedibile ondata di riflusso da Facebook.
Wednesday, November 26, 2008
L’ Osservatorio sullo stato della Business Intelligence in Italia della School of Management del Politecnico di Milano: il primo report
Oggi ho seguito la presentazione di un’interessante Osservatorio sullo stato della Business Intelligence in Italia. Se ne è fatto promotore la School of Management del Politecnico di Milano ed il prof Carlo Vercellis si è premurato di fornire nell’incontro di oggi una prima sintesi del lavoro fin qui svolto La ricerca è stata condotta con l’analisi di una settantina di case studies e 250 interviste in settori e per figure trasversali.
La crescita del mercato della BI
Ricordiamo che da qualche anno, il segmento della business intelligence rappresenta uno di quelli del comparto IT a maggior tasso di crescita, molto maggiore della media. In Italia infatti si passa da un più 3,5%dello scorso anno al 5,1% del corrente, dove invece la crescita complessiva del mercato IT si attesta sul 2% annuo (dati rapporto Assintel 2008).
Anche le intenzioni di investimento delle aziende top italiane vedono la BI al terzo posto dopo Erp e sistemi operativi. (dati rapporto Assintel 2008) e scende solo come priorità nelle piccole e medie aziende. Nelle banche addirittura la BI riscuote il più alto livello di segnalazioni nelle intenzioni di investimento, raggiungendo una percentuale vicina all’80%, giustificata evidentemente dalla natura stessa delle transazioni e dei servizi bancari, che, in quanto generalmente “immateriali”, costituiscono l’habitat naturale per dei “knowledge discover”
La crisi e le aspettative
La situazione internazionale rappresenta un ulteriore stimolo all’uso di tali tecnologie e metodologie, perché è proprio una situazione di turbolenza e crisi che richiede da un lato una più accurata politica di valorizzazione degli investimenti e dall’altra rende improcrastinabile l’affinamento di tecniche di acquisizione e difesa del mercato e del proprio business.
I manager sanno che la pur necessaria riduzione di costi, non può procedere in maniera brutale e da sola si configurerebbe come un pericoloso boomerang.Occorre far leva quindi su quell’asset preziosissimo costituito dal patrimonio di conoscenza implicita e spesso non sfruttata, costituita dall’enorme mole di informazioni che quotidianamente una impresa immagazzina.
L'Osservatorio del Politecnico
Il termine Business Intelligence appare in realtà un po’ troppo “sfruttato” includendo per esempio, quale BI elementare, anche query e reporting, mentre credo sarebbe più corretto riservarlo ad ambiti più evoluti e specializzati. In ogni caso ricordiamo che lo studio dell’ Osservatorio parte suddividendo a Business Intelligence in due macrofamiglie: Business Performance Management e Analytics
É chiaro che, nel caso delle applicazioni descritte sulla sinistra, la funzione di intelligence è ancora fondamentalmente demandata all’intervento umano ed alla capacità di comprensione e navigazione di chi li utilizza.
A mio modesto avviso la reale attività di business intelligence attraverso il sussidio tecnologico comincia nel momento in cui l’implementazione di strumenti “Analytics” abilita alla comprensione di informazioni non reperibili, in tempi accettabili, con il solo supporto umano ed in particolare quando vengono realizzate applicazioni in grado di mutuare conoscenza e capacità di analisi proprio dall’expertises dell’uomo, attraverso algoritmi di autoapprendimento.
continua...
La crescita del mercato della BI
Ricordiamo che da qualche anno, il segmento della business intelligence rappresenta uno di quelli del comparto IT a maggior tasso di crescita, molto maggiore della media. In Italia infatti si passa da un più 3,5%dello scorso anno al 5,1% del corrente, dove invece la crescita complessiva del mercato IT si attesta sul 2% annuo (dati rapporto Assintel 2008).
Anche le intenzioni di investimento delle aziende top italiane vedono la BI al terzo posto dopo Erp e sistemi operativi. (dati rapporto Assintel 2008) e scende solo come priorità nelle piccole e medie aziende. Nelle banche addirittura la BI riscuote il più alto livello di segnalazioni nelle intenzioni di investimento, raggiungendo una percentuale vicina all’80%, giustificata evidentemente dalla natura stessa delle transazioni e dei servizi bancari, che, in quanto generalmente “immateriali”, costituiscono l’habitat naturale per dei “knowledge discover”
La crisi e le aspettative
La situazione internazionale rappresenta un ulteriore stimolo all’uso di tali tecnologie e metodologie, perché è proprio una situazione di turbolenza e crisi che richiede da un lato una più accurata politica di valorizzazione degli investimenti e dall’altra rende improcrastinabile l’affinamento di tecniche di acquisizione e difesa del mercato e del proprio business.
I manager sanno che la pur necessaria riduzione di costi, non può procedere in maniera brutale e da sola si configurerebbe come un pericoloso boomerang.Occorre far leva quindi su quell’asset preziosissimo costituito dal patrimonio di conoscenza implicita e spesso non sfruttata, costituita dall’enorme mole di informazioni che quotidianamente una impresa immagazzina.
L'Osservatorio del Politecnico
Il termine Business Intelligence appare in realtà un po’ troppo “sfruttato” includendo per esempio, quale BI elementare, anche query e reporting, mentre credo sarebbe più corretto riservarlo ad ambiti più evoluti e specializzati. In ogni caso ricordiamo che lo studio dell’ Osservatorio parte suddividendo a Business Intelligence in due macrofamiglie: Business Performance Management e Analytics
* Fonte: C. Orsenigo & C. Vercellis, Business Intelligence. Creare vantaggio competitivo con l'analisi dei dati, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2008
É chiaro che, nel caso delle applicazioni descritte sulla sinistra, la funzione di intelligence è ancora fondamentalmente demandata all’intervento umano ed alla capacità di comprensione e navigazione di chi li utilizza.
A mio modesto avviso la reale attività di business intelligence attraverso il sussidio tecnologico comincia nel momento in cui l’implementazione di strumenti “Analytics” abilita alla comprensione di informazioni non reperibili, in tempi accettabili, con il solo supporto umano ed in particolare quando vengono realizzate applicazioni in grado di mutuare conoscenza e capacità di analisi proprio dall’expertises dell’uomo, attraverso algoritmi di autoapprendimento.
continua...
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Tuesday, November 18, 2008
La cultura delle eccellenza nasce fin dai banchi di scuola: intervista un po' proccupante sull'Italia a Tullio De Mauro
Ho trattato in altri post (apprendimento nell'era del web, l'eccellenza del team, eccellenza e competitività: Alberto Baggini) il tema della qualificazione del personale, la gestione dell'eccellenza, come di un aspetto legato alla vita lavorativa di ciascuno di noi, però spesso ci sfugge che la qualità della professionalità dell'individuo nasce molto prima del suo ingresso nel mondo del lavoro e anche nell'università.
E' recente la polemica sull'incapacità dei nostri atenei di trattenere i migliori cervelli che sono usciti dai propri percorsi di studi e men che meno di attrarne addirittura dall'estero, come succede altrove, anche in paesi che spesso consideriamo "meno evoluti" del nostro. Ma la capacità di apprendere nasce ben prima, a partire dai banchi delle elementari e dal tessuto familiare in cui si stimolano le attitudini. Non vi propongo un analisi personale ma questa intervista di Piero Ricca, in due parti, a Tullio De Mauro, uno dei pochi ministri per l'Istruzione, "tecnico", una persona che conosce i problemi di cui si è occupato nel corso del suo mandato.
Scuola e Famiglia: il loro ruolo nell'educazione
Il tema dell'intervista è in realtà il legame tra cultura e democrazia e di come sia difficile, afferma De Mauro (condivido al 100%), maturare convinzioni consapevoli, ignorando spesso buona parte dei temi di cui si parla. Tralasciando però la connotazione politica, le medesime affermazioni di De Mauro possono essere utilizzate per comprendere meglio le difficoltà della ricerca in Italia e come il grande accusato, la scuola, in realtà condivida questa sua responsabilità con un'altro perno della nostra società: la famiglia.
Non anticipo molto di quello che ascolterete, ma alcuni dati sono inquietanti. Partendo dalla considerazione dal numero di parole conosciute (non usate!!) che va dai 20-25 mila all'uscita dalla scuola ai 25-30 mila dei primi anni di università, si arriva, a seconda delle facoltà, a 60-65 mila per le peggiori e 75-80 mila nelle migliori, dove un massimo in generale viene considerato 85.000.
Questi sono riferimenti solo indicativi dello sviluppo del sapere, che ovviamente non si limita alla sola comprensione delle parole, ma è interessante notare che in Italia però, complice uno stile di vita poco stimolante, si ha una perdina della conoscenza che alcuni studi sima nel 79.8% contro il 20% circa di USA, Inghilterra e Francia.
Una delle concause è la famiglia, come si è detto, sia nel percorso di acquisizione del sapere che nel suo mantenimento, e De Mauro cita alcuni dati impressionanti, solo il 20% delle famiglie ha più di 50 libri in casa, bassa è la percentuale di chi legge giornali ed in queste condizioni il 12% dei laureati rimane nelle fasce meno alfabetizzate della popolazione.
Ora però vi lascio (per chi lo desidera) all'ascolto dell'intervista, sottolineando solo una delle ultime frasi, sull'importanza del web, legato ad un altro tema trattato in questo blog, ovvero la capacità di individuare informazione spesso non resa disponibile dai media tradizionali
Prima parte
Seconda parte
---
E' recente la polemica sull'incapacità dei nostri atenei di trattenere i migliori cervelli che sono usciti dai propri percorsi di studi e men che meno di attrarne addirittura dall'estero, come succede altrove, anche in paesi che spesso consideriamo "meno evoluti" del nostro. Ma la capacità di apprendere nasce ben prima, a partire dai banchi delle elementari e dal tessuto familiare in cui si stimolano le attitudini. Non vi propongo un analisi personale ma questa intervista di Piero Ricca, in due parti, a Tullio De Mauro, uno dei pochi ministri per l'Istruzione, "tecnico", una persona che conosce i problemi di cui si è occupato nel corso del suo mandato.
Scuola e Famiglia: il loro ruolo nell'educazione
Il tema dell'intervista è in realtà il legame tra cultura e democrazia e di come sia difficile, afferma De Mauro (condivido al 100%), maturare convinzioni consapevoli, ignorando spesso buona parte dei temi di cui si parla. Tralasciando però la connotazione politica, le medesime affermazioni di De Mauro possono essere utilizzate per comprendere meglio le difficoltà della ricerca in Italia e come il grande accusato, la scuola, in realtà condivida questa sua responsabilità con un'altro perno della nostra società: la famiglia.
Non anticipo molto di quello che ascolterete, ma alcuni dati sono inquietanti. Partendo dalla considerazione dal numero di parole conosciute (non usate!!) che va dai 20-25 mila all'uscita dalla scuola ai 25-30 mila dei primi anni di università, si arriva, a seconda delle facoltà, a 60-65 mila per le peggiori e 75-80 mila nelle migliori, dove un massimo in generale viene considerato 85.000.
Questi sono riferimenti solo indicativi dello sviluppo del sapere, che ovviamente non si limita alla sola comprensione delle parole, ma è interessante notare che in Italia però, complice uno stile di vita poco stimolante, si ha una perdina della conoscenza che alcuni studi sima nel 79.8% contro il 20% circa di USA, Inghilterra e Francia.
Una delle concause è la famiglia, come si è detto, sia nel percorso di acquisizione del sapere che nel suo mantenimento, e De Mauro cita alcuni dati impressionanti, solo il 20% delle famiglie ha più di 50 libri in casa, bassa è la percentuale di chi legge giornali ed in queste condizioni il 12% dei laureati rimane nelle fasce meno alfabetizzate della popolazione.
Ora però vi lascio (per chi lo desidera) all'ascolto dell'intervista, sottolineando solo una delle ultime frasi, sull'importanza del web, legato ad un altro tema trattato in questo blog, ovvero la capacità di individuare informazione spesso non resa disponibile dai media tradizionali
Prima parte
Seconda parte
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Friday, November 7, 2008
La manipolazione dell'informazione passa anche dalla Rete: il caso piazza Navona, gli anticorpi del web ed il costo del'informazione libera.La cronaca
Nei giorni scorsi ho provato ad analizzare i casi di informazione e disinformazione sul web registratisi in occasione degli scontri di piazza Navona, il post era "tecnico", non politico, ovvero mirava a capire se era possibile reperire informazione libera e completa in rete e quale costo umano ciò comportava. Ho pensato di far seguire a quell'analisi la cronaca della mia ricerca per condividerla in dettaglio.
I primi incidenti raccontati in diretta da Curzio Maltese
Sono Partito dall'intervista a Curzio Maltese, giornalista certamente connotabile politicamente, ma ritengo serio e non certamente disponibile a rovinarsi la reputazione raccontando balle evidenti. L'avevo ascoltato in diretta, una delle prime testimonianze ed aveva raccontato di aver visto in azione picchiatori di destra prendersela con dei ragazzini al grido Duce Duce, ignorati dalla polizia. Anzi ribadisce il ruolo della polizia e parla anche di un "capo" sulla cinquantina, certo non uno studente. Singolare che come vedrete in un altro video anche uno degli speaker dell'altra parte sembra un po' più che un ripetente... Maltese parla di cose viste e ci tiene a specificarlo, ma essendo comunque una testimonianza senza supporto di immagini la devo considerare meno credibile perchè non mi permette di valutare direttamente di persona cosa è successo.
