E' quasi un mese che non scrivo un post.
La ragione di questo lungo silenzio risiede nel medesimo luogo o concetto che ha ispirato questo post, ovvero ho cambiato azienda anzi, per essere più corretto, per il momento ho lasciato la società per cui ho lavorato negli ultimi dieci anni, mercoledì infatti si riprende.
Ho trascorso due settimane di "disintossicazione da web" ed anche questo è stato un bel punto di discontinuità, preso anche da alcune riflessioni indotte da tale nuova condizione. Mi sono chiesto quale fosse l'approccio migliore per ottenere il massimo dalla propria vita professionale; non solo una questione di "fare carriera" ma piuttosto quella di riuscire a realizzare cose nuove e più interessanti.
Da un lato ci sono molti esempi di persone giunte a posti di responsabilità dopo aver passato in azienda la propria intera vita professionale, 30 anni con la medesima casacca, utilizzando una metafora calcistica.
Dall'altro ogni cambiamento, passaggio di azienda, garantisce in genere un passo in avanti, sia per quanto riguarda la qualifica professionale, che la mansione ed ovviamente la retribuzione.
Come è meglio comportarsi?
Ovviamente non esiste una regola, o meglio l'unica regola che si può desumere è che ogni metodo di comportamento da vantaggi solo se adeguato alle proprie caratteristiche professionali o umane. Ogni cambiamento richiede una grande capacità di adeguarsi a situazioni nuove ed abilità nel comprendere le dinamiche in atto nella realtà in cui ci si integra. Tutto ciò comporta una possibilità di rigetto che si ripresenta ogni volta e quindi statisticamente maggiore quanto maggiori sono i cambiamenti.
Dopo dieci anni ha pesato comunque sulla scelta il timore di lasciare un meccanismo professionale e di rapporti umani di cui ormai conoscevo a fondo il funzionamento. La domanda corretta è però se questi dieci anni erano una motivazione sufficiente a fermare una decisione o se invece rappresentano un tempo eccessivo in cui il peso della "tranquillità" ha impedito di fare questa scelta un po' tempo prima.
L'alta considerazione delle cose che conosciamo infatti spesso deforma la percezione della realtà, impedendoci di vedere quando veramente occorre dare una svolta al proprio percorso professionale. Siamo portati per natura ad essere "conservatori", dando più peso alle aspettative positive future che all'esame oggettivo di eventuali realtà negative. La sensazione di potere affrontare al meglio il futuro in un ambito conosciuto pone un freno alla legittima aspirazione di trovare altrove maggiori possibilità e stimoli.
Tra breve comincia quindi una nuova avventura, il bilancio di quella che si è appena conclusa è stato ampiamente positivo, seppure eventi ed incontri negativi non siano ovviamente mancati, rimane solo il quesito se questa positività sia stato il massimo che potevo ottenere o alla fine ha rappresentato anche un freno.
Monday, March 30, 2009
Tuesday, March 3, 2009
Il Social banking sposa il cellulare in Sudafrica con Wizzit la Mobile Bank degli unbanked: parte seconda, gli aspetti sociali
Abbiamo introdotto nel post precedente la mobile Bank sudafricana Wizzit ed abbiamo brevemente spiegato che i servizi offerti sono quelli che più vanno incontro alle esigenze della particolare clientela di questa banca.
Approfondimenti sui servizi sono contenuti anche negli altri articoli citati e sul sito della banca, per cui evito di scrivere cose già descritte da altri e passo ad analizzare i tre focus point che ho individuato.
La componente sociale.
Questa banca si inserisce a pieno titolo nelle iniziative volte ad offrire servizi a persone che tradizionalmente trovano poco credito (non solo finanziario, ma anche in termini di assistenza) presso le banche tradizionali, ricordiamo a questo proposito il Social Lending , il prestito tra privati, che in Italia è arrivato grazie a due iniziative diverse, Boober e Zopa, come la Grameen Bank, ovvero la banca dei poveri in India, o il circuito Kiva che è nato per favorire il microcredito nei confronti dei paese meno ricchi del globo.
In Italia anche un colosso come Unicredit si è mosso in qualche modo in questa direzione creando Agenzia Tu, ovvero sportelli focalizzati su servizi agli immigrati, con personale non solo multi-lingua ma anche “multi-etnico”.