Ancor meno devo tenere in considerazione testimonianze varie, che parlano di come alcuni poliziotti parlano del fatto che in piazza Navona stanno arrivando collettivi studenteschi e centri sociali (sinistra) e loro devono andare a "proteggere i nostri" ma aggiungono "non subito". Non voglio negare che i fatti siano veri, ma non essendo testimonianza oggettive e di fonti certe preferisco non prenderle in considerazione
Le testimonianze del Blocco Studentesco
Mi imbatto allora in un video prodotto dal blocco studentesco (destra) . Il video, ripreso dal camioncino da cui parla uno speaker, è girato con una telecamera e mostra con evidenza che mentre il ragazzo manda messaggi pacifici "ne rossi ne neri ma liberi pensieri" arriva nella piazza un gruppo nutrito di ragazzi di sinistra, tenuto a distanza inizialmente da un fragile servizio d'ordine. D'un tratto gli ultimi arrivati caricano, apparentemente senza provocazione. Immagini contenute anche in altri filmati.
C'era stata la provocazione dei pestaggi precedenti di cui parla Maltese?
Il giorno successivo la situazione non è chiara
Chissà, non trovo filmati significativi, le uniche cose che si possono notare sono che, all'arrivo dei centro sociali, immediatamente, quelli del blocco studentesco si armano tutti, con spranghe che erano sul camion, e formano una specie di blocco, come la falange romana. Non sembrano più pacifici studenti, ma sguardo ed aspetto sono di provocazione, la spranga in mano non è rassicurante ed in altri video si sente qualcuno comandare "tenete la linea, tenete la linea" mentre una ragazza urla di non andare via se attaccano, di rimanere li, fino a "nuove direttive". Organizzazione molto precisa che include la telecamera che documenterà l'assalto.
Questo arriva effettivamente dopo un po', con i ragazzi di destra a proteggersi le spalle reciprocamente e gli altri a tirare tavoli e sedie di un vicino bar. La sensazione è che i primi fossero organizzati e preparati mentre gli altri arrivano ad onde, molto più numerosi ma un po' improvvisati.
Fino a qui la cronaca mi diceva che un gruppo di destra protestava con gli altri (testimoniato dal fatto che intorno al camion c'erano tanti studenti) e che all'arrivo di studenti di sinistra questi ultimi erano partiti all'assalto. Quelli del blocco studentesco erano preparati (con spranghe) e avevano un atteggiamento provocatorio, ma nulla che giustificasse l'assalto degli altri. Nessuna immagine dei pestaggi precedenti riferiti da più di uno
Premessa: nessun "assalto" è giustificabile ma è evidente che talvolta esiste una responsabilità di chi provoca affinché si realizzino situazioni di scontro.
In ogni caso dopo alcuni minuti arriva la polizia e quelli di destra si ritraggono, quelli che un minuto prima erano in piedi a sfidare con audacia avversari che erano in numero molto superiore, sono ora a terra come fossero feriti gravi.
Arrivano nuovi contributi: informazione o rumore?
Ma la cronaca si arricchisce, un video montato estrapola alcune immagini e indica un ragazzo con la maglia blu come una sorta di infiltrato della polizia. Alcune osservazioni sono francamente delle forzature, ma rivedendo anche le altre immagini effettivamente questo ragazzo è sempre nei punti caldi, non subisce particolari "attenzioni" dalla polizia quando questa carica, anzi, spesso al cellulare, sembra dare indicazioni e chiacchiera tranquillamente con agenti.
Arriva, a stretto giro, un nuovo video del blocco studentesco, che intervista il ragazzo e lo descrive come uno storico membro. Entrambi i video non dimostrano e non smentiscono nulla, nessuna prova che il ragazzo sia "omogeneo" alla polizia, niente esclude che il ragazzo, facendo parte del gruppo, non abbia contatti organici con la polizia, pur non essendo un agente.
Quindi fino a qui tante informazioni e tante altre tese sopratutto a smontare le affermazioni degli altri, tante notizie ma nessuna informazione e l'amara impressione che ognuno racconti solo un pezzo di verità.
La "copertura" dell'informazione arriva anche agli scontri del mattino
Ma nei giorni successivi i contributi, spontanei e non, si aggiungono, con le immagini dei pestaggi a ragazzi da parte di persone di destra. Ma anche immagini dai TG vengono reperite e questo diventa un aspetto interessante. Questo tipo di contributo, inserito in un panorama più ampio diventa un tassello chiarificatore e, a differenza della televisione, diventa un documento permanentemente disponibile ai più, attraverso la sua pubblicazione su YouTube
Questi pestaggi sembrano avere innescato la reazione del nutrito gruppo di sinistra che arriva in piazza Navona senza che la polizia, sul tragitto, li blocchi o si frapponga tra gli uni e gli altri. In questo caso è una ripresa attraverso cellulare evidentemente.
Anche la televisione diventa informazione "permanente" ed on demand su YouTube
In un ulteriore video, questa volta della trasmissione di Santoro, si sente un poliziotto che controlla i ragazzi di destra fermati, li invita tutti a sdraiarsi, tranne il solito ragazzo dalla maglia blu ed un'altro tra quelli più in vista, con camicia a righe, cui si rivolge direttamente in maniera amichevole con "no tu levati francesco". I due si conoscono?
Piano piano ognuno aggiunge tasselli, televisioni, cittadini e gruppi di opinione, da Beppe Grillo ad Antonio Di Pietro, degli eventi di quel giorno e dei giorni successivi, collegati a quello. Non li riporto tutti, non per rendere "parziale" l'informazione, ma solo perchè vi basterà fare una query
su YouTube per vederli tutti. E questo mi sembra un bel passo in avanti verso la libertà di informazione.
Il costo di tenersi informati
Le ricostruzioni alla fine combaciano e permettono il formarsi di una opinione sulla base di riscontri oggettivi, più interessante per il fine del nostro post osservare come da parte di non professionisti (?) della contro informazione ci sino stati dei tentativi, per lo meno, di rappresentare la realtà in maniera parziale, con ricostruzioni che tendevano a confondere più che a chiarire. l'altra conclusione è che ancora la rete sembra essere dotata di quei necessari antivirus che permettono l'emarginazione di iniziative devianti in favore di una informazione più oggettiva. La domanda è piuttosto quella già emersa nel precedente post, quanto tempo ed energie occorre spendere per analizzare un fatto in maniera cosi attenta?
Quanti avranno questa possibilità. o meglio ancora questa volontà di approfondire?
I primi incidenti raccontati in diretta da Curzio Maltese
Sono Partito dall'intervista a Curzio Maltese, giornalista certamente connotabile politicamente, ma ritengo serio e non certamente disponibile a rovinarsi la reputazione raccontando balle evidenti. L'avevo ascoltato in diretta, una delle prime testimonianze ed aveva raccontato di aver visto in azione picchiatori di destra prendersela con dei ragazzini al grido Duce Duce, ignorati dalla polizia. Anzi ribadisce il ruolo della polizia e parla anche di un "capo" sulla cinquantina, certo non uno studente. Singolare che come vedrete in un altro video anche uno degli speaker dell'altra parte sembra un po' più che un ripetente... Maltese parla di cose viste e ci tiene a specificarlo, ma essendo comunque una testimonianza senza supporto di immagini la devo considerare meno credibile perchè non mi permette di valutare direttamente di persona cosa è successo.
Ancor meno devo tenere in considerazione testimonianze varie, che parlano di come alcuni poliziotti parlano del fatto che in piazza Navona stanno arrivando collettivi studenteschi e centri sociali (sinistra) e loro devono andare a "proteggere i nostri" ma aggiungono "non subito". Non voglio negare che i fatti siano veri, ma non essendo testimonianza oggettive e di fonti certe preferisco non prenderle in considerazione
Le testimonianze del Blocco Studentesco
Mi imbatto allora in un video prodotto dal blocco studentesco (destra) . Il video, ripreso dal camioncino da cui parla uno speaker, è girato con una telecamera e mostra con evidenza che mentre il ragazzo manda messaggi pacifici "ne rossi ne neri ma liberi pensieri" arriva nella piazza un gruppo nutrito di ragazzi di sinistra, tenuto a distanza inizialmente da un fragile servizio d'ordine. D'un tratto gli ultimi arrivati caricano, apparentemente senza provocazione. Immagini contenute anche in altri filmati.
C'era stata la provocazione dei pestaggi precedenti di cui parla Maltese?
Il giorno successivo la situazione non è chiara
Chissà, non trovo filmati significativi, le uniche cose che si possono notare sono che, all'arrivo dei centro sociali, immediatamente, quelli del blocco studentesco si armano tutti, con spranghe che erano sul camion, e formano una specie di blocco, come la falange romana. Non sembrano più pacifici studenti, ma sguardo ed aspetto sono di provocazione, la spranga in mano non è rassicurante ed in altri video si sente qualcuno comandare "tenete la linea, tenete la linea" mentre una ragazza urla di non andare via se attaccano, di rimanere li, fino a "nuove direttive". Organizzazione molto precisa che include la telecamera che documenterà l'assalto.
Questo arriva effettivamente dopo un po', con i ragazzi di destra a proteggersi le spalle reciprocamente e gli altri a tirare tavoli e sedie di un vicino bar. La sensazione è che i primi fossero organizzati e preparati mentre gli altri arrivano ad onde, molto più numerosi ma un po' improvvisati.
Fino a qui la cronaca mi diceva che un gruppo di destra protestava con gli altri (testimoniato dal fatto che intorno al camion c'erano tanti studenti) e che all'arrivo di studenti di sinistra questi ultimi erano partiti all'assalto. Quelli del blocco studentesco erano preparati (con spranghe) e avevano un atteggiamento provocatorio, ma nulla che giustificasse l'assalto degli altri. Nessuna immagine dei pestaggi precedenti riferiti da più di uno
Premessa: nessun "assalto" è giustificabile ma è evidente che talvolta esiste una responsabilità di chi provoca affinché si realizzino situazioni di scontro.
In ogni caso dopo alcuni minuti arriva la polizia e quelli di destra si ritraggono, quelli che un minuto prima erano in piedi a sfidare con audacia avversari che erano in numero molto superiore, sono ora a terra come fossero feriti gravi.
Arrivano nuovi contributi: informazione o rumore?
Ma la cronaca si arricchisce, un video montato estrapola alcune immagini e indica un ragazzo con la maglia blu come una sorta di infiltrato della polizia. Alcune osservazioni sono francamente delle forzature, ma rivedendo anche le altre immagini effettivamente questo ragazzo è sempre nei punti caldi, non subisce particolari "attenzioni" dalla polizia quando questa carica, anzi, spesso al cellulare, sembra dare indicazioni e chiacchiera tranquillamente con agenti.
Arriva, a stretto giro, un nuovo video del blocco studentesco, che intervista il ragazzo e lo descrive come uno storico membro. Entrambi i video non dimostrano e non smentiscono nulla, nessuna prova che il ragazzo sia "omogeneo" alla polizia, niente esclude che il ragazzo, facendo parte del gruppo, non abbia contatti organici con la polizia, pur non essendo un agente.
Quindi fino a qui tante informazioni e tante altre tese sopratutto a smontare le affermazioni degli altri, tante notizie ma nessuna informazione e l'amara impressione che ognuno racconti solo un pezzo di verità.
La "copertura" dell'informazione arriva anche agli scontri del mattino
Ma nei giorni successivi i contributi, spontanei e non, si aggiungono, con le immagini dei pestaggi a ragazzi da parte di persone di destra. Ma anche immagini dai TG vengono reperite e questo diventa un aspetto interessante. Questo tipo di contributo, inserito in un panorama più ampio diventa un tassello chiarificatore e, a differenza della televisione, diventa un documento permanentemente disponibile ai più, attraverso la sua pubblicazione su YouTube
Questi pestaggi sembrano avere innescato la reazione del nutrito gruppo di sinistra che arriva in piazza Navona senza che la polizia, sul tragitto, li blocchi o si frapponga tra gli uni e gli altri. In questo caso è una ripresa attraverso cellulare evidentemente.
Anche la televisione diventa informazione "permanente" ed on demand su YouTube
In un ulteriore video, questa volta della trasmissione di Santoro, si sente un poliziotto che controlla i ragazzi di destra fermati, li invita tutti a sdraiarsi, tranne il solito ragazzo dalla maglia blu ed un'altro tra quelli più in vista, con camicia a righe, cui si rivolge direttamente in maniera amichevole con "no tu levati francesco". I due si conoscono?
Piano piano ognuno aggiunge tasselli, televisioni, cittadini e gruppi di opinione, da Beppe Grillo ad Antonio Di Pietro, degli eventi di quel giorno e dei giorni successivi, collegati a quello. Non li riporto tutti, non per rendere "parziale" l'informazione, ma solo perchè vi basterà fare una query
su YouTube per vederli tutti. E questo mi sembra un bel passo in avanti verso la libertà di informazione.
Il costo di tenersi informati
Le ricostruzioni alla fine combaciano e permettono il formarsi di una opinione sulla base di riscontri oggettivi, più interessante per il fine del nostro post osservare come da parte di non professionisti (?) della contro informazione ci sino stati dei tentativi, per lo meno, di rappresentare la realtà in maniera parziale, con ricostruzioni che tendevano a confondere più che a chiarire. l'altra conclusione è che ancora la rete sembra essere dotata di quei necessari antivirus che permettono l'emarginazione di iniziative devianti in favore di una informazione più oggettiva. La domanda è piuttosto quella già emersa nel precedente post, quanto tempo ed energie occorre spendere per analizzare un fatto in maniera cosi attenta?
Quanti avranno questa possibilità. o meglio ancora questa volontà di approfondire?
Thursday, November 6, 2008
La manipolazione dell'informazione passa anche dalla Rete: il caso piazza Navona, gli anticorpi del web ed il costo del'informazione libera
Ho provato a verificare la capacità della rete di fornire informazione in occasione dei recenti scontri di Piazza Navona.