Sempre Unicredit rilancia ora con un progetto ben più significativo sotto il profilo sociale, insieme con L’Università di Bologna sarà il partner italiano per il lancio della Grameen Bank Italia.
Proprio oggi su Repubblica il premio Nobel MUHAMMAD YUNUS, anima della Grameen, in una intervista parla del microcredito e della crisi finanziaria. A Milano per presentare i suoi progetti di “Social Business” vede nella crisi attuale la conferma della validità (sociale ed economica) del proprio modello di imprenditore: “Non ho motivo di preoccuparmi” afferma “la Grameen ha prestato 7,6 miliardi alle fasce più deboli nei paesi meno fortunati del mondo. Ma non perde una lira e rientra del 98% dei crediti erogati”.
Nell’intervista evidenzia il paradosso costituito dalla situazione attuale, la sua banca presta soldi a fronte di garanzie quali “polli, maiali e verdura” e non ha problemi, mentre le banche tradizionali che vogliono solo clienti già ricchi e richiedono garanzie da favola, scoprono spesso che queste si rivelano “carta e carta costruita su carta” e determinano situazioni come quella attuale.
"La morale è semplice:i poveri, alla fine, sono clienti migliori.”, chiosa il premio Nobel.
La crisi come opportunità
Altri due punti però emergono nella medesima intervista, se è vero che il sistema oggi sta cedendo, il momento va vissuto come un’opportunità per ricostruirlo in maniera migliore.
Yunus fa notare che la crisi finanziaria trascina con se anche il mondo industriale, che va in crisi quando le banche riducono il credito. Ciò rende evidente perché che è difficile uscire da situazioni di povertà, come nei due terzi del Globo, dove non si ha accesso al credito. L’auspicio di Muhammad Yunus è che un nuovo sistema economico, più “inclusivo”, potrà aiutare a riequilibrare le disparità attuali.
L’ultimo punto riguarda un tema che spesso ho trattato nel mio blog in tema di impegno sociale e trasferimento di tecnologia. Yunus ricorda “le grandi aziende detengono la tecnologia e la creatività per risolvere i problemi del mondo, possono metterli a disposizione di progetti in grado di autosostenersi economicamente”. Proprio le banche, i maggiori investitori in IT, rappresentano la potenziale chiave di volta per innescare un ciclo virtuoso in questo ambito.
A tutte le iniziative citate o alle altre riconducibili al tema del Social Banking sarebbe possibile assegnare un “rating sociale” per differenziare quali nascono soprattutto con la mission di servire la collettività e quali invece hanno eminentemente il compito di puntare a nicchie non tradizionali di mercato. Ma ignorerei tale differenziazione, perché da un lato questi progetti devo avere una organizzazione economica che le renda stabili nel tempo, dall’altro mi accontenterei semplicemente dei loro effetti positivi.
In ogni caso bisogna riconoscere a tutti un’attenzione, che spesso non viene dedicata, alle persone meno fortunate.
Se il Social Banking è anche Green Banking
Un secondo aspetto sociale riguarda poi le positive ricadute in termini ambientali del mobile banking, che riduce da un lato le emissioni diminuendo i trasferimenti delle persone ma anche del denaro contante.
La riduzione degli altri costi di gestione del cartaceo, in primis l’utilizzo della stessa carta, fanno del mobile banking una risorsa anche per i paesi occidentali, nei quali non sussistono le carenze infrastrutturali ed i livelli di povertà delle popolazioni del continente africano.
Questo aspetto ambientalista riconducibile all’interno del trend del Green Banking non viene particolarmente enfatizzato da Wizzit, ma ne rimane comunque una ulteriore qualità
Approfondimenti sui servizi sono contenuti anche negli altri articoli citati e sul sito della banca, per cui evito di scrivere cose già descritte da altri e passo ad analizzare i tre focus point che ho individuato.
La componente sociale.