L'episodio, infatti, si prestava a ad essere letto in diversi modi e contenteneva in se alcuni elementi caratteristici che lo rendevano evento adatto a produrre disinformazione. Ed in effetti così mi sembra sia stato. Mi sono interessato a questo episodio, proprio per verificare se in condizioni di particolare stress e in presenza di interessi particolari divergenti, internet permettesse la formazione di una libera opinione basata però solo sull'evidenza dei fatti.
La Rete può essere manipolata o delegittimata?
E' da tempo infatti che sono assalito dal dubbio che questo tipo di media di informazione possa essere soggetto ad un'azione tesa a deleggittimarne il valore. Questa azione può essere per alcuni consapevole, quelli che ovviamente detengono le fonti di informazione e si vedono scavalcati da forme così ampie di partecipazione. Purtroppo proprio questa larghissima diffusione fa si che molti altri, anche inconsciamente, pubblichino informazione falsa e/o fuorviante. Ma questo credo sia il rischio che si corre in questi casi e che è insito nella natura stessa del fenomeno collaborativo.
Troppi interessi contrapposti
Torniamo però al caso in esame e proviamo a riassumere le criticità che lo connotavano: scontro tra ragazzi di destra e sinistra, immediatamente dopo le dichiarazioni di Cossiga che invitava Maroni ad infiltrare agenti, per provocare scontri e poterli reprimere con la violenza. Abbiamo anche assistito alle dichiarazioni (subito smentite) di Berlusconi circa l'uso della polizia. Aggiungiamo infine che si osserva, in questi ultimi mesi, una certa contrapposizione tra stampa tradizionale e blogger, un bel miscuglio che non prometteva nulla di buono.
Ricostruzioni di parte e diverse "realtà"
Confesso che la prima impressione è stata abbastanza negativa, nel senso che nei primi giorni, dopo lunghe ricerche e visioni di materiale in rete, non ero arrivato ad una conclusione credibile e la cosa mi aveva lasciato un po' sconfortato. Credo infatti come tanti che la rete sia una grande opportunità di informazione, ma esiste il pericolo di cui ho parlato, ovvero che qualcuno cerchi di minarne la credibilità rendendo quindi oscuri gli eventi.
Questo mi sembrava uno di quei casi.
I filmati prodotti dall'una e dall'altra parte sono parziali e tendono a rappresentare i fatti, spesso, solo per accreditare una tesi al posto di un'altra. C'è chi racconta una parte delle verità, che quindi diventa credible e funzionale a dimostrare le proprie ragioni, chi desume dalle immagini presunte informazioni. Queste ultime sono "credibili", per come sono presentate, e possono essere di per se vere, ma poichè le immagini sono tali da essere spiegate anche in maniera opposta, è difficile arrivare ad una conclusione oggettiva.
Nei giorni successivi si sono aggiunti nuovi contributi che hanno contribuito a fare un po' di chiarezza, in questa ricerca fa la parte del leone YouTube, che diventa un'immensa libreria di reportage, che possono permettere di ricostruire gli eventi, ma proprio perchè questi sono "atomici", permettono anche di ricostruire "realtà" diverse. Alla fine mi sembra di essere giunto alla ricostruizione delle giornata e ciò mi ha dato soddisfazione e fiducia nella Rete, ha risposto insomma positivamente alla domanda iniziale, ma purtroppo ne ha determinato immediatamente una conseguente.
Il costo dell'informazione sul web e la concorrenza della televisione
Ma quale è il prezzo di questa informazione? Quanto tempo ho dovuto impiegare per avere una risposta e quanti sono disponbili ad impiegarlo in un'operazione di questo genere. La conclusione è che effettivamente l'informazione web appare, nel complesso, più libera e meno manovrata, che di contro i manovratori sono ovviamente all'opera anche su Internet, ma sopratutto è la fruizione di questa conoscenza ad essere costosa in termini di risorse personali e, per questa ragione, ancora per un po' destinata ad essere minoritaria rispetto al broadcasting televisivo, cosi semplice da seguire e cosi facile da "orientare" da parte di chi la eroga.
per chi ha tempo e voglia domani ne pubblicherò una blogocronaca
L'episodio, infatti, si prestava a ad essere letto in diversi modi e contenteneva in se alcuni elementi caratteristici che lo rendevano evento adatto a produrre disinformazione. Ed in effetti così mi sembra sia stato. Mi sono interessato a questo episodio, proprio per verificare se in condizioni di particolare stress e in presenza di interessi particolari divergenti, internet permettesse la formazione di una libera opinione basata però solo sull'evidenza dei fatti.
La Rete può essere manipolata o delegittimata?
E' da tempo infatti che sono assalito dal dubbio che questo tipo di media di informazione possa essere soggetto ad un'azione tesa a deleggittimarne il valore. Questa azione può essere per alcuni consapevole, quelli che ovviamente detengono le fonti di informazione e si vedono scavalcati da forme così ampie di partecipazione. Purtroppo proprio questa larghissima diffusione fa si che molti altri, anche inconsciamente, pubblichino informazione falsa e/o fuorviante. Ma questo credo sia il rischio che si corre in questi casi e che è insito nella natura stessa del fenomeno collaborativo.
Troppi interessi contrapposti
Torniamo però al caso in esame e proviamo a riassumere le criticità che lo connotavano: scontro tra ragazzi di destra e sinistra, immediatamente dopo le dichiarazioni di Cossiga che invitava Maroni ad infiltrare agenti, per provocare scontri e poterli reprimere con la violenza. Abbiamo anche assistito alle dichiarazioni (subito smentite) di Berlusconi circa l'uso della polizia. Aggiungiamo infine che si osserva, in questi ultimi mesi, una certa contrapposizione tra stampa tradizionale e blogger, un bel miscuglio che non prometteva nulla di buono.
Ricostruzioni di parte e diverse "realtà"
Confesso che la prima impressione è stata abbastanza negativa, nel senso che nei primi giorni, dopo lunghe ricerche e visioni di materiale in rete, non ero arrivato ad una conclusione credibile e la cosa mi aveva lasciato un po' sconfortato. Credo infatti come tanti che la rete sia una grande opportunità di informazione, ma esiste il pericolo di cui ho parlato, ovvero che qualcuno cerchi di minarne la credibilità rendendo quindi oscuri gli eventi.
Questo mi sembrava uno di quei casi.
I filmati prodotti dall'una e dall'altra parte sono parziali e tendono a rappresentare i fatti, spesso, solo per accreditare una tesi al posto di un'altra. C'è chi racconta una parte delle verità, che quindi diventa credible e funzionale a dimostrare le proprie ragioni, chi desume dalle immagini presunte informazioni. Queste ultime sono "credibili", per come sono presentate, e possono essere di per se vere, ma poichè le immagini sono tali da essere spiegate anche in maniera opposta, è difficile arrivare ad una conclusione oggettiva.
Nei giorni successivi si sono aggiunti nuovi contributi che hanno contribuito a fare un po' di chiarezza, in questa ricerca fa la parte del leone YouTube, che diventa un'immensa libreria di reportage, che possono permettere di ricostruire gli eventi, ma proprio perchè questi sono "atomici", permettono anche di ricostruire "realtà" diverse. Alla fine mi sembra di essere giunto alla ricostruizione delle giornata e ciò mi ha dato soddisfazione e fiducia nella Rete, ha risposto insomma positivamente alla domanda iniziale, ma purtroppo ne ha determinato immediatamente una conseguente.
Il costo dell'informazione sul web e la concorrenza della televisione
Ma quale è il prezzo di questa informazione? Quanto tempo ho dovuto impiegare per avere una risposta e quanti sono disponbili ad impiegarlo in un'operazione di questo genere. La conclusione è che effettivamente l'informazione web appare, nel complesso, più libera e meno manovrata, che di contro i manovratori sono ovviamente all'opera anche su Internet, ma sopratutto è la fruizione di questa conoscenza ad essere costosa in termini di risorse personali e, per questa ragione, ancora per un po' destinata ad essere minoritaria rispetto al broadcasting televisivo, cosi semplice da seguire e cosi facile da "orientare" da parte di chi la eroga.
per chi ha tempo e voglia domani ne pubblicherò una blogocronaca
Thursday, October 30, 2008
Il paradosso della Compliance e le coincidenze: entrano in vigore le leggi sul controllo di rischi, di crediti e del mercato e il sistema esplode (II)
Torniamo ancora sul problema della Compliance affrontato nel post precedente. Una straordinaria coincidenza ha dunque voluto che il sistema bancario internazionale fosse travolto da una terribile tempesta, proprio nel momento in cui entravano in vigore norme di controllo più stringenti, la crisi è globale le banche italiane sono ahimè in compagnia anche di gruppi europei di più grandi dimensioni o di banche americane come le famose “Fannie e Freddie”.
Non sembra esserci relazione tra i due eventi, abbiamo parlato per questo di coincidenza, ma se poco si poteva forse ormai fare lascia perplessi invece la scarsa tensione sui problemi di compliance per tutto il sistema italiano, istituti di vigilanza compresi. Tornando poi alla tipicità italiana, la famosa estate dei “furbetti” e dei loro prestiti facili (ai soliti noti però) avrebbe dovuto consigliare un’applicazione più stretta della normativa.
I soldi investiti sono stati in realtà tantissimi, bisogna darne atto alle banche, ma sempre in visti sotto l’ottica del “costo”. Sono cresciuti le divisioni Audit e Compliance ed i loro budget, senza però che tali uffici fossero poi organici, in genere, alla costruzione del valore. Un ufficio che controlla quindi, per questo anche un pochino “antipatico”, il cui obiettivo è sostanzialmente l’adempimento degli obblighi formali.
Ma sotto questo punto di vista anche i controllori, Bankitalia in primis, non hanno stressato il sistema più di tanto, quella che doveva essere una rivoluzione comportamentale per banche ed aziende, si è risolta in alcuni adeguamenti tecnologici ed organizzativi.
Ci aspettiamo, o meglio ci auguriamo, che, passata con il minor numero di danni possibili questa tempesta, si torni ad esaminare quanto fatto e si decida di rivedere il processo per renderlo più omogeneo alle intenzioni iniziali, con lo scopo di costruire da un lato un sistema di garanzie per eventi traumatici come quello che stiamo vivendo, dall’altro di provvedere ad una più previdente gestione operativa.
Se dal punto di vista dei crediti la distanza da percorrere sembra minore, vista una certa parsimonia del sistema bancaria italiano a differenza di quello americano, il mondo della finanza è, quasi endemicamente, portato alla creazione di modi “creativi” di costruire valore, di per se quindi meno controllabili e rigorosi.
E’ sempre un errore chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati, ma, utilizzando un secondo proverbio, se errare è umano, perseverare è diabolico. Una nuova era del rigore si rende necessaria per tutelare i cittadini, da un lato quelli che affidano alle banche i loro risparmi, dall’altro quelli che hanno investito direttamente nella proprietà delle stesse banche.
La crisi odierna è chiaramente una crisi che riguarda non la struttura operativa delle banche, tant’è che in Italia uno dei gruppi più colpiti, Unicredit, chiuderà probabilmente con 5,2 miliardi di euro di utile, quanto una situazione determinata dalla non corretta valutazione dei rischi e/o dalla convinzione che un sistema fosse in se perfetto, in grado di generare (chissà come!!) agenti endogeni in grado di tenerlo sempre in equilibrio e che quindi alcuni nodi non sarebbero mai venuti al pettine.
Non sembra esserci relazione tra i due eventi, abbiamo parlato per questo di coincidenza, ma se poco si poteva forse ormai fare lascia perplessi invece la scarsa tensione sui problemi di compliance per tutto il sistema italiano, istituti di vigilanza compresi. Tornando poi alla tipicità italiana, la famosa estate dei “furbetti” e dei loro prestiti facili (ai soliti noti però) avrebbe dovuto consigliare un’applicazione più stretta della normativa.
I soldi investiti sono stati in realtà tantissimi, bisogna darne atto alle banche, ma sempre in visti sotto l’ottica del “costo”. Sono cresciuti le divisioni Audit e Compliance ed i loro budget, senza però che tali uffici fossero poi organici, in genere, alla costruzione del valore. Un ufficio che controlla quindi, per questo anche un pochino “antipatico”, il cui obiettivo è sostanzialmente l’adempimento degli obblighi formali.
Ma sotto questo punto di vista anche i controllori, Bankitalia in primis, non hanno stressato il sistema più di tanto, quella che doveva essere una rivoluzione comportamentale per banche ed aziende, si è risolta in alcuni adeguamenti tecnologici ed organizzativi.
Ci aspettiamo, o meglio ci auguriamo, che, passata con il minor numero di danni possibili questa tempesta, si torni ad esaminare quanto fatto e si decida di rivedere il processo per renderlo più omogeneo alle intenzioni iniziali, con lo scopo di costruire da un lato un sistema di garanzie per eventi traumatici come quello che stiamo vivendo, dall’altro di provvedere ad una più previdente gestione operativa.
Se dal punto di vista dei crediti la distanza da percorrere sembra minore, vista una certa parsimonia del sistema bancaria italiano a differenza di quello americano, il mondo della finanza è, quasi endemicamente, portato alla creazione di modi “creativi” di costruire valore, di per se quindi meno controllabili e rigorosi.
E’ sempre un errore chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati, ma, utilizzando un secondo proverbio, se errare è umano, perseverare è diabolico. Una nuova era del rigore si rende necessaria per tutelare i cittadini, da un lato quelli che affidano alle banche i loro risparmi, dall’altro quelli che hanno investito direttamente nella proprietà delle stesse banche.
La crisi odierna è chiaramente una crisi che riguarda non la struttura operativa delle banche, tant’è che in Italia uno dei gruppi più colpiti, Unicredit, chiuderà probabilmente con 5,2 miliardi di euro di utile, quanto una situazione determinata dalla non corretta valutazione dei rischi e/o dalla convinzione che un sistema fosse in se perfetto, in grado di generare (chissà come!!) agenti endogeni in grado di tenerlo sempre in equilibrio e che quindi alcuni nodi non sarebbero mai venuti al pettine.