Questa banca si inserisce a pieno titolo nelle iniziative volte ad offrire servizi a persone che tradizionalmente trovano poco credito (non solo finanziario, ma anche in termini di assistenza) presso le banche tradizionali, ricordiamo a questo proposito il Social Lending , il prestito tra privati, che in Italia è arrivato grazie a due iniziative diverse, Boober e Zopa, come la Grameen Bank, ovvero la banca dei poveri in India, o il circuito Kiva che è nato per favorire il microcredito nei confronti dei paese meno ricchi del globo.
In Italia anche un colosso come Unicredit si è mosso in qualche modo in questa direzione creando Agenzia Tu, ovvero sportelli focalizzati su servizi agli immigrati, con personale non solo multi-lingua ma anche “multi-etnico”.
Sempre Unicredit rilancia ora con un progetto ben più significativo sotto il profilo sociale, insieme con L’Università di Bologna sarà il partner italiano per il lancio della Grameen Bank Italia.
Proprio oggi su Repubblica il premio Nobel MUHAMMAD YUNUS, anima della Grameen, in una intervista parla del microcredito e della crisi finanziaria. A Milano per presentare i suoi progetti di “Social Business” vede nella crisi attuale la conferma della validità (sociale ed economica) del proprio modello di imprenditore: “Non ho motivo di preoccuparmi” afferma “la Grameen ha prestato 7,6 miliardi alle fasce più deboli nei paesi meno fortunati del mondo. Ma non perde una lira e rientra del 98% dei crediti erogati”.
Nell’intervista evidenzia il paradosso costituito dalla situazione attuale, la sua banca presta soldi a fronte di garanzie quali “polli, maiali e verdura” e non ha problemi, mentre le banche tradizionali che vogliono solo clienti già ricchi e richiedono garanzie da favola, scoprono spesso che queste si rivelano “carta e carta costruita su carta” e determinano situazioni come quella attuale.
"La morale è semplice:i poveri, alla fine, sono clienti migliori.”, chiosa il premio Nobel.
La crisi come opportunità
Altri due punti però emergono nella medesima intervista, se è vero che il sistema oggi sta cedendo, il momento va vissuto come un’opportunità per ricostruirlo in maniera migliore.
Yunus fa notare che la crisi finanziaria trascina con se anche il mondo industriale, che va in crisi quando le banche riducono il credito. Ciò rende evidente perché che è difficile uscire da situazioni di povertà, come nei due terzi del Globo, dove non si ha accesso al credito. L’auspicio di Muhammad Yunus è che un nuovo sistema economico, più “inclusivo”, potrà aiutare a riequilibrare le disparità attuali.
L’ultimo punto riguarda un tema che spesso ho trattato nel mio blog in tema di impegno sociale e trasferimento di tecnologia. Yunus ricorda “le grandi aziende detengono la tecnologia e la creatività per risolvere i problemi del mondo, possono metterli a disposizione di progetti in grado di autosostenersi economicamente”. Proprio le banche, i maggiori investitori in IT, rappresentano la potenziale chiave di volta per innescare un ciclo virtuoso in questo ambito.
A tutte le iniziative citate o alle altre riconducibili al tema del Social Banking sarebbe possibile assegnare un “rating sociale” per differenziare quali nascono soprattutto con la mission di servire la collettività e quali invece hanno eminentemente il compito di puntare a nicchie non tradizionali di mercato. Ma ignorerei tale differenziazione, perché da un lato questi progetti devo avere una organizzazione economica che le renda stabili nel tempo, dall’altro mi accontenterei semplicemente dei loro effetti positivi.
In ogni caso bisogna riconoscere a tutti un’attenzione, che spesso non viene dedicata, alle persone meno fortunate.
Se il Social Banking è anche Green Banking
Un secondo aspetto sociale riguarda poi le positive ricadute in termini ambientali del mobile banking, che riduce da un lato le emissioni diminuendo i trasferimenti delle persone ma anche del denaro contante.
La riduzione degli altri costi di gestione del cartaceo, in primis l’utilizzo della stessa carta, fanno del mobile banking una risorsa anche per i paesi occidentali, nei quali non sussistono le carenze infrastrutturali ed i livelli di povertà delle popolazioni del continente africano.
Questo aspetto ambientalista riconducibile all’interno del trend del Green Banking non viene particolarmente enfatizzato da Wizzit, ma ne rimane comunque una ulteriore qualità
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