Tuesday, October 28, 2008
Il paradosso della Compliance e le coincidenze: entrano in vigore le leggi sul controllo dei rischi, dei crediti e del mercato e... il sistema esplode
Il mondo delle banche è stato caratterizzato negli ultimi anni da due fattori che hanno fortemente impattato sui processi organizzativi: le successive fusioni e l’adeguamento alle normative emesse, la famigerata “compliance”.
Questi due macro-eventi sono stati vissuti, in generale, come processi che assorbivano tali quantità di risorse da non lasciare molto spazio, sopratutto nel campo dell’IT, ad innovazione ed evoluzione. In teoria , quello che per la governance delle banche rappresentava un’opportunità di business (crescita attraverso fusioni ed incorporazioni) e per i legislatori un’opportunità di rendere questo business più sicuro (leggi a tutela dei clienti e delle stesse banche) ha rappresentato per molti solo un costo.
Il paradosso consiste nel fatto che proprio mentre entrano a regime le famose (o famigerate) Basilea 2, Market Abuse e Mifid il sistema bancario e finanziario internazionale sta saltando. Ma non doveva proprio tutta questa regolamentazione introdotta ridurre i rischi? A voler essere addirittura pignoli sono stati proprio i due segmenti più recentemente normati ad avere messo in crisi il sistema, crediti e finanza.
Dobbiamo doverosamente osservare che la crisi è partita dagli States e dal famoso crollo dei prestiti “subprime” che ha poi esportato i suoi effetti nel mondo della finanza mentre parte della regolamentazione riguarda solo il contesto europeo.
Ma allora cosa è stato poi di questi progetti di compliance?
I buoni propositi delle diverse leggi si sono infrante su una loro applicazione quanto meno “leggera”, un po’ lontana dall’intento del legislatore. Solo per dare una panoramica dei requisiti espressi dalla legge citiamo infatti alcuni dei rischi sui quali veniva richiamata l’attenzione delle Banche per la sola Basilea 2: il rischio di credito, ovvero l’erogazione di crediti con le adeguate garanzie, i rischi connessi al mercato, i rischi legati alla gestione operativa (9/11 docet) ma ancora rischio di liquidità, di tasso di interesse ecc.
Anche la redditività è tra i parametri sotto osservazione ma a questo, bisogna onestamente riconoscere, è un punto cui le banche hanno posto sempre molta attenzione.
La valutazione di tutta una serie di parametri concorre alla determinazione di un capitale interno da accantonare, la cui funzione principale e far fronte alle eventuali perdite derivanti dal materializzarsi di uno di questi rischi. La market abuse invece si è occupata dell’intermediazione finanziaria e si poneva lo scopo di istituire una rete diffusa di controlli per evitare speculazione e turbative di mercato.
Ora in particolare la prima appare come una legge che tenta di imporre quella sembrerebbe essere una pratica virtuosa cui le banche, in genere tutte le aziende, dovrebbero riferirsi, a prescindere dall’esistenza dell’esistenza di una tale legge. Ovviamente in relazione alle proprie dimensioni ed al rapporto costo benefici dell’operazione.
Invece assistiamo, proprio in questi mesi (e continuiamo a viverlo di ora in ora), ad una profonda crisi provocata prima da una allegra gestione dell’erogazione dei crediti, poi della gestione degli stessi attraverso le cartolarizzazioni, ed infine alla crisi finanziaria derivante dalla contrazione delle liquidità.
Chissà cosa poteva essere realmente evitato, perché, ribadiamo, il germe di questa crisi era stato appunto seminato negli States, ma se questo ha condotto al crollo delle principali banche d’affari americane allora risulta piuttosto strano che nessuno, in banche del calibro di Unicredit (uno dei gruppi europei pi grandi al mondo) ed Intesa San Paolo, non avesse adeguatamente preparato il proprio sistema ad una evenienza di tal genere.
continua...
Questi due macro-eventi sono stati vissuti, in generale, come processi che assorbivano tali quantità di risorse da non lasciare molto spazio, sopratutto nel campo dell’IT, ad innovazione ed evoluzione. In teoria , quello che per la governance delle banche rappresentava un’opportunità di business (crescita attraverso fusioni ed incorporazioni) e per i legislatori un’opportunità di rendere questo business più sicuro (leggi a tutela dei clienti e delle stesse banche) ha rappresentato per molti solo un costo.
Il paradosso consiste nel fatto che proprio mentre entrano a regime le famose (o famigerate) Basilea 2, Market Abuse e Mifid il sistema bancario e finanziario internazionale sta saltando. Ma non doveva proprio tutta questa regolamentazione introdotta ridurre i rischi? A voler essere addirittura pignoli sono stati proprio i due segmenti più recentemente normati ad avere messo in crisi il sistema, crediti e finanza.
Dobbiamo doverosamente osservare che la crisi è partita dagli States e dal famoso crollo dei prestiti “subprime” che ha poi esportato i suoi effetti nel mondo della finanza mentre parte della regolamentazione riguarda solo il contesto europeo.
Ma allora cosa è stato poi di questi progetti di compliance?
I buoni propositi delle diverse leggi si sono infrante su una loro applicazione quanto meno “leggera”, un po’ lontana dall’intento del legislatore. Solo per dare una panoramica dei requisiti espressi dalla legge citiamo infatti alcuni dei rischi sui quali veniva richiamata l’attenzione delle Banche per la sola Basilea 2: il rischio di credito, ovvero l’erogazione di crediti con le adeguate garanzie, i rischi connessi al mercato, i rischi legati alla gestione operativa (9/11 docet) ma ancora rischio di liquidità, di tasso di interesse ecc.
Anche la redditività è tra i parametri sotto osservazione ma a questo, bisogna onestamente riconoscere, è un punto cui le banche hanno posto sempre molta attenzione.
La valutazione di tutta una serie di parametri concorre alla determinazione di un capitale interno da accantonare, la cui funzione principale e far fronte alle eventuali perdite derivanti dal materializzarsi di uno di questi rischi. La market abuse invece si è occupata dell’intermediazione finanziaria e si poneva lo scopo di istituire una rete diffusa di controlli per evitare speculazione e turbative di mercato.
Ora in particolare la prima appare come una legge che tenta di imporre quella sembrerebbe essere una pratica virtuosa cui le banche, in genere tutte le aziende, dovrebbero riferirsi, a prescindere dall’esistenza dell’esistenza di una tale legge. Ovviamente in relazione alle proprie dimensioni ed al rapporto costo benefici dell’operazione.
Invece assistiamo, proprio in questi mesi (e continuiamo a viverlo di ora in ora), ad una profonda crisi provocata prima da una allegra gestione dell’erogazione dei crediti, poi della gestione degli stessi attraverso le cartolarizzazioni, ed infine alla crisi finanziaria derivante dalla contrazione delle liquidità.
Chissà cosa poteva essere realmente evitato, perché, ribadiamo, il germe di questa crisi era stato appunto seminato negli States, ma se questo ha condotto al crollo delle principali banche d’affari americane allora risulta piuttosto strano che nessuno, in banche del calibro di Unicredit (uno dei gruppi europei pi grandi al mondo) ed Intesa San Paolo, non avesse adeguatamente preparato il proprio sistema ad una evenienza di tal genere.
continua...
Thursday, October 23, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte sesta).
Precedenti paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Eccoci finalmente al termine di questo lungo racconto con la valutazione del dato più interesante per noi ovvero
Percentuale di conversione e numero di iscrizioni
Il risultato è stato molto positivo, anche se occorre onestamente riconoscere che non è stato travolgente come i dati riguardanti le richieste di informazioni:
+ 5% del numero di iscritti nel mese rispetto all’anno precedente
L’aumento diventa più significativo se si considera il periodo di associazione che porta l’incremento a +7% e ancora di più se il periodo di osservazione parte da luglio (+16% rispetto all'analogo periodo delle scorso anno).
Tornando poi al mese di settembre l’aumento è dell’ 8% relativamente ai soli utenti NEW.
L’incremento di iscrizioni, seppur molto buono, ha un ordine di grandezza diverso rispetto ai Tour ma questo era in parte messo in conto per diverse ragioni
Ulteriori considerazioni
La prima è che il risultato dello scorso anno era largamente influenzato da un evento irripetibile che ha portato in palestra, contemporaneamente, un bel numero di nuovi associati. Un evento questo esterno ed indipendente dalla nostre possibilità di intervento, quindi assolutamente straordinario, per cui se i suoi effetti si estrapolassero dai risultati dello scorso anno, il miglioramento ottenuto schizzerebbe verso il 50% di New in più.
Spero di non forzare l'analisi ma in realtà trovo riscontro nel fatto che l’aumento (reale) medio rispetto ai due anni precedenti è del 40% circa.
La seconda ha un carattere più di interpretazione sociale. L’età media dei nuovi iscritti si è notevolmente abbassata rispetto all’anno precedente, evidentemente in relazione alla tipologia di canale preferenziale, il web, utilizzato per farci conoscere. Questo è un dato che ci aiuterà a riflettere nelle future programmazioni
Conclusioni
L’attività ha dato i frutti molto positivi anche se, alcune condizioni non ci hanno permesso oggettivamente di raccogliere il massimo: dalla non sistematicità della mia azione, che si è tradotta nel non avere messo in campo tutte le azioni possibili e con la costanza necessaria. Inoltre Il periodo internazionale non felice ha contribuito negativamente, ma in questo caso forse va ribaltato il punto di vista, ovvero c’è da chiedersi: cosa sarebbe successo se non avessimo fatto tutto ciò?
Ci troveremmo probabilmente di fronte ad un risultato largamente negativo anziché ad uno positivo.
In ogni caso, sia che l'aumento sia quello oggettivamente registrato che quello ipotizzato sulla base delle estrapolazioni descritte, c'è ancora un buon margine di miglioramento soprattutto nella percentuale di conversione dei contatti in iscritti, attività questa che ha un po' abbassato i potenziali risultati dell'aumento di Tour effettuati. E' probabile che il web ha portato in palestra una nuova tipologia di utenti con i quali occorre studiare la migliore modalità di approccio.
Due variabili però andrebbero valutate, alla fine, per dare un peso reale a tutto ciò, una quantitativa, ovvero il tempo da me dedicato a questa esperienza, ed una qualitativa, cioè il fatto che la mia attività professionale mi ha dato come un background ed una conoscenza adeguata a portarla avanti. Difficile valutarle per capire il rapporto costi/ricavi, ma sono convinto che se questo rientrasse nell’attività primaria di una persona si otterrebbero risultati molto migliori, così come, continuando a lavorare in questa maniera, ci sarà la possibilità di ulteriori miglioramenti e il consolidamento dei precedenti.
Ritengo infine che una persona più giovane, quindi naturalmente più in sintonia con gli schemi di comunicazione tipici dell’utenza target del web, possa in questo caso realizzare meglio di me l’attività quotidiana di relazione e promozione.
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Eccoci finalmente al termine di questo lungo racconto con la valutazione del dato più interesante per noi ovvero
Percentuale di conversione e numero di iscrizioni
Il risultato è stato molto positivo, anche se occorre onestamente riconoscere che non è stato travolgente come i dati riguardanti le richieste di informazioni:
+ 5% del numero di iscritti nel mese rispetto all’anno precedente
L’aumento diventa più significativo se si considera il periodo di associazione che porta l’incremento a +7% e ancora di più se il periodo di osservazione parte da luglio (+16% rispetto all'analogo periodo delle scorso anno).
Tornando poi al mese di settembre l’aumento è dell’ 8% relativamente ai soli utenti NEW.
L’incremento di iscrizioni, seppur molto buono, ha un ordine di grandezza diverso rispetto ai Tour ma questo era in parte messo in conto per diverse ragioni
- Periodo economico negativo
- L’aumento della comunicazione ha portato anche molte persone solo genericamente interessate
- Un politica adottata quest’anno di prove libere ha spostato ad ottobre qualche potenziale iscrizione
Ulteriori considerazioni
La prima è che il risultato dello scorso anno era largamente influenzato da un evento irripetibile che ha portato in palestra, contemporaneamente, un bel numero di nuovi associati. Un evento questo esterno ed indipendente dalla nostre possibilità di intervento, quindi assolutamente straordinario, per cui se i suoi effetti si estrapolassero dai risultati dello scorso anno, il miglioramento ottenuto schizzerebbe verso il 50% di New in più.
Spero di non forzare l'analisi ma in realtà trovo riscontro nel fatto che l’aumento (reale) medio rispetto ai due anni precedenti è del 40% circa.
La seconda ha un carattere più di interpretazione sociale. L’età media dei nuovi iscritti si è notevolmente abbassata rispetto all’anno precedente, evidentemente in relazione alla tipologia di canale preferenziale, il web, utilizzato per farci conoscere. Questo è un dato che ci aiuterà a riflettere nelle future programmazioni
Conclusioni
L’attività ha dato i frutti molto positivi anche se, alcune condizioni non ci hanno permesso oggettivamente di raccogliere il massimo: dalla non sistematicità della mia azione, che si è tradotta nel non avere messo in campo tutte le azioni possibili e con la costanza necessaria. Inoltre Il periodo internazionale non felice ha contribuito negativamente, ma in questo caso forse va ribaltato il punto di vista, ovvero c’è da chiedersi: cosa sarebbe successo se non avessimo fatto tutto ciò?
Ci troveremmo probabilmente di fronte ad un risultato largamente negativo anziché ad uno positivo.
In ogni caso, sia che l'aumento sia quello oggettivamente registrato che quello ipotizzato sulla base delle estrapolazioni descritte, c'è ancora un buon margine di miglioramento soprattutto nella percentuale di conversione dei contatti in iscritti, attività questa che ha un po' abbassato i potenziali risultati dell'aumento di Tour effettuati. E' probabile che il web ha portato in palestra una nuova tipologia di utenti con i quali occorre studiare la migliore modalità di approccio.
Due variabili però andrebbero valutate, alla fine, per dare un peso reale a tutto ciò, una quantitativa, ovvero il tempo da me dedicato a questa esperienza, ed una qualitativa, cioè il fatto che la mia attività professionale mi ha dato come un background ed una conoscenza adeguata a portarla avanti. Difficile valutarle per capire il rapporto costi/ricavi, ma sono convinto che se questo rientrasse nell’attività primaria di una persona si otterrebbero risultati molto migliori, così come, continuando a lavorare in questa maniera, ci sarà la possibilità di ulteriori miglioramenti e il consolidamento dei precedenti.
Ritengo infine che una persona più giovane, quindi naturalmente più in sintonia con gli schemi di comunicazione tipici dell’utenza target del web, possa in questo caso realizzare meglio di me l’attività quotidiana di relazione e promozione.
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Tuesday, October 21, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte quinta).
“Scusate il ritardo” diceva Troisi ed anche io, complice un week end a Barcellona, mi sono preso una piccola pausa prima degli ultimi post di questa serie dedicata alle palestre. Veniamo quindi ai dati più direttamente connessi alla nostra attività e che erano l’obiettivo del nostro lavoro in quest’anno.
altri paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione
> i risultati: iscrizioni
Come ho detto la nostra è una piccola associazione, che vive grazie al numero degli associati, e che si trova a subire la concorrenza delle multinazionali del Fitness, quindi, nella cronica carenza di budget, ci siamo aggrappati alle possibilità offerte dal Web e dal Social Networking.
I risultati mi sembrano molto interessanti, in considerazione anche che non c’è ne un SEO ne un SEM e neppure un grafico (e si vede... :) ) nel nostro team. Ma in realtà quella che è stata una necessità è diventata anche una scelta, trasformando un problema in una opportunità; avevamo deciso infatti di non dare l’impressione di essere una palestra “patinata”, ma piuttosto di essere un ruspante network di amici e credo che abbia funzionato per costruire quell’approccio “friendly” che avevamo scelto. Anche la qualità dei video non è stata volutamente ricercata, in quanto abbiamo immaginato che dovevano essere come quelli postati dai tanti ragazzi su YouTube, piuttosto che come molti video promozionali che si trovano in giro.
Richieste di informazioni, i vecchi ed i nuovi
Abbiamo diviso i contatti tra quelli di vecchi associati e nuovi, perché da un lato occorre capire se si ha la capacità di attrarre nuovi associati (NEW, perché questo permette la crescita), dall’altro il rientro di vecchi associati testimonia la costanza della qualità del servizio nel tempo e permette di consolidare i risultati negli anni.
Complessivamente le richieste di informazioni (TOUR) sono aumentate del 66%, con punte nella settimana centrale di settembre di +156%, fortemente sbilanciate sui NEW, come vedremo di seguito.
Una (non sistematica) richiesta di come la persona sia venuta a conoscenza della palestra, ha dato concretezza alla nostra sensazione che il forte aumento fosse, in larga parte, determinato da utenti arrivati via web. Ha premiato lo sforzo di indicizzare la pagine del nostro sito, sia in relazione alle attività connesse alla nostro settore, sia relativamente alla localizzazione fisica della palestra e alle principali vie della zona. Non ho dati con un valore statistico preciso, poiché la raccolta delle informazioni non è stata sempre effettuata in maniera costante, ma la maggior parte delle persone ha utilizzato il web per conoscerci, mentre, in misura minore, altre persone sono arrivate a noi per passaparola o per le attività di marketing locale che abbiamo approntato.
Associati e Vecchi Abbonati
Estrapolando le informazioni della tipologia di contatti not NEW la situazione è sostanzialmente pari a quella dell’anno precedente (lieve calo), con un’inversione significativa tra vecchi associati che chiedono di rinnovare (in aumento significativo) e persone che hanno frequentato la palestra anni fa e ritornano (in diminuzione).
L’interpretazione che ne è stata data, verificando anche il mood ed il gradimento, è che la soddisfazione di frequentare un posto che piace funge da stimolo per chi è tuttora associato, mentre probabilmente la situazione economica, piena di tumulti e paura, ha determinato, per molti, una contrazione invece degli investimenti (il fitness non è ovviamente tra le priorità primarie delle famiglie), determinando quella quota in meno di rientri di vecchi utenti non più frequentanti.
Nuovi (NEW)
Diverso il discorso dei NEW, ovvero coloro che non erano mai stati nella nostra palestra e sui quali ci aspettavamo di ottenere dei risultati grazie all’attività di comunicazione.
Qui i risultati, come premesso all’inizio, sono molto interessanti, trasformando il +66% complessivo in +125% e +408% nella settimana citata all’inizio.
La cosa interessante è stata, come riportato in alcuni post precedenti, che uno dei risultati ottenuti dall’impostazione data al sito è stata quella di parlare spesso con persone che avevano già chiaro in mente cosa potevano aspettarsi dalla palestra e che addirittura riuscivano a riconoscere ed avere familiarità con alcuni degli istruttori che comparivano nei video.
L’incognita a questo punto era quella di capire, a fine periodo, quale sarebbe stato il tasso di conversione di tutti questi leads, da contatto ad iscritto. Da un lato assistevamo ad un crescente ingresso di nuove persone, con la consapevolezza che, rispetto al passato, aumentava la quantità di persone che sarebbero passate solo per chiedere informazioni, mentre, in precedenza, chi arrivava, per essere stato indirizzato da altri, era già ben predisposto nei nostri confronti.
Dall’altro eravamo ansiosi di capire se l’approccio, non completamente commerciale, del nostro website avrebbe dato alle persone che ci contattavano un’adeguata rappresentazione dello spirito con cui viviamo il fitness e la gestione della palestra.
Mi lascio sempre un po' prendere dalla voglia di chiacchierare ed il limite medio (abbondantemente superato) utilizzato per testi sul web mi impone (consiglia) di rimandarvi a domani per le conclusioni ed il tasso di coonversione , spezzando questo che voleva essere l'ultimo post in due parti.
altri paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione
> i risultati: iscrizioni
Come ho detto la nostra è una piccola associazione, che vive grazie al numero degli associati, e che si trova a subire la concorrenza delle multinazionali del Fitness, quindi, nella cronica carenza di budget, ci siamo aggrappati alle possibilità offerte dal Web e dal Social Networking.
I risultati mi sembrano molto interessanti, in considerazione anche che non c’è ne un SEO ne un SEM e neppure un grafico (e si vede... :) ) nel nostro team. Ma in realtà quella che è stata una necessità è diventata anche una scelta, trasformando un problema in una opportunità; avevamo deciso infatti di non dare l’impressione di essere una palestra “patinata”, ma piuttosto di essere un ruspante network di amici e credo che abbia funzionato per costruire quell’approccio “friendly” che avevamo scelto. Anche la qualità dei video non è stata volutamente ricercata, in quanto abbiamo immaginato che dovevano essere come quelli postati dai tanti ragazzi su YouTube, piuttosto che come molti video promozionali che si trovano in giro.
Richieste di informazioni, i vecchi ed i nuovi
Abbiamo diviso i contatti tra quelli di vecchi associati e nuovi, perché da un lato occorre capire se si ha la capacità di attrarre nuovi associati (NEW, perché questo permette la crescita), dall’altro il rientro di vecchi associati testimonia la costanza della qualità del servizio nel tempo e permette di consolidare i risultati negli anni.
Complessivamente le richieste di informazioni (TOUR) sono aumentate del 66%, con punte nella settimana centrale di settembre di +156%, fortemente sbilanciate sui NEW, come vedremo di seguito.
Una (non sistematica) richiesta di come la persona sia venuta a conoscenza della palestra, ha dato concretezza alla nostra sensazione che il forte aumento fosse, in larga parte, determinato da utenti arrivati via web. Ha premiato lo sforzo di indicizzare la pagine del nostro sito, sia in relazione alle attività connesse alla nostro settore, sia relativamente alla localizzazione fisica della palestra e alle principali vie della zona. Non ho dati con un valore statistico preciso, poiché la raccolta delle informazioni non è stata sempre effettuata in maniera costante, ma la maggior parte delle persone ha utilizzato il web per conoscerci, mentre, in misura minore, altre persone sono arrivate a noi per passaparola o per le attività di marketing locale che abbiamo approntato.
Associati e Vecchi Abbonati
Estrapolando le informazioni della tipologia di contatti not NEW la situazione è sostanzialmente pari a quella dell’anno precedente (lieve calo), con un’inversione significativa tra vecchi associati che chiedono di rinnovare (in aumento significativo) e persone che hanno frequentato la palestra anni fa e ritornano (in diminuzione).
L’interpretazione che ne è stata data, verificando anche il mood ed il gradimento, è che la soddisfazione di frequentare un posto che piace funge da stimolo per chi è tuttora associato, mentre probabilmente la situazione economica, piena di tumulti e paura, ha determinato, per molti, una contrazione invece degli investimenti (il fitness non è ovviamente tra le priorità primarie delle famiglie), determinando quella quota in meno di rientri di vecchi utenti non più frequentanti.
Nuovi (NEW)
Diverso il discorso dei NEW, ovvero coloro che non erano mai stati nella nostra palestra e sui quali ci aspettavamo di ottenere dei risultati grazie all’attività di comunicazione.
Qui i risultati, come premesso all’inizio, sono molto interessanti, trasformando il +66% complessivo in +125% e +408% nella settimana citata all’inizio.
La cosa interessante è stata, come riportato in alcuni post precedenti, che uno dei risultati ottenuti dall’impostazione data al sito è stata quella di parlare spesso con persone che avevano già chiaro in mente cosa potevano aspettarsi dalla palestra e che addirittura riuscivano a riconoscere ed avere familiarità con alcuni degli istruttori che comparivano nei video.
L’incognita a questo punto era quella di capire, a fine periodo, quale sarebbe stato il tasso di conversione di tutti questi leads, da contatto ad iscritto. Da un lato assistevamo ad un crescente ingresso di nuove persone, con la consapevolezza che, rispetto al passato, aumentava la quantità di persone che sarebbero passate solo per chiedere informazioni, mentre, in precedenza, chi arrivava, per essere stato indirizzato da altri, era già ben predisposto nei nostri confronti.
Dall’altro eravamo ansiosi di capire se l’approccio, non completamente commerciale, del nostro website avrebbe dato alle persone che ci contattavano un’adeguata rappresentazione dello spirito con cui viviamo il fitness e la gestione della palestra.
Mi lascio sempre un po' prendere dalla voglia di chiacchierare ed il limite medio (abbondantemente superato) utilizzato per testi sul web mi impone (consiglia) di rimandarvi a domani per le conclusioni ed il tasso di coonversione , spezzando questo che voleva essere l'ultimo post in due parti.
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Wednesday, October 15, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte quarta).
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Dopo i primi post sulle azioni intraprese per fare comunicazione siamo arrivati dunque ad analizzare i risultati pratici dell’attività svolta fino ad ora, anche se fa sempre un po’ effetto trattare una associazione come un’impresa con necessità di marketing. Occorre dire anche che è un approccio obbligato, come per tutte quelle organizzazioni che fanno Fund Raising e la cui ragione di esistere è costituita proprio dall’attività promozionale finalizzata alla raccolta di fondi da ridistribuire.
Parametri di riferimento
Faccio una premessa obbligata che riguarda il mondo del fitness e delle palestre: come è ovvio immaginare settembre è il periodo forse più intenso dell’anno, perché tutti rientrano dalle vacanze e sentono il bisogno di riprendere un percorso, spesso interrotto con l’approssimarsi delle vacanze.
Per questa ragione le metriche di riferimento vanno individuate in un corretto ambito temporale, riferito più al medesimo periodo dello scorso anno, che ai mesi immediatamente precedenti.
Utilizzeremo alcuni parametri, ovvero:
Per la verità un bilancio più completo andrebbe stilato a fine ottobre ma già i dati di settembre sono interessanti.
Accessi al sito
In questo caso il parametro di riferimento relativo al medesimo mese dell’anno precedente non è significativo, in quanto il sito all’epoca era stato appena pubblicato. Nei primi mesi, in cui il sito era una novità, gli accessi erano ovviamente bassi e quindi l’incremento percentuale in genere significativo, ma non per questo da considerarsi significativo. Nei mesi tra febbraio e marzo la situazione ha teso a stabilizzarsi, con un incremento medio mensile intorno al 7 %, ma con un numero di pagine lette sostanzialmente stabile, a testimoniare che dopo i primi periodi di curiosità anche da parte degli associati, il sito veniva consultato essenzialmente per le principali informazioni, quindi piuttosto brevemente dai nuovi utenti.
Accessi al sito – risultati approccio “social”
Da giugno, quando abbiamo cominciato a pubblicare video ed altri contenuti e cominciata l’attività di dissemination sul web, obbiamo osservato che
Credo che debba essere considerato un ottimo risultato anche in relazione al periodo, che visto l’approssimarsi della bella stagione non rappresenta uno dei periodi più intensi, con un calo sistematico di tutti gli indicatori (numero di associati, richieste di informazioni).
Picco di richieste
Il primo mese di riapertura (ultima settimana di agosto- ultima settimana di settembre), complice il periodo, ha registrato numeri interessanti
+164% nelle visite,
+238% per le pagine viste,
+13% il tempo medio
al 42% (in calo dal 48%) la percentuale di rimbalzo.
Da notare che in una condizione di particolare intensità, la percentuale degli utenti arrivati attraverso motori di ricerca è passata da circa a 50% a 60%, a testimoniare che Google, in particolar modo, è sempre il modo preferito dai netsurfer per cercare informazioni in rete.
La situazione, ovviamente dopo il picco delle prime settimane, tende ora a stabilizzarsi, ma ancora al momento con il doppio degli accessi rispetto al miglior risultato ottenuto fino a giugno
Il parametro di accessi al sito però, pur essendo interessante per le prospettive che offre, non è comunque sufficiente motivo di soddisfazione, nel prossimo post parleremo di quali sono gli effetti più concreti rispetto alle nostre finalità, ovvero aumentare il numero di iscritti.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Dopo i primi post sulle azioni intraprese per fare comunicazione siamo arrivati dunque ad analizzare i risultati pratici dell’attività svolta fino ad ora, anche se fa sempre un po’ effetto trattare una associazione come un’impresa con necessità di marketing. Occorre dire anche che è un approccio obbligato, come per tutte quelle organizzazioni che fanno Fund Raising e la cui ragione di esistere è costituita proprio dall’attività promozionale finalizzata alla raccolta di fondi da ridistribuire.
Parametri di riferimento
Faccio una premessa obbligata che riguarda il mondo del fitness e delle palestre: come è ovvio immaginare settembre è il periodo forse più intenso dell’anno, perché tutti rientrano dalle vacanze e sentono il bisogno di riprendere un percorso, spesso interrotto con l’approssimarsi delle vacanze.
Per questa ragione le metriche di riferimento vanno individuate in un corretto ambito temporale, riferito più al medesimo periodo dello scorso anno, che ai mesi immediatamente precedenti.
Utilizzeremo alcuni parametri, ovvero:
- incrementi di accesso al sito,
- numero di richieste di informazioni,
- numero di nuove associazioni.
Per la verità un bilancio più completo andrebbe stilato a fine ottobre ma già i dati di settembre sono interessanti.
Accessi al sito
In questo caso il parametro di riferimento relativo al medesimo mese dell’anno precedente non è significativo, in quanto il sito all’epoca era stato appena pubblicato. Nei primi mesi, in cui il sito era una novità, gli accessi erano ovviamente bassi e quindi l’incremento percentuale in genere significativo, ma non per questo da considerarsi significativo. Nei mesi tra febbraio e marzo la situazione ha teso a stabilizzarsi, con un incremento medio mensile intorno al 7 %, ma con un numero di pagine lette sostanzialmente stabile, a testimoniare che dopo i primi periodi di curiosità anche da parte degli associati, il sito veniva consultato essenzialmente per le principali informazioni, quindi piuttosto brevemente dai nuovi utenti.
Accessi al sito – risultati approccio “social”
Da giugno, quando abbiamo cominciato a pubblicare video ed altri contenuti e cominciata l’attività di dissemination sul web, obbiamo osservato che
- la crescita è salita al 23%,
- c'è stato un incremento delle pagine viste del 15%,
- la percentuale di rimbalzo è scesa da oltre 60 a 48%,
- la percentuale di accessi diretti (quindi persone che già ci conoscono) è scesa dal 18-14% al 10%, a testimoniare un buon incremento di nuovi utenti attraverso i motori di ricerca ed i referring sites.
Credo che debba essere considerato un ottimo risultato anche in relazione al periodo, che visto l’approssimarsi della bella stagione non rappresenta uno dei periodi più intensi, con un calo sistematico di tutti gli indicatori (numero di associati, richieste di informazioni).
Picco di richieste
Il primo mese di riapertura (ultima settimana di agosto- ultima settimana di settembre), complice il periodo, ha registrato numeri interessanti
+164% nelle visite,
+238% per le pagine viste,
+13% il tempo medio
al 42% (in calo dal 48%) la percentuale di rimbalzo.
Da notare che in una condizione di particolare intensità, la percentuale degli utenti arrivati attraverso motori di ricerca è passata da circa a 50% a 60%, a testimoniare che Google, in particolar modo, è sempre il modo preferito dai netsurfer per cercare informazioni in rete.
La situazione, ovviamente dopo il picco delle prime settimane, tende ora a stabilizzarsi, ma ancora al momento con il doppio degli accessi rispetto al miglior risultato ottenuto fino a giugno
Il parametro di accessi al sito però, pur essendo interessante per le prospettive che offre, non è comunque sufficiente motivo di soddisfazione, nel prossimo post parleremo di quali sono gli effetti più concreti rispetto alle nostre finalità, ovvero aumentare il numero di iscritti.
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Monday, October 13, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte terza).
Questo post è il proseguimento del racconto sulla promozione on line di una piccola palestra a Milano.
Un elemento che può apparire banale sottolineare riguarda la qualità dei contenti.
Se scelgo di utilizzare un tipo di comunicazione “bidirezionale” ho bisogno di contenuti di qualità, la possibilità di avere un feedback è ovviamente legata a ciò che si dice, anche a prescindere dal ritorno immediato che l’impegno che produrre un articolo richiede e può dare nell’immediato. Si tratta di costruire una reputazione, ma sopratutto di coinvolgere gli utenti, dando loro la percezione chiara di avere un ruolo paritetico nella relazione.
Aprendo una breve parentesi è forse questo il salto di qualità che, ancora oggi, riesce difficile fare per passare ad un modello di comunicazione “2.0”. Accettare di mettersi in discussione ed aprirsi al dialogo, anche se questo presume la possibilità di trovarsi di fronte alle critiche ed implica una cessione delle proprie prerogative di “controllo dell’informazione”. L’accettazione di questo nuovo paradigma riesce difficile tutt’ora per molte aziende abituate alla tradizionale comunicazione “push” e “broadcast”.
Abbiamo quindi cercato di alimentare il sito web anche di contenuti diversi, divulgativi, relativi sia allo sport che ad altri temi meno attinenti, abbinando questa attività redazionale con una parallela attività di pubblicazione sui siti di citizen journalism e bookmarking. Ho trovato molto interessante il riscontro in termini di accesso da siti come Wikio per esempio. E’ ovvio che abbiamo dovuto puntare su contenuti che in qualche modo potessero interessare persone diverse dai nostri associati e ancora una volta devo dire che tra i più votati dai lettori sono stati proprio i video.
La maggior parte di questi siti sono gratuiti, ma ci è sembrato necessario sottoscrivere anche piccoli abbonamenti con portali specializzati, la cui resa, in termini di contatti, è da considerarsi a consuntivo molto positiva e proficua in termini di rapporto costi/benefici.
Portali specializzati e di settore, ma non solo Web
Un po’ più impegnativo il discorso su servizi molto affermati quali per esempio le Pagine Gialle. Fino all’anno precedente l’investimento, in verità un po’ oneroso, era concentrato molto sul cartaceo, mentre ora è più sbilanciato sull’online. Come dicevo l’impegno è ben differente rispetto agli altri, ma al momento sembra ancora uno strumento molto utilizzato, sopratutto grazie alla localizzazione fine che consente, ed inoltre, grazie alla partnership con Google, sono certamente un access point preferenziale. Nei nostri contatti informativi con nuove persone abbiamo riscontrato che diversi arrivano a noi attraverso tale canale (quasi esclusivamente però la versione on line) e valuteremo nel corso dei prossimi mesi il reale rapporto costi / benefici, in base a statistiche di accesso al sito, rilevazioni sui contatti diretti e percentuali di conversione contatto/associato.
Può sembrare strano ma al momento non ho ancora testato l’efficacia dell’advertising di Google, che da molte fonti viene indicato come molto positivo, ma la necessità di far rendere al meglio il nostro limitato budget ci ha fatto propendere per partire con l’essenziale e con il testare gli strumenti fin qui adottati e i di cui risultati non erano stati valutati prima in maniera totalmente oggettiva.
Strumenti di comunicazione tradizionale
Naturalmente vista la necessità di comunicazione locale non abbiamo disdegnato mezzi più tradizionali, come volantini alle stazioni della metropolitana vicine o flyer distribuiti in locali e negozi nelle vie adiacenti. Anche il ritorno di queste iniziative è da considerarsi molto interessante come primo step di divulgazione associato all’approfondimento costituito dal website.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Un elemento che può apparire banale sottolineare riguarda la qualità dei contenti.
Se scelgo di utilizzare un tipo di comunicazione “bidirezionale” ho bisogno di contenuti di qualità, la possibilità di avere un feedback è ovviamente legata a ciò che si dice, anche a prescindere dal ritorno immediato che l’impegno che produrre un articolo richiede e può dare nell’immediato. Si tratta di costruire una reputazione, ma sopratutto di coinvolgere gli utenti, dando loro la percezione chiara di avere un ruolo paritetico nella relazione.
Aprendo una breve parentesi è forse questo il salto di qualità che, ancora oggi, riesce difficile fare per passare ad un modello di comunicazione “2.0”. Accettare di mettersi in discussione ed aprirsi al dialogo, anche se questo presume la possibilità di trovarsi di fronte alle critiche ed implica una cessione delle proprie prerogative di “controllo dell’informazione”. L’accettazione di questo nuovo paradigma riesce difficile tutt’ora per molte aziende abituate alla tradizionale comunicazione “push” e “broadcast”.
Abbiamo quindi cercato di alimentare il sito web anche di contenuti diversi, divulgativi, relativi sia allo sport che ad altri temi meno attinenti, abbinando questa attività redazionale con una parallela attività di pubblicazione sui siti di citizen journalism e bookmarking. Ho trovato molto interessante il riscontro in termini di accesso da siti come Wikio per esempio. E’ ovvio che abbiamo dovuto puntare su contenuti che in qualche modo potessero interessare persone diverse dai nostri associati e ancora una volta devo dire che tra i più votati dai lettori sono stati proprio i video.
La maggior parte di questi siti sono gratuiti, ma ci è sembrato necessario sottoscrivere anche piccoli abbonamenti con portali specializzati, la cui resa, in termini di contatti, è da considerarsi a consuntivo molto positiva e proficua in termini di rapporto costi/benefici.
Portali specializzati e di settore, ma non solo Web
Un po’ più impegnativo il discorso su servizi molto affermati quali per esempio le Pagine Gialle. Fino all’anno precedente l’investimento, in verità un po’ oneroso, era concentrato molto sul cartaceo, mentre ora è più sbilanciato sull’online. Come dicevo l’impegno è ben differente rispetto agli altri, ma al momento sembra ancora uno strumento molto utilizzato, sopratutto grazie alla localizzazione fine che consente, ed inoltre, grazie alla partnership con Google, sono certamente un access point preferenziale. Nei nostri contatti informativi con nuove persone abbiamo riscontrato che diversi arrivano a noi attraverso tale canale (quasi esclusivamente però la versione on line) e valuteremo nel corso dei prossimi mesi il reale rapporto costi / benefici, in base a statistiche di accesso al sito, rilevazioni sui contatti diretti e percentuali di conversione contatto/associato.
Può sembrare strano ma al momento non ho ancora testato l’efficacia dell’advertising di Google, che da molte fonti viene indicato come molto positivo, ma la necessità di far rendere al meglio il nostro limitato budget ci ha fatto propendere per partire con l’essenziale e con il testare gli strumenti fin qui adottati e i di cui risultati non erano stati valutati prima in maniera totalmente oggettiva.
Strumenti di comunicazione tradizionale
Naturalmente vista la necessità di comunicazione locale non abbiamo disdegnato mezzi più tradizionali, come volantini alle stazioni della metropolitana vicine o flyer distribuiti in locali e negozi nelle vie adiacenti. Anche il ritorno di queste iniziative è da considerarsi molto interessante come primo step di divulgazione associato all’approfondimento costituito dal website.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Thursday, October 9, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra (parte seconda).
Un paio di giorni fa ho iniziato questa riflessione sull’uso della rete anche nel marketing di attività con un profilo fortemente localizzato, quale una medio piccola palestra, descrivendo lo scenario complessivo e le attese. Oggi mi piacerebbe darvi un’idea dei mezzi ultizzati.
Website Istituzionale o Blog
Il primo passaggio obbligato è stata la costruzione della presenza web dell’associazione fin li mancante. Un anno fa circa, la prima valutazione che mi sono ritrovato a fare è stata quella se allestire un classico sito web o un blog. Da una parte la limitata disponibilità di tempo personale per la realizzazione, dall’altra la mancanza di una persona, in quel momento, in grado di provvedere alla gestione quotidiana di un blog, mi ha fatto propendere per la prima soluzione, utilizzando però uno schema poco rigido per i contenuti, in maniera tale da predispormi già a diventare un blog interattivo.
Il risultato è stato un sito che non è solo una vetrina di servizi ma un sito di comunicazione vera e propria, una prima bacheca virtuale di quella community che intendevamo costruire.
I social Network
Il secondo passo è stato quello di cominciare a frequentare i social network (come palestra!) ed utilizzare questi luoghi come luogo di dissemination. Naturalmente anche questo task è stato realizzato sottraendo tempo al mio tempo extra lavorativo e quindi non ancora realizzato con la dovuta continuità. Ovviamente, visto il carattere assolutamente locale dell’associazione, ho concentrato gli sforzi su SN a forte caratterizzazione “milanese” come Viadeo e Codice Internet o cercando di entrare in contatto su network internazionali, come Myspace, soprattutto (ma non solo) con persone residenti a Milano. Come ho già detto questa attività può dare sicuramente ancor più frutti, se realizzata da una persona specializzata del settore, in grado di partecipare, meglio di me, alle discussioni e soprattutto con più tempo a disposizione. Il mio obiettivo attuale è quindi di formare alcune persone, coinvolte nell’organizzazione della associazione, al fine di “coprire” meglio questi canali.
Metodologia di Comunicazione
Abbiamo poi cercato di comunicare con le modalità proprie della attuale generazione web, ovvero utilizzando molto i supporti multimediali. YouTube ci ha permesso di rendere pubblici alcuni video delle nostre attività e l’iniziativa ha riscontrato un discreto successo. In particolare i video della boxe, sfruttando probabilmente un trend positivo in atto nel fitness, hanno riscosso un notevole successo. Direi che tra gli strumenti di comunicazione con l’esterno i video si sono dimostrati i più apprezzati in assoluto.
Unico limite è la difficoltà di capire bene quanto sia localizzata la fruizione dei video, ma in ogni caso diversi riscontri sono venuti proprio da coloro che ci hanno fisicamente contattato, molti dei quali avevano visto già in cosa consistevano i corsi ed anche la personalizzazione degli stessi ha avuto il suo effetto... molti entravano in palestra e riconoscevano già l’istruttore che tiene i corsi.
Questo era ovviamente uno degli obiettivi che ci eravamo proposti, come ho detto, creare un legame che rendesse più friendly il primo approccio diretto.
Inoltre anche la crescente diffusione dei video ad un pubblico che non potrà mai frequentare i nostri corsi, per questione di distanze geografiche, deve essere visto come un effetto positivo, perché da un lato accresce, in ogni caso, la percezione della notorietà e la qualificazione del brand, mentre dall’altro favorisce ovviamente l’accesso in buona posizione nelle query dei risultati dei motori di ricerca.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Website Istituzionale o Blog
Il primo passaggio obbligato è stata la costruzione della presenza web dell’associazione fin li mancante. Un anno fa circa, la prima valutazione che mi sono ritrovato a fare è stata quella se allestire un classico sito web o un blog. Da una parte la limitata disponibilità di tempo personale per la realizzazione, dall’altra la mancanza di una persona, in quel momento, in grado di provvedere alla gestione quotidiana di un blog, mi ha fatto propendere per la prima soluzione, utilizzando però uno schema poco rigido per i contenuti, in maniera tale da predispormi già a diventare un blog interattivo.
Il risultato è stato un sito che non è solo una vetrina di servizi ma un sito di comunicazione vera e propria, una prima bacheca virtuale di quella community che intendevamo costruire.
I social Network
Il secondo passo è stato quello di cominciare a frequentare i social network (come palestra!) ed utilizzare questi luoghi come luogo di dissemination. Naturalmente anche questo task è stato realizzato sottraendo tempo al mio tempo extra lavorativo e quindi non ancora realizzato con la dovuta continuità. Ovviamente, visto il carattere assolutamente locale dell’associazione, ho concentrato gli sforzi su SN a forte caratterizzazione “milanese” come Viadeo e Codice Internet o cercando di entrare in contatto su network internazionali, come Myspace, soprattutto (ma non solo) con persone residenti a Milano. Come ho già detto questa attività può dare sicuramente ancor più frutti, se realizzata da una persona specializzata del settore, in grado di partecipare, meglio di me, alle discussioni e soprattutto con più tempo a disposizione. Il mio obiettivo attuale è quindi di formare alcune persone, coinvolte nell’organizzazione della associazione, al fine di “coprire” meglio questi canali.
Metodologia di Comunicazione
Abbiamo poi cercato di comunicare con le modalità proprie della attuale generazione web, ovvero utilizzando molto i supporti multimediali. YouTube ci ha permesso di rendere pubblici alcuni video delle nostre attività e l’iniziativa ha riscontrato un discreto successo. In particolare i video della boxe, sfruttando probabilmente un trend positivo in atto nel fitness, hanno riscosso un notevole successo. Direi che tra gli strumenti di comunicazione con l’esterno i video si sono dimostrati i più apprezzati in assoluto.
Unico limite è la difficoltà di capire bene quanto sia localizzata la fruizione dei video, ma in ogni caso diversi riscontri sono venuti proprio da coloro che ci hanno fisicamente contattato, molti dei quali avevano visto già in cosa consistevano i corsi ed anche la personalizzazione degli stessi ha avuto il suo effetto... molti entravano in palestra e riconoscevano già l’istruttore che tiene i corsi.
Questo era ovviamente uno degli obiettivi che ci eravamo proposti, come ho detto, creare un legame che rendesse più friendly il primo approccio diretto.
Inoltre anche la crescente diffusione dei video ad un pubblico che non potrà mai frequentare i nostri corsi, per questione di distanze geografiche, deve essere visto come un effetto positivo, perché da un lato accresce, in ogni caso, la percezione della notorietà e la qualificazione del brand, mentre dall’altro favorisce ovviamente l’accesso in buona posizione nelle query dei risultati dei motori di ricerca.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
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Tuesday, October 7, 2008
Le possibilità di marketing locale offerte dalla "Rete Globale" e dal web 2.0: un caso pratico di applicazione, una palestra
Il post di oggi è forse uno di quelli più strettamente connessi allo spirito del blog, visto come “diario di viaggio”. Infatti non si tratta di una analisi strutturata e completa, ma bensi del racconto di una esperienza personale.
Tra le attività con cui nell’ultimo anno occupo una parte del mio tempo libero ci sono quelle relative alla “comunicazione” di una associazione sportiva. Naturalmente la prima cosa che ho pensato di fare è stata quella di sfruttare la mia passione per il web ed i social network per sperimentare un mio personale laboratorio di marketing web, in un segmento dove la “globalità” della rete doveva essere interpretata con una connotazione molto territoriale.
Lo Scenario
Per poter spiegare bene questa esperienza è però opportuno contestualizzare il problema. L’associazione gestisce una palestra e la capacità di offrire servizi agli associati dipende dalla capacità di aumentare appunto il numero degli associati stessi. La palestra è piccola e quindi si scontra con la concorrenza di grandi catene che hanno dalla loro la possibilità di ridistribuire gli investimenti pubblicitari su più centri e di maggiori dimensioni, quindi in grado di fare politiche aggressive a riguardo dei costi e dei servizi offerti.
Target ed Elementi Differenzianti
Occorreva quindi innanzitutto identificare il nostro target di riferimento per presentare ed evidenziare adeguatamente i punti di forza della palestra, in relazione alle aspettative di tale gruppo di persone. Il nostro asset consiste essenzialmente dalla capacità di offrire un ambiente molto friendly, di garantire una assistenza costante e personalizzata da parte di istruttori qualificati. Una ambiente in cui non ci si senta disorientati e/o isolati, ovvero quella che abbiamo definito “la giusta dimensione”. E’ ovvio che queste caratteristiche possono essere vincenti nei confronti di una certa tipologia di persone, mentre è altrettanto ovvio che non ha alcun appeal con chi interpreta il fitness come praticato essenzialmente in grandi strutture.
Abbiamo poi identificato la necessità di puntare su alcuni corsi per quali ritenevamo di contare su una particolarità o qualificazione in grado di farci competere con i giganti del settore.
Abbiamo enfatizzato alcuni corsi, piuttosto che altri, partendo da quelli ormai nel DNA della palestra come Jazzercise, una disciplina che fonde elementi tratti da diversi contesti ma che, semplificando molto, è basata essenzialmente sull’aggiunta di elementi di coreografia alla pratica aerobica.
L’altro corso scelto per il lancio è stato l’allenamento di boxe, differenziandolo dalla fit-boxe, che è una contaminazione spettacolare e musicale della boxe stessa. Nel nostro caso abbiamo scelto un vero e proprio allenamento della “nobile arte”, tenuto da un boxeur, e quindi fatto tutto da fatica e sudore, utilizzando proprio queste caratteristiche come elementi distintivi.
Poi ancora Yoga e Tai Chi per i quali possiamo contare su istruttori estremamente qualificati e riconosciuti nei rispettivi campi.
La Personalizzazione della Relazione
L’elemento di differenziazione ulteriore su cui abbiamo puntato è stata la personalizzazione dei corsi e la loro identificazione con un specifico trainer, per costruire, già in fase di comunicazione, il rapporto diretto con un membro del team, quasi che non fosse il corso in quanto tale ad essere presentato, ma l’istruttore, come membro di una comunità che, chi cercherà informazioni, si ritroverà davanti quando arriverà in palestra. Sviluppare quindi fin dall’inizio l’effetto community, approfittando della possibilità di comunicazione offerta dal web, che consente quegli approfondimenti, non possibili con i tradizionali media di comunicazione.
paragrafi:
> premessa: scenario e strategia
> strumenti: website e social network
> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Tra le attività con cui nell’ultimo anno occupo una parte del mio tempo libero ci sono quelle relative alla “comunicazione” di una associazione sportiva. Naturalmente la prima cosa che ho pensato di fare è stata quella di sfruttare la mia passione per il web ed i social network per sperimentare un mio personale laboratorio di marketing web, in un segmento dove la “globalità” della rete doveva essere interpretata con una connotazione molto territoriale.
Lo Scenario
Per poter spiegare bene questa esperienza è però opportuno contestualizzare il problema. L’associazione gestisce una palestra e la capacità di offrire servizi agli associati dipende dalla capacità di aumentare appunto il numero degli associati stessi. La palestra è piccola e quindi si scontra con la concorrenza di grandi catene che hanno dalla loro la possibilità di ridistribuire gli investimenti pubblicitari su più centri e di maggiori dimensioni, quindi in grado di fare politiche aggressive a riguardo dei costi e dei servizi offerti.
Target ed Elementi Differenzianti
Occorreva quindi innanzitutto identificare il nostro target di riferimento per presentare ed evidenziare adeguatamente i punti di forza della palestra, in relazione alle aspettative di tale gruppo di persone. Il nostro asset consiste essenzialmente dalla capacità di offrire un ambiente molto friendly, di garantire una assistenza costante e personalizzata da parte di istruttori qualificati. Una ambiente in cui non ci si senta disorientati e/o isolati, ovvero quella che abbiamo definito “la giusta dimensione”. E’ ovvio che queste caratteristiche possono essere vincenti nei confronti di una certa tipologia di persone, mentre è altrettanto ovvio che non ha alcun appeal con chi interpreta il fitness come praticato essenzialmente in grandi strutture.
Abbiamo poi identificato la necessità di puntare su alcuni corsi per quali ritenevamo di contare su una particolarità o qualificazione in grado di farci competere con i giganti del settore.
Abbiamo enfatizzato alcuni corsi, piuttosto che altri, partendo da quelli ormai nel DNA della palestra come Jazzercise, una disciplina che fonde elementi tratti da diversi contesti ma che, semplificando molto, è basata essenzialmente sull’aggiunta di elementi di coreografia alla pratica aerobica.
L’altro corso scelto per il lancio è stato l’allenamento di boxe, differenziandolo dalla fit-boxe, che è una contaminazione spettacolare e musicale della boxe stessa. Nel nostro caso abbiamo scelto un vero e proprio allenamento della “nobile arte”, tenuto da un boxeur, e quindi fatto tutto da fatica e sudore, utilizzando proprio queste caratteristiche come elementi distintivi.
Poi ancora Yoga e Tai Chi per i quali possiamo contare su istruttori estremamente qualificati e riconosciuti nei rispettivi campi.
La Personalizzazione della Relazione
L’elemento di differenziazione ulteriore su cui abbiamo puntato è stata la personalizzazione dei corsi e la loro identificazione con un specifico trainer, per costruire, già in fase di comunicazione, il rapporto diretto con un membro del team, quasi che non fosse il corso in quanto tale ad essere presentato, ma l’istruttore, come membro di una comunità che, chi cercherà informazioni, si ritroverà davanti quando arriverà in palestra. Sviluppare quindi fin dall’inizio l’effetto community, approfittando della possibilità di comunicazione offerta dal web, che consente quegli approfondimenti, non possibili con i tradizionali media di comunicazione.
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> strumenti: contenuti e mezzi tradizionali
> i risultati: incremento di accessi
> i risultati: richieste di informazione ed iscrizioni
Monday, September 29, 2008
Il PMO ed il controllo dei rischi. Quando può risultare più conveniente chiudere un progetto
Ho pubblicato tempo fa un primo post sul PMO e desidero oggi approfondire qual’è il ruolo principale del PMO, ovvero, a mio avviso, di monitorare i rischi e ridurre gli effetti degli eventi ad essi connessi.
L’attività di normalizzazione dei processi e di ottimizzazione dell’uso delle risorse economiche, materiali ed umane hanno infatti il fine si di ottenere i migliori risultati possibili, ma sopratutto quello di evitare l’insorgere di problemi non previsti, o di assorbire l’impatto di quelli non prevedibili.
In alcuni casi l’interpretazione aziendale che si è data del ruolo del PMO è tale da associare tale struttura e/o responsabile alle scelte strategiche ma nella maggior parte dei casi la mansione assegnata è più legata ad attività operative.
Dunque, si è detto, Il PMO deve monitorare i rischi e preservare il progetto da esiti negativi indotti da eventi straordinari o meno (generati internamente e/o occorsi all’esterno), da cattiva pianificazione del programma di lavoro (o di parte di esso) o da una sua errata conduzione.
In realtà l’espressione “preservare il progetto” non è vera in assoluto in quanto, in situazioni estreme, può essere prerogativa del PMO quella di valutare se i benefici che deriveranno dal completamento delle attività possano essere resi inefficaci dall’eccessivo prolungarsi delle attività stesse o se il costo per il completamento del progetto superari il profitto che ne deriverebbe.
Una fredda analisi del rapporto costi/benefici può quindi indurre a prendere la decisione che la chiusura del progetto, prima del suo completamento, risulti più economica e/o più strategica di una sua eventuale prosecuzione. Ci si può quindi trovare di fronte alla opportunità/necessità di accettare la perdita degli investimenti fin qui realizzati, piuttosto che aggiungerne altri, mettendo cosi a repentaglio altre iniziative.
Semplificando (forse eccessivamente) si possono identificare tre macro-categorie di rischi che possono essere individuati durante l’esecuzione di un progetto :
Rischi di basso impatto: le conseguenze del concretizzarsi di un evento negativo sono considerate poco significative e/o la probabilità che esso si verifichi molto basse. In questo caso le azioni previste dal contingency plan sono ritenute idonee ad assorbirne gli effetti o addirittura, in alcuni casi, può essere considerato più economico accettare questo rischio senza mettere in piedi alcuna attività utile ad ammortizzarne gli effetti.
Rischio di eventi che modificano sostanzialmente l’andamento del progetto: il manifestarsi di una circostanza negativa comporta possibili ritardi, o aumento di costi. In questo caso la predisposizione di un piano alternativo deve essere considerato vitale ed occorre definire per tempo una strategia che limiti gli effetti di tale evenienza. Naturalmente questo comporta studiare per la medesima situazione più scenari, per verificare l’applicabilità delle diverse strategie di recovery e sopratutto il rapporto costi/benefici.
Rischi gravi: siamo nella zona “rossa” della suddetta scala. I rischi di questo tipo si riferiscono ad eventi che possono stravolgere il progetto o addirittura decretarne il fallimento.In tal caso valgono tutte le considerazioni fatte al punto precedente, ove, se possibile, tutti i piani e le valutazioni assumono un carattere di massima attenzione. In questa categoria rientrano anche tutti i casi di rischi per eventi imponderabili, come disastri fisici o di diversa natura. Abbiamo assistito in questi mesi al fallimento di alcuni colossi della finanza mondiale... per un loro fornitore questo evento poteva risultare “imponderabile” un anno fa, ma, con il passare dei mesi, il rischio ha cominciato a manifestarsi e concretizzarsi. Tra le opzioni da considerare in questi casi, come abbiamo già detto in precedenza, quella di valutare se non risulti maggiormente economico disporre la chiusura del progetto.
L’attività di normalizzazione dei processi e di ottimizzazione dell’uso delle risorse economiche, materiali ed umane hanno infatti il fine si di ottenere i migliori risultati possibili, ma sopratutto quello di evitare l’insorgere di problemi non previsti, o di assorbire l’impatto di quelli non prevedibili.
In alcuni casi l’interpretazione aziendale che si è data del ruolo del PMO è tale da associare tale struttura e/o responsabile alle scelte strategiche ma nella maggior parte dei casi la mansione assegnata è più legata ad attività operative.
Dunque, si è detto, Il PMO deve monitorare i rischi e preservare il progetto da esiti negativi indotti da eventi straordinari o meno (generati internamente e/o occorsi all’esterno), da cattiva pianificazione del programma di lavoro (o di parte di esso) o da una sua errata conduzione.
In realtà l’espressione “preservare il progetto” non è vera in assoluto in quanto, in situazioni estreme, può essere prerogativa del PMO quella di valutare se i benefici che deriveranno dal completamento delle attività possano essere resi inefficaci dall’eccessivo prolungarsi delle attività stesse o se il costo per il completamento del progetto superari il profitto che ne deriverebbe.
Una fredda analisi del rapporto costi/benefici può quindi indurre a prendere la decisione che la chiusura del progetto, prima del suo completamento, risulti più economica e/o più strategica di una sua eventuale prosecuzione. Ci si può quindi trovare di fronte alla opportunità/necessità di accettare la perdita degli investimenti fin qui realizzati, piuttosto che aggiungerne altri, mettendo cosi a repentaglio altre iniziative.
Semplificando (forse eccessivamente) si possono identificare tre macro-categorie di rischi che possono essere individuati durante l’esecuzione di un progetto :
Rischi di basso impatto: le conseguenze del concretizzarsi di un evento negativo sono considerate poco significative e/o la probabilità che esso si verifichi molto basse. In questo caso le azioni previste dal contingency plan sono ritenute idonee ad assorbirne gli effetti o addirittura, in alcuni casi, può essere considerato più economico accettare questo rischio senza mettere in piedi alcuna attività utile ad ammortizzarne gli effetti.
Rischio di eventi che modificano sostanzialmente l’andamento del progetto: il manifestarsi di una circostanza negativa comporta possibili ritardi, o aumento di costi. In questo caso la predisposizione di un piano alternativo deve essere considerato vitale ed occorre definire per tempo una strategia che limiti gli effetti di tale evenienza. Naturalmente questo comporta studiare per la medesima situazione più scenari, per verificare l’applicabilità delle diverse strategie di recovery e sopratutto il rapporto costi/benefici.
Rischi gravi: siamo nella zona “rossa” della suddetta scala. I rischi di questo tipo si riferiscono ad eventi che possono stravolgere il progetto o addirittura decretarne il fallimento.In tal caso valgono tutte le considerazioni fatte al punto precedente, ove, se possibile, tutti i piani e le valutazioni assumono un carattere di massima attenzione. In questa categoria rientrano anche tutti i casi di rischi per eventi imponderabili, come disastri fisici o di diversa natura. Abbiamo assistito in questi mesi al fallimento di alcuni colossi della finanza mondiale... per un loro fornitore questo evento poteva risultare “imponderabile” un anno fa, ma, con il passare dei mesi, il rischio ha cominciato a manifestarsi e concretizzarsi. Tra le opzioni da considerare in questi casi, come abbiamo già detto in precedenza, quella di valutare se non risulti maggiormente economico disporre la chiusura del progetto.
Friday, September 19, 2008
Quando l'argomento che interessa di più, in un blog che parla di banche e tecnologia, è l'elogio dell'ozio!
Non so bene cosa mi ha spinto a rifletterci...
Da un po’ di mesi, guardando i dati delle mie statistiche su Google Analytics, vedevo che in testa al gradimento delle persone che “incappano” nel mio sito c’è il post dedicato allElogio dell’Ozio.
Eppure ho sempre considerato che quel primo posto, nelle pagine più viste, fosse un evento incidentale, determinato da chissà quale fenomeno, il cui accadere esulava dalla mia capacità di comprensione.
L’altro giorno, come moltissimi altri giorni, il post era li, in testa alla classifica dell’ultimo mese, e grazie proprio ad un momento di tranquillità ci ho riflettuto su... “ma se è così, praticamente sempre, evidentemente non è una situazione occasionale?” (riflessione elementare Watson!). Mi sono preso la briga di verificare e così ho scoperto quello che non ero riuscito ad immaginare, ovvero che nell’ultimo anno, a parte chi “atterra” sulla mia homepage, la pagina più visitata è quella dedicata all’OZIO.
“Ma come?” mi sono chiesto “con tutta la fatica che faccio per scrivere di banche, mercati mobiliari e tecnologia la mia pagina più vista è –l’elogio dell’ozio-?? “.
Ormai, preso dalla curiosità, sono andato a utilizzare i Webmaster Tools, con più attenzione, e anche li il risultato è lo stesso: la ricerca della parola “ozio” sulle pagine in italiano mi vede nono, sotto Beppe Grillo. Proprio nel post di su beppegrillo.it si tratta il medesimo tema, ovvero la forza rivoluzionaria del pensare che l’ozio non determina un’inutile perdita di tempo, ma consente di liberare le nostre migliori energie, spesso compresse dalla necessità di erogare potenza nelle nostre attività quotidiane, routinarie e poco qualificanti.
Insomma tanto sforzo per risultati modesti, quando invece è la riflessione che ci permette di stimolare le nostre più nascoste potenzialità cerebrali.
Quello che in fondo è successo a me questa mattina... un piacevole rallentamento delle attività, dopo un periodo molto intenso, mi ha fatto vedere con chiarezza qualcosa che avevo sotto gli occhi da sempre. Consiglio di leggere nel post la citazione della prefazione del libro di Tom Hodgkinson, una affermazione simpatica sulla eversività dell’ozio. Il lavoro infatti può diventare effettivamente metodo di controllo, non a caso all’ingresso dei campi nazisti si leggeva: Arbeit Macht Frei, ovvero Il lavoro rende liberi.
Se fossi un politico mi troverei già in polemica con il ministro Brunetta e la sua “guerra ai fannulloni”, ma certamente l’uso dell’ozio di cui parlo non è il “fancazzismo” istituzionalizzato di alcuni, quanto la capacità di fermarsi a riflettere per chi dedica molte energie al proprio lavoro.
In ogni caso... la riflessione che mi sono trovato a fare non è sulle ragioni dell’ozio o meno, ma su quanto questo tema interessa. Evidentemente il vortice lavorativo in cui ci sentiamo inseriti fa insorgere in molti il dubbio che qualcosa non va... allora prenderò in prestito un verso di Carboni: “ci stiamo sbagliando ragazzi...”.???
Sempre qualche giorno fa ho letto di una ricerca di Kelly Services, su insonnia e lavoro, ed i due fattori ahimè sono correlati, il 10% degli italiani soffre di insonnia, a causa del lavoro, e quindi evidentemente l’eccessiva determinazione nel lavoro provoca l’insorgere anche di una contrapposta richiesta di relax. Da questo dipende tanto interesse al tema dell’ozio?
Riflettendo sui temi usuali per questo blog qual’è l’atteggiamento più produttivo per il management di uno staff di professional? Spremerli come limoni (pratica rintracciabile in molte società di consulenza, spesso di derivazione anglosassone) oppure istituzionalizzare la “riflessione” come fa Google che, a meno a quanto dichiara, lascia i propri dipendenti liberi di avere del tempo libero da mansioni, per una certa parte del proprio orario di lavoro?
Per quanto mi riguarda la risposta è implicita nella domanda, anche se va specificato che non è un valore assoluto, ci sono momenti della nostra vita (lavorativa) in cui occorre rimboccarsi le maniche e pensare alla quantità di ciò che si produce. Poi ogni tanto occorre fermarsi a riflettere.
La reale difficoltà è capire dove è il punto di equilibrio...
Da un po’ di mesi, guardando i dati delle mie statistiche su Google Analytics, vedevo che in testa al gradimento delle persone che “incappano” nel mio sito c’è il post dedicato allElogio dell’Ozio.
Eppure ho sempre considerato che quel primo posto, nelle pagine più viste, fosse un evento incidentale, determinato da chissà quale fenomeno, il cui accadere esulava dalla mia capacità di comprensione.
L’altro giorno, come moltissimi altri giorni, il post era li, in testa alla classifica dell’ultimo mese, e grazie proprio ad un momento di tranquillità ci ho riflettuto su... “ma se è così, praticamente sempre, evidentemente non è una situazione occasionale?” (riflessione elementare Watson!). Mi sono preso la briga di verificare e così ho scoperto quello che non ero riuscito ad immaginare, ovvero che nell’ultimo anno, a parte chi “atterra” sulla mia homepage, la pagina più visitata è quella dedicata all’OZIO.
“Ma come?” mi sono chiesto “con tutta la fatica che faccio per scrivere di banche, mercati mobiliari e tecnologia la mia pagina più vista è –l’elogio dell’ozio-?? “.
Ormai, preso dalla curiosità, sono andato a utilizzare i Webmaster Tools, con più attenzione, e anche li il risultato è lo stesso: la ricerca della parola “ozio” sulle pagine in italiano mi vede nono, sotto Beppe Grillo. Proprio nel post di su beppegrillo.it si tratta il medesimo tema, ovvero la forza rivoluzionaria del pensare che l’ozio non determina un’inutile perdita di tempo, ma consente di liberare le nostre migliori energie, spesso compresse dalla necessità di erogare potenza nelle nostre attività quotidiane, routinarie e poco qualificanti.
Insomma tanto sforzo per risultati modesti, quando invece è la riflessione che ci permette di stimolare le nostre più nascoste potenzialità cerebrali.
Quello che in fondo è successo a me questa mattina... un piacevole rallentamento delle attività, dopo un periodo molto intenso, mi ha fatto vedere con chiarezza qualcosa che avevo sotto gli occhi da sempre. Consiglio di leggere nel post la citazione della prefazione del libro di Tom Hodgkinson, una affermazione simpatica sulla eversività dell’ozio. Il lavoro infatti può diventare effettivamente metodo di controllo, non a caso all’ingresso dei campi nazisti si leggeva: Arbeit Macht Frei, ovvero Il lavoro rende liberi.
Se fossi un politico mi troverei già in polemica con il ministro Brunetta e la sua “guerra ai fannulloni”, ma certamente l’uso dell’ozio di cui parlo non è il “fancazzismo” istituzionalizzato di alcuni, quanto la capacità di fermarsi a riflettere per chi dedica molte energie al proprio lavoro.
In ogni caso... la riflessione che mi sono trovato a fare non è sulle ragioni dell’ozio o meno, ma su quanto questo tema interessa. Evidentemente il vortice lavorativo in cui ci sentiamo inseriti fa insorgere in molti il dubbio che qualcosa non va... allora prenderò in prestito un verso di Carboni: “ci stiamo sbagliando ragazzi...”.???
Sempre qualche giorno fa ho letto di una ricerca di Kelly Services, su insonnia e lavoro, ed i due fattori ahimè sono correlati, il 10% degli italiani soffre di insonnia, a causa del lavoro, e quindi evidentemente l’eccessiva determinazione nel lavoro provoca l’insorgere anche di una contrapposta richiesta di relax. Da questo dipende tanto interesse al tema dell’ozio?
Riflettendo sui temi usuali per questo blog qual’è l’atteggiamento più produttivo per il management di uno staff di professional? Spremerli come limoni (pratica rintracciabile in molte società di consulenza, spesso di derivazione anglosassone) oppure istituzionalizzare la “riflessione” come fa Google che, a meno a quanto dichiara, lascia i propri dipendenti liberi di avere del tempo libero da mansioni, per una certa parte del proprio orario di lavoro?
Per quanto mi riguarda la risposta è implicita nella domanda, anche se va specificato che non è un valore assoluto, ci sono momenti della nostra vita (lavorativa) in cui occorre rimboccarsi le maniche e pensare alla quantità di ciò che si produce. Poi ogni tanto occorre fermarsi a riflettere.
La reale difficoltà è capire dove è il punto di equilibrio...
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